26
5 Ibidem, p. 49.
6 L. Luzzatto, Sull’andamento del credito popolare italiano al 31 dicembre 1878, Milano, 1879, Appendice I e II.
7 L. De Rosa, Le banche popolari nell’economia dell’Italia libera-le, in “Le banche popolari nella storia d’Italia”, cit., p. 8.
8 G. Fortunato, Le cooperative di credito nel Mezzogiorno, in “Il Mezzogiorno e lo stato italiano”, vol. I, Firenze, 1926, p. 60.
2 Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (abb. MAIC), Di-rezione del credito, della previdenza e della cooperazione e delle assicurazioni sociali (abb. DCPCA), Statistica della banche popo-lari – Decennio 1899-1908, Roma, 1911, pp. XXI-XXVI; Ministero dell’Interno, Annuario statistico italiano, I, 1877, Roma, 1878, pp. 158-160; P. Cafaro, Banche popolari e casse rurali tra ’800 e
’900: radici e ragioni di un successo, in “Le banche popolari nella storia d’Italia”, a cura di P. Pecorari, Padova, 1999, p. 53.
3 E. De Simone, Storia della banca dalle origini ai nostri giorni, Napoli, 1987, pp. 283 e 284.
4 R. Lombardi, Le banche popolari e i sistemi produttivi locali, in
“Sintesi”, n. 5, 2004, p. 48.
comunità locale, che rende poco dispendiosa l’ac-quisizione di informazioni sulle piccole imprese che chiedono crediti. Il terzo punto riguarda le in-terazioni di lungo periodo, ovvero rapporti durevoli (che una banca popolare cooperativa, general-mente, instaura con la clientela), che determina-no la riduzione dei costi di informazione4. Il quarto punto riguarda la stabilità dei vertici aziendali (co-me si ebbe per la Banca di credito Popolare di Torre del Greco), che consente la raccolta di un pac chetto di informazioni sui clienti e la conse-guente realizzazione di strategie organizzative che rendono più agevoli le relazioni con i clienti e prin-cipalmente con le piccole imprese5.
Nella struttura della distribuzione territoriale del sistema delle banche popolari italiane, fino al 1880, il numero non crebbe in maniera uniforme nelle regioni del Nord e in quelle del Sud; la loro sfera di attività, inoltre, rimase circoscritta alle lo-calità di origine e raramente sconfinò nei comuni limitrofi6. Nel Mezzogiorno continentale, la nascita delle banche popolari fu molto lenta (nel 1880 erano solo 15; mentre nel solo Veneto se ne con-tavano 24). La crescita, nelle regioni settentriona-li, era legata allo sviluppo industriale di quell’area ed era favorita dal miglioramento delle infrastrut-ture e dalla concentrazione della popolazione nei centri urbani7. La minore crescita del numero del-le banche nel Mezzogiorno, prima del 1880, ven-ne attribuita, dal meridionalista Giustino Fortuna-to, alla mancanza di una classe dirigente locale, alla carenza di capitali e alla scarsa conoscenza, fra la popolazione, delle operazioni bancarie. Egli, inoltre sosteneva, che la creazione di una banca, nel Mezzogiorno, “così povero di movimento com-merciale”, avrebbe “distratto da più utili se non da più lucrosi impieghi – quello, ad esempio, del-l’industria agricola – tutto quel po’ di denaro rac-colto a furia di privazioni; od anche [avrebbe] as-sorbito, fin troppo, le attività nascenti e le iniziati-ve private”8.
Fra il 1880 e il 1888, la situazione si capovolse per cui crebbe rapidamente il numero di banche popolari, arrivando a 362 nel Mezzogiorno conti-banche popolari un mezzo capace di educare gli
italiani alla cooperazione e incoraggiarli a compie-re sacrifici per mettecompie-re insieme piccoli risparmi.
