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Design e valorizzazione delle identità locali, fra tradizione e innovazione

Francesca De Filippi

Il progetto Tempus 3D — Design pour le Développement Durable des Productions artisanales locales, finanziato dalla Commis- sione Europea, ha visto un consorzio di università europee e tunisine lavorare insieme alla creazione di un Master — in primo in Tunisia — che integra nel suo percorso formativo la disciplina del design con i temi dello sviluppo sostenibile.

La necessità di dialogo più stretto e connesso tra i due ambiti trova ragion d’essere in una realtà che accomuna i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, nella ricerca di un punto di incon- tro e dialogo tra tradizione e innovazione, riappropriazione dei caratteri identitari e apertura alla modernità, tutela del patri- monio e suo uso nonché sviluppo (si pensi ai siti storici, mete turistiche, ma anche all’architettura vernacolare diffusa) in ter- mini di sostenibilità.

Il sovrapporsi in tempi più recenti di paradigmi ambientali, cul- turali, economici ha arricchito e trasformato il concetto di pa- trimonio culturale, conferendogli caratteristiche che lo legano oggi, molto più che in passato, ai concetti di territorio e identità. Su questo processo di lungo periodo si è innestata, negli ulti- mi venti anni del secolo scorso, l’accelerazione del processo di globalizzazione: fenomeno che ha, fra gli altri, due effetti co- esistenti sul piano culturale: da una parte la tendenza a creare una cultura internazionale, come veicolo di promozione di un Paese; dall’altra — all’opposto — un movimento di riscoperta della cultura locale, finalizzato alla conservazione della diversi- tà, che muove dalla riscoperta dell’identità come reazione alla standardizzazione culturale e che trova nel “locale” lo spazio più adatto a manifestarsi. Il patrimonio locale non può essere promosso se non coinvolgendo e delegando. Le sinergie sono obbligatorie: l’approccio multidisciplinare e il collegamento fra le diverse iniziative sono, in questo contesto, conditio sine qua non per il successo.

Il rapporto tra patrimonio culturale e sviluppo territoriale è tema ricorrente nel dibattito tra istituzioni (UE, organismi internazionali e sovranazionali, governi nazionali e locali) e altri soggetti a vario titolo implicati (ricercatori e attori delle politiche culturali, architetti, designers e urbanisti). In questo quadro, la nozione di patrimonio culturale assume nuovi valori e specificità, anche in relazione a implicazioni di natura imma- teriale e intangibile (tradizioni, saperi, creatività locali, valenze sociali, fattori di identità e di inclusione sociale). Il principio che si afferma è il prevalere del dato di contesto e la dimensione sistemica, ovvero quel tessuto di relazioni che ha storicamente definito il sistema di riferimento dell’uomo con la comunità e l’ambiente.

Il principio think globally act locally è stato dunque strategico nell’animare il modello formativo, pensando a una nuova ge- nerazione di progettisti che possano contribuire all’obiettivo di uno sviluppo sostenibile attraverso un approccio al design fortemente radicato nella realtà locale nella sua ispirazione, ma contaminato e nutrito da una visione internazionale. La struttura del Master, nella scelta dei temi, delle modalità formative così come nella sua organizzazione, riflette in toto il modello di cooperazione fondante il progetto. La prima edizio- ne prevede un affiancamento in aula e in laboratorio di docenti europei e tunisini, che già precedentemente hanno co-proget- tato contenuti e metodi caratterizzanti i singoli insegnamenti; i cicli successivi sono avviati autonomamente dalle tre istituzio- ni tunisine con un decremento di presenza in aula da parte dei colleghi europei, il cui impegno si concentra piuttosto in iniziati- ve una tantum di tipo seminariale.

La prima edizione del Master, appena conclusa, è stata fin dalle sue fasi preparatorie — con la definizione dell’analisi socio-eco- nomica, la mappatura dei soggetti e degli interessi attivabili

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sui territori, la progettazione del piano di studi, dei contenuti e delle modalità della didattica, la formazione dei formatori — un’eccezionale occasione di cooperazione, spazio di animato confronto e condivisione tra le parti, intese come istituzioni, ciascuna con le proprie regole, prassi e modalità di intervento, e come persone, con il proprio background, la propria conoscenza, esperienza e competenza.

