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4.1) Definizione ed aspetti general

Il progetto di riforma elaborato nel 2003 dalla Commissione Trevisanato conteneva già riferimenti alla composizione stragiudiziale della crisi ed alle procedure di prevenzione; sarà però solo con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in l. 14 maggio 2005, n. 80395 e con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, entrato in vigore il 16 luglio 2006 (seguiti dal decreto correttivo del 2007396, e dalle ulteriori modifiche del 2010397 apportate alla disciplina), che troveranno un espresso riconoscimento legislativo gli accordi di ristrutturazione dei debiti e i piani attestati di risanamento.

Emerge la definitiva presa di coscienza, da parte del legislatore, che in taluni casi e a determinate condizioni, il salvataggio dell'impresa ed il suo mantenimento in attività rappresentano l'unico reale mezzo per far sì che la crisi non investa violentemente anche le situazioni soggettive di coloro che, in qualche modo siano coinvolti dalla stessa, imponendo una valutazione caso per caso degli effetti che la liquidazione definitiva da un lato, e la salvaguardia dell'impresa dall'altro, comporterebbero sulle posizioni di tutti gli interessati398.

Una moderna legislazione concorsuale, per predisporre strumenti efficienti di prevenzione e soluzione delle crisi, non può presupporre aprioristicamente un determinato assetto di interessi che le procedure debbano necessariamente realizzare, ma deve conferire alle parti piena autonomia del volere. Questo nuovo

395

La legge 80/2005 è stata intitolata "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14

marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali". Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005, supplemento ordinario n. 91. 396

D. lgs. 12 settembre 2007, n. 169 397

D.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in l. 30 luglio 2010, n. 122.

398 A diretto corollario di ciò, risulta rivalutata anche la posizione di chi, fino al momento di insolvenza

dell'impresa, ne ha retto la gestione, ritenendo non più automatico e necessario, in capo a tali soggetti, il completo depauperamento di ogni gestione del patrimonio aziendale. In questo modo, laddove possibile, il proprietario o il manager, vengono resi compartecipi della condivisione di veritieri flussi informativi sulla gestione economica dell'impresa con i creditori e vengono spinti alla conclusione della soluzione concordata. D. Stanghellini, Creditori forti e governo dell'impresa nelle nuove procedure concorsuali, in Fallimento, 2006, pag. 378.

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approccio di fondo ha permeato il nuovo diritto della crisi d'impresa, che in quest'ottica non è più diritto fallimentare in senso stretto399.

Nel 2005, il legislatore elabora gli accordi di ristrutturazione dei debiti, un nuovo strumento per la composizione concordata della crisi d'impresa non isolandolo, però, rispetto al fallimento, in quanto accanto agli stessi muta la struttura e la finalità del concordato preventivo e istituisce un ulteriore meccanismo, costituito dal piano attestato di risanamento.

Gli accordi di ristrutturazione si caratterizzano per essere, sostanzialmente, concordati stragiudiziali per i quali, tuttavia, la legge richiede, affinché sia loro attribuita efficacia nei confronti dei creditori, che vengano presentati al Tribunale fallimentare nelle forme previste per la domanda di concordato preventivo, affinché, decise le opposizioni, ne disponga l'omologa dopo un accertamento di legalità. Essi costituiscono, insieme ai piani attestati di risanamento400 di cui all'art. 67, comma terzo, lett. d) l. fall., il primo tentativo di tipizzazione normativa della figura del concordato stragiudiziale.

399

E. Boggio, Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi. Ricostruzione di una disciplina, Giuffrè,

Milano, 2007, pag. 15.; Il consolidarsi della tendenza ad approdare a soluzioni di tipo privatistico è stato variamente inquadrato in termini di "privatizzazione del fallimento", "fuga dalla giurisdizione", "defallimentarizzazione della crisi d'impresa". Marabini, La gestione delle crisi d'impresa alla luce della riforma delle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2009, pag. 232 .

