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le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio [1118 2 ], anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti

desti-nati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune (2);

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso co-mune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi cen-tralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscal-damento ed il condizionamento dell’aria [1118

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], per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo [1122bis], e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà in-dividuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di uten-za, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

(1) Art. così sostituito ex l. 11-12-2012, n. 220 (Riforma del condominio) (art. 1), in vigore dal 18-6-2013 (art. 32, l. cit.).

Il testo previgente così disponeva: «1117. Parti comuni dell’edificio. — Sono oggetto di proprie-tà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risul-ta dal titolo:

1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio neces-sarie all’uso comune;

2) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimen-to comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini».

(2) Ai sensi dell’art. 36, c. 3bis, d.P.R. 22-12-1986, n. 917 (T.U. imposte sui redditi) «Il reddito im-putabile a ciascun condomino derivante dagli immobili di cui all’art. 1117, n. 2, c.c. oggetto di pro-prietà comune cui è attribuita o attribuibile un’autonoma rendita catastale, non concorre a formare il reddito del contribuente se d’importo non superiore a € 25,82».

si realizza negli edifici composti da più unità immobiliari in proprietà esclusiva (BIAN-CA, Diritto civile, 6. La proprietà, Milano, 1999, 50).

Si tratta di una figura complessa, che si caratterizza per la coesistenza, in uno stesso edi-ficio, di parti di proprietà comune e di parti che appartengono in via esclusiva ai sin-goli condomini.

La L. 220/2012 ha sostituito l’art. 1117 c.c. dando una definizione più articolata della no-zione di «parti comuni» dell’edificio, ricomprendendovi anche le facciate, le aree desti-nate a parcheggio, i sistemi centralizzati di ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qua-lunque flusso informativo.

Inoltre, la norma utilizza l’espressione «singole unità immobiliari», che può ritenersi equi-valente, nella sostanza, all’espressione «diversi piani o porzioni di piano dell’edificio» con-tenuta nell’art. 1117 c.c. precedente.

Le parti comuni sono legate alle parti di proprietà esclusiva da un rapporto di accesso-rietà necessaria. Il condominio, infatti, è una particolare forma di comunione forzosa nel-la quale, accanto alle proprietà divise per piani, vi sono parti dell’intero edificio che non possono non essere in comune (ad esempio, le fondazioni, le scale etc.).

Ai sensi dell’art. 1117 c.c., anche le parti poste concretamente a servizio soltanto di al-cune porzioni dello stabile, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni a tutti i condomini (Cass. 2-2-2017, n. 2800).

La singolarità di questa figura risiede nella circostanza che il singolo condomino, oltre ad essere proprietario esclusivo del suo appartamento, è anche comproprietario delle parti comuni. In altri termini, coesistono un regime di proprietà individuale delle unità immo-biliari (appartamenti) e un regime di proprietà collettiva sulle parti comuni (limitata, quest’ultima, dal concorso degli altri soggetti che ne sono titolari).

Le suddette peculiarità della fattispecie comportano che il condominio, pur essendo rego-lato dalle norme sulla comunione ordinaria (il condominio è pur sempre una comunione, seppure speciale), è disciplinato anche da norme apposite che integrano o derogano le pri-me.In particolare, la disciplina del condominio si caratterizza, rispetto a quella della comunio-ne, per i seguenti profili:

obbligatorietà del regolamento nei grandi condomini (ossia quelli con più di dieci condomini);

— indicazione particolareggiata, da parte del legislatore, della costituzione, del funzio-namento e dei poteri dell’assemblea;

— previsione dell’amministratore quale organo necessario dei condomini con più di otto condomini.

Questo particolare modo di atteggiarsi del condominio ha fatto sorgere contrasti in ordine all’individuazione della sua natura giuridica.

Secondo la tesi collettivistica, nel condominio coesistono un regime di proprietà indivi-duale delle unità immobiliari e un regime di proprietà collettiva sulle parti comuni (quest’ul-tima limitata dal concorso degli altri soggetti che ne sono titolari). Il condominio, pertanto, non è un semplice gestore delle cose comuni, ma è un ente collettivo, costituito dall’insie-me dei condomini, dotato di personalità giuridica (BRANCA, Comunione. Condominio ne-gli edifici (artt. 1100-1139), in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1954, 283).

