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4.1 La discrezionalità del giudice circa la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova. 4.2 Gli atti che fondano la decisione di ammissione alla prova.

4.3 L'esecuzione dell'ordinanza di sospensione. 4.4 L'impugnazione dell'ordinanza di sospensione.

4.1 La discrezionalità del giudice circa la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova

La richiesta dell'imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova, corredata dal consenso del pubblico ministero se presentata nel corso delle indagini preliminari, introduce una fase incidentale le cui cadenze sono disciplinate all'art. 464- quater c.p.p.

Ai sensi dell'art. 464-quater comma◦ 1, c.p.p., non e’ escluso che il giudice possa pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p., per cui, con la sospensione del procedimento, il giudice motiva anche sulla insussistenza delle condizioni per la pronuncia di una decisione di proscioglimento.

Prima di dare inizio al procedimento incidentale il giudice svolge un vaglio preliminare sulla richiesta proposta dall’imputato, verifica infatti che l’imputato, in base all’art. 168-bis, comma 4 ◦, c.p., non abbia gia’ beneficiato della misura ne’ sia stato dichiarato delinquente o contravventore abituale, professionale o per tendenza.

Se la richiesta proposta dall’imputato venga avanzata in un procedimento a carico di piu’ imputati, si puo’ rendere

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necessaria un’ordinanza di separazione ex art. 18, comma 1◦, lett. b), c.p.p..141

Dato che la richiesta di sospensione puo’ essere presentata nel corso dell’udienza preliminare o in dibattimento essa viene trattata in un’udienza in cui partecipano le parti, cioe’ l’imputato, il suo difensore ed il pm, oltre che la persona offesa, che potrebbe, infatti, essersi costituita parte civile.

Questa udienza dovrebbe seguire, senza soluzione di continuita’, la fase della costituzione delle parti, in quanto, subito dopo tale momento, e a meno che non intenda proporre questioni preliminari, l’imputato formula richiesta di sospensione e allega alla richiesta una attestazione rilasciata dall’U.E.P.E. di presentazione di elaborazione del programma di trattamento.

Se la richiesta all’ U.E.P.E. e’ stata tempestivamente presentata, e’ possibile che gia’ nel corso della stessa udienza il giudice decida sulla richiesta di sospensione; in base all’art. 141- ter disp. att. c.p.p. infatti, terminata l’apposita indagine socio familiare, l’U.E.P.E. trasmette al giudice il programma, unitamente alla risultanze delle indagini stesse e le considerazioni in merito alle possibilita’ economiche ed alla fattibilita’ della attivita’ di mediazione.

141 Secondo Trib. Torino, ord 25 maggio 2014, richiamata da G. Negri, Per i processi

in corso scatta la messa alla prova, in Il Sole 24 Ore, 6.6.2014, n. 153, p.48 sebbene la giurisprudenza della Corte di Cassazione, con riferimento alla applicazione della pena su richiesta, escluda soluzioni differenziate in caso di giudizi oggettivamente cumulativi, per quanto concerne la messa alla prova la differente conclusione sarebbe possibile tenuto conto che non esiste solo un’esigenza di riduzione processuale, ma anche di risocializzazione dell’autore del reato oltre che di rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato in caso di esito positivo della prova, sicche’ sarebbe “ diritto dell’imputato, anche in assenza di un concreto beneficio deflattivo per il sistema giudiziario, quello di vedere estinto anche uno dei reati a lui contestati.”

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La seconda parte dell'art. 464-quater comma 1◦, c.p.p. dispone che il giudice possa comunque rinviare ad una nuova udienza in camera di consiglio, della cui fissazione e’ dato avviso alle parti ed alla persona offesa.

La norma richiama l’art. 127 c.p.p. che rimanda ad un modello caratterizzato da un “ contraddittorio debole”142 che non appare

conciliabile specie se si considera che il pm e gli altri destinatari dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale nonche’ i difensori sono sentiti se compaiono.

L’art. 464-quater c.p.p. comma ◦2 c.p.p. dispone che il giudice decide, sentite le parti e la persona offesa: nel caso che l’imputato pero’ non sia comparso all’udienza dibattimentale ovvero a quella in prosieguo in camera di consiglio egli sara’ considerato assente, secondo la nuova formulazione di cui all’art. 420 bis comma 1◦c.p.p. e dunque, rappresentato dal suo difensore.