L’obiettivo formativo che ci si è proposti di raggiungere con il Master Tempus 3D ha un impatto su più livelli della profes- sione, affrontando la disciplina del design con un approccio strategico, pluridisciplinare e multiscala, non esclusivamente tecnico. Il primo step riguarda il processo di sensibilizzazione e comprensione del ruolo che il patrimonio culturale, che include beni materiali e immateriali, riveste nella costruzione dell’iden- tità di un luogo e della comunità che vi fa riferimento. Esiste un fenomeno, a noi anche noto, che descrive la difficoltà da parte dei più giovani nel riconoscere e attribuire al patrimonio tradi- zionale il ruolo di portatore di identità culturale e testimonianza del saper fare in relazione alla capacità di trasmissione interge- nerazionale.

In tutte le occasioni didattiche, dalle lezioni frontali agli atelier, il processo di apprendimento e restituzione ha avuto come ori- gine lo sforzo di rintracciare il valore, il significato che quell’og- getto, ha avuto e/o ha nella cultura e nella pratica locali. Il secondo step è orientato a gestire questo tipo d’informazio- ne e tradurla in un linguaggio grafico, comunicativo, di rappre- sentazione materiale e materica, che possa traghettare i valori riferiti alla tradizione nella realtà contemporanea, facendone rivivere immagine, memoria e significato attraverso l’uso, sia anche differente. Alla fase di progetto e realizzazione è asso- ciata una formazione di tipo scientifico-tecnico: come scegliere e utilizzare i materiali a partire dalle loro proprietà caratteristi- che, dall’analisi del ciclo di vita, dalla possibilità di decostruzio- ne, riuso e riciclo, in un ottica di riduzione delle emissioni no- cive, dei consumi, associando al prodotto certificazioni green di sostenibilità; come produrre un oggetto con gli strumenti a disposizione, con tecnologie ibridate o innovative, con metodi ergonomici.

Il concetto di Ecodesign si declina qui soprattutto in un cam- biamento, citando Frédéric Lecourt, del modo di riflettere e decidere. L’obiettivo (formativo) è andare oltre lo sviluppo di prodotti ‘ecocompatibili’, progettando relazioni. Introdurre ele- menti di innovazione senza distorcere le dinamiche di produ- zione locale e mantenendo un approccio sostenibile ha compor- tato necessariamente la condivisione del progetto con artigiani e produttori locali e l’adozione di un approccio partecipativo. In questo senso la formazione non può prescindere da un approc- cio multidisciplinare e dallo sviluppare una sensibilità molto alta ai valori di comunicazione e di partecipazione locale. Quest’ultima fase ha visto perciò gli studenti, i docenti e i tu- tor, lavorare a fianco degli artigiani locali nei loro atelier grazie al coinvolgimento delle Délégations régionales de l’Artisanat de Sousse et de Monastir, per tradurre — attraverso un approccio learning by doing — il concept in un prototipo tecnicamente re- alizzabile. Questa fase segna il passaggio verso la definizione delle soluzioni generali: non è raro che alcune inziali vengano modificate, ripulite, sistematizzate; l’obiettivo è innanzitutto quello della plausibilità rigorosa.

Le dinamiche che si instaurano nell’atelier rappresentano an- che un filtro con cui gli studenti misurano i loro modi, spesso disegnando parti del loro percorso futuro. L’atelier ha un valore importante anche, in generale, rispetto al metodo didattico: esperienze come questa costringono i partecipanti a osservare il progetto continuamente e ciclicamente secondo prospettive differenti, confrontandosi con la parsimonia e l’utilizzo del- le risorse, l’ascolto e la lettura dei luoghi e dei contesti, della collettività e del territorio, e la definizione della legittimazio- ne della soluzione elaborata sulla base di un consenso reale.