400 Un breve raffronto tra la disciplina degli accordi di ristrutturazione e quella del piano di risanamento

attestato, istituto caratterizzato dalla finalità di risolvere, in via negoziale, le crisi dell'impresa, disciplinato all’art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. Un aspetto comune ad entrambi gli istituti è l’attestazione di attuabilità, che viene rilasciata da un esperto. Per quanto riguarda le differenze, rese oggi ancor più marcate dal decreto correttivo, risiedono in primis nel presupposto oggettivo di ammissibilità, ben definito in termini percentuali di creditori aderenti per gli accordi, ed imprecisato per i piani. Anche l'effetto, comune ad entrambi gli istituti, di esentare da revocatoria (in caso di successivo fallimento) gli atti, i pagamenti e le garanzie poste in essere in esecuzione degli stessi piani e accordi, viene ottenuto in maniera completamente differente. Mentre nei piani di risanamento, infatti, non occorre un preventivo accordo dei creditori, un'anticipata pubblicazione nel registro delle imprese ed un previo controllo omologatorio del tribunale, negli accordi tutti questi aspetti costituiscono componente imprescindibile. La necessità, per i piani, della sola redazione precedente al compimento degli atti che si vuole sottrarre revocatoria e l'attestazione di ragionevolezza da parte di un esperto, sembrerebbe renderli, prima facie, farne uno strumento più semplice e vantaggioso. In realtà tale istituto soffre di notevole incertezza, in quanto va esibito al giudice solo successivamente all'apertura del fallimento, per contrastare l'azione revocatoria del curatore. La possibilità, tutt'altro che remota, che il giudice, a fronte dell'insuccesso del tentativo di salvataggio, ritenendo sin dall'inizio l'accordo inidoneo a superare la crisi, non accordi l'esenzione dalla revocatoria degli atti esecutivi, ne rappresenta la vera criticità. Gli accordi, invece, escludono tale eventualità mediante il controllo giudiziale preventivo; inoltre rappresentano uno strumento più flessibile rispetto ai piani anche per quanto riguarda le finalità, che a differenza di questi ultimi, come precedentemente sottolineato, non necessariamente debbono consistere nel ritorno in bonis del debitore. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Un nuovo procedimento concorsuale, Cedam, Padova, 2009, pag. 14.

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L'intervento legislativo affronta in prima battuta il problema della gestione concordata della crisi d'impresa, ponendo in prima linea l'utilità di trovare soluzioni efficaci alternative alla gestione burocratica del fallimento. La nuova disciplina pare valorizzare il ruolo dell'autonomia privata e le sue potenzialità nel fronteggiare la situazione in cui versa l'impresa. La funzione che il legislatore ha inteso assegnare al nuovo istituto è quella di creare una rete di protezione che agevoli la praticabilità di esperienze delle quali è data una valutazione positiva401. La ratio della disposizione di cui all'art. 182-bis l. fall. va ricercata in una prospettiva di ampio respiro, che tenga conto della filosofia di fondo che pervade l'intera legge fallimentare novellata, in seguito all'introduzione delle nuove forme di composizione negoziale della crisi d'impresa.

L'introduzione di nuovi istituti, quali gli accordi di ristrutturazione, la transazione fiscale, il piano attestato di risanamento e la modifica della disciplina del concordato preventivo rispondono all'esigenza di contemperare la stabilità dei rapporti negoziali con l'evento patologico costituito dall'insolvenza, componendo il conflitto dei diversi interessi in gioco di cui sono portatori i soggetti coinvolti. L'interesse perseguito con questi nuovi strumenti, e in particolare con gli accordi di ristrutturazione, non è solo quello del debitore proponente, ma quello dell'intero ceto creditorio: dei creditori aderenti che avranno valutato che dall'accordo potranno ottenere vantaggi maggiori di quelli conseguenti ad una dichiarazione di fallimento e dei creditori estranei, che verranno comunque pagati regolarmente. Se quindi è vero che l'accordo soddisfa gli interessi del ceto creditorio402 in maniera migliore della procedura fallimentare403, indirettamente

401

Se l'impresa insolvente e non tutti i suoi creditori, ma una parte di essi vengono ad essere autorizzati e

quasi incoraggiati dall'ordinamento a porre in essere delle attività negoziali con l'imprenditore insolvente, questo pare smentire un dogma ereditato dalla legislazione anteriore: quello dell'indisponibilità dell'insolvenza. Se la stessa legittimazione sociale dell'imprenditore risiede nell'investimento di propri mezzi economici (il capitale di rischio), così, quando i risultati negativi hanno distrutto l'investimento, cade quella legittimazione che si trasferisce alla comunità dei creditori: quando i risultati negativi abbiano bruciato l'investimento di rischio, la legittimazione alla gestione dell'impresa scende di uno scalino: passa cioè dall'investimento di rischio, che non c'è più, al capitale di credito. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale, Cedam , Padova, 2008, pag. 157 ss.

