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5. Materiali e metod

6.10 Determinazione potere antiossidante

Grafico 10. Potere antiossidante nella parte epigea di lattuga. C, controllo; B, biochar; R, rame; R+B, rame più biochar.

Il più basso contenuto di potere antiossidante è stato riscontrato nel campione R (182,7 μmoli TEAC/g s.s.) e la sua riduzione è stata del 24,3% rispetto al controllo (241,5 μmoli TEAC/g s.s.). I campioni C, B ed R+B erano statisticamente simili, anche se il valore più alto si osservava nel campione B (264,4 μmoli TEAC/g s.s.). Il campione R+B ha mostrato un valore di 232 μmoli TEAC/g s.s..

0 50 100 150 200 250 300 350 C B R R+B μ mol i TE A C /g s .s .

Potere antiossidante

a

a

b

a

7. DISCUSSIONE

Le ricerche effettuate sulle piante in condizioni di stress abiotico sono numerose, essenzialmente per due ragioni: la prima è che studiando piante le cui reazioni sono influenzate da uno specifico tipo di stress è possibile acquisire una più completa comprensione dei processi fisiologici dei vegetali circa il meccanismo stesso di reazione allo stress; la seconda è che le piante coltivate sviluppano nella maggior parte dei casi la capacità di resistere o di adattarsi allo stress e ciò è importante dal punto di vista prettamente economico e produttivo.

Nel nostro studio sperimentale il fattore di stress è il rame applicato al terreno ad una concentrazione di 100 ppm. Basandosi su precedenti lavori condotti nel Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (settore Chimica Agraria), sono state eseguite su lattuga alcune prove di tossicità nei confronti del rame; la concentrazione utilizzata è stata quella più adatta per lo scopo della tesi. Infatti, inquinando il terreno con tale concentrazione di rame la pianta ha percepito lo stress ma allo stesso tempo non ha modificato sensibilmente la crescita ed in modo particolare l’assorbimento dei nutrienti. In generale, si osserva che all’aumentare della concentrazione del metallo si ha un incremento dell’assorbimento, della traslocazione e dell’accumulo di rame all’interno dei tessuti (Macnair 1993). La tolleranza di alcune piante al rame è legata anche al fatto che le pareti cellulari e le altre strutture apoplastiche agiscono come filtri che limitano il movimento del rame nel simplasto e verso la parte epigea. Ciò si spiega in quanto Cu2+, a causa della sua affinità con i gruppi carbonilici, carbossilici, fenolici e sulfidrilici, si adsorbe fortemente alle pareti cellulari e non è desorbito da Ca2+.

Sul terreno utilizzato per l’esperimento, prima del trapianto, è stata effettuata l’analisi del rame assimilabile che ha mostrato un contenuto di Cu nella norma (32,4 mg/kg suolo). Dopo il trattamento R, il contenuto di rame assimilabile nel suolo e quindi disponibile per la pianta è salito a 128,7 mg/kg in virtù di un mancato legame con altri composti ed un basso tenore di adsorbimento da parte dei colloidi del suolo. Dopo il prelievo sono state condotte analisi sul contenuto di rame: nelle piante C e B non sono state osservate sostanziali differenze nei riguardi della concentrazione di rame. Viceversa, nei campioni trattati con rame è stato osservato un incremento della

concentrazione di Cu nella parte epigea del 69,4% rispetto al controllo. Ciò indica che le radici assorbono molto rame e lo trasportano alla parte epigea dando luogo all’inibizione della crescita, alla diminuzione di biomassa, ed all’ingiallimento dei tessuti a causa delle interferenze con l’apparato fotosintetico. Queste risposte rappresentano il risultato di complesse interferenze dei metalli con una vasta gamma di processi fisiologici/biochimici, piuttosto che l’effetto di una definitiva reazione cellulare indotta dal metallo (Macnair et al., 1993). Per quanto riguarda il campione R+B, è stato riscontrato un aumento del contenuto di rame del 55% rispetto al controllo, valore più basso rispetto al campione R. I dati ottenuti dalla sperimentazione, in accordo con quelli Tshewang et al. (2010), hanno dimostrato che la presenza del biochar va ad attenuare i danni indotti dall’eccesso di rame. È stata rilevata una significativa riduzione della concentrazione di rame in presenza di biochar e ciò si suppone che sia da attribuirsi a due meccanismi principali: la formazione di complessi stabili metallo-materia organica del biochar (Kumpiene et