Su un diverso fronte si colloca la teoria individualistica, secondo la quale l’insieme dei proprietari non dà vita ad un soggetto autonomo e distinto da questi. I diritti e gli obblighi derivanti dal regime di comunione condominiale fanno capo pur sempre ai singoli proprie-tari, proporzionalmente al valore delle quote in proprietà (SALIS, Il condominio negli edifi-ci, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, V, 3, Torino, 1959, 258).

In una posizione intermedia si pongono quanti sostengono che non possa parlarsi né di un soggetto con personalità giudica, né di totale autonomia delle proprietà individuali rispetto

Disp. Att. c.c.CondominioNuove competenze (D.M. 140/2014)Codice Civile - Comunione al condominio. Piuttosto, poiché sussiste un interesse comune in ordine all’amministrazio-ne delle cose comuni, ma non esistono norme che prevedano un interesse superiore del condominio, occorre limitarsi, al di là di qualificazioni fuorvianti, a interpretare il rapporto tra proprietà esclusiva e proprietà comune in termini di necessaria coesistenza di più ritti individuali e in comunione (GIRINO, Il condominio negli edifici, in Tratt. dir. priv., di-retto da Rescigno, VIII, 1, Torino, 1982, 340).

La giurisprudenza, dal canto suo, ha sempre affermato che il condominio non è un sogget-to giuridico dotasogget-to di una propria personalità, distinta da quella dei condomini, ma un sem-plice ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli con-domini, che opera, nella persona dell’amministratore, in rappresentanza e nell’interesse dei condomini, limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune e senza in-terferire nei diritti autonomi di ciascun condomino (Cass. 20-4-2006, n. 9282).

Sommario:

1

Natura giuridica del condominio. La tesi dell’«ente di gestione» e i suoi corollari.

- 1.1 La tesi delle Sezioni Unite del 2008. - 1.2 La giurisprudenza ribelle successiva alle S.U. del 2008. - 1.3 Ultima tappa: le Sezioni Unite ribadiscono la tesi dell’ente di gestione.

2

Il condomi-nio è un consumatore.

3

Distinzione tra comunione e condominio.

4

Nascita del condominio. - 4.1 Opponibilità a terzi della situazione condominiale. - 4.2 L’esistenza del condominio prescin-de dal regolamento condominiale. - 4.3 La mancata partecipazione alle assemblee non equiva-le a rinuncia al rapporto condominiaequiva-le.

5

Il condominio parziale. - 5.1 L’ambito della rappresen-tanza dell’amministratore.

6

Il condominio orizzontale.

7

Il condominio minimo. - 7.1 Il rimborso delle spese nel condominio minimo. - 7.2 Al condominio minimo si applica l’art. 1105 c.c. - 7.3 L’intervento straordinario del tribunale in caso di inerzia dei comunisti.

8

Il consorzio tra edifici.

9

Il condominio di gestione.

bl

Il domicilio del condominio.

bm

Parti comuni: classificazione e presunzione di condominialità. - 11.1 La presunzione di comunione vale anche in caso di edifici autonomi.

bn

Il titolo contrario. - 12.1 Contratto, usucapione o regolamento di condominio. - 12.2 La destinazione particolare del bene esclude la comunione tout court. - 12.3 Il certificato cata-stale. - 12.4 I lucernari di pertinenza delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.

bo

Il possesso delle cose comuni. - 13.1 «Abuso» del possesso da parte del singolo condomino. - 13.2 Autotu-tela dei diritti dei condomini sulle parti comuni. - 13.3 Usucapione della cosa comune.

bp

Azione di un condomino per l’accertamento della natura condominiale di un bene.

bq

Accertamento del-la proprietà esclusiva e liticonsorzio necessario tra i condomini.

br

Vendita delle unità immobilia-ri e cose comuni.

bs

Il diritto di servitù sulle parti comuni. - 17.1 Servitù costituita dal regolamen-to condominiale. - 17.2 Servitù, oneri reali e obbligazioni propter rem: una difficile distinzione. - 17.3 Il divieto di adibire un appartamento a un determinato uso è una servitù o un’obbligazione propter rem? - 17.4 Servitù sul lastrico solare di proprietà esclusiva. - 17.5 Servitù sui muri peri-metrali?

