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2.3 ELEMENTI FONDAMENTALI DI BIOLOGIA DEL CINGHIALE (S US

2.3.5 Dieta (Ecologia alimentare)

Onnivoro per eccellenza, il cinghiale è in grado di utilizzare un ampio spettro di risorse e, se necessario, di modificare drasticamente la propria dieta in relazione alla disponibilità di cibo nei diversi ambienti e nelle varie stagioni. Tale flessibilità alimentare gli consente di sopravvivere negli ambienti più vari e di adattarsi alle situazioni più diverse.

Il cinghiale possiede uno stomaco semplice, a differenza di quello di altri ungulati ruminanti composto da quattro diverse parti e specializzato per un’alimentazione a base di piante. In confronto a ruminanti quali, ad esempio, caprioli e cervi, il cinghiale non appare quindi altrettanto efficiente nell’uso di erbe, foglie e altre componenti della vegetazione, e la sua alimentazione deve essere integrata con proteine di origine animale o

con alimenti vegetali altamente energetici. E’ stato infatti dimostrato che, anche se le piante formano una parte importante della dieta di questa specie, i cinghiali soffrono la fame e possono morire quando non possono alimentarsi di frutti o di cibi energeticamente ricchi. (Graves 1984; Massei et al. 1997).

Jezierski e Mircha (1975) hanno calcolato che un cinghiale di 50 kg, per mantenere costante il suo peso corporeo, deve consumare circa 4.000-4.500 calorie al giorno e che tale fabbisogno aumenta del 10% nelle femmine durante la gravidanza e l’allattamento. Una dieta bilanciata e un sufficiente apporto di calorie risultano essenziali nell’influenzare la dinamica di popolazione dei cinghiali, in quanto influiscono sull’età del primo parto, sul numero totale di femmine che partecipa alla riproduzione e sul numero di piccoli nati per parto. Viceversa, una dieta povera di calorie può portare a un grave deperimento fisico e talvolta alla morte di una considerevole parte della popolazione. (Massei et al. 1997)

La quantità e la qualità di risorse alimentari influenzano il periodo degli accoppiamenti, che cade in autunno negli anni di alta disponibilità di cibo e si sposta sempre più verso l’inverno in anni di carenza di risorse alimentari. Mentre i cinghiali giovani utilizzano le risorse alimentari per la crescita, gli adulti conservano sotto forma di grasso l’energia ottenuta dal cibo. La dieta del cinghiale è composta da frutti selvatici, erbe, uova di uccelli, tuberi e rizomi, larve di insetti, molluschi, lombrichi, piccoli vertebrati e carogne. Gli alimenti naturali preferiti includono ghiande e castagne, ma anche tuberi, bulbi e radici che il cinghiale si procura scavando il terreno con il grifo (figura 2.13). Una buona parte della dieta di questa specie è infatti costituita da alimenti reperiti sotto terra: un prato visitato da un gruppo di cinghiali in cerca di larve di insetti o di radici, appare come un campo arato con cura a una profondità che può raggiungere i 40 cm.

Figura 2.13 Segni di attività di cinghiale tipici del “rooting”

Data l’importanza che gli alimenti sotterranei ricoprono nella dieta del cinghiale, è facile intuire che se il terreno risulta indurito dal gelo o dalla siccità, parte del cibo diventa improvvisamente – e talvolta per molte settimane consecutive – difficile o addirittura impossibile da reperire. Se una situazione del genere si protrae per alcune settimane, i cinghiali soffrono la fame e gli individui più deboli (giovani e femmine in gravidanza o in allattamento) possono morire. I risultati di numerosi studi condotti sull’alimentazione del cinghiale concordano sul fatto che gli alimenti di origine vegetale rappresentano la maggior parte del volume ingerito. La proporzione di cibo animale presente nella dieta del cinghiale risulta estremamente variabile sia se si confrontano diverse popolazioni, sia all’interno di una stessa popolazione in anni consecutivi.

La varietà di alimenti di origine animale e il fatto che in mancanza del cibo preferito i cinghiali possano volgersi ad una molteplicità di risorse alternative, confermano l’estrema flessibilità alimentare di questi animali.

Quando i cinghiali si nutrono di ghiande e frutti ricchi di carboidrati, la scarsità di proteine in questi alimenti costituisce un problema che gli

animali devono risolvere aggiungendo alla dieta erbe e cibo di origine animale ( Barret 1978). ALIMENTO ANIMALE 5% ALTRO 24% FRUTTI ED ESSENZE FORESTALI 1% COLTURE AGRARIE 70%

FRUTTI ED ESSENZE FORESTALI COLTURE AGRARIE ALIMENTO ANIMALE ALTRO

Figura 2.14 Suddivisione tipica della dieta del cinghiale in periodi di scarsa produzione di ghiande e faggiole (da O.N.C. 1988)

La proporzione di cibo di origine animale nella dieta del cinghiale risulta raramente superiore al 10% del volume ingerito (figura 2.14), ma tale cibo è spesso presente nella maggioranza dei campioni prelevati da stomaci e feci. Ciò indica che le proteine animali, anche se utilizzate in minima quantità, occupano un ruolo fondamentale nella dieta dei cinghiali. Un comportamento alimentare tipico del cinghiale, e non riscontrato in altri ungulati, è quello di masticare il cibo vegetale, ad esempio spighe di grano o radici di liquirizia, che non viene ingerito e che si ritrova sul terreno in masse informi, ma da cui presumibilmente gli animali traggono un certo apporto energetico.

Le colture, come cereali, leguminose, uva, girasole e patate costituiscono per il cinghiale un’ottima alternativa alla scarsità di cibo naturale (Macchi et al. 1995; Genov et al. 1996). Inoltre, contrariamente agli alimenti naturali la cui disponibilità può subire ampie fluttuazioni, le piante coltivate rappresentano una fonte di cibo abbondante e sempre concentrata, sempre disponibile e ad alto valore energetico (Massei G., S.

girasoli, barbabietole da zucchero, uva, mais e cereali autunno-vernini quali frumento, orzo e avena.

Alcuni ricercatori francesi (Bouldoire e Vassant 1989) hanno sottolineato come, in mancanza di frutti di bosco, la percentuale di piante coltivate di cui i cinghiali si cibano sale dal 32 al 70% del volume ingerito e il fatto che i cinghiali riescano a sopravvivere perfettamente anche in aree fortemente antropizzate dimostra ancora una volta l’estrema adattabilità di questa specie. (Massei, Genov, 2000).

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