al., 2008) e l’adsorbimento dei metalli sempre da parte del biochar (Elliot et al., 1986). Il biochar possiede un’alta superficie specifica e numerosi siti di

adsorbimento che spiegano la sensibile riduzione della disponibilità del metallo pesante nel terreno (Glaser et al., 2002). I due meccanismi descritti sono a loro volta influenzati dal pH e dalla capacità di scambio cationico del terreno che nel nostro caso non sono variati significativamente con l’aggiunta di rame (dati non mostrati). Ciò rafforza la teoria che il biochar è la principale causa di diminuzione del rame. Il risultato riportato nel grafico 2 suggerisce, in accordo con il lavoro di Polo e Utrilla

(2002), che si ha un notevole scambio ionico in corrispondenza della superficie dei

materiali carboniosi del suolo tra Cu2+ e i protoni presenti nel terreno.

Le successive analisi sono state condotte sulle concentrazioni di potassio e calcio in relazione al biochar. Per quanto riguarda la lattuga, sono presenti pochi studi su tale argomento. Dai grafici si evince che in presenza di rame o biochar si ha un aumento della concentrazione sia di potassio che calcio. E’ stato visto che la concentrazione di rame applicata al suolo va a modificare l’equilibrio di solubilità del calcio e del potassio verso le forme più solubili e tale ipotesi potrebbe in parte spiegare l’aumento delle loro concentrazioni. Tali elementi vengono resi così disponibili nella soluzione circolante del terreno e quindi resi assimilabili per la pianta che li assorbe e

li accumula nei vari tessuti vegetali. Nel terreno in presenza di biochar e rame+biochar si pensa vi sia un meccanismo di scambio cationico da parte della sostanza organica del biochar che scambia il rame con il calcio o il potassio facendo aumentare il loro contenuto nel terreno. Nel campione rame+biochar si ha un effetto sinergico dei due meccanismi sopra elencati e cioè il cambiamento dell’equilibrio di solubilità del calcio e del potassio e lo scambio cationico; in questo caso però il valore del campione R+B non aumenta rispetto a R e B poiché il biochar, in presenza di rame, ne neutralizza una buona parte limitando quindi l’equilibrio e lo scambio cationico. Ciò potrebbe spiegare il fatto che i risultati di B, R ed R+B sono risultati statisticamente molto simili per quanto riguarda il calcio (Minori et al., 2011).

Diversi studi hanno dimostrato che le sollecitazioni ambientali stimolano la produzione di ROS (Sgherri e Navari-Izzo,1995; Sgherri, 2007) e possono indurre danni ossidativi a lipidi, proteine ed acidi nucleici, oltre che alterare le proprietà delle membrane cellulari. Nel grafico 5 sono riportati i risultati relativi alle TBARS, parametro con il quale si valuta lo stadio di perossidazione lipidica e quindi il danno ossidativo. I dati hanno evidenziato che controllo e biochar presentano lo stesso valore di TBARS, mentre i campioni trattati con rame hanno mostrato un incremento del 42% rispetto al controllo. In condizioni di stress da eccesso di metallo, la pianta aumenta la produzione delle ROS, fra cui il superossido O2•-. Questo, essendo un potente nucleofilo, provoca la degradazione dei lipidi polari mediante un attacco nucleofilo ai gruppi carbonilici dei legami esterei che uniscono gli acidi grassi alle teste dei lipidi polari (Navari-Izzo et al., 1996b). A conferma di tale teoria si osserva un decremento delle TBARS nel campione rame+biochar che presenta un valore di concentrazione simile a quello del controllo. Il biochar, adsorbendo il rame, limita la formazione delle specie reattive dell’ossigeno e quindi la perossidazione dei lipidi. Come già detto, le ROS hanno una doppia funzione: possono causare danni e/o funzionare come molecole di segnale in risposta agli stress abiotici (Miller et al.,

2010; Frary et al., 2010). Fra tutte le specie reattive dell’ossigeno, il perossido di

idrogeno è considerata la molecola chiave per segnalare la presenza del danno ossidativo in virtù della sua stabilità e diffusibilità.