La prima banca popolare cooperativa fu costituita, a Lodi, nel 1864, seguita nel giro di pochi anni da banche dello stesso tipo a Bologna, Siena, Vare-se, Cremona e Milano. Il numero delle banche po-polari crebbe rapidamente: alla fine del 1870 ne esistevano, in Italia, 50; nel 1876 erano 100; nel 1880 erano cresciute a 150; nel 1883 erano 238;
nel 18872 se ne contavano ben 660. L’attività del-le banche cooperative venne regolata dalla nor-mativa del Codice di Commercio italiano del 1882, che conteneva tre disposizioni molto semplici: 1) il possesso delle azioni per ciascun socio era limi-tato a 5000 lire; 2) era prevista la regola valida per tutte le cooperative, cioè “un’azione, un vo-to”; 3) non venivano fissati i limiti per la conces-sione dei prestiti ai non soci. Le ragioni del suc-cesso delle banche popolari, negli ultimi decenni dell’800 e nel primo quindicennio del ’900, sono riconducibili a diversi fattori di natura specifica. Il primo riguardava la responsabilità dei soci, poi-ché, a differenza delle banche tedesche, che pre-vedevano la responsabilità illimitata dei soci – che avrebbero dovuto rispondere con il patrimonio per-sonale in caso di fallimento dell’azienda –, quel le italiane sorsero come società anonime a respon-sabilità limitata alle quote sociali dei soci. Un se-condo fattore va individuato nella eterogeneità della base sociale – a differenza della omogeneità di quella tedesca –, per cui, spesso, i soci appar-tenevano alla piccola borghesia locale, costituita da industriali, proprietari terrieri, artigiani e com-mercianti3.
Nonostante la primaria importanza dei fattori indi-cati, aventi carattere specifico, vanno altresì men-zionate le ragioni generali di tale successo, che possono individuarsi in quattro punti. Il primo ri-guarda la concessione di crediti ai soci, per i qua-li, in virtù della loro notorietà, la raccolta di infor-mazioni circa le attività esplicate è meno costosa.
Il secondo deriva dal controllo reciproco (per mo-nitoring) tra i membri di un’associazione o di una
27
16 C. Supino, Storia della circolazione cartacea in Italia dal 1860 al 1928, Milano, 1929, pp. 30 e sgg.
17 A. Cottrau, Le industrie meccaniche e il regime doganale, Ro-ma, 1891, pp. 10 e sgg.; G. Luzzatto, Gli anni più critici, cit., pp.
438 e 439.
18 G. Luzzatto, Gli anni più critici, cit., pp. 440-452; G. De Nardi, Le banche di emissione in Italia nel secolo XIX, Torino, 1953, p.
396; N. Quilici, Banca Romana, Milano, 1935, pp. 15 e sgg.
19 MAIC, DCPCA, Statistica delle banche popolari, cit., pp. XXI-XXVI; R. De Mattia (a cura di), I bilanci degli istituti di emissione in Italia dal 1936 al 1945, Roma, 1967, pp. 942 e sgg.
9 L. De Rosa, Le banche popolari, cit., pp. 9-11.
10 G. Acerbo, L’agricoltura italiana dal 1861 ad oggi, in “L’econo-mia italiana dal 1861 al 1961”, Milano, 1961, pp. 108 e sgg.
11 L. De Rosa, Le banche popolari, cit., pp. 8 e 9.
12 E. Levi Della Vida, Istituti di emissione e banche popolari, in
“Nuova Antologia”, n. 241, 1912, pp. 308 e 309.
13 G. Luzzatto, Gli anni più critici dell’economia italiana (1888-1893), in “L’economia italiana dal 1861 al 1961”, cit., p. 421.
14 M. Pantaleoni, Indici dei prezzi di importazione ed esportazio-ne dal 1878 al 1889, in “Giornale degli economisti”, maggio 1891, pp. 30 e sgg.
15 G. Luzzatto, Gli anni più critici, cit., pp. 429-431.
scoppio della prima guerra mondiale – si innesca-rono crisi finanziarie, monetarie, industriali e ban-carie. Quella finanziaria riguardò il disavanzo del bilancio dello stato, conseguenza della lievitazio-ne delle spese per i lavori pubblici e per l’esercito.
