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La deformalizzazione delle architravi normative del tipo colposo La deriva verso un paradigma di rischio Nel modello di imputazione colposa precauzionale esaminato

Il principio di precauzione nella dogmatica della colpa

6. La deformalizzazione delle architravi normative del tipo colposo La deriva verso un paradigma di rischio Nel modello di imputazione colposa precauzionale esaminato

la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento lesivo sono ricostruite in basi ad ipotesi congetturali meramente possibilistiche. La linea di confine tra il rischio consentito ed il

versari è dunque fissata sulla soglia della non impossibilità; più precisamente, si

tratterebbe di una relazione di non impossibilità di tipo intuizionistico, priva di alcun riscontro serio sul piano epistemologico (in questa prospettiva, non avrebbe alcun rilievo la nozione nomologico-normativa di non impossibilità elaborata nella dogmatica del pericolo). La congenita indeterminatezza di questo modello di imputazione gli conferisce un’intrinseca tendenza espansiva. La mancanza di alcun cifra nomologica nei modelli di classificazione dei rischi connaturati alle attività consente un’autentica dilatazione delle sfere giuridiche dei doveri di previsione e prevenzione.

Non a caso, nelle sue prime applicazioni prasseologiche, la deriva della colpa nella direzione del versari si è immediatamente concretizzata225. La nozione congetturale di possibilità, su cui gli orientamenti dottrinali in esame hanno edificato la dogmatica precauzionale della colpa, è stata deformalizzata in un’ipotesi vaga di non impossibilità226. Queste conclusioni sono state esplicitamente fondate su una sostanziale rilettura della tipicità colposa, alla luce del principio di precauzione227. Il modello prospettato si basa sullo schema della c.d. default opinion: nelle ipotesi in cui vi sia un sospetto di rischiosità, 224 Sul disvalore sostanziale dell’imputazione colposa, cfr. MAZZACUVA, Il disvalore di evento, cit., DONINI, L’imputazione oggettiva dell’evento, cit., 103 ss.; ID., Il volto attuale dell’illecito penale, cit., 129; ID., Illecito e colpevolezza nella

teoria del reato, cit., 432; nella dogmatica d’oltralpe, KUPPER, Grenzen der normativierenden Strafrechtdogmatik, 202;

DEGENER, ”Die Lehre vom Schutzzweck der Norm” und die starfgesetzlichen Erfolgsdelikte, cit., 201; SCHUNEMANN, Uber

die obiktive Zurecgnung, in GA, 1999, 207 ss.; PUPPE, Die Erfolsgzurechnung in Strafrecht, dargestelit an

Beispielsfallen aus der Hochstrichterlichen Rechtsprechung, Baden-Baden, 2000, 138 ss.

225 Ci riferiamo alla complessa vicenda giudiziaria del Petrolchimico di Porto Marghera; l’intero iter processuale, con le

motivazioni integrali delle tre sentenze è ricostruito nel sito www.petrolchimico.it.

226 La decisione della Corte di Appello di Venezia è stata, tra l’altro, confermata dal giudice di legittimità.

227 Sia la decisione di appello, sia quella di legittimità richiamano espressamente in motivazione il principio di

anche se indistinto e diafano, l’agente deve comportarsi come se l’ipotesi di rischio sia fondata, per lo meno fino a quando non viene acquisita, questa volta sul piano scientifico, la prova contraria dell’assenza di pericolosità228. Gli esiti finali di questo modello di imputazione prasseologico costituiscono i risvolti applicativi, logici e fisiologici, di un paradigma precauzionale di responsabilità colposa, in cui si considera legittima anche l’imputazione di eventi non prevedibili in riferimento alle loro modalità causali di verificazione. La destrutturazione del Tatbestand colposo realizzata dal lavorio interpretativo della prassi non sembra essere assolutamente episodica: piuttosto, ci sembra che, nella specifica ipotesi empirica di riferimento, il modello dottrinale di imputazione precauzionale sia stato oggetto di un’interpretazione estensiva chiarificatrice, che ne ha chiaramente portato alla luce la strutturale indeterminatezza.

