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Le determinanti del benessere

GLI EFFETTI SUL BENESSERE

VI.1 Le determinanti del benessere

Gli uomini generalmente considerano la felicità l’obiettivo ultimo della vita. Virtualmente ognuno vorrebbe essere felice (Frey e Stutzer 2002a). La domanda su cosa determini la felicità delle persone risale alla storia delle idee. Già i filosofi greci discutevano di come gli individui potessero e dovessero rag- giungere la felicità. Aristotele sosteneva che la vera felicità si trova nell’espres- sione della virtù. Una persona felice è una persona morale. Per gli economisti, coloro che perseguono il proprio interesse diventano felici. Pertanto, l’homo

oeconomicus, che massimizza la sua utilità comportandosi egoisticamente, do-

vrebbe essere una persona felice (Meier e Stutzer 2008).

Per anni, gli economisti hanno inferito l’utilità o il benessere che l’indivi- duo riceve dal consumo di beni e servizi dalle preferenze che egli rivela nel suo comportamento di mercato, sulla base dell’assunzione che l’utilità o benessere individuale sia l’estensione a cui le preferenze dell’individuo sono soddisfatte. Se si assume che l’individuo è razionale, informato e ha l’obiettivo di massi- mizzare la propria utilità, allora la decisione che egli assume implica, per defi- nizione, massimizzare l’utilità attesa. Tuttavia, in anni recenti, gli economisti hanno iniziato a valutare le preferenze come una guida non più affidabile del benessere associato alle decisioni individuali, e hanno iniziato a pensare a modi alternativi di misurare l’utilità o benessere individuale. In economia si è cominciato a considerare quale indicatore di utilità o benessere individuale la felicità, ovvero misure soggettive di benessere molto utilizzate nell’ambito del- la psicologia, dove fungono da ombrello in cui raccogliere ciò che l’individuo pensa e sente circa la propria vita in generale (Dolan et al. 2008).

Pertanto, in economia, le misure soggettive di benessere sono state consi- derate come vere misure dell’utilità individuale in grado di fornire una valu- tazione generale dell’individuo a proposito della propria vita: numerosi studi empirici sono stati prodotti sulle determinanti del benessere soggettivo o feli-

cità individuale con l’obiettivo anche di esaminare una serie di questioni eco- nomicamente rilevanti, come l’effetto del reddito, dell’istruzione, della salute, dello status di disoccupazione, delle condizioni lavorative, dei fattori sociali e così via sul benessere individuale.

Gli studi sulle determinanti del benessere soggettivo (BS) adottano una forma generale del tipo:

BSriportato = r(h(X)) (6.1)

dove il benessere sociale riportato, di regola una risposta ad una domanda sulla soddisfazione della vita in generale o felicità, è una funzione (r) del vero benessere sociale (h) che è determinato da una serie di fattori economici, de- mografici, istituzionali e sociali (X).

Per ciò che concerne i fattori economici, uno degli aspetti più discusso nelle ricerche sul benessere è la relazione tra il reddito e la felicità. Molti studi empirici che analizzano la relazione tra il reddito e il benessere individuale, utilizzando dati sia a livello micro sia a livello macro, mostrano che un ad incremento del reddito non corrisponde un incremento equivalente della fe- licità individuale. Questo risultato è stato definito “paradosso della felicità” (Drakopoulos 2008). Un incremento del reddito personale amplia l’insieme di beni e servizi che l’individuo razionale può acquistare e consumare, ciò dovrebbe incrementare l’utilità totale o felicità individuale. Tuttavia, “incre- menti di reddito procurano incrementi di felicità per bassi livelli di reddito, ma una volta che una certa soglia è superata, essi hanno un limitato effetto sulla felicità” (Frey e Stutzer 2002b, pag. 75).

