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La degradazione del DNA nucleare

1. Capitolo 1- Metodi di quantificazione in genetica forense e

1.3. La degradazione del DNA nucleare

Essendo il DNA un residuo chimico altamente reattivo la sua struttura primaria può essere alterata sia da numerose reazioni chimico-fisiche che inducono la degradazione delle nucleobasi che da processi di lisi enzimatica che portano alla frammentazione della doppia elica. Un esempio è il DNA ottenuto da campioni forensi complessi, che spesso può essere danneggiato nella sua struttura molecolare causa del decadimento spontaneo nei tessuti post mortem e/o di una cattiva conservazione o esposizione del DNA a condizioni ambientali sfavorevoli che comporta la degradazione in piccoli frammenti.

Due sono i percorsi attraverso i quali avviene la morte cellulare: la necrosi e l’apoptosi.

Questi processi sono determinati sia da fattori interni che da fattori esterni alla cellula come la natura del segnale di morte, il tipo di tessuto e dal suo stadio di sviluppo. La frammentazione del nucleo, la marcata degradazione dei cromosomi in oligomeri di circa 180 basi e l’addensamento del citoplasma caratterizzano il processo di apoptosi

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[25]. L’apoptosi è un processo attivo, durante il quale la cellula “accende” uno specifico programma che ne determina la morte; questo è un fenomeno univoco che può essere spontaneo o indotto da agenti di diverso genere. Viceversa la necrosi è un processo degenerativo passivo accidentale che coinvolge contemporaneamente gruppi più o meno estesi di cellule. A seconda della natura dell’agente lesivo la necrosi interviene nell’alterazione dello stato omeostatico e nel collasso metabolico della cellula con il conseguente crollo della concentrazione intracellulare di ATP. Questo processo è favorito da condizioni ambientali estreme determinate da acqua (umidità), luce, ossigeno, temperatura e radiazioni o da fattori enzimatici. Infatti tutto ciò comporta una degradazione del tutto casuale effettuata da enzimi intracellulari rilasciati in seguito alla rottura delle membrane cellulari [25]. Infatti, tra i primi agenti degradativi del DNA ci sono le nucleasi endogene, un gruppo di enzimi che idrolizza il legame fosfodiesterico tra i nucleotidi degli acidi nucleici. Si dividono in esonucleasi, che agiscono alle estremità della molecola e in endonucleasi, le quali agiscono all’interno della molecola di DNA.

Oltre a queste, una serie di altri enzimi come lipasi, diversi tipi di proteasi e altri enzimi vengono rilasciati a seguito della morte cellulare. Da notare che, le proteasi agiscono sulle proteine istoniche, le quali sono alla base della struttura cromatinica. La rimozione degli istoni favorisce l’azione casuale delle nucleasi endogene [25]. Il processo di degradazione può anche essere mediato da nucleasi esogene, quest’ultime vengono rilasciate da microrganismi presenti nell’ambiente e possono contribuire alla frammentazione del DNA [26].

I campioni biologici forensi sono naturalmente sottoposti a vari livelli di degradazione enzimatica, a volte promosse da contaminazione batterica o fungina. Inoltre questi substrati biologici sono maggiormente propensi al danneggiamento derivante sia dall’età dei campioni raccolti e sia da fattori ambientali; in aggiunta, nei casi di analisi di resti umani, dalle caratteristiche acide o basiche del terreno [27].Per questi campioni è fondamentale la fase di amplificazione tramite reazione di PCR che consente la moltiplicazione di frammenti di acidi nucleici permettendo di ottenere in vitro molto rapidamente una maggiore quantità di materiale genetico. Tuttavia, è da sottolineare che l’affidabilità dei risultati ottenuti viene influenzata da diversi fattori, primo tra tutti

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l’integrità del templato, cioè il filamento di DNA che viene copiato durante la reazione di replicazione in vitro eseguita della Taq polimerasi durante la reazione di PCR. Inoltre, l’inibizione prodotta dalla presenza di sostanze co-estratte con il campione come l’emoglobina, melanina, collagene ed altri polisaccaridi complessi, causa un’amplificazione parziale che potrebbe comportare la perdita di loci fino a nessuna amplificazione.

Diverse sono le modificazioni chimiche della struttura primaria del DNA che si ripercuotono sulla fedeltà di replicazione mediante PCR. Di seguito vengono descritte le principali modificazioni chimiche del DNA:

- L’idrolisi è una delle modificazioni più frequenti della molecola del DNA e può essere causato da processi enzimatici che cominciano dopo la morte cellulare o da processi non enzimatici e portano alla frammentazione della molecola del DNA interferendo con il normale processo di amplificazione.

Nella velocità dell’idrolisi del DNA incidono il pH e la concentrazione di ioni Ca2+

e Mg2+. L’idrolisi può avvenire sia a livello N-glicosidico (Fig.2), che coinvolge la rottura del legame tra il C1 del deossiribosio e la base azotata; in questo caso nella molecola di DNA si forma un sito apurinico/apirimidinico. Sia la degradazione del templato, che la presenza di siti AP producono il fenomeno di

“jumping PCR”, cioè, quando la Taq polimerasi salta da un filamento di DNA danneggiato all’altro, generando degli alleli “chimera” [28]. Inoltre, i siti AP possono facilitare riarrangiamenti chimici che portano alla rottura del filamento di DNA [29].

L’idrolisi può avvenire anche a livello del legame fosfodiesterico (Fig.2) tra il C2 del desossiribosio ed il C3 del nucleotide successivo determinala rottura della doppia elica di DNA.

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Fig.2. Rappresentazione del legame glicosidico e del legame fosfodiesterico. Immagine Legame β-glicosidico tratta da: http://192.146.242.139/biologia/sites/default/files/lezioni_2014-nucleotidi_ac.nucleici.pdf; immagine legame fosfodiesterico tratta da:

https://it.wikipedia.org/wiki/Legame_fosfodiesterico.

- Il danno ossidativo provoca la modificazione delle basi azotate mediante la loro deamminazione, ossia la perdita del gruppo ammino. Le specie derivate dall’ossigeno, come il radicale superossido (O2-) e l’acqua ossigenata (H2O2), vengono generate a seguito di radiazioni ionizzanti o dal metabolismo di alcuni microrganismi aerobici che colonizzano i tessuti. L’area più suscettibile ai radicali derivati dall’ossigeno è la base azotata. In particolare le pirimidine (soprattutto la timina) sono più sensibili al danno ossidativo rispetto alle purine [25].

- I raggi UV promuovono la fusione di due gruppi etilene per formare un anello ciclo-butano. La componente ultravioletta della luce solare è in grado di modificare la molecola di DNA provocando modifiche di base, crosslinkage, formazione di dimeri etc.

- Modificazioni strutturali del DNA a carico della formaldeide, sostanza utilizzata comunemente per il fissaggio dei tessuti ottenuti da autopsie e/o biopsie.

Questo, provoca la formazione di derivati metilene delle purine che bloccano la polimerizzazione [30].

Esistono molti inibitori che possono essere presenti nei campioni forensi come ad esempio l’emoglobina e alcuni coloranti tessili. Questi inibitori possono interferire con la fase di lisi cellulare durante l’estrazione, legarsi all’acido nucleico evitando il legame dell’enzima polimerasi o degradandolo fisicamente e infine inibire l’attività della polimerasi [31-33]. I campioni che contengono degli inibitori della PCR spesso