Un modello di prevedibilità carente sul piano del teleologismo normativo (che può essere fornito esclusivamente da una regola di natura cautelare in senso tecnico, e non cautelativa in senso generico) e su quello della caratura nomologica (che può essere fornita soltanto da un modello di generalizzazione determinato) si presta, in maniera congenita, ad essere riferito anche ad ipotesi estreme, in cui, in assenza di segnali di pericolo minimamente attendibili sul piano euristico, l’unico indicatore di rischio configurabile è nell’assenza di certezze riguardo all’oggettiva inidoneità della condotta a produrre determinate conseguenze lesive. Evidente il vulnus inferto al principio di tassatività. Trasnaturando in norma cautelativa, la regola cautelare perde completamente la sua attitudine predicativa tipizzante229. L’efficacia cautelare della condotta si basa su un giudizio di relazione che si incardina nel percorso causale di produzione dell’evento. Se quest’ultimo viene sottoposto ad un generale procedimento di astrazione, si deforma la tipicità della regola cautelare, determinando un vuoto contenutistico aperto ad ogni possibile manipolazione applicativa. Carenze di determinatezza così evidenti si ripercuotono, inevitabilmente, anche sull’irretroattività delle fattispecie causali a forma libera: in questa prospettiva, possono costituire oggetto delle imputazioni per colpa ipotesi di rischio non riconoscibili in base alla migliore scienza ed esperienza del momento della condotta230.

Tali conclusioni sono riferibili sia alle ipotesi di colpa specifica, ove la violazione di generiche norme di tutela dal profilo minimale possono essere rilette sub specie di regole cautelari, dal fuoco preventivo onnicomprensivo (e, come tali, suscettibili di giustificare 228 Non dissimili le conclusioni sostenute da FIGUERO DIAS, Aportaciones del principio de precaucion, cit., 88; FEJO

SANCHEZ, Resultado lesivo e imprudencia, cit., 138; in tema, in termini problematici, PULITANÒ, Il diritto penale tra

vincoli di realtà, cit., 1372.

229 In tema, cfr. PIERGALLINI, Il paradigma della colpa nell’età del rischio, cit., 1480.

230 In materia, cfr. SGUBBI, Il diritto penale incerto ed inefficace, cit., 299;VENEZIANI, Regole cautelari proprie ed improprie, cit., 78 ss., 145 ss.; PIERGALLINI, Il paradigma della colpa nella società del rischio, cit., 1482.

qualsiasi imputazione colposa)231; sia alle ipotesi di colpa generica, ove anche ipotesi dubitative di natura meramente sintomatica, alla luce del principio di precauzione, possono legittimare l’imposizione di un dovere di considerare la situazione data come se fosse effettivamente pericolosa, fino a prova contraria232.

Il depauperamento progressivo del carattere modale della regola cautelare, e l’assenza di riferimento a specifiche modalità causali di produzione dell’evento, emergono in maniera chiara anche dal ricorso al concetto di canale di rischio. Nelle impostazioni dottrinali criticate, in luogo della conoscibilità del meccanismo causale di produzione del danno, per lo meno nelle sue fasi essenziali, si richiede, diversamente, la conoscibilità del canale attraverso cui il rischio di dispiega fino a concretizzarsi nell’evento. In altri termini, in luogo della possibilità oggettiva di prevedere le modalità di aggressione del bene tutelato, si richiede la mera possibilità di comprendere per quali vie il bene sarà aggredito; id est, quale parte dello stesso sarà concretamente intaccata233. La nozione di canale di rischio illustrata altro non costituisce se non una mera specificazione del tipo di evento preso in considerazione, nulla aggiungendo riguardo alle sue modalità causali di verificazione. Più che di un anello costitutivo del nesso causale, esso costituisce un profilo peculiare dell’interesse leso; questo aspetto, nell’economia complessiva dell’imputazione della responsabilità penale, ne vanifica la funzione selettiva.