402

Tra questi sicuramente rientrano le banche. Il ruolo giocato dagli enti creditizi nell'ambito degli

accordi di ristrutturazione, si articola secondo due direttrici, che rappresentano le diverse posizioniche l'istituto bancario può rivestire in occasione della conclusione di un accordo di questo genere. In primo luogo, e nella quasi totalità dei casi,le banche rappresentano la gran parte della compagine creditoria

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viene tutelato anche l'interesse pubblico ad un corretto funzionamento del mercato e del sistema economico nel suo complesso404.

Uno dei punti più controversi in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti è l'individuazione della natura giuridica dell'istituto.

Parte della dottrina405 cataloga l'accordo come atto di natura puramente stragiudiziale, ponendo attenzione sia alla sua conclusione, funzionale al superamento o alla prevenzione della situazione di crisi, sia all’esecuzione che il debitore vi dia, privilegiando così l'aspetto privatistico dell'accordo.

Tuttavia, la fattispecie normativa prevista dall'art. 182-bis si compone di due fasi: la prima stragiudiziale riservata al potere di autonomia dei privati, la seconda giudiziale, nella quale l'intervento del giudice consente all'accordo di produrre effetti erga omnes. L'accordo si configura dunque come atto di autonomia privata inserito in un procedimento giurisdizionale406.

Nella fase preliminare del procedimento, deputata alla formazione della volontà negoziale delle parti e come tale, ovviamente, al di fuori del potere del giudice si forma l'accordo. Questo deve essere sempre unitariamente considerato , perchè

dell'impresa in crisi, e conseguentemente, in caso di fallimento della stessa, rischiano di essere gravate da ulteriori oneri economici, primo tra tutti quello derivante dall'esercizio di azioni revocatorie fallimentari. In secondo luogo, ed anche in presenza di banche creditrici, ve ne sono altre che assumono il ruolo di consulenti o advisors, nella predisposizione dei piani di risanamento, e nella negoziazione dei relativi accordi. Per l' importanza che ricoprono, in entrambi i ruoli, gli istituti di credito vengono denominati "convenzioni bancarie di salvataggio" Gualtieri, Il processo decisionale delle banche per l'adesione ai piani di risanamento delle imprese, in Riv. Soc., 2006, pag. 855.

403

Lo strumento in questione consente di evitare l'assoggettamento dell'impresa in crisi alle rigidità e alle

limitazioni che spesso sembrano costituire parte integrante delle procedure concorsuali giudiziali; funzione secondaria è quella di pre-regolamentare l’ammissione alle procedure giudiziali, attraverso la pianificazione di ritocchi ed “aggiustamenti” sulletempistiche e sulle modalità di avvio delle procedure succitate, in modo da accompagnare l’impresa verso una “fine” meno traumatica, evitando tra l’altro, eccessivi pregiudizi ai creditori principali. E. Boggio, Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi. Ricostruzione di una disciplina,op. cit., pag. 20.

404

Galardo, Gli accordi di ristrutturazione e il risanamento del gruppo, Dir. fall., 2010, II, pag. 350.

405

Bonfatti, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Manuale di diritto fallimentare, Cedam, Padova,

2009, pag. 560; Zanichelli, I concordati stragiudiziali, Giappichelli, Torino, 2010, pag. 601.

406

La commistione tra fulcro negoziale degli accordi e intervento del giudice rappresenta un profilo di criticità dell'istituto; il controllo del giudice rappresenta sicuramente un ombrello protettivo, tuttavia i confini di questo giudizio sono molto incerti, con la conseguenza che non è agevole comprendere quanto l'istituto sia rivolto verso l'autonomia privata ovvero quanto soffra di un eccesso di eteronomia rappresentato dal controllo giudiziale. La forza del decreto di omologa è infatti tale che esplica un effetto sanante e cioè produce gli effetti, anche nel caso in cui l'accordo non avesse avuto i requisiti per essere omologato. G. Valerio, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis, in Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare , Giappichelli, Torino, 2009, pag. 664 .

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unitaria è l'operazione economica sottesa ed unico l'effetto perseguito, ossia la rimozione della crisi, sia nella fase della pubblicazione che in quella dell'omologazione, sicchè anche in presenza di un fascio di accordi, l'omologazione avrà ad oggetto l'accordo nella sua unità formale e non i singoli atomisticamente considerati407.