La circolazione monetaria crebbe, per l’emissione di cartamoneta superiore al fabbisogno, con con-seguente lievitazione dei prezzi16. Le industrie si-derurgiche e meccaniche non ricevettero benefici della tariffa doganale protezionistica, che, per con-tro, determinò una crescita della produzione su-periore al fabbisogno17. Più pesante fu la crisi ban-caria, causata dai finanziamenti concessi agli spe-culatori per acquistare terreni, a Roma e a Napoli, con l’intento di rivenderli a prezzi maggiorati. Al seguito della mancata realizzazione delle aspetta-tive di rialzo dei prezzi, le terre furono vendute con notevoli perdite per i debitori delle banche e, al contempo, le difficoltà inerenti la restituzione dei prestiti agli istituti di credito provocarono il falli-mento della Banca Generale e del Credito Italia-no. Nella crisi furono coinvolti anche gli istituti di emissione, che avevano concesso mutui attraver-so il credito fondiario. Nel 1894, la Banca Nazio-nale nel Regno d’Italia fu trasformata in Banca d’Ita lia, assorbì le due banche di emissione to-scane e mise in liquidazione la Banca Romana18. Le conseguenze di questa lunga crisi (1888-1894) ricaddero anche sulle banche di credito popolare.
Le più colpite furono quelle del Mezzogiorno, dove maggiormente furono sentite le difficoltà dell’agri-coltura. Il numero delle banche popolari italiane scese da 807, nel 1893, a 724 nel 1897 e l’am-montare dei depositi raccolti diminuì da 422 milio-ni di lire, nel 1890, a 384 miliomilio-ni nel 189519. Dal 1895 allo scoppio della prima guerra mondia-le, in Italia e in Europa, si ebbe un periodo di libe-rismo e di crescita dell’economia, interrotto solo dalla crisi finanziaria mondiale del 1907. In Italia, furono compiuti straordinari progressi dalle nuove industrie chimiche ed elettriche; crebbe l’attività dei settori tradizionali: meccanica, tessile e ali-mentare. Nel settore bancario, la costituzione del-le banche miste (Credito Italiano, Banca Commer-nentale e insulare, cioè oltre la metà delle banche
aperte in Italia (cioè 692)9. Le ragioni della cresci-ta del numero delle popolari nel Sud erano ricon-ducibili a diverse circostanze. La prima derivava dall’aumentata esportazione di vini meridionali in Francia, dove la viticoltura era in crisi per la diffu-sione della fillossera. Pertanto, gli agricoltori me-ridionali, per soddisfare la domanda francese, so-stituirono culture meno redditizie con le vigne10, avvalendosi di prestiti erogati dalle banche. La se-conda ragione del successo fu il minor saggio di interesse chiesto dal Banco di Napoli e dalla Ban-ca d’Italia per le operazioni di risconto delle ban-che popolari11. Altro importante impulso, scaturi-va dalla propaganda, sempre attiscaturi-va, che promuo-veva Luzzatti a sostegno della diffusione delle banche cooperative alla quale, poi, si unì quella di gruppi politici, principalmente dei cattolici, con l’intento di combattere il “morso” dell’usura e so-stenere la diffusione delle piccole imprese12. Nella primavera del 1888, scoppiò una grave crisi economica che si protrasse fino al 1894, coinvol-gendo tutti i settori dell’economia e della finanza
“sino al punto da fare temere – secondo Gino Luz-zatti – che essa determinasse il crollo di tutto ciò che nel decennio precedente si era andato co-struendo con tanta fatica e attraverso tanti alti e bassi”13. La crisi divampò dopo la rivalutazione della lira e l’abolizione del corso forzoso, che, in-trodotto nel 1866, favoriva la formazione dell’agio sui prezzi e sui cambi14. Essa fu acuita dalla rapi-da caduta dei prezzi agricoli, principalmente del grano, al seguito dell’accresciuta concorrenza dei grani americani, e dalla riduzione delle spese di trasporto. Contemporaneamente, furono interrotti i rapporti commerciali con la Francia, la quale non accolse l’applicazione della nuova tariffa dogana-le (fine 1887), che edogana-levava i dazi suldogana-le importazio-ni in Italia. Si instaurò una vera e propria guerra commerciale fra i due paesi e a farne le spese fu, prevalentemente, il Mezzogiorno, che esportava in Francia vino, olio, agrumi e bestiame15. Sulla crisi dell’agricoltura – che comportò una forte emigrazione dei meridionali verso l’estero fino allo
28
rini, Lettere dalla sede della Banca d’Italia all’Ufficio di Vigilanza di Roma dell’8 novembre 1947.
