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SONDAGGI DI INTERTESTUALITÀ NELL’HYLAS*

2. Il destino di Ila

L’Hylas peraltro si era aperto nel segno di Ovidio. La prima se- zione dell’interrogativa dei vv. 2-3 quis casus ademit / Alcidi comitem,

solamen dulce malorum?, che annuncia l’oggetto della narrazione (il

rapimento di Ila e la conseguente afflizione di Ercole privato del suo compagno) all’interno di una tradizionale invocazione alle Muse (non estraneo l’influsso di Verg. Aen. 1, 8), riproduce met. 4, 142 quis te mihi



26 In Ovidio a parere di Rosati, Ovidio, Metamorfosi, vol. III… cit., 198 la conformità al dettato virgiliano si carica di una spiccata valenza ideologica.

27 Mi ci sono soffermata in un mio precedente studio: L’Hylas di Draconzio fra Virgilio e Ovidio, InvLuc, 38, 2016, 13-19.

casus ademit?29, dove una affranta Tisbe si rivolge all’amato Piramo

ormai moribondo. Fra i due personaggi ovidiani non c’è più possibilità di contatto, solo una parvenza di comunicazione (vv. 145-146; già i vv. 108 ss. contenevano il monologo di Piramo – in absentia di Tisbe), e l’apostrofe di Tisbe riassume tutta la disperazione della separazione, preludendo al suo suicidio30.

Lo spunto ovidiano permette di assimilare la situazione di Ercole e Ila a quella di Piramo e Tisbe. Ma la riformulazione di Draconzio realizza uno scarto di notevole efficacia che ancora una volta dà l’idea della libertà con cui egli si avvale del modello.

In verità i fata di Ila sono stati già anticipati come versa… / in

melius (vv. 1-2): dunque la sorte del ragazzo, separato da Ercole e

promosso alla vita divina dalle Ninfe, come il poeta si accinge a can- tare, è cambiata in meglio. Il suo destino sarà immortale (cfr. v. 139

tu noster iam sponsus eris sine fine dierum), “paradisiaco” (cfr. i vv.

134-138 in cui Deiopea tratteggia il locus amoenus che attende Ila);

Ercole stesso, al termine del componimento, dovrà ammetterlo: e in- fatti inviterà la madre di Ilaa rallegrarsi per l’accaduto in quanto ora lei è diventata la genitrice di un nume (vv. 162-163 exulta genetrix,

nimium laetare, beata / ante parens hominis, pulchri modo numinis auctor).

La patetica interrogazione ovidiana quis te mihi casus ademit? è sottoposta a un processo di sdrammatizzazione: indubbiamente Ercole e Ila non potranno più incontrarsi, ma la congiuntura triste per l’uno è giudicata felice per l’altro, in una tensione antitetica che suscita cu- riosità e interesse.

Draconzio pur partendo chiaramente dal modello ovidiano o- rienta però in altra direzione l’ethos della vicenda: il poeta racconterà una favola a lieto fine (nella sua espressione versa in melius non va ravvisato alcun sarcasmo)31.



29 Già Vollmer, Blossii Aemilii Dracontii carmina… cit., 133 (apparato dei loci similes), e ad es. Weber, Der Hylas… cit., 141 nota 9; Mauerhofer, Der Hylas- Mythos… cit., 311-312.

30 Cfr. Rosati, Ovidio, Metamorfosi, vol. II… cit. (nella nota 21), 267-268. 31 Questo in effetti mi sembra lo spirito dominante del componimento: vd. Bruzzone, L’Hylas di Draconzio… cit., partic. 19, e, anche per un approfondimento bibliografico, Bruzzone, Il potere delle favole antiche… cit.

 Ovidio e Draconzio. Sondaggi di intertestualità nell’Hylas  65

3. Le Ninfe

Talvolta l’immagine che Draconzio elabora deriva dalla combi- nazione di più suggestioni ovidiane, desunte magari da contesti diffe- renti.

Così ad esempio a proposito della reazione delle Ninfe che, col- pite dai dardi di Cupido, per l’emozione impallidiscono e poi subito arrossiscono: v. 112

pallescunt omnes, subitus rubor inficit ora.

La mescolanza di pallore e di rossore (pallescunt / rubor) è topica specie nella poesia erotica come sintomo di innamoramento o per connotare la bellezza femminile o di giovani efebici32.

In Ov. met. 6, 46-47 il rossore che imporpora solo per un attimo l’orgogliosa Aracne di fronte all’inaspettata epifania della dea Pallade33 per poi velocemente svanire è paragonato (vv. 47-49) al

colore dell’aria al sorgere dell’aurora:

sed tamen erubuit, subitusque invita notavit ora rubor rursusque evanuit, ut solet aer purpureus fieri, cum primum aurora movetur, et breve post tempus candescere solis ab ortu.

Draconzio sfrutta le parole di Ovidio nella rappresentazione dell’improvviso rossore (subitus, rubor, ora) che si diffonde sul volto delle sue Ninfe come su quello di Aracne. Il contrasto cromatico lo re- cupera, ma in termini invertiti (rosso / bianco), oltre che dal rubor…

evanuit del v. 47, soprattutto dalla similitudine immediatamente suc-

cessiva, dove il concetto del “diventare bianco” è espresso dall’inco- ativo candescere (Draconzio preferisce pallescere)34.



32 Cfr. Rosati, Ovidio, Metamorfosi, vol. III… cit., 255. Vedi la descrizione dello stesso Ila nei vv. 65 ss. draconziani (cfr. inoltre quanto sarà osservato nella nota 34 a proposito di Ermafrodito).

33 Aracne aveva provocato Pallade a misurarsi con lei nel ricamo (il con- testo è quello sopra analizzato: nella gara Aracne intreccia un arazzo con gli amori degli dèi metamorfosati).