La pubblicazione costituisce invece la fase costitutiva, attribuendo efficacia all’accordo stesso. La funzione integrativa dell’efficacia, invece, viene assolta dall’omologazione, la quale fa salvi, sul piano dell’opponibilità, e quindi anche del concorso esecutivo, gli atti compiuti precedentemente ad essa, chiudendo il procedimento.

L'omologa rappresenta un elemento esterno ed estraneo alla fattispecie, ma integrativo della stessa; il rigetto dell'omologazione rappresenta il fatto risolutivo dell'accordo medesimo408.

Fino alla riforma degli accordi di ristrutturazione attuata con la l. 122/2010 si tendeva ad escludere che gli stessi potessero essere inseriti nel novero delle procedure concorsuali; in questo senso infatti era orientata la dottrina maggioritaria409; oggi, prendendo in esame le altre procedure disciplinate nella legge fallimentare è possibile notare che invece proprio questi sono connotati caratterizzanti.

Ciò che manca negli accordi rispetto ad una procedura concorsuale è il profilo della universalità della regolazione, visto che il debitore è arbitro di scegliere con

407

M. Gabrielli, Il contratto e l'operazione economica, in Riv. dir. civ., 2006, I, pag. 93 .

408 Gli accordi sono pienamente efficaci fin dalla loro stipulazione (salvo che i paciscenti non abbiano

condizionato l'efficacia interna dell'accordo all'omologazione) e dunque l'omologa funge, al più, da condicio iuris. In tale contesto nulla esclude che il difetto di omologa non si rifletta sulla validità e sulla impegnatività degli accordi, il che porta ad escludere che un accordo senza omologazione sia un "non accordo" Fabiani, Accordi di ristrutturazione dei debiti: l’incerta via italiana alla “reorganization”, Fallimento, 2006, pag. 135.

409

Per una serie di ragioni: i) non è previsto un provvedimento di apertura; ii) non vi è la nomina di organi (un commissario, un giudice delegato, un comitato dei creditori); iii) non c'è una regolazione concorsuale del dissesto (non tutti i creditori sono coinvolti); iv) i creditori sono organizzati non come collettività ma come somma di tante teste; v) il debitore resta dominus dell'impresa, non solo perchè continua a dirigerla, ma anche perchè non vi è alcuna forma di spossessamento, neppure attenuato e i suoi atti non sono assoggettati a vincoli nè a controlli. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione,op. cit., pag. 17; Proto, Accordi di ristrutturazione dei debiti, tutela dei soggetti coinvolti nella crisi di impresa e ruolo del giudice, in Fallimento, 2007, pag.; Fabiani, Il regolare pagamento dei creditori estranei negli accordi di cui all’art. 182 bis l. fall., in Riv. dir. comm.., 2006, I, 2566;

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chi e come accordarsi e nella formazione di eventuali classi di debitori non è previsto, come avviene nel concordato, un controllo del giudice410.

Gli accordi di ristrutturazione411 costituiscono un istituto a metà del guado tra l'accordo stragiudiziale puro (il piano attestato di risanamento) e il concordato preventivo (che è a tutto tondo una procedura concorsuale) e rappresentano pertanto il terreno elettivo delle nuove forme di autonomia negoziale con controllo giudiziale412.

Molto discusso è il modo in cui catalogare gli accordi di ristrutturazione per quel che riguarda il versante negoziale. Si può infatti avere ora un unico contratto plurilaterale (se si vuole enfatizzare il profilo dell'unitarietà dei singoli apporti), ora un contratto bilaterale plurisoggettivo (se si intende focalizzare l'attenzione sulla dualità del rapporto, debitore da un lato e insieme dei creditori dall'altro), ora una sommatoria di singoli contratti, cui faccia (ma non necessariamente) da sfondo un contratto quadro.

La giurisprudenza ha aderito alla seconda impostazione, definendolo contratto bilaterale plurisoggettivo a causa unitaria413.