Sono state proposte diverse teorie per spiegare il paradosso della felicità. Una prima spiegazione è legata al “treadmill edonista”: il divario di esperienza edonistica (piacere o dolore) indotto da uno specifico evento è di breve durata e svanisce rapidamente (Graham 2008). Una seconda spiegazione è connessa alla “teoria delle aspirazioni” suggerita da Easterlin (1974), secondo la quale la felicità di un agente economico dipende non solo dal risultato del suo com- portamento, in particolare dal reddito, ma anche dal divario tra le aspirazioni di reddito e il reddito effettivo. Poiché il reddito desiderato è considerato una funzione positiva del reddito effettivo, il divario è continuamente riprodot- to (“treadmill della soddisfazione”) (Borghesi e Vercelli 2012). Altri approcci considerano il reddito relativo e il livello di diseguaglianza. L’idea sottostan- te la teoria del reddito relativo è che l’individuo non presta molta attenzione al reddito assoluto, quanto al suo reddito, relativamente a quello degli altri. Pertanto, un incremento del reddito assoluto dell’individuo non aumenta il suo benessere se non è aumentato relativamente al reddito degli altri (Fer- rer-i-Carbonell 2005). Infine, sebbene sia ancora controverso in letteratura,

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l’incremento delle diseguaglianze di reddito sono negativamente correlate con la felicità (Hagerty 2000).

Diverse analisi empiriche hanno analizzato gli effetti di caratteristiche in- dividuali socio-demografiche sulla felicità. Gli studi mostrano che la felicità individuale è più alta tra i coniugati, le persone in buono stato di salute e con un livello di istruzione elevato. L’effetto dell’età sulla felicità è a forma di U con un più elevato livello di felicità o benessere per le classi di età più giovani e più anziane e con un livello minimo intorno ai 40-45 anni. Le persone ri- tirate dal lavoro e quelle che svolgono un lavoro autonomo sono in genere le più felici, mentre lo status di disoccupazione è fonte di infelicità e insoddisfa- zione: “la disoccupazione deprime il benessere più di ogni altra caratteristica individuale” (Clark e Oswald 1994, pag. 655) (Scoppa e Punzo 2008; Dolan et al. 2008).

La letteratura sulla relazione tra le istituzioni formali e la felicità è anco- ra piuttosto limitata e i risultati non sono conclusivi. Le istituzioni formali, definite da North (1990) come le “regole del gioco”, sono attese influenzare in modo rilevante il benessere individuale. Ad esempio, un sistema legale ef- ficiente rafforza i diritti di proprietà e assicura protezione ai cittadini contro le violenze, le minacce e lo sfruttamento economico. Istituzioni democratiche forniscono ai cittadini il sentore che essi possono influenzare il processo poli- tico e la risultante politica economica (Bjørnskov et al. 2010). Le istituzioni di democrazia diretta possono influenzare il benessere individuale attraverso due canali: 1) in quanto i cittadini hanno un ruolo attivo, i politici di pro- fessione sono meglio controllati, 2) inoltre, in istituzioni di democrazia diret- ta aumenta la possibilità che i cittadini siano coinvolti nel processo politico (Frey e Stutzer 2000). Le istituzioni di democrazia diretta sono valutate in letteratura attraverso indici di libertà. In particolare, i tre principali indici di libertà - politica, economica e personale - esibiscono una relazione positiva con la felicità in molti paesi (Veenhoven 2000).

Altre ricerche hanno evidenziato il ruolo del capitale sociale – relazioni e norme sociali, fiducia – nell’influenzare la soddisfazione della vita o feli- cità. Il deterioramento del capitale sociale, in molte economie avanzate, è stato identificato come un fattore cruciale nella spiegazione del paradosso della felicità (Bjørnskov 2003, 2007; Helliwell 2003, 2006). Simile a questa interpretazione è l’idea che la scarsa disponibilità di beni relazionali – ovvero quei beni immateriali di natura affettiva e comunicativa prodotti attraverso le relazioni – sia tra le principali cause dei bassi livelli di felicità che si registrano nei paesi avanzati. I beni relazionali non possono essere prodotti, consumati o acquisiti da un singolo individuo, perché dipendono dalle relazioni con gli altri e sono goduti solo se condivisi con gli altri (Guy 1987; Uhlaner 1989).

Diversi studi empirici dimostrano che i beni relazionali svolgono un ruo- lo cruciale nella determinazione della felicità (Becchetti et al. 2008; Bruni e Stanca 2008; Becchetti et al. 2009). Secondo alcuni ricercatori, il progressivo sviluppo del mercato dei beni ha soffocato il processo di produzione e con- sumo di beni relazionali e ciò può contribuire a spiegare il paradosso della felicità (Bartolini e Bonatti 2002).