bt

Elementi essenziali dell’edificio. - 18.1 Il suolo su cui sorge l’edificio e il sottosuolo. - a) Esclusione del suolo dal regime di comunione. - b) Il «vespaio». - c) I «vuoti tecnici». - d) Il ca-nale di scarico. - e) L’intercapedine. - 18.2 I muri. - a) Muri divisori. - b) Pareti e tramezzi. - c) La facciata. - 18.3 Il cortile. - a) Cortile compreso tra più edifici. - b) Aperture realizzate sul cortile comune o nel muro perimetrale a servizio di un bene di proprietà esclusiva: lesione possessoria o esercizio di un diritto ex art. 1102 c.c.? - c) Usi particolari del cortile e ripartizione delle spese.

- d) La chiostrina (o «cavedio» o «pozzo luce»). - e) I giardini. - 18.4 Portoni, anditi, androni e ve-stiboli. - 18.5 Le scale. - a) Edifici autonomi. - 18.6 Il tetto e il sottotetto. Il revirement di Cass.

14107/2012 sulla trasformazione del tetto condominiale in terrazza a uso esclusivo. - a) La man-sarda. - b) Il lucernario. - c) La gronda del tetto. - d) L’abbaino. - e) La copertura delle autorimes-se. - 18.7 Il lastrico solare. - a) Uso o proprietà esclusivi del lastrico. - b) Infiltrazioni d’acqua pro-venienti dal lastrico solare. - c) La colonna d’aria. - d) Terrazze a livello. e) Trasformazione di un solaio di copertura in un terrazzo.

bu

Locali adibiti a servizi comuni. - 19.1 La portineria. - a) Irri-levanza della classificazione catastale «ad uso portineria». - b) Istituzione e soppressione del servizio di portierato. Poteri dell’amministratore. - c) Spese di portierato. - d) I compiti del portie-re. - 19.2 Stenditoi.

cl

Pertinenze che servono all’uso e al godimento comune. - 20.1 Le aree di parcheggio. - a) I parcheggi eccedenti lo standard urbanistico nella ricostruzione delle Sezioni Unite dal 1984 a oggi. - b) Il prezzo dell’area di parcheggio. - c) Tutela possessoria dell’area di

sore esterno e ascensore panoramico. - 20.3 Impianto elettrico e inesistenza di un’azione per ri-chiedere la messa a norma. - 20.4 L’impianto per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria.

- a) Immobili non serviti dall’impianto di riscaldamento/condizionamento centralizzato. - b) Spe-se di manutenzione. - c) Cattivo funzionamento dell’impianto comune e risarcimento del danno.

- d) Sostituzione dell’impianto centralizzato con impianti autonomi. - e) Interramento, nel cortile comune, della centrale termica di un impianto di riscaldamento/condizionamento autonomo. - 20.5 Rinuncia di un condomino al riscaldamento/condizionamento centralizzato. - 20.6 Impianto idrico e impianto fognario. - 20.7 La proprietà esclusiva della cd. «braga». - 20.8 La canna fuma-ria. - a) Canna fumaria e distanze legali.- 20.9 Antenna televisiva.

cm

Parti non comuni. - 21.1 I balconi. - a) Balconi e distanze tra le costruzioni. - b) Balconi e decoro architettonico. - c) Instal-lazione di una zanzariera. - 21.2 L’autorimessa. 21.3 La piscina. - Casistica.

1. Natura giuridica del condominio. La tesi dell’«ente di gestione» e i suoi co-rollari

Secondo la tesi tradizionale, nel nostro ordina-mento non c’è alcuna norma che consenta di at-tribuire al condominio la qualità di soggetto di diritto distinto dai titolari delle singole porzioni dell’edificio e delle cose facenti parte dell’edifi-cio stesso. In quest’ottica, si afferma che il con-dominio non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, ma è un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresen-tanza e nell’interesse comune dei partecipan-ti limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei di-ritti autonomi di ciascun condomino.