26 F. Balletta, La pesca e il commercio del corallo e dei cammei di torre del Greco nell’Ottocento e nel Novecento, in “I gioielli del mare. Coralli e cammei a Torre del Greco”, Napoli, 1990, pp. 137 e sgg.
27 C. Ascione, Coralli e cammei a Torre del Greco (1805-1945), in
“I gioielli del mare”, cit., p. 86.
28 L. De Rosa, Le banche popolari, cit., pp. 9-11.
29 L’omologazione del tribunale Civile di Napoli fu effettuata con delibera del 31 dicembre 1889 e del 24-28 aprile 1899, debita-mente pubblicata (Statuto della Società Anonima Cooperativa di Credito Popolare, Napoli, 1899, p. 2).
20 R. Tremelloni, Cent’anni dell’industria italiana (1861-1961), in
“L’economia italiana dal 1861 al 1961”, cit., pp. 198-200.
21 MAIC, DCPCA, Statistica delle banche popolari, cit., p. XXVI
22 R. De Mattia (a cura di), I bilanci degli istituti di emissione, cit., pp. 942 e sgg.
23 R. Bachi, L’Italia economica nel 1910, Supplemento alla Rifor-ma Sociale del giugno 1911, pp. 175 e sgg; R. Bachi, L’Italia economica nel 1913, Città di Castello, 1914, pp. 257 e sgg.
24 L. De Rosa, Le banche popolari nell’Italia liberale, cit., pp. 15 e 16; R. Bachi, L’Italia economica nel 1913, cit., p. 259.
25 Archivio storico della Banca d’Italia (abb. ASBI), Vigilanza sulle aziende di credito, prot. n. 3778, fasc. 2, Accertamento ispettivo del 9/22 ottobre 1947, Ispezione dell’incaricato Corrado
Gaspa-risparmio ed erogare crediti a coloro che volevano effettuare investimenti, al fine di sostenere e pro-muovere l’economia locale. L’iniziativa aveva lo scopo di combattere la morsa dell’usura, che col-piva le imprese e le famiglie25. Il momento scelto per la costituzione di una banca era particolar-mente opportuno, poiché l’economia italiana era in fase di forte crescita, grazie all’esportazione dei vini italiani in Francia e per l’avvio della rivolu-zione industriale. Specificamente, l’economia di Torre del Greco, basata sulla pesca del corallo, sulla sua lavorazione e commercializzazione inter-nazionale, ricevette nuovo impulso dall’arrivo dei coralli giapponesi26. I maggiori imprenditori di Tor-re del GTor-reco inviarono, in Giappone, i loro media-tori per l’acquisto del corallo grezzo, “che si rivelò – come sottolinea Caterina Ascione – di particola-re qualità e bellezza e straordinariamente adatto ad una lavorazione raffinata e di altissimo livel-lo”27. Altro motivo che invogliò la costituzione del-la banca fu il saggio di interesse agevodel-lato che gli istituti di emissione dell’epoca concedevano alle operazioni di risconto delle banche popolari28. Il 12 gennaio del 1888, presso la sede della So-cietà Operai di Arti e Mestieri, si riunirono i promo-tori dell’iniziativa per compiere un primo atto con-creto volto alla costituzione di un’associazione anonima cooperativa. Il presidente della seduta, Tommaso Borrelli, in collaborazione con il segreta-rio, Americo Ramon, espose la bozza dello statuto della nuova impresa. L’atto costitutivo, redatto il 19 aprile 1888, dal notaio Vincenzo Romano fu Gaetano, di Torre del Greco, fu omologato dal Tri-bunale Civile di Napoli con delibera dell’11 mag-gio 1888. Il relativo statuto, annesso all’atto co-stitutivo, fu ratificato dall’assemblea dei soci nelle riunioni del 6 ottobre 1889 e del 19 marzo del 1899 ed omologato dallo stesso Tribunale di Na-poli29. Gli obiettivi della società, secondo quanto fu scritto nell’articolo 4 dello statuto del 1899, erano: “formare capitali con piccoli risparmi riuni-ti; facilitare il credito ai soci; riscattare i meno ab-bienti dall’usura; giovare, in modo particolare, ciale Italiana – assieme al Banco di Roma e alla
Società Bancaria Italiana) contribuì alla crescita economica, grazie alla concessione di finanzia-menti a lungo termine e al collocamento sul mer-cato di pacchetti azionari delle grandi imprese.