Non è solo la definizione del prototipo l’esito atteso dall’ate- lier; è richiesto agli studenti ipotizzare la relazione con la città attraverso l’analisi delle filiere produttive e la specializzazione delle attività, il posizionamento e la distribuzione sul mercato attraverso un adeguato progetto di comunicazione che ne vei- coli anche valori e contenuti. Il nesso di tutto questo con le città storiche intese come tessuto da salvaguardare e/o dinamizzare è di grande rilevanza (M. Balbo, Medinas 2030. Scenarios and Stretegies, 2010).

In questo mix di locale e globale, tradizione e innovazione sta la sfida della sostenibilità di un modello di sviluppo che tenga conto di tutti gli aspetti: ambientali, economici, culturali e so- ciali. Per raggiungere l’obiettivo è necessario formare un pro- gettista con un approccio multidisciplinare al progetto e una competenza trasversale nelle discipline che fanno riferimento all’ambito dell’antropologia, l’ecologia, il progetto, la scienza dei materiali, l’economia, il marketing, il project management e la comunicazione, tenute insieme da una visione sistemica orientata alla creatività e all’innovazione.

Com’è facile intuire da quanto esposto, i livelli e le dinamiche di interazione in questo quadro di cooperazione sono multi laterali e multi livello: tra Scuole, tra docenti europei e tunisini, tra do- centi e studenti, studenti e artigiani, scuole e artigiani e danno origine a molteplici output, non esclusivamente formativi, nei confronti del progetto.

Innanzitutto, ci sembra di poter affermare, il raggiungimento dei risultati attesi dal programma Tempus: accrescere lo scam- bio reciproco tra persone e culture; migliorare la qualità e la rilevanza dell’istruzione universitaria per il mondo del lavoro e per la società nei paesi partner, anche attraverso un processo di modernizzazione permanente dei curricula; aumentare la ca- pacità degli istituti d’istruzione superiore di cooperare a livello internazionale; migliorare l’interdisciplinarità e la transdiscipli- narità tra le facoltà universitarie; migliorare l’occupabilità dei laureati; rendere lo spazio europeo dell’istruzione superiore più visibile e interessante per il mondo.

ll programma Tempus, istituito dalla Commissione Europea nel 1990 e arrivato alla sua quarta edizione, è quello di maggiore durata in questo settore (con un budget complessivo allocato di quasi 53 milioni di euro nel periodo di programmazione 2007- 2013) in quanto riconosce agli istituti di formazione un ruolo chiave nel processo di capacity building, ovvero nello sviluppo di risorse umane e nuove figure professionali capaci di affron- tare la transizione verso un’economia e una società basate sulla conoscenza.

Ad oggi gli istituti d’istruzione superiore, In particolare nei Pae- si partner, si trovano infatti di fronte a sfide importanti legate ai cambiamenti demografici (numero delle persone che han- no potenzialmente accesso all’istruzione superiore, struttura d’età, flussi migratori), alla concorrenza globale in aumento, che porta a un considerevole spostamento nella distribuzione del potere economico a livello mondiale, alle innovazioni nella scienza e nella tecnologia, alle sfide delle società in transizione (coesione sociale, diritti umani, ecc.).

Nella sua accezione più estesa, il patrimonio culturale rappre- senta un innegabile valore e una risorsa eccellente e competi- tiva — per qualità, distribuzione, livelli di conservazione e per- manenza nelle odierne strutture culturali e socio-economiche — e come tale elemento decisivo nel processo di sviluppo locale. Esso diviene una delle possibili leve, l’“idea forza” da porre alla base della strategia di sviluppo e di coesione socio-economica, soprattutto nell’area euro-mediterranea, ove esso è fortemen- te integrato in senso sia storico che geografico.

Il racconto di questa storia di confronto, scambio, cooperazione, costruzione di relazioni è oggetto di comunicazione attraverso i risultati del progetto Tempus 3D in questa importante Mostra al Museo del Bardo.

Le paradigme du développement de la société

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