Il giudice, attraverso l’audizione, acquisisce i pareri, non vincolanti, in ordine alla idoneita’ del programma di trattamento elaborato e sulla non pericolosita’ sociale dell’imputato e poiche’ la messa alla prova, ex art. 168 bis c.p.p., comporta anzitutto la riparazione delle lesioni dei beni di cui e’ portatrice la persona offesa, e’ probabile che sara’ proprio il parere di quest’ultima a pesare in maniera significativa sulla decisione del giudice.

In caso di ammissione, il provvedimento del giudice disporrà la sospensione del processo, fissando il termine di durata della prova, e l'affidamento dell'imputato ai servizi sociali per lo svolgimento del programma concordato con l'imputato e approvato dall'organo giurisdizionale.

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Una delle difficolta’ applicative dell’istituto e’ quella relativa alla durata del programma predisposto: sul punto il giudice interverra’ con una determinazione della durata piu’ adeguata al caso singolo, soprattutto per quei reati per i quali vi e’ una rilevante divaricazione tra minimo e massimo e che si presentino di modesto disvalore.

In questo senso il giudice potra’ inoltre impartire le prescrizioni necessarie all’U.E.P.E., anche se esse non sembrano indispensabili perche’, ai sensi dell’art. 141 bis comma 4◦ disp. att. c.p.p., tale ufficio deve comunque riferire al giudice, ogni tre mesi, i risultati della prova.

La valutazione che il giudice della messa alla prova dovra’ fare è pertanto fortemente discrezionale, necessariamente collegata ai criteri fissati dal legislatore per l’applicazione della pena (gravita’ dell’imputazione, condotta dell’indagato, modalita’ di riparazione e/o di risarcimento del danno). Per questo motivo, potrebbe essere utile per il giudice acquisire il fascicolo del pubblico ministero, come avviene nel caso del giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta delle parti143.

L'organo giurisdizionale, infatti, si troverà a dover valutare la gravità in concreto del fatto e nel farlo dovrà valutare, caso per caso, il comportamento tenuto dall'imputato che ha chiesto l'ammissione alla prova e verificare se il programma di trattamento proposto sia adeguato alla gravità dell'azione in concreto tenuta.

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M.Letizia Galati L. Randazzo La messa alla prova nel processo penale, le applicazioni pratiche della l. 67/2014 Milano, 2015, pag. 90, ma, contra, V. Bove , Messa alla prova per gli adulti: tra prime applicazioni, vuoti normativi e criticita’, i provvedimenti adottabili dal giudice, la quale esclude che il giudice possa prendere visione degli atti del fascicolo del pm, in quanto nessuna disposizione lo consente. Per converso, vi e’ una norma apposita, l’art. 141 ter, comma 2, disp. att. c.p.p.in base al quale l’imputato che richieda il beneficio e’ tenuto a depositare in allegato alla richiesta gli atti rilevanti del procedimento penale solo ed esclusivamente presso l’U.E.P.E.

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Inoltre al giudice è rimessa la valutazione, seppur delineata in negativo, sulla responsabilità penale dell'imputato e, solo successivamente, sulla richiesta, poiché il previo accertamento del fatto penalmente rilevante e della responsabilità dell'imputato in ordine allo stesso costituisce un presupposto implicito della misura144.

La l. 67/2014 lascia all'organo giurisdizionale la valutazione, non solo della personalità dell'imputato, ma anche dell'idoneità del progetto di prova, ovvero, la sua capacità ad assecondare le istanze punitive, retributive, riparatorie e inibitorie in modo da escludere la recidiva dell'imputato. Essa offre al giudice un ampio spazio decisionale: il legislatore infatti conferisce all'organo giurisdizionale poteri “istruttori145” da esperire per

acquisire le informazioni ritenute necessarie.

Proprio al fine di decidere sulla richiesta di sospensione del procedimento e di messa alla prova, l'art. 464-bis comma 5◦ c.p.p. prevede la possibilità per il giudice di acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici tutte le ulteriori informazioni che egli reputi necessarie, anche inerenti alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato.

In tal caso i soggetti destinatari della richiesta “istruttoria” sono tutti quei soggetti che, per ragioni di servizio, anche legate al territorio in cui vivono l'imputato o la sua famiglia, sono in grado di fornire informazioni necessarie al giudice. I destinatari della richiesta del giudice non sono consulenti o periti, ma uffici di polizia giudiziaria, servizi sociali ed enti pubblici.

