2.11 Il sistema tributario
2.1.4 Declino e Rinascita del Soft Power Cinese
Agli inizi dell’Ottocento l’impero Qing si trovò ad affrontare avvenimenti che portarono al declino della potenza cinese e alla caduta dell’impero nel secolo successivo.
I mercanti inglesi avevano tentato più volte di penetrare il grande mercato interno cinese, ma senza ottenere risultati, a causa delle politiche restrittive dei Qing sul commercio con l’estero: la Cina esportava un gran numero di prodotti, ma gli occidentali avevano il permesso di vendere solo un quantitativo limitato dei loro prodotti sui mercati cinesi. Gli inglesi pertanto puntarono sulla vendita dell’oppio, prodotto dalle loro colonie in India, la cui richiesta aumentò in maniera vertiginosa, provocando danni economici e sociali all’impero cinese, che cercò di impedirne o di limitarne la vendita. Queste misure sfociarono nella Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), che si concluse con il Trattato di Nanchino, il quale impose una maggiore apertura del commercio interno agli occidentali e che fu il primo segnale del declino della potenza dell’impero cinese, incapace di opporsi alla forza occidentale. Le rivolte popolari scoppiate tra il 1850 e il 1870 indebolirono ancora di più la struttura dell’impero, così come le mire espansionistiche di Gran Bretagna, Francia e Russia. Con la Seconda Guerra dell’Oppio (1856-1860) la Cina dovette sottoscrivere diversi trattati con i quali fu costretta a cedere in misura maggiore la sovranità su parti del proprio territorio. La vendita dei prodotti stranieri fu agevolata da misure doganali favorevoli, che ostacolarono la produzione interna, con un forte danno economico per l’artigianato cinese. Nel 1885, dopo un’azione militare francese, l’impero cinese firmò il Trattato di Tianjin, con il quale rinunciava alle relazioni millenarie con il Vietnam e consentiva il commercio dei francesi con la penisola indocinese, mentre nel 1895 rinunciò alla Corea a favore del Giappone con il Trattato di Shimonoseki: questi trattati segnarono la fine del sistema sinocentrico che l’impero aveva coltivato per secoli e che aveva avuto un’enorme influenza su tutto l’Est asiatico. La repressione della Rivolta dei Boxer sulla fine del secolo e i tentativi di modernizzare l’impero nei primi anni del 1900 non bastarono a fermare il crollo economico, politico e sociale dell’impero: nel 1911 le province cinesi insorsero una dopo l’altra, innescando una rivoluzione che portò alla fine dell’impero cinese e alla nascita della prima Repubblica Cinese, con presidente provvisorio Sun Yat-Sen nel 1912. Sun Yat-Sen fu poi sostituito da Yuan Shikai, il quale dopo aver in un primo momento sostenuto le iniziative repubblicane, in seguito sciolse i partiti e il Parlamento, costrinse alla fuga Sun Yat-Sen (leader del Guomindang, partito nazionalista cinese) e iniziò a varare misure volte ad aumentare il suo potere personale, per poter poi restaurare la monarchia. Queste misure provocarono la rivolta di un ampio fronte anti-monarchico, e Yuan Shikai dovette rinunciare, per poi morire nel 1916. Si aprì
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Fonti del sottocapitolo: SABATTINI, M., SANTAGELO, P., Storia della Cina, Editori Laterza, 2005; KURLANTZICK, Joshua, Charm Offensive: How China’s Soft Power Is Transforming the World, Yale University Press, 2007
32 quindi un lungo periodo di anarchia, con vari signori della guerra che si contendevano il dominio sul territorio cinese, sostenuti da questa o quella potenza straniera. Gli occidentali avevano il controllo delle finanze del governo allo sbando, perché detenevano l’incarico di riscuotere i dazi doganali che poi versavano al governo che riconoscevano come legittimo, ma trattenendo le indennità e gli interessi che la Cina doveva loro. In questo modo gli emissari delle potenze straniere aumentarono la propria importanza in Cina, sia nel settore amministrativo che in settori chiave quali esercito e finanze. Il malcontento per la situazione toccò il punto più alto quando alla Conferenza di Versailles venne stabilito di cedere al Giappone le basi che la Germania aveva in Cina. Iniziò a svilupparsi un movimento di protesta che coinvolse studenti, borghesia urbana e proletariato industriale, e che fu conosciuto come Movimento del 4 Maggio 1919. L’obiettivo del Movimento era porre rimedio ai fallimenti in cui era andata incontro la Rivoluzione del 1911 e rigenerare la Repubblica soprattutto sul piano culturale ed etico, grazie alle forze dei giovani. Fu in questo periodo che Sun Yat-Sen dal Giappone iniziò la riorganizzazione del Guomindang: per porre fine al dominio dei signori della guerra al nord nel 1923 stipulò un’alleanza con il neonato Partito Comunista, e insieme cercarono di riequilibrare il paese, dove mentre nelle aree urbane dove avevano luogo i traffici internazionali l’economia si era lentamente ripresa, nelle campagne invece i contadini rimanevano nelle condizioni di arretratezza in cui erano vissuti per secoli e a nord spadroneggiavano i signori della guerra. La collaborazione portò alla Spedizione contro il Nord nel 1926, contro i signori della guerra, ma i contrasti tra il Guomindang e il Partito Comunista si inasprirono e nel 1927 l’alleanza fu rotta da Chiang Kai-Sheck, capo del Guomingdang. Iniziò un periodo di scontri tra i due partiti, interrotto nel 1931 dall’invasione giapponese della Cina: il
Guomindang, dopo la prima fase del conflitto, si dispose a collaborare con il Giappone, creando un
governo collaborazionista con capitale a Nanchino nel 1940; il Partito comunista invece proseguì con azioni di guerriglia e di propaganda che permisero ai comunisti di essere identificati dalla popolazione come l’unica forza di resistenza contro il Giappone. Dopo il 1945, con la sconfitta del Giappone, gli scontri tra Guomindang e Partito comunista ripresero, e il Partito fu favorito dal sostegno popolare che aveva guadagnato durante la guerra sino-giapponese. Nel 1946 gli scontri sfociarono in una guerra vera e propria , che si concluse con la vittoria comunista e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese il primo ottobre 1949.
