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La fase decisoria

Nel documento La valutazione di incidenza ambientale (pagine 39-43)

LA VALUTAZIONE D’INCIDENZA: IL PROCEDIMENTO

3. Il procedimento della Vinca tra direttiva habitat, norme nazionali e regole regional

3.3 La fase decisoria

La valutazione preliminare dell’impatto di un piano o progetto sul sito consente alle autorità nazionali competenti di giungere a conclusioni

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TAR Calabria, sez. I, 1 ottobre 2007, n. 1420

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sulle conseguenze ambientali dell’iniziativa. Se tali conclusioni sono positive e si ha un elevato grado di certezza che l’iniziativa in questione non pregiudicherà l’integrità del sito, le autorità competenti potranno esprimere il loro assenso alla realizzazione. In caso di dubbio, si è visto che il principio di precauzione vieta che il piano o progetto possa essere autorizzato. Pur tuttavia, a tal proposito, l’art. 6 par.4 della direttiva habitat introduce delle eccezioni a siffatta regola generale, prevedendo che, in caso di valutazione negativa, il piano o progetto possa essere ugualmente realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, con contestuale adozione di ogni idonea misura compensativa. Se, peraltro, ci si trova di fronte ad habitat e/o specie prioritari, la verifica negativa potrà essere superata soltanto da considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

Si tratta una disposizione da cui emerge chiaramente la “scala gerarchica degli interessi comunitariamente protetti”34 e che si presenta come derogatoria rispetto alla regola generale dell’art. 6, par. 3, secondo la quale si può concedere un’autorizzazione soltanto a piani e progetti che certamente non pregiudicano l’integrità dei siti in causa; per tale ragione, sia la Commissione che la Corte di giustizia ritengono che essa debba essere interpretata ed applicata restrittivamente.

In primo luogo, la realizzazione degli interventi, in questi casi, viene subordinata alla rigorosa dimostrazione dell’assenza di “soluzioni

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alternative” che meglio rispettino l’integrità del sito in questione quali ad esempio ubicazioni alternative, dimensioni o impostazioni diverse di sviluppo etc.

Soltanto in assenza di soluzioni alternative concretamente attuabili, le autorità competenti, come seconda tappa, potranno esaminare la sussistenza di “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica”.

In proposito, l’art. 6 par.4, 2° comma, menziona la salute umana, la sicurezza pubblica e le conseguenze di primaria importanza per l’ambiente come esempi di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

Per gli altri motivi, inclusi quelli di natura sociale o economica, la Commissione specifica che dovrà trattarsi di piani o progetti indispensabili nel quadro di politiche fondamentali per lo Stato e la società e/o nel quadro della realizzazione di attività di natura economica o sociale rispondenti ad obblighi di servizio pubblico quali, ad esempio, quelli resi dalle reti di trasporto, energia e comunicazione. Viene in rilievo, dunque, il concetto di “servizi di interesse economico generale”, inteso come “servizi forniti dietro retribuzione, che assolvono a missioni di interesse generale e sono quindi assoggettati dagli Stati membri a specifici obblighi di servizio pubblico”.

Essi, date le loro finalità, si pongono in un’ottica di eccezione rispetto alle regole comunitarie della concorrenza; si può quindi ragionevolmente ritenere che tali servizi siano ricompresi tra quelle ragioni di natura economica-sociale cui allude l’art. 6, par. 4 e pertanto, che i piani e i progetti indispensabili per il loro espletamento possano essere autorizzati

anche allorché incidano in maniera significativa su siti appartenenti alla rete natura 2000, sempre che, ovviamente, siano rispettate tutte le altre prescrizioni impartite dall’art. 6, par. 4.

Quest’ultima disposizione, in particolare richiede, ai fini dell’approvazione di iniziative aventi ricadute negative sull’integrità dei siti protetti, che debba essere sempre adottata “ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale di natura 2000 sia tutelata”. Tali misure “mirano a controbilanciare l’impatto negativo di un progetto e a fornire una compensazione che corrisponde esattamente agli effetti negativi sull’habitat di cui si tratta” e possono comprendere, a titolo di esempio, la ricreazione di un habitat su un sito nuovo o ampliato, da inserire nella rete natura 2000, il miglioramento di un habitat su parte del sito o su un altro sito natura 2000 in maniera proporzionale alla perdita dovuta al piano/progetto, la proposta di un nuovo sito nell’ambito della direttiva habitat, etc. Il risultato deve di norma essere in atto al momento in cui il danno è effettivo sul sito di cui si tratta ed in linea con il principio “chi inquina paga” sembra logico ritenere che sia il promotore dell’iniziativa a dover assumere il costo della misure de quibus le quali dovranno, in ogni caso, essere comunicate alla Commissione europea. Il 2° comma dell’art. 6, par. 4, prevede, infine, un trattamento speciale ogniqualvolta venga in rilievo un piano/progetto incidente negativamente su un sito in cui si trovano habitat e/o specie prioritari. La realizzazione di un’iniziativa su questi siti, infatti, può essere giustificata solamente se i motivi di rilevante interesse pubblico evocati riguardano la salute umana e la sicurezza pubblica oppure superano le conseguenze positive per l’ambiente. Allorquando si tratti invece di ragioni di natura

economica o sociale sarà indispensabile che prima dell’autorizzazione dell’iniziativa, la Commissione esprima un parere sull’intervento proposto.

4. Il livello nazionale: il d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357 (e la sua

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