144In tal senso, A. Marandola, op.cit., in Diritto penale e processo, 674 ss.

145 Cit., M. Montagna (2014), Sospensione del procedimento con messa alla prova e

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Queste previsioni, sempre secondo quanto previsto dalla norma accennata, devono poi essere portate a conoscenza del pubblico ministero e del difensore in modo tempestivo.

Il giudice diventa parte attiva nel sollecitare informazioni indispensabili per la valutazione complessiva della situazione personale dell’imputato. Il secondo aspetto che si puo’ trarre dalla norma e’ dato dalla particolare valenza “ processuale” riconosciuta ad informazioni concernenti l’ambito personale, familiare e socio-economico vissuto dall’imputato.

Non si tratta di perizia criminologica, vietata dall’art. 220 c.p.p., ma le informazioni cui fa riferimento l’art. 464 bis comma 5◦ c.p.p. possono includere molte conoscenze tipiche di un accertamento psico-criminologico.

L'organo giurisdizionale dispone con ordinanza motivata, ex art. 125 c.p.p., a pena di nullita’: essa ha una motivazione pressoche’ predeterminata in quanto il giudice deve specificare con esattezza ( in ossequio allo slogan “della prova delle tre erre146 “:

riparazione, rieducazione e retribuzione), le prescrizioni adottate in ordine alle modalita’ e ai tempi di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato e dell’adempimento delle condotte riparatorie, risarcitorie e restitutorie nei confronti della vittima; alle modalita’ di svolgimento dei rapporti coi servizi sociali per quanto attiene le prescrizioni riguardanti il lavoro di pubblica utilita’, la dimora e la liberta’ di movimento; le attivita’ di volontariato di rilievo sociale che l’imputato dovra’ svolgere ed infine alle eventuali condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa.

Quanto alla durata della sospensione, essa, a norma dell'art. 464-quater comma 5◦ c.p.p., non può eccedere i due anni per i

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reati sanzionati con pena detentiva (sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria) ed un anno per i reati puniti con pena pecuniaria, decorrenti dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova; si tratta di un termine massimo, essendo lasciata al giudice ogni determinazione in ordine ai tempi e termini in concreto di messa alla prova, sulla base del programma di trattamento elaborato dall'ufficio di esecuzione penale esterna. Allo scopo di offrire agli operatori del diritto indicazioni operative in merito alle applicazioni temporali alcuni tribunali hanno elaborato linee guida147con indicazioni pratiche: ad

esempio il Tribunale di Milano ha predisposto una tabella, suddividendo i reati per fasce, facendo riferimento alla pena edittale massima prevista per i reati per i quali l’istituto e’ applicabile. Il massimo e’ stato individuato in 18 mesi ( a fronte di una previsione di legge, come detto, di 2 anni), per mantenere la possibilita’ di proroga da parte del giudice, ove necessario e come previsto.

Inoltre al giudice, anche all’esito delle informazioni assunte ex art. 464 bis, comma 5◦ c.p.p. , e’ dato di modificare o integrare il programma .

Come gia’ detto la regolamentazione della legge 67/2014 e’ improntata al principio del contraddittorio e al principio consensualistico, anche se in parte.

La omissione dei soggetti processuali dai momenti partecipativi integra nullita’ generale ex art. 178 c.p.p.

Ed infatti, se l’imputato e’ presente all’udienza camerale nella quale il giudice abbia disposto le modificazioni, nulla quaestio.

147 Tribunale di Milano, approvate l’8 luglio 2014; Tribunale di Torino il 7 novembre

2014;Tribunale di Firenze il 17 dicembre 2014;Tribunale di Roma il 29 dicembre 2014 in www.camerapenalemilano.it

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Ove invece egli non sia presente non sembra ipotizzabile ritenere che l’impegno ad adempiere alle prescrizioni possa essere assunto dal difensore, anche se munito di procura speciale, trattandosi di atti personalissimi non delegabili.

In questi casi sembrerebbe ragionevole ipotizzare un rinvio di udienza, volto ad ottenere la presenza e l’adesione dell’imputato, anche se, dato che non sono richieste formalita’ particolari, non e’ escluso che il consenso possa essere fatto pervenire per iscritto dall’imputato tramite il difensore.

