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CAPITOLO I: LA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITA’ PENALE DELLE PERSONE GIURIDICHE

2. I DESTINATARI DELLA DISCIPLINA

Importante appare sottolineare come protagonisti del nuovo modello di responsabilità siano esclusivamente gli “enti”.

Scopo del d.lgs. n. 231/2001 appare, infatti, quello di configurare un modello di responsabilità il cui destinatario naturale è l’organizzazione, a

19 V. Alessandri A., Diritto penale ed attività economiche , cit., pag. 37 ss

20 Così PULITANO’, La responsabilità "da reato" degli enti: i criteri d'imputazione, in Riv. it. dir. proc. pen. 2002, 417.

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prescindere dallo schermo formale che la qualifica, ma comunque identificabile come entità distinta dalla persona fisica autrice del reato ed in quanto tale autonomamente individuabile come centro d’imputazione della scelta criminosa21.

La nozione di "ente" va circoscritta sulla base della responsabilità patrimoniale contenuta nell'art. 27 del decreto: dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria irrogata a seguito dell'accertamento della sua responsabilità risponde esclusivamente l'ente con il suo patrimonio o con il fondo comune, imponendo quindi che l’"ente", ai fini del d.lgs. n. 231/2001, sia una realtà differenziabile rispetto alla persona fisica anche in ragione di una – eventualmente solo limitata - autonomia patrimoniale.

Destinatarie della normativa, secondo la dottrina, sono, dunque, tutte le persone giuridiche private in senso proprio e cioè le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato che non hanno per scopo lo svolgimento di attività economica e che acquistano personalità giuridica ai sensi del d.p.r. 10 febbraio 2001 n. 361, nonché oltre alle società di capitali tutte le società di persone (comprese le società "di fatto" e più in generale quelle "irregolari") e le associazioni non riconosciute di cui all’art. 36 c.c..

Il concreto rischio di vedere estesa la disciplina del d.lgs. n. 231/2001 a realtà assai disomogenee e dunque anche a quelle caratterizzate da un minimo coefficiente di organizzazione, che solo apparentemente trascendono la singola persona fisica, indirizza l'interprete verso la selezione di quei soggetti che, ancorché privi di personalità, comunque potrebbero ottenerla e che comunque risultano dotati di una apprezzabile complessità organizzativa in grado di

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differenziarli dalla persona fisica che commette il reato e ciò a prescindere dal fatto che gli stessi perseguano o meno una finalità lucrativa.

Ispirandosi a questa impostazione “restrittiva”, la dottrina non ha avuto dubbi nell’escludere dal novero degli enti non personificati destinatari della responsabilità da reato i fondi patrimoniali tra coniugi, i condomini, le imprese familiari, le eredità giacenti, le associazioni in partecipazione e le associazioni temporanee d’imprese, trattandosi di aggregazioni che non vantano una distinta soggettività giuridica rispetto a quella dei propri componenti.

Nel medesimo senso è stata esclusa la soggettività ex d. lgs. n. 231/2001 dei trusts, che non potrebbero essere considerati quali “enti” non essendo soggetti giuridici, bensì rapporti giuridici in forza dei quali dei beni vengono assoggettati al controllo di un trustee, affinché siano da questi gestiti e amministrati, a favore di uno o più beneficiari o di uno scopo determinato.

La dottrina, sin dall’entrata in vigore del d. lgs. n. 231/2001, si è unanimemente schierata altresì nel senso di escludere l’imprenditore individuale dal novero dei soggetti della responsabilità da reato, anche quando lo stesso operi per il tramite di institori e con ampi supporti materiali.

La Cassazione è giunta in uno dei primi casi affrontati però, a conclusioni diametralmente opposte, affermando che le norme sulla responsabilità da reato degli enti si applicano anche alle imprese individuali, dovendosi ritenere anch’esse incluse nella nozione di ente fornito di personalità giuridica utilizzata dall'art. 1 comma 2 del decreto per identificare i destinatari delle suddette disposizioni22. In particolare si è detto che la nozione di «enti forniti di personalità giuridica» non può essere interpretata «in senso formalistico», ma

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deve essere estesa anche alle imprese individuali in quanto assimilabili alle persone giuridiche in senso proprio intese sotto il profilo della complessità organizzativa.

Affermazione che troverebbe la sua giustificazione nel fatto che l’attività d’impresa sarebbe in ultima sostanza il reale obiettivo della normativa in oggetto e risulterebbe, dunque, irragionevolmente discriminatoria una interpretazione rigidamente nominalistica della locuzione sopra ricordata, tesa a distinguere tra esercizio dell’impresa in forma individuale o collettiva, posto che solo gli enti “meta individuali” sono persone giuridiche in senso proprio.

Irragionevolezza tanto più evidente, secondo i giudici di legittimità, se si pensa al fatto che una società a responsabilità limitata unipersonale comunque risulterebbe soggetta alla disciplina del d. lgs. n. 231/2001, mentre, accogliendo un’interpretazione restrittiva della formulazione normativa, un’impresa individuale con organizzazione assai complessa invece non lo sarebbe.

Né varrebbe obiettare, sempre per gli stessi giudici, che le imprese individuali non sono state espressamente menzionate nel citato comma secondo dell’art.1, atteso che ciò sarebbe da imputarsi non già alla volontà di escluderle dal novero dei soggetti destinatari della responsabilità, bensì e per l’appunto, a quella di ritenerle incluse nella nozione di enti forniti di personalità giuridica.

In definitiva, secondo la Corte i soggetti destinatari della speciale disciplina sulla responsabilità da reato non andrebbero individuati sulla base della loro nominalistica identificazione da parte dell’art. 1, comma 2 più volte menzionato, bensì attraverso la loro riconducibilità alla generale categoria degli enti forniti di personalità giuridica (nonché delle società e associazioni anche prive di personalità giuridica) così come ricostruita in precedenza e cioè sulla base dell’assunto che la nozione di «personalità giuridica» non sia intesa in

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senso formale, ma come sinonimo dell’adozione di una organizzazione complessa nell’esercizio dell’impresa.

L’illustrata posizione, però è stata smentita da successive pronunce che hanno ribadito l’inapplicabilità alle imprese individuali della disciplina introdotta dal d. lgs. n. 231/2001 in quanto dettata esclusivamente per i soggetti collettivi23.

I timori di una incontrollata estensione degli orizzonti applicativi del nuovo modello di responsabilità hanno provocato anche vivaci reazioni critiche da parte della dottrina nei confronti della sentenza citata24.