La fondazione della Repubblica Popolare fu percepita dai comunisti come la fine del “secolo di umiliazione” cinese, iniziato con le Guerre dell’Oppio.63
Da subito si iniziò a pensare a come porsi nei confronti del resto del mondo: nel 1955 la Cina prese parte alla Conferenza di Bandung,
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KURLANTZICK, Joshua, Charm Offensive: How China’s Soft Power Is Transforming the World, Yale University Press, 2007, p.12
33 ponendosi come leader dei Paesi in via si sviluppo asiatici e africani, per aiutarli a sbarazzarsi dei sistemi imperialistici e capitalistici occidentali. Sul fronte interno si perseguì la creazione di una società rivoluzionaria, in cui il governo aveva il controllo dell’agricoltura e dell’economia, dove vennero bandite le cosiddette tradizioni feudali, come le cerimonie religiose, e venne creato un sistema di controllo della vita degli individui. Per passare al livello successivo, cioè da una società agricola ad una industriale, Mao cercò di accelerare i tempi con il Grande Balzo in avanti, incoraggiando l’abbandono dei campi e la produzione casalinga di acciaio, ma il piano si rivelò un fallimento, che portò due anni di carestia e il danno all’immagine di Mao. Per recuperare la presa sul governo Mao dette vita alla Rivoluzione Culturale, un periodo di caos in cui tutte le istituzioni cessarono di funzionare. Nel frattempo, per quel che riguarda i rapporti con l’estero, la Cina sosteneva i movimenti comunisti con armi e fondi, come nel caso dei Khmer Rossi in Cambogia, movimenti che cercavano di sovvertire i legittimi governi: questo provocò un’ondata di malcontento nei confronti della Cina da parte del resto del mondo. Molti leader interruppero i contatti diplomatici con la Cina, si allearono con gli Stati Uniti e crearono organizzazioni che, come l’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico) non includevano la Cina. Gli strumenti che la Cina aveva per influenzare il resto del mondo erano pochi, l’immagine che presentava al mondo era abbastanza negativa, il modello cinese era un modello che pochi sembravano disposti a voler seguire. Tutto questo cambiò con gli anni Ottanta e le riforme propugnate da Deng Xiaoping: le riforme economiche segnarono l’inizio della rinascita della Cina come potenza mondiale e sono alla base della rinascita del soft power cinese. Deng, consapevole del fatto che il Maoismo aveva alienato alla Cina le simpatie del resto del mondo, iniziò la sua politica di riforme interne, e iniziò al tempo stesso a riavvicinarsi agli altri Stati. Il processo di riavvicinamento agli Stati Uniti era iniziato negli anni Settanta, con la cosiddetta “diplomazia del ping-pong”: negli anni successivi il processo venne ripetuto con altri Stati, con i quali vennero ristabilite relazioni diplomatiche. All’interno della Cina le riforme economiche spinsero l’economia cinese a livelli mai visti in precedenza, e l’apertura ai modelli del mondo esterno sembrò preludere alla formazione di una classe di intellettuali che avrebbe condotto il paese verso la democrazia.64 Le aspirazioni per una maggior democratizzazione della Cina furono interrotte dagli eventi di Piazza Tiananmen nel 1989, che segnò anche un raffreddamento dei sentimenti a favore della Cina nel resto del mondo. Tuttavia, la continua crescita economica della Cina non poteva essere ignorata, così come l’impegno della Cina per ricreare la propria immagine a livello mondiale: nel 1997, in seguito alla crisi che colpì l’area asiatica, la Cina decise di non svalutare il renminbi, per evitare ulteriori ripercussioni
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34 economiche sui Paesi del Sud Est asiatico. Questa mossa consentì al governo cinese di guadagnare il favore delle popolazioni di quell’area un tempo sottoposta all’influenza dell’impero cinese. La crescita economica e il progresso tecnologico e scientifico cinese hanno portato inoltre alla nascita di forti sentimenti nazionalisti, in particolar modo tra i giovani, che enfatizzano il nuovo ruolo della Cina nel mondo. A partire dagli anni Novanta si iniziò a discutere in Cina sul concetto di soft power elaborato da Nye, in relazione al declino dell’influenza americana nel mondo, e si indagarono i metodi e le risorse (nel senso inteso da Nye) per applicarlo alla situazione cinese. La Cina ha iniziato a partecipare attivamente alle discussioni internazionali e ha sviluppato una politica di relazioni internazionali più sofisticata ed efficace, che mira a far riconoscere il ruolo di daguo (大国 grande potenza) della Cina attraverso una strategia globale basata sul soft power sia domestico che rivolto verso l’estero.