410

Anche in altre procedure, come il concordato preventivo, si possono pattuire, nel rispetto della legge, trattamenti differenziati tra i vari creditori, senza che nessuno ne metta in dubbio la collocazione tra le procedure concorsuali. Di fatti, se da un lato al rispetto pedissequo di tale regola sono sottoposti gli organi giudiziari, nulla vieta che il titolare di una posizione di credito nei confronti di un soggetto debitore possa rinunziare, in tutto o in parte, ad essa senza ledere alcuno. In tal modo, infatti, potrà difficilmente essere sostenuto che sia mancato il soddisfacimento di tutti i creditori, con la sola differenza, rispetto alla visione “classica” della parità di trattamento, che ciò può avvenire con modalità differenti a seconda dei creditori, ma pur sempre nei limiti pattuiti espressamente nell’accordo da tutti i creditori aderenti, dato che i non aderenti, come già osservato, vengo spesso liquidati per intero, e quindi nei loro confronti nulla quaestio. Ciò che merita sottolineare, sta nel fatto che in virtù di questa nuova concezione il principio della par condicio creditorum assume un carattere relativo, o meglio sussidiario e dispositivo per le parti private, lasciando ad ognuno la possibilità di scelta in merito agli interessi che intenda far valere; già nel senso dei limiti del rispetto del principio di proporzionalità, come unico in grado di garantire la parità di trattamento . F. Pezzano, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bisl. fall.: un'occasione da non perdere, in Dir. fall., 2006, II, pag. 674 .

411

Nella disciplina del 2005 si osserva un'impronta marcatamente privatistica data agli accordi dal

legislatore; tuttavia con il decreto correttivo nel 2007 il legislatore sembra aver cambiato rotta: viene introdotto (e poi ampliato alla fase delle trattative con la riforma del 2010) il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari: il blocco delle azioni esecutive o cautelari per i creditori costituisce un elemento che caratterizza, senza alcuna distinzione, tutte le procedure concorsuali previste dal nostro ordinamento. Fabiani, L'ennesima riforma della legge fallimentare, Fallimento, 2010, pag. 899.

412 Fabiani, L 'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, Fallimento, 2010, pag. 900.

413

M. Sciuto, Effetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv. dir. civ., 2010,

pag. 347; In realtà è impossibile fornire a priori una classificazione, che può essere calzante solo se attuata in concreto. Stante, in effetti, la normale presenza di più soggetti (salvo il caso, quasi di scuola, in cui vi sia un unico accordo tra l’imprenditore in crisi ed il suo unico grande creditore), le molteplici

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Stante la necessaria unitarietà dell’operazione economica sottostante, finalizzata alla rimozione dello stato di crisi e al sostanziale risanamento dell’impresa che in esso versa, al regolare pagamento dei creditori estranei, alla protezione dalla revocatoria degli atti e dei pagamenti effettuati in esecuzione dell’accordo, ci si troverà in presenza di un unico accordo laddove sia unico il vincolo nei confronti di tutti i partecipanti anche se costituito con differenti documenti, mentre ci si troverà in presenza di più accordi distinti seppur funzionalmente collegati, nel caso in cui i vincoli siano differenti414.

È indispensabile esaminare i presupposti oggettivi e soggettivi degli accordi di ristrutturazione dei debiti; questi sono delineati dall'art. 182-bis l. fall., che attribuisce all' imprenditore in stato di crisi la facoltà di richiedere al Tribunale fallimentare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti.

Il termine usato, quello generico di imprenditore, non chiarisce se il soggetto legittimato ad accedere alla procedura sia l'imprenditore soggetto a fallimento, ovvero qualsiasi tipo di imprenditore, dal momento che non tutti gli imprenditori commerciali sono soggetti a fallimento.

L'espressione "imprenditore in stato di crisi" è la stessa usata dall'art. 160 l. fall. : essa può indurre a ritenere che il presupposto soggettivo sia lo stesso del concordato preventivo (e del fallimento), ossia l'essere il debitore un imprenditore commerciale non piccolo. Anche il richiamo al deposito della documentazione di cui all'art. 161 l. fall. e il richiamo all'esenzione da revocatoria inducono a ritenere che la disciplina si applichi agli imprenditori

manifestazioni di volontà possono ben essere esplicitate in un unico contesto o in momenti successivi, sia con la forma della stratificazione dei consensi in seno ad una singola soluzione contrattuale, sia con la redazione di più accordi, con i singoli creditori o classi di creditori. Anche se non vi è necessità di una trattativa unitaria con l'intero ceto creditorio, vi è tuttavia coessenzialità tra singolo accordo e accordo di ristrutturazione; inoltre un vero e proprio dovere di informativa sulle condizioni che regolano gli altri contratti non sussiste, tuttavia il singolo creditore deve avere consapevolezza del fatto che l'accordo

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