Ne deriva che l’amministratore, per effetto della nomina ex art. 1129 c.c., ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condo-mini e che la sua presenza non priva questi ul-timi del potere di agire personalmente a dife-sa dei propri diritti, esclusivi e comuni, costi-tuendosi personalmente, anche in grado di ap-pello per la prima volta, senza che abbia alcuna rilevanza la mancata partecipazione al giudizio di primo grado instaurato dall’amministratore.

In questo senso si sono espresse, tra le altre:

— Cass. 25-1-2007, n. 1627: «In caso di azio-ne giudiziale dell’amministratore del con-dominio per il recupero della quota di spe-se di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente le-gittimato il vero proprietario di detta uni-tà e non anche chi possa apparire tale, poi-ché difettano, nei rapporti fra condominio,

che è un ente di gestione, ed i singoli par-tecipanti ad esso, le condizioni per l’ope-ratività, del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esi-genze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà fun-zionale al rafforzamento e al soddisfaci-mento del credito della gestione condomi-niale» (nella specie, la Cassazione ha an-nullato la sentenza di merito che aveva ad-debitato al ricorrente maggiori spese con-dominiali in relazione all’apparenza di ti-tolarità, in capo al condomino, di un loca-le annesso alla sua porzione di fabbricato);

— Cass. 20-4-2006, n. 9282: «Qualora il con-dominio si sia costituito in giudizio in virtù di mandato conferito anche per il giudizio di appello, il mutamento in corso di causa della persona dell’amministratore che ave-va rilasciato la procura alle liti non incide sul rapporto processuale, che è in ogni caso riferito, sia dal lato passivo sia da quello attivo, al condominio, quale ente di gestio-ne che opera in rappresentanza e gestio- nell’inte-resse dei condomini»;

— Cass. 2-8-2005, n. 16141: «Il condominio di edifici, che non è una persona giuridi-ca, ma un ente di gestione e non ha, per-tanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia designato, nell’ambito dell’edificio, un luogo espressamente destinato e di fat-to utilizzafat-to per l’organizzazione e lo svol-gimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell’amministratore che lo rappresenta»;

Disp. Att. c.c.CondominioNuove competenze (D.M. 140/2014)Codice Civile - Comunione

— Cass. 29-8-1997, n. 8257: «Il principio per cui, essendo il condominio un ente di ge-stione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta parte-cipazione, né quindi del potere di interveni-re nel giudizio in cui tale difesa sia stata le-gittimamente assunta dall’amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavo-revoli della sentenza pronunziata nei con-fronti dell’amministratore stesso che vi ab-bia fatto acquiescenza, non trova applica-zione nei riguardi delle controversie aven-ti ad oggetto l’impugnazione di delibera-zioni della assemblea condominiale che, come quelle relative alla gestione di un ser-vizio comune, tendono a soddisfare esigen-ze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all’interesse esclu-sivo di uno o più partecipanti, con la con-seguenza che in tale controversia la legit-timazione ad agire e quindi ad impugnare spetta in via esclusiva all’amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino» (nella specie, era sta-to propossta-to ricorso per cassazione avver-so la sentenza d’appello emessa nel giudi-zio di impugnagiudi-zione di delibera assemble-are relativa alla ripartizione delle spese di pulizia del fabbricato, cui l’amministrato-re aveva fatto acquiescenza, era stato pro-posto da alcuni condomini rimasti estranei al giudizio di merito).

Ciascun condomino, quindi, può agire perso-nalmente a tutela dei diritti comuni, nell’eser-cizio di una forma di rappresentanza reciproca idonea ad attribuire a ciascuno una legittima-zione sostituiva derivante dal fatto che ogni condomino non può tutelare il proprio diritto senza difendere necessariamente e contempo-raneamente i diritti degli altri condomini. Per-tanto, il condomino che interviene personal-mente nel processo promosso dall’ammini-stratore per far valere diritti della colletti-vità condominiale non è un terzo che si in-tromette in una vertenza fra estranei, ma è una

delle parti originarie la quale fa valere diretta-mente le proprie ragioni; sicché, ove tale inter-vento sia stato effettuato in appello, non pos-sono trovare applicazione i principi dell’inter-vento dei terzi fissati dall’art. 344 c.p.c. (Cass.

27-1-1997, n. 826).

