Le ragioni del ritrovato successo del soft power cinese nei confronti del Sud Est asiatico sono da ricondursi all’influenza del potere economico cinese, in particolare legato agli investimenti per la ricerca cinese di fonti energetiche per continuare il proprio sviluppo e alla diffusione dell’idea di valori asiatici condivisi, dei quali si è già parlato in precedenza. Inoltre la preoccupazione degli stati del Sud Est asiatico per il mantenimento di un equilibrio con le potenze più influenti ha portato i primi a modificare i propri rapporti con la Cina.166
3.2.1 Influenza dell’economia
La possibilità di avere accesso all’enorme mercato cinese è un elemento che genera parecchie aspettative positive nella zona del Sud Est asiatico. L’economia del Sud Est asiatico è sempre più connessa a quella cinese: questo perché la Cina ha bisogno di risorse, offre esportazioni a basso costo e dispone di una grande quantità di valuta da spendere.167 Durante il primo summit ASEAN+3, tenutosi in Malesia nel dicembre 1997, Cina e stati del Sud Est asiatico hanno dichiarato, tra le altre cose, di voler promuovere le relazioni di buon vicinato e gli scambi economici.168 Da quel momento gli accordi bilaterali si sono incrementati, e questo può far capire come la Cina si stia servendo del proprio potere economico per espandere la propria presenza e influenza politica verso gli stati confinanti.169 A crescere non è stato solo il volume del commercio tra Cina e stati del Sud Est asiatico, ma anche il flusso d’investimenti, soprattutto nel settore energetico.
Secondo il Defense White Paper reso pubblico dal governo cinese nel dicembre 2006, l’accesso alle materie prime e alle fonti di energia sui quali si basa lo sviluppo economico cinese è ritenuto un problema di sicurezza nazionale.170 Secondo EIA (U.S. Energy Information Administration) la Cina è il secondo consumatore di petrolio al mondo, e si sta avviando a raggiungere il primo posto.171 Metà del petrolio importato proviene dalle zone del Medio Oriente, e la maggior parte di esso raggiunge la Cina via mare, passando per lo Stretto di Malacca, che separa Sumatra dalla costa malese. Il passaggio giornaliero della gran parte delle fonti di petrolio attraverso lo stretto, la cui sicurezza è messa alla prova da pirati e dai contrasti per il possesso di alcune isole tra Cina e stati
166
SCHMIDT, Johannes Dragsbaek, “China’s Soft Power Diplomacy in Southeast Asia”, op.cit., p.27
167
CIORCIARI, John David, “The Balance of Great-Power Influence in Contemporary Southeast Asia”, in
International Relations of the Asia-Pacific, 2009, Vol.9, p.174
168
SHEN Hongfang, CHEN Linglan, “China-Southeast Asian Economic Relations in the 21st Century: Evolving Features and Future Challenges”, in International Journal of China Studies, 2010, Vol.1, p.37
169
SCHMIDT, Johannes Dragsbaek, “China’s Soft Power Diplomacy in Southeast Asia”, op.cit., p.27
170
China National Defense in 2006, Ministry of National Defense of The People’s Republic of China Website
http://eng.mod.gov.cn/Database/WhitePapers/2006.htm, 20-09-2014
171
China-Overview, U.S. Energy Information Administration Website http://www.eia.gov/countries/cab.cfm?fips=CH, 20-09-2014
70 del Sud Est asiatico, ha portato nel 2003 l’allora presidente Hu Jintao a riflettere sul Dilemma di Malacca, per cercare alternative al passaggio del petrolio e agli stessi rifornimenti.172 Alcuni stati del Sud Est asiatico, in particolare Malesia e Indonesia, si trovano in una zona ricca di giacimenti petroliferi, e negli ultimi anni gli investimenti cinesi e l’importazione di risorse energetiche nella zona sono aumentati in larga misura.173 Lo stimolo principale per la Cina è la ricerca di nuovi bacini di energia da cui rifornirsi, per non dipendere interamente da vie poco sicure o da fonti che possano essere interrotte da agenti esterni. Il risultato, per gli stati del Sud Est asiatico, consiste in nuovi investimenti nel settore energetico da parte della Cina, in nuovi contratti e in un maggior numero di esportazioni di risorse energetiche, e questo genera un’immagine positiva della Cina, vista come una fonte di guadagno. Per evitare contrasti che potrebbero rallentare questi processi, il governo cinese adopera soft power proveniente da altre fonti (per esempio quello proveniente dalla cultura e storia condivisa, su cui si basa la campagna cinese per l’esaltazione dell’ammiraglio Zheng He, il quale sarebbe una dimostrazione di come l’Impero cinese avesse il dominio marittimo nel Mar Cinese Meridionale senza soffocare i regni che su di esso si affacciavano174) nel tentativo di creare un ambiente favorevole alla ricerca di energia cinese.
