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Il decentramento delle politiche per l’internazionalizzazione: le tendenze a livello eu- eu-ropeo

tra strategie multilivello ed esigenze di coordinamento unitario Raffaele Farella

2. Il decentramento delle politiche per l’internazionalizzazione: le tendenze a livello eu- eu-ropeo

Molti cambiamenti hanno caratterizzato nell’ultimo decennio lo scenario economico-istituzionale dei principali paesi europei, chiamati a confrontarsi con le nuove sfide ed oppor-tunità derivanti dalla creazione dell’Unione economica e monetaria e dal processo di globaliz-zazione economica e finanziaria.

3La legge, promulgata a seguito di un referendum popolare confermativo, è stata attuata soltanto a se-guito della recente approvazione della legge 131/2003 (cosiddetta “Legge La Loggia”) recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale n. 3/2001. Va inoltre ricordato che in contemporanea con l’approvazione della Legge La Loggia è stato presentato un altro disegno di legge governativo di revisione dell’art. 117 della Costituzione che pone alcune incognite circa la durata e l’efficacia nel tempo della legge stessa.

4È opportuno premettere che il quadro descritto nelle prossime pagine potrà essere oggetto nei prossi-mi mesi di possibili variazioni in quanto si riferisce, come ricordato, ad un processo istituzionale tuttora in evoluzione.

La centralità assunta dall’economia della conoscenza e dalle sue dinamiche di accumula-zione localizzata, l’estensione del processo di integraaccumula-zione/competiaccumula-zione economica interna-zionale anche ai sistemi economici subnazionali hanno infatti accresciuto l’importanza dei fat-tori locali dello sviluppo anche in Europa.

La progressiva articolazione a livello regionale delle competenze di politica economica registrata in molti paesi europei va dunque letta come una risposta ai cambiamenti in corso e può ricondursi tanto a logiche di efficienza economica (innalzamento delle capacità concor-renziali e produttive regionali in un contesto di mercato aperto ed integrato), quanto a motiva-zioni socio-politiche legate alle diffuse richieste di maggiore autonomia provenienti dalla so-cietà civile e dalle istituzioni del governo locale.

La ricerca di sistemi e metodi di programmazione “multipolari” delle attività economi-che avviata all’interno dei paesi europei si lega alla necessità di favorire una più efficace ed ampia inclusione del livello locale nei processi di governance economica, così da assecondare (e/o sostenere) la progressiva affermazione della dimensione territoriale come riferimento di fondamentale efficacia e rilevanza nell’elaborazione delle strategie di politica economica5.

Il riconosciuto ruolo strategico della leva territoriale nella formazione della ricchezza e dello sviluppo ha fornito importanti stimoli anche al nuovo corso di politica regionale attuato dalle istituzioni comunitarie a partire dal 1998, attraverso l’adozione dei nuovi orientamenti per gli aiuti di Stato ed il successivo varo del Regolamento per i fondi strutturali relativo al periodo 2000-2006. Tanto le restrizioni quanto le facilitazioni imposte dal legislatore europeo nel qua-dro delle nuove politiche regionali hanno posto infatti una particolare enfasi sul “programma di sviluppo regionale” (Yuill e Wishlade, 2001) introducendo articolati meccanismi partenariali e di cofinanziamento nelle fasi di definizione, realizzazione, monitoraggio-valutazione degli in-terventi finanziati dalle risorse comunitarie a favore della coesione economica e dello sviluppo regionale. L’orientamento di fondo che ispira il nuovo sistema di aiuti regionali comunitari è volto a privilegiare metodi di intervento indirizzati alla creazione di ricchezza su base territoria-le rispetto a mere azioni re-distributive delterritoria-le risorse ripartite su base nazionaterritoria-le (Yuill e Wishla-de, 2001). Il diretto coinvolgimento dei decisori locali nel perseguimento di tale obiettivo ha creato le condizioni per una maggiore valorizzazione delle responsabilità autonome di direzione ed impulso politico dei governi regionali, introducendo al contempo risvolti rilevanti anche per gli assetti istituzionali e gli indirizzi di politica economica dei paesi beneficiari degli aiuti.

In Europa le politiche regionali e locali hanno così subito nel corso di questi ultimi anni un continuo processo di adattamento ed adeguamento alle sollecitazioni provenienti sia dai fe-nomeni di integrazione produttiva e finanziaria dei mercati che dal mutato quadro di politica economica vigente a livello nazionale e comunitario, motivando il ricorso a forme più flessi-bili di programmazione, maggiormente incentrate su pratiche concertative e negoziali.

Ancora, la diffusa tendenza a organizzare il disegno di politica economica nazionale in quadro di “multilevel governance” si è consolidata in parallelo con un processo di progressiva revisione dei contenuti ed obiettivi delle diverse policies all’interno delle quali la funzione di sostegno ai processi di internazionalizzazione economica territoriale è divenuta missione pri-maria delle politiche regionali.