Questo per quanto attiene la fase di udienza all’esito della quale il giudice puo’ con ordinanza, “integrare o modificare il programma di trattamento , con il consenso dell’imputato” (art. 464 quater 4◦ c. c.p.p.).

Dalla lettura combinata degli articoli 464 quater 4◦ c. c.p.p. (modificazioni/ integrazioni con il consenso dell’imputato), e 464 quinquies 3◦ c. c.p.p. (esecuzione dell’ordinanza di sospensione) tuttavia si evince una distonia del ruolo e dell’”importanza” dell’imputato in fase di elaborazione ed in fase di esecuzione della prova.

Se la partecipazione dell’imputato e’ certamente decisiva nella fase di elaborazione, ed il contraddittorio e’ “ pieno”, meno rilevante appare sicuramente la partecipazione dell’imputato rispetto al potere del giudice, quando al giudice e’ dato di “ modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruita’ delle nuove disposizioni, rispetto alla finalita’ di messa alla prova” ( art. 464 quinquies c. 3 ◦ c.p.p. in fase cioe’ di esecuzione dell’ordinanza di sospensione).

Queste modifiche presuppongono solo la consultazione (obbligatoria ma non vincolante), ma non il consenso dell’imputato ; il questa particolare fase processuale l’imputato non gode di particolari garanzie avverso modifiche

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potenzialmente unilaterali che potrebbero, in teoria, rivelarsi particolarmente afflittive.

C’e’ da chiedersi perche’ il legislatore abbia previsto, in sede di integrazione/modifica (art. 464 quater 4◦c. c.p.p.), il necessario consenso dell’imputato, mentre in sede di esecuzione, la piu’ delicata, dal consenso di prescinde, anzi, il parere (e non il consenso) dell’imputato e’ necessario ma non vincolante148, e la

volonta’ dell’imputato perde, in qualche modo, rilievo149.

C’e’ da notare che il testo approvato dalla Camera disponeva che questa modifica delle prescrizioni dovesse avvenire con il consenso dell’imputato e sentito il pubblico ministero. Il Senato invece ha modificato il testo della Camera e ha disposto che “ogni modifica deve essere apportata sentiti l’imputato e il pubblico ministero” (art. 464 quinquies 3◦c. c.p.p.).

La formulazione della norma approvata in via definitiva, col riferimento alla necessita’ di “ sentire le parti”, senza dover ottenere il consenso dell’imputato rende senza dubbio piu’ agevole per il giudice modificare, in corso d’opera, il programma, e forse, nell’ottica del legislatore, ha inteso essere un “ accomodamento” in termini di economia processuale.

Quale puo’ essere, pero’ il rimedio, offerto all’imputato o al pubblico ministero, avverso le modifiche in corso d’opera?

148 Esame in Commissione del 6 febbraio 2014 deputata D. Ferranti, cit. pag. 32. 149 Nel probation minorile, dove risulta primario l’obiettivo di rieducazione e di

recupero del minore “ deviante”, il consenso deve essere considerato piu’ che un elemento formale ma una concreta accettazione della prova, peraltro gia’ manifestata ai servizi sociali in fase di elaborazione del progetto. Il consenso cioe’, inteso come accettazione consapevole dell’esperimento, determinata dalla comprensione della convenienza della prova, non puo’ mancare e anche se, nelle norme relative all’istituto del probation non si fa nessun riferimento al consenso ( infatti nell’art. 28 DPR 448/88 e’ presente solo l’inciso “sentite le parti”) si evince che il provvedimento ha un fondamento dialettico che non puo’ essere imposto autoritativamente dal giudice, ma “presuppone lo svolgimento di una attivita’ sinergica tra soggetti che interagiscono nella misura, e quindi anche il coinvolgimento del minore. La disciplina minorile, pur non prevedendo un consenso espresso, esige la “ non opposizione” dell’imputato, rispetto ad una statuizione adottabile dal giudice anche d’ufficio. E. Lanza, cit. pag. 70 vd retro. nota n. 55

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Un Autore150 ritiene che il rimedio possa essere rinvenuto

nell’incidente di esecuzione regolato dall’art. 665 c.p.p., ma questo dovrebbe far considerare la messa alla prova come un “ provvedimento esecutivo” e l’art. 676 c.p.p. offre una elencazione tassativa delle competenze del giudice dell’esecuzione (tra le quali non c’e’ quella di sostituirsi al giudice della cognizione per censurare la congruita’ delle di lui [ del giudice di cognizione] modifiche.