Poiché il condominio non è una persona giuridi-ca ma un ente di gestione, non ha una sede in senso tecnico, ove non abbia designato nell’am-bito dell’edificio un luogo espressamente de-stinato e di fatto utilizzato per l’organizzazio-ne e lo svolgimento della gestiol’organizzazio-ne condomi-niale, ma il suo domicilio coincide con quello privato dell’amministratore che lo rappresenta (Cass. 28-1-2000, n. 976).

La tesi dell’ente di gestione è abbracciata an-che da un parte della dottrina (VIDIRI, Il con-dominio nella dottrina e nella giurisprudenza, Milano, 1999, 31).

Secondo un’altra tesi, però, nel condominio co-esistono un regime di proprietà individua-li costituito dalle singole unità immobiindividua-lia- immobilia-ri e un regime di propimmobilia-rietà collettiva sulle parti comuni. Pertanto, il condominio non sa-rebbe un semplice gestore delle cose comuni, ma sarebbe dotato di una personalità giuridica non unitaria ma collettiva [BRANCA, Comu-nione, condominio negli edifici, in Comm. cod.

civ. (artt. 1100-1139), a cura di Scialoja-Bran-ca, Bologna-Roma, 1954, 283].

1.1 La tesi delle Sezioni Unite del 2008 Recentemente la Cassazione ha negato che il condominio possa essere considerato un ente di gestione: «Dalla giurisprudenza il condominio si definisce come ente di gestio-ne per dare conto del fatto che la legittima-zione dell’amministratore non priva i singoli partecipanti della loro legittimazione ad agi-re in giudizio in difesa dei diritti agi-relativi alle parti comuni; di avvalersi autonomamente dei mezzi di impugnazione; di intervenire nei giu-dizi intrapresi dall’amministratore etc. Ma la figura dell’ente, ancorché di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la rap-presentanza non vengano surrogati dai par-tecipanti. D’altra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una categoria de-finita ancorché non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e responsabilità

differenti e la disciplina eterogenea si adegua alle disparate finalità perseguite (L. 22 dicem-bre 1956, n. 1589, art. 3). Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le società per azioni di diritto comune, delle quali detengo-no le partecipazioni azionarie e che organizza-no nei modi più opportuni: in attuazione delle direttive governative, razionalizzano le attivi-tà controllate, coordinano i programmi e assi-curano l’assistenza finanziaria mediante i fon-di fon-di dotazione.

Per la struttura, gli enti di gestione si contras-segnano in ragione della soggettività (persona-lità giuridica pubblica) e dell’autonomia patri-moniale (la titolarità delle partecipazioni azio-narie e del fondo di dotazione).

Orbene, nonostante l’opinabile rassomiglian-za della funzione — il fatto che l’amministra-tore e l’assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti co-muni appartengono — le ragguardevoli diver-sità della struttura dimostrano l’inconsistenza del ripetuto e acritico riferimento dell’ente di gestione al condominio negli edifici.

Il condominio, infatti, non è titolare di un pa-trimonio autonomo, né di diritti e di obbliga-zioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli im-pianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condo-mini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa re-sponsabilità; le obbligazioni contratte nel co-siddetto interesse del condominio non si con-traggono in favore di un ente, ma nell’interes-se dei singoli partecipanti.

Secondo la giurisprudenza consolidata, poi, l’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al man-dato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministrato-re e ciascuno dei condomini, delle disposizio-ni sul mandato.

Orbene, la rappresentanza, non soltanto pro-cessuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni — ai compiti ed ai poteri — stabilite dall’art. 1130 c.c.

In giudizio l’amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro quota (artt. 1118 e 1123 c.c.). L’amministratore agisce in giudizio per

la tutela dei diritti di ciascuno dei condomi-ni, nei limiti della loro quota, e solo in que-sta misura ognuno dei condomini rappresen-tati deve rispondere delle conseguenze nega-tive. Del resto, l’amministratore non ha cer-to il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella co-munione, in virtù della legge, degli atti d’ac-quisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell’amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca

la tutela dei diritti di ciascuno dei condomi-ni, nei limiti della loro quota, e solo in que-sta misura ognuno dei condomini rappresen-tati deve rispondere delle conseguenze nega-tive. Del resto, l’amministratore non ha cer-to il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella co-munione, in virtù della legge, degli atti d’ac-quisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell’amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca

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