La Cina è diventata quindi uno dei maggiori investitori nell’area del Sud Est asiatico: le radici di questo risultato possono essere trovate nel modo in cui il governo cinese ha fatto fronte alla Crisi Finanziaria degli anni Novanta. Il rifiuto di svalutare la propria moneta, gli aiuti forniti senza chiedere in cambio riforme politiche, e la partecipazione a una serie di iniziative volte a risollevare la capacità finanziaria del Sud Est asiatico hanno migliorato l’immagine cinese nell’area, nonostante la somma fornita per gli aiuti fosse di gran lunga inferiore a quella di Stati Uniti e Giappone. La chiave è stata la capacità cinese di incanalare la frustrazione del Sud Est asiatico verso Stati Uniti ed Europa, che pressavano per avere riforme centrate sull’austerity fiscale e su misure di liberalizzazione giudicate pericolose dai governi del Sud Est asiatico. 175 Nello stesso periodo, la Cina compiva i passi necessari ad aprire i propri mercati (in parte) al Sud Est asiatico: l’accordo sulla Cooperazione Economica ASEAN-Cina del 2002, che ha posto le basi per l’istituzione nel gennaio 2010 di un’area di libero scambio tra gli stati coinvolti, è un esempio di
172
SARMA Jasnea, REINERT Mattew, The Malacca Dilemma, Madras China Institute, http://www.csc.iitm.ac.in/?q=node/375, 20-09-2014
173
SCHMIDT, Johannes Dragsbaek, “China’s Soft Power Diplomacy in Southeast Asia”, op.cit., p.34
174
YOSHIHARA Toshi, HOLMES James, “China’s Energy-Driven Soft Power”, Orbis, 2008, p.127
175
CIORCIARI, John David, “The Balance of Great-Power Influence in Contemporary Southeast Asia”, op.cit., p.171
71 questa strategia.176 Il successivo risultato è stato il cambiamento dell’immagine della Cina, non più solo avversaria ma anche partner strategica per lo sviluppo dei Paesi del Sud Est asiatico.177 Inoltre, la Cina fornisce aiuti economici, spesso nella forma di prestiti a basso interesse, agli stati più poveri dell’area del Sud Est asiatico, tra cui Laos e Cambogia, con meno imposizioni rispetto agli aiuti forniti dall’Occidente.178
3.2.2 Strategie per l’equilibrio
Gli stati del Sud Est asiatico nei loro rapporti con la Cina puntano a evitare situazioni in cui debbano schierarsi apertamente con lei o contro di lei. Il governo cinese dichiara che la crescita cinese deve rappresentare una sfida e non una minaccia per gli stati confinanti, i quali hanno visto la partecipazione sempre maggiore della Cina nella politica internazionale e l’interazione cinese con sempre più organismi del Sud Est asiatico. Per gli stati del Sud Est asiatico è importante riuscire a bilanciare il potere cinese: secondo le parole dell’ex primo ministro di Singapore Lee Kuan Yew, essi devono impegnare la Cina su vari fronti, dall’economico all’istituzionale, mantenendo tuttavia un piano di riserva qualora il comportamento cinese si discostasse dalle regole internazionali.179 Pur seguendo tutti queste strategie di bilanciamento, alcuni stati si trovano influenzati maggiormente dalla Cina (Vietnam, Cambogia, Myanmar, Laos, Thailandia), altri mantengono stretti legami con gli Stati Uniti (Filippine, Singapore). Ciò è dovuto a motivi storici, culturali, economici, diversi a seconda dello stato in questione. Tuttavia, anche negli stati più vicini alla Cina possono essere riscontrate tattiche di bilanciamento, come per esempio in Thailandia, la quale nonostante abbia strette relazioni con la Cina nel 2003 è diventata alleato non-NATO degli Stati Uniti, e ospita sul suo territorio esercitazioni dell’esercito statunitense.180
In generale, i governi del Sud Est asiatico hanno operato in modo da non presentare la Cina come una minaccia e, di conseguenza, non giustificare una maggior presenza statunitense sul proprio territorio.181 Si parla in questi casi di hedging, termine che indica un tipo di strategia che mira a ottimizzare i rischi e i vantaggi di una cooperazione con una grande potenza, in modo da proteggere l’autonomia di stati più deboli, ridurre i rischi di sfruttamento dell’economia e rendere più facile i
176
MOORE, Malcom, China and Southeast Asia Create Huge Free Trade Zone, The Telegraph UK [Online], 30 Dicembre 2009, http://www.telegraph.co.uk/finance/china-business/6911721/China-and-South-East-Asia-create- huge-free-trade-zone.html, 22-09-2014
177
CIORCIARI, John David, “The Balance of Great-Power Influence in Contemporary Southeast Asia”, op.cit., p.171 178 CIORCIARI, ibidem, p.172 179 CIORCIARI, ibidem, p.164 180 CIORCIARI, ibidem, p.165 181 CIORCIARI, ibidem, p.166
72 rapporti con le altre potenze in competizione con la prima.182 Il termine, usato per lo più nell’area della sicurezza militare, può essere applicato anche ai campi economici e istituzionali, per descrivere le strategie messe attualmente in atto dagli attori del Sud Est asiatico.