Fra il 1897 ed il 1914, gli indici economici segrono fasi di intensa crescita, per cui il reddito na-zionale crebbe da 10 a 19 miliardi di lire, cioè raddoppiò; anche le esportazioni all’estero mostra-rono miglioramenti notevoli; nella bilancia dei pa-gamenti, si registrarono saldi positivi, grazie an-che alle rimesse degli emigrati meridionali; nel bilancio dello stato, le entrate effettive, fra il 1898 e il 1911, superarono le spese20.
Tutto il sistema creditizio migliorò e si popolarizzò, prevalentemente, grazie alle banche cooperative, che nel 1908 salirono a 841, cioè 117 in più ri-spetto al 1897; il numero dei soci per banca creb-be da 68 a 7721. I depositi raccolti dalle stesse sa lirono da meno di 500 milioni di lire, nel 1900, a 1249 milioni nel 1910, cioè quasi triplicarono;
il peso relativo di tali depositi, rispetto all’intero sistema bancario, passò dal 14 a circa il 17 per cento22. Per rafforzare il loro operato, a favore dei piccoli imprenditori, le banche cooperative inne-scarono un processo di associazionismo, che por-tò, nel 1913, alla costituzione di tre enti: Istituto Nazionale di Credito per la Cooperazione, alla cui istituzione diedero scarso contributo le banche polari23; Federazione tra istituti cooperativi di cre-dito sorta a Milano, allo scopo di tutelare gli inte-ressi degli istituti associati; e Banca Federale del-le Cooperative, che fungeva da banca centradel-le fra gli istituti cooperativi associati e operava in forma autonoma nelle località dove non vi erano banche cooperative24.
2. La costituzione e gli organi di governo della Società Anonima Cooperativa di Credito Popolare di Torre del Greco
Nel dicembre del 1887, alcuni cittadini di Torre del Greco manifestarono l’intenzione di costituire una banca cooperativa, per raccogliere il piccolo
29
30 Statuto della Società Anonima, a. 1899, cit., p. 3.
31 Ibidem, p. 5.
32 Ibidem, pp. 3-6.
33 Ibidem, pp. 3 e 4.
poste e discutendo della politica creditizia da at-tuare. I soci potevano, inoltre, ricoprire le cariche di amministratori ed il loro principale dovere era di impegnarsi nell’incremento dell’attività della ban-ca. A promuovere l’iniziativa furono 28 cittadini di Torre del Greco, giovani ed anziani, impegnati in diverse attività: lavorazione e commercio del co-rallo, negozianti, impiegati, proprietari di immobili e maestri municipali. I maggiori sostenitori delle imprese furono Tommaso Borrelli – che, convinto della bontà dell’iniziativa, ricoprì la carica di presi-dente dal 1888 al 1991 con grande risolutezza e determinazione – e Amerigo Ramon con i fratelli – proprietari terrieri e amministratori comunali –, che influenzarono in maniera decisiva la vita della Banca.
