I luoghi all’interno del romanzo rappresentano un contorno capace di evocare immagini e scenari legati agli abitanti di un “piccolo mondo antico”, nella prima stesura debolmente, nell’edizione a stampa saldamente.
Si considerano in primo luogo due scelte “topografiche” operate da Fogazzaro fin dal manoscritto e mantenute pressoché identiche nell’edizione a stampa: il contesto in cui aprire il racconto e l’uso di alcuni specifici termini dialettali; in secondo luogo le diversità riscontrate tra le due stesure.
La primissima fotografia del lago della Valsolda apre il romanzo in entrambe le stesure. Si legge del soffio di una breva leggera a Casarico che preannuncia una tempesta; non piove ancora, ma le gocce non sembrano essere lontane; si ha la sensazione di un cielo plumbeo, fatto di nuvole grigie e pesanti di pioggia. In questo contesto serio compaiono i buffi Pasotti: un’unica presenza in primo piano, una coppia fuori tono, non in armonia col paesaggio e con la situazione metereologica.62 A loro si aggiungono altri
personaggi (il Pin prima e il curato di Puria poi), presentati anch’essi con pennellate briose e quasi comiche. Tra la presentazione dei due coniugi Fogazzaro inserisce la descrizione della loro barca: i cuscini rossi e la tenda bianca e rossa rendono lo scenario più vivo, aumentando il contrasto tra il paesaggio grigio e ciò che di colorato vive in esso. 63
62 Cfr. SQUAROTTI, La tecnica narrativa di “Piccolo Mondo Antico”, in Antonio Fogazzaro, Le opere i tempi
cit., p. 125.
63 Cfr. SQUAROTTI, La tecnica narrativa di “Piccolo Mondo Antico”, in Antonio Fogazzaro, Le opere i tempi
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In secondo luogo si prendono in esame quei termini dialettali che forniscono delle coordinate linguistiche capaci di localizzare con precisione il mondo lombardo che ospita il romanzo64; presenti in entrambe le stesure, ne sono esempi i lessemi breva,
Niscioree e Birosni. La breva è il nome di origine lombarda di un vento caratteristico della zona del Lago di Como; a volte asciutto, a volte umido, spira con forza costante, specialmente nelle ore pomeridiane. Niscioree è la villa del marchese Bianchi di Oria, nel cui porto ha sede la Ricevitoria; è citata nel romanzo anche per il buon vino che produce (nell’edizione a stampa Fogazzaro scrive: “Il vino del Niscioree, rosso chiaro come un rubino, delicato e gagliardo”). Birosni fa riferimento ad uno dei golfi del lago di Lugano vicino al golfo del Dòi. Fogazzaro mantiene quei lessemi che riconducono il lettore in certi spazi specifici della Valsolda, per sottolinearne l’importanza e racchiudere lo scenario a un piccolo mondo lombardo. Il gergo dialettale in questo senso produce un effetto più immediato caratterizzando maggiormente la scena. Procedendo nell’analisi si possono riscontrare alcune scelte diverse operate dall’autore; egli infatti, nel passaggio dalla prima stesura all’edizione del 1911, chiarisce come procedere nell’impostazione delle descrizioni paesaggistiche: decide di prediligere la messa a fuoco domestica e vicina al “piccolo mondo”. Da un lato sceglie di tagliare inutili divagazioni che allargano l’inquadratura; lo si può notare negli esempi che si riportano di seguito:
gira a sinistra sopra un ciglio sporgente di un grembo precipitoso del monte, del lago, in profondo dei paeselli accovacciati come a bere, impresso di Castello, nell’improvviso cospetto del precipizio, del lago, dei paeselli di S. Mamette e di Casarico, accovacciati in fondo sulla riva65
gira a sinistra sopra un ciglio sporgente, nell'improvviso cospetto di un grembo precipitoso del monte, del lago in profondo, dei paeselli di Casarico e di S. Mamette, accovacciati sulla riva come a bere.66
sui [tappeti caduti a precipizio, spia [i fianchi] al fondo di burroni boscosi di S. Mamette di Loggio, spia il lago, fino ai golfi verdi dei Birosni e del Doi, sotto il Bisgnago deserto, fino alle distese serene di là da Caprino e da Gandria.67
spia giù i burroni, ond'esce il Soldo, spia il lago fino ai golfi verdi dei Birosni e del Doi, fino alle distese serene di là da Caprino e da Gandria.68
64 L. MORBIATO, Funzioni narrative dell’elemento dialettale nei romanzi di Antonio Fogazzaro, in Antonio
Fogazzaro, Le opere i tempi cit., p.170 .