3.2.3 Il ruolo delle istituzioni
Gli stati del Sud Est asiatico hanno cercato di coinvolgere le grandi potenze in forum e istituzioni multilaterali: le conferenze a cui partecipano gli stati del Sud Est asiatico ricevono sempre più importanza e tramite esse si cerca di costruire una diplomazia multilaterale. Per gli stati del Sud Est asiatico questo è un modo per stabilire legami di unità tra loro e per esercitare in tal modo un maggiore peso nelle conferenze e nei trattati internazionali.183 Il ruolo dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico) è fondamentale a questo scopo: gli stati del Sud Est asiatico concordano nell’asserire che l’ASEAN è necessario a loro per potersi rapportare con la potenza cinese, e che l’uso dei mezzi multilaterali di cui l’ASEAN dispone (conferenze, forum, trattati) fornisce un meccanismo per far fronte all’influenza dei grandi poteri in modo strategico.184
Le istituzioni possono aiutare stati di piccole dimensioni (come Singapore) a mettersi in gioco nell’arena internazionale allo stesso livello di stati di dimensioni più importanti, e a unirsi insieme per creare un organismo rilevante sulla scena mondiale e per ridurre l’influenza estera sull’area del Sud Est asiatico.185 Inoltre gli stati ASEAN si sono posizionati in altri forum in cui è per loro possibile un dialogo con le grandi potenze, come per esempio ASEAN + 3 e ARF, ottenendo buoni risultati, come per esempio la multilateralizzazione dell’Iniziativa di Chiang Mai (CMIM) nel 2010, che ha consentito la creazione di una riserva di valuta straniera per far fronte alle crisi economiche.186
L’adozione da parte della Cina di alcune norme ASEAN e il continuo coinvolgimento nei forum e conferenze da esso organizzate ha contribuito a migliorare la sua immagine negli stati del Sud Est asiatico, in misura maggiore in alcuni stati, ma senza raggiungere un consenso totale.187
182
CIORCIARI, ibidem, p.168
183
Per approfondire vedi: HAACKE, Jurgen, “ASEAN’s Diplomatic and Security Culture: Origins, Development and Prospects”, Routledge, 2003, New York
184
CHO Il-Hyun, PARK Seo-Hyun, “The Rise of China and Varying Sentiments in Southeast Asia Toward Great Powers”, in Strategic Studies Quarterly, 2013, p.85
185
CIORCIARI, John David, “The Balance of Great-Power Influence in Contemporary Southeast Asia”, op.cit., p.176
186
The Chiang Mai Initiative Multilateralization, EURASEC Anti-Crisis Fund Website, http://acf.eabr.org/e/parthners_acf_e/RFAs_acf_e/CMIM_e/, 29-09-2014
187
CIORCIARI, John David, “The Balance of Great-Power Influence in Contemporary Southeast Asia”, op.cit., p.189
73 La Cina non è la sola grande potenza coinvolta nel gioco delle istituzioni: l’obiettivo degli stati del Sud Est asiatico è quello di bilanciarsi tra Cina e Stati Uniti in primo luogo, e di mantenere rapporti adeguati con India, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. In questo senso, il maggior coinvolgimento della Cina nei meccanismi istituzionali del Sud Est asiatico può essere visto come un tentativo di prevenire un aumento delle alleanze degli stati ASEAN con Stati Uniti o altri stati, cosa che creerebbe un fronte non necessariamente favorevole alla Cina proprio alle porte di essa.188
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