34 E si potrebbe aggiungere met. 4, 329-330 pueri rubor ora notavit / (nes- cit enim quid amor), sed et erubuisse decebat detto di Ermafrodito, la cui vicenda Draconzio potrebbe aver tenuto presente nella narrazione di quella di Ila. Ermafrodito

Un’ultima risultanza. Dopo aver visto Ila, le Ninfe restano da- vanti a lui come in sospesa ammirazione (v. 100 Nymphae mirantur

Hylanque). Una di loro tuttavia si rivolge alle sorelle per tessere le

lodi della bellezza del fanciullo. Il modulo con cui si introduce l’allo- cuzione della Ninfa (v. 101),

ex quibus una tamen cunctas affata sorores,

appare costruito, secondo una tecnica quasi centonaria, con materiali ovidiani35.

Un primo segmento è ricavato da met. 11, 6

e quibus una leves iactato crine per auras36.

Si tratta di una delle donne di Tracia che esorta le compagne a scagliarsi contro Orfeo dopo averlo scorto mentre accordava la sua voce al vibrare della cetra. Il vate ha rifiutato il loro amore e questo pro- voca il loro gesto sconsiderato: lo faranno a pezzi in stile bacchico37.

Sulla scia dell’aggancio lessicale mi pare che si possano indivi- duare alcuni punti di contatto con il passo nel quale è descritto in Draconzio il rapimento di Ila da parte delle Ninfe – anche se natural- mente i modi dell’azione e gli exitus sono ben diversi. Si tenga conto che la figura di Orfeo, con il fascino ammaliatore del suo canto, as- sunta a termine di confronto per quella del retore Feliciano, maestro di Draconzio, è centrale in Romul. 1, la prefazione di questo epillio38.

condivide con le Ninfe draconziane l’inesperienza in amore: cfr. met. 4, 330 nescit enim quid amor con Romul. 2, 64 (nell’allocuzione di Venere a Cupido) noscant (scil. le Ninfe) quid sit amor. Inoltre nei vv. 320 ss. l’elogio della bellezza di Ermafrodito da parte della Naiade che di lui si è innamorata mostra diversi ele- menti in comune con l’elogio della bellezza di Ila da parte di una delle Ninfe nei vv. 102 ss. draconziani (vd. infra nel testo).

35 Cfr. Vollmer, Blossii Aemilii Dracontii carmina… cit., 135 (apparato dei loci similes); Bouquet, L’imitation d’Ovide… cit., 182; Weber, Der Hylas… cit., 194.

36 Cfr. anche Ov. met. 4, 36 e quibus una (scil. una delle figlie di Minia) levi deducens pollice filum.

37 Sul passo vd. almeno Bömer (P. Ovidius Naso, Metamorphosen, Kom- mentar von Franz Bömer, Buch X-XI, Heidelberg, 1980), 237 ss. (241-242 sui vv. 6- 7); Reed (Ovidio, Metamorfosi, vol. V (Libri X-XIII), a cura di Joseph D. Reed, Testo critico basato sull’edizione oxoniense di Richard Tarrant, Traduzione di Gioachino Chiarini, Fondazione Lorenzo Valla, [Milano], 2013), 304 ss.

Ovidio e Draconzio. Sondaggi di intertestualità nell’Hylas  67

L’impulso amoroso è la premessa del comportamento di en- trambi i gruppi muliebri: nelle donne Ciconi l’amore si traduce però in odio a causa del disprezzo di Orfeo nei loro riguardi.

I poveri resti di Orfeo, la testa e la lira, finiscono in acqua, ac- colti nelle onde dell’Ebro (met. 11, 50-51 membra iacent diversa locis;

caput, Hebre, lyramque / excipis; cfr. anche i vv. 44 ss. sulle manife-

stazioni di lutto degli elementi della natura: fiere, pietre, boschi, fiumi, Naiadi e Driadi)39; mentre è trasportata dalla corrente la lira emette

un flebile lamento e dalla lingua del morto si leva un triste mormorio (vv. 51-53 et (mirum!) medio dum labitur amne, / flebile nescioquid

queritur lyra, flebile lingua / murmurat exanimis, respondent flebile ripae).

Ila viene rapito dalle Ninfe in una fonte: egli si era proteso per fare provvista d’acqua e le Ninfe si immergono insieme a lui (la scena è molto aggraziata: v. 128 cum quo se Nymphae pariter mersere sub

undas); con dolcezza consolano il suo pianto e gli prospettano un

futuro felice per l’eternità.

Il secondo segmento draconziano (cunctas affata sorores) ri- calca met. 5, 255

constitit et doctas sic est adfata sorores

con la modifica parafonica di doctas in cunctas.

Qui è Pallade che chiede notizie alle Muse circa l’Ippocrene, la fonte scaturita sull’Elicona da un calcio di Pegaso, il cavallo alato di Bellerofonte.

Un ricordo ovidiano ne trascina un altro, in un moltiplicarsi di echi che riportano alla mente ulteriori storie, ulteriori racconti, sì da lasciare l’impressione che spesso queste riprese verbali da Ovidio co- stituiscano solo un pretesto per evocare il maggior numero possibile di miti.

La poesia del mito delle Metamorfosi serve cioè a Draconzio per condensare in poche parole un patrimonio culturale irrinunciabile40,

che lo scrittore si impegna a trasmettere ai suoi contemporanei.

39 Cfr. Reed, Ovidio, Metamorfosi, vol. V… cit., 311. 40 Bouquet, L’imitation d’Ovide… cit., 186-187.

Classica et Christiana, 12, 2017, ISSN: 1842 – 3043; e-ISSN: 2393 – 2961, 69-88

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