A fronte di questi interventi unilaterali del giudice puo’ essere che l’imputato non possa “ adempiere” alla nuove prescrizioni e quindi si ponga nelle condizioni di vedersi revocata la messa alla prova. A questo punto lo strumento processuale che l’imputato potra’ utilizzare e’ il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di revoca. Tale ricorso e’ limitato, peraltro, al vizio della violazione di legge. ( art. 464 octies comma 3◦c.p.p.).151

4.2 Gli atti che fondano la decisione di ammissione alla prova

L'art. 464-quater comma 3, c.p.p. prevede che la sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta quando il giudice, in base ai parametri di cui all'art. 133 c.p., reputa idoneo il programma di trattamento presentato e quando ritiene che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.

150 R. Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento con

messa alla prova, nella relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione sulle nuove disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronri degli irreperibili introdotte dalla legge n. 67/2014, p. 24.

151 G.L.Fanuli L’istituto della messa alla prova ex lege 28 aprile 2014, n. 67. in Arch.

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Come è stato ben detto, «in tanto il progetto di prova è idoneo, in quanto si può pronosticare che sia tale da indurre l’imputato a non violare ulteriormente la legge penale 152» .

E' stato ulteriormente aggiunto, in sede di elaborazione del Senato che, al fine di esprimere un giudizio circa la commissione di ulteriori reati, al giudice spetterà anche valutare che il domicilio eletto dall'imputato sia tale da assicurare la tutela della persona offesa.

Il giudice è chiamato a decidere sulla messa alla prova sulla base di quegli elementi che sono in buona parte presenti nel programma di trattamento elaborato dall'U.E.P.E.

Tale programma di trattamento contempla, giova ricordarlo, una

serie di attività, prescrizioni e condotte, che rispondono alle caratteristiche proprie della messa alla prova, e che si sostanziano nella modalita’ di reinserimento sociale, che coinvolgono l’imputato e la sua famiglia, sempre che ciò sia necessario e sia di fatto possibile;

Si sostanziano inoltre in prescrizioni comportamentali (anche inerenti la dimora, la libertà di movimento, il divieto di frequentare determinati locali) e gli altri impegni specifici (tra cui le condotte riparatorie, restitutorie o risarcitorie, il volontariato), nonché prescrizioni attinenti il lavoro di pubblica utilità ed in condotte di mediazione con la persona offesa (se ed ove possibile).

In altri termini, il programma di trattamento ingloba in sé tutte le prescrizioni (comprese anche quelle relative al lavoro di pubblica utilità, oltre che alla mediazione, alle condotte riparatorie e risarcitorie) di cui si compone la messa alla prova e

152 Cosi’ C. Cesari, La sospensione del processo con messa alla prova: sulla falsariga

dell’esperienza minorile, nasce il probation processuale per gli imputati adulti, in LP 2014, 516 ss.

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di ciò il giudice, nel provvedimento di sospensione del procedimento, dovrà dare, sia pur sinteticamente, conto.

Il legislatore ha cosi’ inteso assicurare maggiori garanzie di giurisdizionalita’ nel procedimento di definizione trattamentale, individuando nel giudice l’organo chiamato a determinare in via definitiva i contenuti del probation, ed infatti deve anche valutare che il lavoro di pubblica utilità sia rispondente alle caratteristiche imposte dal legislatore.

Sotto questo profilo, infatti, se le prestazioni di condotte riparatorie e risarcitorie sono eventuali e se esse, come anche l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento del programma, non si discostano di molto dall’omologo istituto del processo minorile, la prestazione di lavoro di pubblica utilità ha delle peculiarità che la differenziano dalle altre forme di lavoro di pubblica utilità conosciute e merita un’attenzione particolare perche’ si tratta di una sanzione vera e propria. Oltre alle prescrizioni contenute nel programma di trattamento potranno aggiungersi le informazioni richieste dal giudice stesso ai sensi dell'art. 464-bis comma 5◦ c.p.p

Ai sensi di tale articolo, le informazioni raccolte dal giudice devono essere portate “tempestivamente” a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell'imputato; nonostante la mancata previsione nella norma circa le modalità, si ritiene che i relativi risultati debbano essere depositati presso la cancelleria del giudice e che alle parti si debba dare avviso del deposito, in modo da poter prenderne visione ed estrarne copia.

Benché il programma di trattamento sia una componente

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