Il perossido di idrogeno aumenta in condizioni di stress e il conseguente incremento delle attività degli enzimi detossificanti come APX, CAD e SOD è frequentemente usato come indicatore di stress. Nel nostro studio si è avuto un aumento nel campione R del perossido di idrogeno del 50% rispetto al controllo in risposta allo stress ossidativo. Il livello di H2O2 diminuisce del 24,6% nel campione rame+biochar in quanto il biochar, anche il tal caso, va ad immobilizzare in parte il rame diminuendo il suo danno ossidativo.

Le piante hanno evoluto dei meccanismi cellulari per far fronte ai danni ossidativi provocati dalle ROS. Il ciclo ascorbato-glutatione partecipa a tale difesa. Il primo step di tale ciclo coinvolge l’APX, che è la perossidasi più importante implicata nella detossificazione dell’H2O2. L’APX gioca un ruolo fondamentale nella rimozione del perossido di idrogeno sia nel cloroplasto che nel citosol e la variazione della sua attività è strettamente correlata con la tolleranza della pianta allo stress ossidativo. Il concomitante aumento della concentrazione di perossido di idrogeno e dell’attività dell’APX, rilevato sotto stress da eccesso di rame, suggerisce che l’incremento di H2O2 potrebbe essere attribuito sia alla riduzione non enzimatica del superossido da parte di AsA (che, come riportato in grafico 7, diminuisce) sia alla incapacità dell’APX di sostenere la detossificazione di H2O2 pur aumentando la sua attività

(Tarchoune et al., 2012). Tale comportamento inoltre fa ipotizzare che, in presenza

di eccesso di rame, il tasso di detossificazione del perossido di idrogeno è più basso della velocità di produzione dell’H2O2.

La funzione principale del glutatione nelle protezione contro lo stress ossidativo è la riduzione del DHA ad AsA nel ciclo glutatione-ascorbato (Noctor et al., 1988). La riduzione dell’ascorbato totale in presenza di trattamento con rame e, al contrario, l’aumento in presenza di rame+biochar suggerisce che il biochar, diminuendo il contenuto di rame per adsorbimento, permette all’AsA di effettuare la sua funzione detossificante. È stato infatti notato che a concentrazioni troppo elevate di rame ed altri metalli si ha un effetto di inibizione sul ciclo sopra citato. Inoltre, la diminuzione del contenuto di AsA nel campione R potrebbe esser spiegata con il suo consumo da parte di APX per la detossificazione del perossido di idrogeno

(Tarchoune et al., 2010). Il pool di AsA rappresenta una riserva antiossidativa ed

stressanti. Nonostante quanto detto sopra la reazione catalizzata da APX non è l’unica via che porta all’ossidazione di AsA. Buettner (1988) ha mostrato che i metalli di transizione come il rame sono in grado di mediare direttamente la formazione di MDHA tramite reazioni di ossidoriduzione monovalenti. Anche

Gossett et al. (1999), effettuando studi su cotone sottoposto a stress salino, non

rilevando l’induzione dell’attività dell’APX, hanno chiamato in causa l’ossidazione univalente di AsA da parte di O2•- e la reazione di rigenerazione dell’α-tocoferolo dalla sua forma radicalica in cui AsA è direttamente coinvolto. È stata anche messa in luce l’interazione fra ascorbato e sostanze fenoliche nel vacuolo e nell’apoplasto; in questo caso l’ossidazione dell’ascorbato consente di eliminare le forme radicaliche delle molecole fenoliche prodotte in seguito all’azione di perossidasi ed H2O2 e di controllare i processi di crescita (Cordoba-Pedregosa, 1996). L’AsA insieme alle antocianine può agire come complessante per i metalli ed in particolare per il rame, come nel nostro esperimento.