Tale missione viene assolta nei paesi europei attraverso diversi metodi e filosofie di in-tervento ma anche condividendo alcune caratteristiche comuni che qui sintetizziamo breve-mente:

5Per approfondimenti relativi a tale assunto si rimanda alla ricerca Itc e Eurac, Il potere estero delle Province Autonome di Trento e Bolzano dinanzi alla sfida economica globale, i cui principali contributi sono stati pubblicati nella sezione “Osservatorio” de Le Regioni, vol. 29, n. 5, ottobre 2001.

a) una rilevanza crescente dei programmi di sviluppo locale ed internazionalizzazione economica territoriale con la predisposizione di veri e propri “pacchetti di politiche locali”

per l’internazionalizzazione attiva e passiva, volti a valorizzare anche all’estero le scelte locali attivate in campo industriale, nella promozione e trasferimento dell’innovazione tecnologica, nel settore della formazione e dei servizi reali alle imprese, nel campo della cooperazione si-stematica tra consorzi di imprese, strutture di ricerca e di formazione universitaria attive sul territorio.

b) Il potenziamento dei meccanismi di coordinamento e cooperazione verticale ed oriz-zontale tra livelli di governo nel perseguimento degli obiettivi di politica economica. Nei mo-delli caratterizzati da una efficace organizzazione dei poteri, è possibile riscontrare il perse-guimento di approcci orientati verso una funzionale divisione di responsabilità, all’interno della quale – in linea generale – allo Stato spetta il compito di garantire funzioni di indirizzo strategico e servizi di carattere generalistico, ed al livello locale è attribuita, anche in collabo-razione con soggetti privati, la definizione degli interventi di contesto e l’organizzazione della fornitura di servizi specialistici imperniati sulle specificità socio-economiche e produttive pre-senti nei diversi territori (Scott, 2000).

c) Una spiccata propensione al funzionalismo delle organizzazioni statuali e delle istitu-zioni territoriali. Molti casi ed una letteratura ormai consolidata in materia6hanno evidenziato come numerosi ed estesi ambiti di politica economica, compresi quelli a sostegno dell’interna-zionalizzazione attiva e passiva, siano ormai gestiti attraverso strumenti e procedure non for-malizzate ed il ricorso a formule di natura privatistica, con la progressiva creazione di istitu-zioni idonee a candidarsi come soggetti di riferimento per il sistema economico locale (agen-zie di sviluppo e di attrazione degli investimenti, finanziarie regionali, enti territoriali per la ricerca e sviluppo, fondazioni non profit rivolte al sostegno dello sviluppo industriale di speci-fici settori, consorzi di impresa o di natura mista, etc.)7.

d) Una crescente interazione territoriale tra pubblico e privato nelle fasi di reperimento ed allocazione delle risorse a sostegno dei piani di rafforzamento competitivo e di integrazio-ne internazionale. Studi recenti sui fenomeni di regionalizzaziointegrazio-ne delle politiche economiche all’interno dell’Unione europea8confermano questo dato ed evidenziano come tali formule di interazione possano giungere sino ad un legame funzionale tra le attività di programmazione economica e quelle di pianificazione territoriale ed urbana. Va evidenziato come la coopera-zione orizzontale all’interno delle economie regionali sia divenuta prassi costante e trovi una diffusa applicazione nelle fasi di reperimento e correlazione di risorse destinate all’avvio di opere, servizi ed assets materiali ed immateriali (quali quelli per la formazione del capitale umano) ad interesse territoriale9.

d) Il rafforzamento delle azioni di marketing territoriale e di valorizzazione delle condi-zioni di contesto con la predisposizione di un’ampia gamma di strumenti ed interventi modu-lari di attrazione degli investimenti diretti esteri (Ide), di erogazione di servizi reali per

l’inter-6Cfr. Itc e Eurac (2001); Ferrarese (2000); Palermo (2001); Scott (2000); Barca (2000); Cocozza (1999).

7Si rimanda su tale argomento a Cooke (1996).

8Scott (2000); Bobbio (2002).

9Ciò riconduce al nuovo rapporto che va instaurandosi tra contesto economico territoriale ed imprese, le quali, come ci fa notare Camagni, sempre di più “richiedono non solo generiche esternalità ma risorse spe-cifiche e selettive, che può essere difficile o troppo lento pensare di acquisire attraverso il mercato. Per questo (le imprese n.d.r) si impegnano in azioni di cooperazione con altre imprese, con attori collettivi locali, e con le pubbliche amministrazioni per la concezione, la realizzazione e la produzione di tali risorse” (Camagni, 2000).

nazionalizzazione, di rafforzamento dell’immagine produttiva e socio economica del territorio (attraverso azioni pubblicitarie e promozionali, la creazione di marchi territoriali, attività di diplomazia economica, etc.). Anche l’attrazione dei capitali esteri e le iniziative di localizza-zione produttiva si configurano sempre più come campi di alocalizza-zione preminente della politica economica regionale. Ciò a seguito di un mutato orientamento nei principali paesi europei delle politiche di internazionalizzazione passiva. La progressiva regionalizzazione – più o me-no accentuata – delle politiche di attrazione degli Ide in atto nel contesto europeo si lega alla possibilità di valorizzare ed accrescere le esternalità legate alle risorse mobili ed immobili, ai fattori naturali e culturali, alle specializzazioni produttive e socio-economiche proprie delle diverse realtà sistemiche territoriali. Ciò attraverso il ricorso a strategie articolate finalizzate da un lato a innescare processi virtuosi di crescita interna e dall’altro ad offrire all’esterno una finestra di opportunità future di crescita (Barca, 2000; Scott, 2000).

3. Il caso Italia: le politiche locali a sostegno dell’internazionalizzazione economica