Le operazioni che la nuova società poteva effet-tuare erano: prestiti ai soci pagabili a rate setti-manali o mensili con qualsiasi garanzia; sconti di effetti commerciali garantiti da almeno due firme;
anticipazioni garantite da titoli pubblici o da derra-te alimentari o da incarichi di lavoro concessi da pubbliche amministrazioni; raccolta di risparmio;
assunzione di servizi di tesoreria di enti pubblici e privati; incasso di effetti per conto terzi; anticipa-zioni garantite da pegni di oggetti preziosi e non33. La società non poteva effettuare “operazioni alea-torie”, cioè rischiose, poteva solo acquistare o fabbricare immobili per uso dei propri uffici. Il sag-gio di sconto e il sagsag-gio di interesse da praticare agli operai, agli agricoltori ai commercianti di
se-cond’ordine e agli impiegati”30. Va sottolineato lo scopo di facilitare il credito ai soci, quale elemen-to di riduzione dei rischi e dunque dei costi, poi-ché la banca conosceva, preventivamente, il so-cio-cliente, che veniva ammesso solo se giudicato positivamente dal Consiglio di Amministrazione.
La forma della nuova banca fu quella di società anonima cooperativa con la denominazione di So-cietà Anonima Cooperativa di Credito Popolare con sede nel comune di Torre del Greco e la possibilità di aprire filiali in altri comuni. Il capitale era previ-sto nella misura illimitata e potevano diventare soci, oltre ai promotori, tutti coloro che ne avreb-bero fatto richiesta al Consiglio di Amministrazio-ne, il quale, prima di accettare, verificava la pre-senza dei requisiti morali dei richiedenti31. Al mo-mento della sottoscrizione delle azioni, il nuovo socio era tenuto a versare un quindicesimo del va-lore delle azioni sottoscritte, la parte restante po-teva essere versata con rate settimanali di una lira per ogni azione. Le azioni erano nominative e non erano pignorabili, poiché dovevano garantire alla società gli obblighi che assumeva il sottoscrittore.
Il passaggio di proprietà delle azioni doveva esse-re approvato dal Consiglio di Amministrazione32. Ciascun socio aveva il diritto di trattare con la so-cietà tutte le operazioni che essa effettuava; go-deva della ripartizione dei dividendi; partecipava alle assemblee generali dei soci, effettuando
pro-Gallo Vincenzo, commerciante
Palomba Andrea, negoziante di corallo Palomba Giuseppe, commerciante Borrelli Tommaso, proprietario Accardo Antonio, corallaio Lullo Gennaro, impiegato
tav. 1. Nominativi e attività svolte dai soci promotori della Società Anonima Cooperativa di Credito Popolare
30
34 Ibidem, pp. 9 e 10.
35 Ibidem, pp. 11 e 12.
36 Ibidem, pp. 13-15.
37 Ibidem, pp. 15 e 16.
tava la metà del capitale, deliberava sullo sciogli-mento anticipato della società, cioè prima dei 50 anni previsti; sulla proroga della durata della so-cietà; sulla fusione con altre soso-cietà; e sulle mo-difiche dello statuto36.
Il Consiglio di Amministrazione, secondo lo statu-to del 1888, era composstatu-to da sei soci ordinari e tre supplenti, eletti dall’Assemblea dei soci; nello statuto del 1899, i consiglieri furono portati a set-te e rimanevano in carica due anni; quattro veniva-no rinveniva-novati nel primo anveniva-no e tre nel secondo. Il rinnovo del primo anno veniva deciso dal sorteg-gio. I consiglieri non ricevevano compensi, solo il presidente aveva diritto ad un gettone per ciascu-na riunione. Non vi erano regole precise sulle riu-nioni del Consiglio, che si potevano effettuare tut-te le voltut-te che si ritut-teneva necessario, oppure su richiesta scritta di due consiglieri o di due sindaci.
Le delibere, valide quando intervenivano almeno quattro consiglieri, andavano raccolte in un appo-sito registro firmato dagli intervenuti37; le decisio-ni dovevano essere prese a maggioranza dei pre-senti. Il Consiglio eleggeva il presidente o il vice-presidente; nominava il direttore e il segretario;
convocava l’Assemblea dei soci; deliberava le
convocava l’Assemblea dei soci; deliberava le