In generale, è comunque da tener presente che la sopravvivenza della pianta all’azione ossidativa delle ROS è strettamente collegata non solo all’induzione della sintesi ex novo di un determinato antiossidante durante lo stress, ma al fatto che la pianta sia capace di possederne livelli sufficientemente elevati, di utilizzarlo e di rigenerarlo, mantenendo un alto rapporto tra la forma ridotta e quella ossidata. Lo stadio di ossidazione di AsA è influenzato dall’equilibrio tra l’attività di enzimi che ne provocano l’ossidazione come l’APX e di enzimi come MDHAR e DHAR che rigenerano la forma ridotta a partire da MDHA e DHA. I metalli come il rame possono più o meno influire sugli enzimi che controllano lo stato di ossidazione dell’ascorbato. Il rame sembra provocare una generale induzione delle attività enzimatiche antiossidative nel cloroplasto, in particolare di APX sia stromale che legata alla membrana tilacoidale, probabilmente a causa dell’induzione di geni per la sintesi di tali enzimi (Navari-Izzo et al., 1999).

Lo stress da eccesso di rame con il suo conseguente danno ossidativo ha portato alla riduzione del potere antiossidante come mostrato nel grafico 10. La capacità antiossidante è influenzata dalla presenza di due diversi tipi di antiossidanti: quelli idrofili come la vitamina C, il glutatione e gli acidi fenolici e quelli lipofili come la vitamina E e i carotenoidi. Il consumo di tali composti è dovuto ai processi ossidativi

che sono a loro volta indotti da cambiamenti ambientali come lo stress da eccesso di rame. Nel campione R, la maggior concentrazione di Cu2+ ha provocato l’attivazione di tutti i mezzi antiossidativi in grado di detossificare le ROS e ciò ha causato un abbassamento del potere antiossidante. Nel campione R+B, invece, esso è ritornato al livello del controllo. Ciò è in accordo con quanto sostenuto fino ad ora circa l’effetto ammendante del biochar. Esso, infatti, adsorbe il rame contenuto in eccesso nel terreno e lo rende meno disponibile per la pianta che, a sua volta, ne assorbe una quantità minore. In conseguenza, si hanno meno danni ossidativi e quindi si osserva un più alto tenore di potere antiossidante, pari al controllo. Più che la concentrazione dei composti antiossidanti, lo stress aumenta la velocità di sintesi di tali composti che, dovendo contrastare le specie reattive dell’ossigeno, mostrano un valore più basso.

8.Conclusioni

Possiamo affermare che in base allo studio effettuato su piante di lattuga coltivate su un terreno inquinato da rame e addizionato con biochar, il danno ossidativo viene limitato dall’ammendante grazie alla sua capacità di adsorbire all’interno del suo reticolo carbonioso il metallo nel terreno. In presenza di biochar, la concentrazione di rame nella pianta era più bassa rispetto al campione trattato con solo rame. Inoltre, il livello di perossido di idrogeno si abbassava notevolmente riducendo i danni cellulari causati dalle specie reattive dell’ossigeno come evidenziato dalla diminuzione della concentrazione delle TBARS. In presenza di rame+biochar, la pianta ha attivato meccanismi di difesa antiossidativi contro le specie reattive dell’ossigeno; infatti, le concentrazioni di ascorbato totale e ridotto ed il potere antiossidante aumentavano rispetto al campione trattato con solo rame.

Sulla base di questi risultati, è auspicabile che l’attuale normativa venga modificata in maniera tale da permettere l’impiego del biochar come ammendante di suoli inquinati da metalli come tecnica ecosostenibile a basso impatto ambientale.

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