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La definizione delle politiche intergovernative: il Trattato di Maastricht

CAPITOLO 2. L’ESTERNALIZZAZIONE DELLA POLITICA MIGRATORIA

2.2 L’Unione Europea e la gestione delle migrazioni: una cooperazione

2.2.2 La definizione delle politiche intergovernative: il Trattato di Maastricht

un punto di svolta nel processo d’integrazione. L’obiettivo iniziale della Comunità Europea, quello della costruzione di un mercato comune, fu superato e, per la prima volta, si sviluppò l’idea di “un’unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini (…).48 “Il Trattato ha una struttura istituzionale composta di tre pilastri: un primo pilastro comunitario, un secondo pilastro dedicato alle questioni di “Politica estera e di sicurezza comune”, e un terzo pilastro dedicato alla cooperazione nei settori di “Giustizia e Affari Interni” (Titolo VI).49 In questo terzo pilastro furono inserite le questioni legate all’immigrazione, al diritto di asilo, alla sicurezza, alle frontiere e ai visti. I tre pilastri funzionavano secondo procedure decisionali diverse:

a) Procedura comunitaria e sovrannazionale per il primo

L 239 del 22/09/2000 p.0097-0105 http://eur-

lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:42000A0922(08):IT:HTML, ultimo accesso 24/03/2014.

46 Decisione del Consiglio 1999/439/CE del 17 maggio 1999, relativa alla conclusione

dell'accordo con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, Gazzetta ufficiale n. L

176 del 10/07/1999 p. 0035–0035, http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/IT/ALL/?uri=CELEX:31999D0439, ultimo accesso 31/03/2014.

47

Vd Regno Unito.

48

Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992, p.1.

49

P. Turnbull-Henson, Negotiating the Third Pillar: The Maastricht Treaty and the Failure of Justice and Home Affairs Cooperation among EU Member States, Institute of German Studies, University of Birmingham, Birmingham, Regno Unito, 1997, p.61.

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pilastro, secondo la quale era sufficiente avere una maggioranza per approvare un emendamento, marginalizzando così il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni comunitarie,50

b) Procedura intergovernativa per gli altri due pilastri, basata principalmente su un metodo di voto unanime, attribuendo in pratica tutto il potere decisionale agli Stati membri.

La ragione principale della differenza tra le due procedure risiede nella volontà di salvaguardia degli interessi nazionali e delle competenze degli Stati membri, in settori che da sempre erano considerati di competenza interna.51 Sebbene con il Trattato di Maastricht, la cooperazione su questioni legate all’immigrazione, all’asilo e agli affari giudiziali fu inserita all’interno dell’area di competenza dell’Unione Europea (nel terzo pilastro), tale cooperazione rimase tuttavia di natura intergovernativa basata su un sistema di voto unanime.

A titolo esemplificativo, cito l’articolo K152 del Titolo VI (Terzo pilastro) che metteva in evidenza le questioni considerate di “comune interesse” e non “politiche comuni”.53 In quest’ambito rientravano:

1. la politica di asilo;

2. Le norme che disciplinano l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri da parte delle persone e l’espletamento dei relativi controlli;

3. La politica d’immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi:

a) Le condizioni di entrata e circolazione dei cittadini dei Paesi terzi nel territorio degli Stati membri;

b) Le condizioni di soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi nel

50

I pilastri dell’Unione Europea,

http://www.lavoriamoineuropa.eu/documenti/pilastri_dell_unione_europea.htm, ultimo accesso 01/05/2014.

51

G. Callovi, L’européanisation des politiques migratories de l’Union Européenne, in «Rencontre du CEDEM», 11 febbraio 2004.

52

Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992, pag. 61.

53

A. Geddes, Immigration and European Integration: Towards Fortress Europe?, Manchester & New York, Manchester University Press, 2000, pp. 95-96.

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territorio degli Stati membri, compresi il ricongiungimento familiare e l’accesso all’occupazione;

c) La lotta contro l’immigrazione, il soggiorno e il lavoro irregolari di cittadini dei Paesi terzi nel territorio degli Stati membri.54

Sebbene queste novità dimostrassero un miglioramento significativo rispetto alla normativa precedente, tuttavia le problematiche relative alla gestione erano piuttosto evidenti. Appare chiaro che le misure riguardanti l’immigrazione e l’integrazione dei migranti erano piuttosto limitate. La base legale sulla quale poggiava la questione migratoria era piuttosto debole poiché non includeva norme vincolanti e direttive.

Unici strumenti politici a disposizione dei membri erano: (a) posizioni congiunte, che non avevano alcun potere vincolante e (b) convenzioni, che richiedevano una ratifica a livello nazionale con procedure piuttosto complesse.

Nel periodo successivo all’elaborazione del Trattato, il Consiglio decise di utilizzare oltre novanta indicazioni non vincolanti, risoluzioni e conclusioni. In tal senso, è opportuno ricordare la risoluzione sul “Paese terzo sicuro55” e sul “Paese di origine sicuro”,56 un’idea già in pratica in molti Stati membri e che permise

54

Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992, Articolo K.1, p.61.

55

Secondo la definizione presente nella Risoluzione di Bruxelles, 20.9.2000C(2000) 578, un paese è considerato un “paese terzo sicuro” se soddisfa, nei confronti dei cittadini stranieri o degli apolidi ai quali tale nozione potrebbe essere applicata, i seguenti due criteri:

A. il paese rispetta generalmente le norme di diritto internazionale in materia di protezione dei rifugiati;

B. il paese rispetta generalmente le norme fondamentali di diritto internazionale in materia di diritti dell'uomo alle quali non può essere derogato in tempo di guerra o in altre emergenze pubbliche che minacciano la vita della nazione.

56

Secondo la definizione presente nella Risoluzione di Bruxelles, 20.9.2000C(2000) 578, Un paese è considerato un “paese d'origine sicuro” se rispetta generalmente le norme fondamentali di diritto internazionale in materia di diritti dell'uomo, alle quali non può essere derogato in tempo di guerra o in altre emergenze pubbliche che minacciano la vita della nazione, e:

A. ha istituzioni democratiche ed i seguenti diritti sono generalmente osservati: il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, il diritto alla libertà d'espressione, il diritto alla libertà di assemblea pacifica, il diritto alla libertà di associazione con altri, compresi il diritto di formare e fare parte di sindacati ed il diritto di partecipare al governo direttamente o attraverso rappresentanti liberamente eletti;

B. consente alle ONG di controllare che esso rispetta i diritti dell'uomo;

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loro di continuare a portare avanti politiche restrittive.

Una comunitarizzazione nell’area dell’immigrazione e asilo cominciò a svilupparsi con l’elaborazione del Trattato di Amsterdam (1997), con il quale si decise di trasferire alcune questioni legate all’immigrazione all’interno del Primo Pilastro, quello comunitario. Durante i lavori preparatori per il Trattato di Amsterdam, molti esperti, diplomatici e responsabili politici considerarono un fallimento la struttura intergovernativa. Tuttavia, queste critiche non erano unanimi. Al contrario, altri ritenevano che il metodo intergovernativo avesse permesso di unire Stati che si trovavano su posizioni estremamente contrastanti per accettare una condivisione totale di sovranità su questioni politicamente sensibili.57

2.3 La strada verso una comunitarizzazione delle politiche migratorie