65 Carta 25 (recto), IV capitolo. 66 III capitolo, Il gran passo, p. 8. 67 Carta 26 (verso), V capitolo. 68 III capitolo, Il gran passo, p. 11.
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Toglie quegli aspetti che portano a generalizzare ed allargare il panorama; riduce, ricorrendo ad espressioni più sintetiche, con l’obiettivo di rimpicciolire l’immagine e far emergere ciò che è davvero utile per meglio interpretare la scena.
D’altro lato, in differenti situazioni, sceglie l’operazione contraria: aumenta i dettagli descrittivi per introdurci a squarci più ameni di luoghi quieti e minuti.
Egli fu [subito] sotto il muraglione del sagrato, salì la scaletta che mette all’ingresso del paesello.69
Ecco il muraglione che sostiene il sagrato della chiesa di Castello, ecco la scaletta che mette all'entrata del villaggio.70
a Casarico71 a Casarico, nella contrada dei Mal’ari,
davanti alla porticina della villetta Gilardoni72
fino al monte gobbo, il S. Salvatore;73 secondo i momenti, fino al monte S.
Salvatore inclinato là in fondo, sotto il peso della sua gobba malinconica, ai sottoposti colli umili di Carona.74
Il semplice sagrato diventa il sagrato della chiesa di Castello; dal generico Casarico veniamo trasportati all’entrata di casa Gilardoni, la porticina di una villetta; la gobba del S. Salvatore è malinconica e i colli adiacenti sono umili. Tutto trasmette quel senso di pace che Fogazzaro prova nei luoghi di casa, dove conduce una vita familiare come quella che vuole raccontare nel romanzo (“quello che più apprezzo è la quiete, il silenzio; questo sì” 75), anche se lontana e ricca di malinconie e ricordi. Nella prima stesura l’autore spesso si dilunga nella descrizione generica dei paesaggi e dei luoghi, mentre nella bella copia ricorre ai microtoponimi. Così il lago della Valsolda76 del manoscritto diventa lago di Lugano77; chiesa di Cressogno78 diventa chiesa parrocchiale di Cressogno79, più familiare.
69 Carta 26 (recto), IV capitolo. 70 III capitolo, Il gran passo, p. 10. 71 Carta 43 (verso), V capitolo.
72 IV capitolo, La lettera del Carlin, p. 1. 73 Carta 43 (verso), V capitolo.
74 IV capitolo, La lettera del Carlin, p. 2.
75 Lettera alla figlia Gina, 11 luglio 1902, in O. MORRA, Fogazzaro nel suo piccolo cit., p. 510. 76 Carta 4 (recto), I capitolo.
77 I capitolo, Risotto e tartufi, p. 7. 78 Carta 6 (recto), I capitolo. 79 I capitolo, Risotto e tartufi, p. 11.
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Come ultimo esempio si inserisce una descrizione che chiarifica la scelta di Fogazzaro: quando Teresa, la mamma di Luisa, salutando don Franco lascia intendere la sua fine vicina, usa un toponimo sconosciuto ai più e vicino al gergo popolare:
“«I tedeschi andranno via presto, mamma» rispose Franco […] «Quando i tedeschi saranno andati via, verrete a dirmelo a Looch.» Portano il nome di Looch i praticelli ombrati di grandi noci dove sta il piccolo camposanto di Castello.”80
Queste poche righe sono del tutto assenti nella prima stesura e alimentano la commozione dell’addio tra il giovane e la madre di Luisa. Questi praticelli di Looch, noti agli abitanti della Valsolda, fanno assaporare al lettore uno scorcio più intimo e tenero nelle parole dell’ammalata.
Anche in questo aspetto, come per le scelte lessicali, Fogazzaro mantiene vivi i dettagli di quei luoghi che vedono l’agire dei suoi attori, spazi importanti perché calpestati e vissuti. Taglia invece ove l’immagine s’ingrandisce e da loro si allontana.