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Le difficoltà emergenti

Proposta di progetto Green per la Scuola dell'Infanzia

2. Dalla pianificazione alla pratica: criticità, riprogettazione e riadattamento

2.1. Le difficoltà emergenti

Nell’illustrare il presente progetto sarà balzato subito all’occhio che il tempo verbale da me utilizzato è stato il condizionale. Infatti, se le esperienze di tirocinio vissute dal 2° al 4° anno hanno contribuito ad arricchire il mio bagaglio di conoscenze ed esperienze in senso positivo, quest’anno le limitazioni e le difficoltà sono state talmente tante che il mio progetto ha subito una rivoluzione.

In particolare negli anni scorsi ho avuto il piacere di avere come insegnante mentore della scuola primaria una tutor anche universitaria, la quale mi ha permesso di vedere trasposti i concetti e le pratiche proposte nei corsi, traendone appieno il loro valore.

Per quanto riguarda la disciplina dell’italiano ho visto utilizzare il metodo della grammatica valenziale, basata proprio sull’apprendimento per scoperta, nel quale il bambino ha un ruolo attivo che gli permette di compiere una riflessione linguistica intuitiva, a misura di bambino, che gli permette di creare connessioni tra strutture e significati della nostra lingua. Per le discipline della storia e della geografia ho visto come il cooperative learning abbinato al metodo di ricerca permetta di motivare i bambini nella scoperta dei diversi argomenti. Inoltre ho potuto apprezzare come l’inserimento delle tecnologie educative nelle pratiche didattiche potenziano l'apprendimento e la motivazione, secondo la logica del TPACK di Mishra e Koheler (2006). Ma ancor prima delle discipline e dei metodi, basilare era il clima e le relazioni positive instaurate tra l’insegnante e gli alunni e tra gli stessi alunni: il sociogramma di Moreno veniva impiegato per analizzare la posizione dei singoli bambini all’interno della classe nonché la struttura delle relazioni, e diventava base di partenza per la creazione dei gruppi per i cooperative learning. Infatti, la caratteristica più significativa che differenzia quest’ultimo dalle altre tipologie di lavoro di gruppo è proprio l’interdipendenza positiva instaurata tra i membri del gruppo, condizione base per far sì che ogni membro agisca e si comporti in modo collaborativo, perché convinto che solo dalla collaborazione possa scaturire il proprio successo e quello degli altri membri del gruppo.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia non ho avuto la possibilità di mettere in pratica gli spunti appresi durante gli insegnamenti riguardanti l’ambito linguistico, ma sono comunque grata alla mia tutor per avermi permesso di provare ad utilizzare il lavoro di gruppo, pratica che non era mai stata utilizzata nella sezione, ma che avuto esiti veramente positivi e produttivi.

Durante quest’ultimo anno di tirocinio, invece, ho riscontrato diversi problemi nell’attuare il progetto, anche se concordato e approvato preventivamente con la mia insegnante mentore. Le prime lezioni avevano avuto un esito veramente positivo e i bambini avevano dimostrato entusiasmo durante le attività proposte. Un giorno un bambino si è messo a piangere perché doveva andare a casa prima degli altri, per via del passaggio del pulmino in orario anticipato. A partire dalla terza lezione la mia insegnante ha cominciato a chiedermi di apportare delle modifiche sempre più consistenti: inizialmente mi ha chiesto di ridurre il monte ore in modo da permetterle di avanzare con il suo programma, in corso d’opera le modifiche sono aumentate, riguardando anche le attività stesse, perché sembrava fossero troppo coinvolgenti per i bambini, i quali al pomeriggio avevano bisogno di attività che li tenessero calmi.

Mi sono adattata al contesto e sono andata incontro alle esigenze della mia mentore, ma il progetto “We ♥ Nature” è stato talmente stravolto che alle fine si è trasformato in altro rispetto al project work presentato.

2.2. Le ri-progettazioni in itinere

Non mi è possibile parlare in termini di riprogettazione, ma in questo caso è più corretto utilizzare il termine al plurale. Agli imprevisti legati alla tecnologia, infatti, si sono aggiunte sempre più massicce richieste di modifica al progetto da parte del contesto.

Le risorse digitali, talvolta inaccessibili, sono state compensate da risorse cartacee, ad esempio un giorno in cui la connessione alla rete era assente ho provveduto a sostituire il video “Peppa Pig Recycling” con l’albo illustrato “Tidy”, gentilmente fornito dalla biblioteca di Torreglia.

Il monte ore del progetto è stato ridotto da 30 a 20 ore, in modo tale che la mia mentore potesse avanzare con la sua programmazione. In un secondo momento ha subito una riduzione ulteriore, arrivando ad un totale di 15 ore. Ho cercato di adattarmi e di

significato eliminare tutte le attività con i materiali naturali, anima primaria del progetto

“We ♥ Nature”. Esse avrebbero intervallato e fatto da cornice alle proposte sul tema del riciclo, rendendo più motivante e piacevole il progetto.

Gli elementi che avrei voluto coinvolgere nel progetto erano le songs, il puppets, i games iniziali e finali. Durante i primi incontri ho avuto modo di vedere che piacevano e divertivano i bambini, ma la mia tutor mi ha chiesto di eliminarli in quanto creavano trambusto e rendevano difficile la gestione all’interno delle limitazioni Covid. Ho provveduto, così, a riorganizzare le lezioni in modo tale che fossero concentrate direttamente sull’attività del giorno.

Circa a metà progetto ho iniziato a lavorare con metà sezione: i bambini al mio arrivo, venivano divisi in due gruppi, una parte stava con me, mentre l’altra parte proseguiva con le attività proposte dalla mia mentore. Questa modifica, nata dall'esigenza della tutor di andare avanti con le sue attività, è stata comunque un’opportunità di crescita, permettendomi di sperimentare una forma di co-teaching.

Con grande dispiacere è arrivata anche la richiesta di eliminare le interazioni progettate in ottica sistemica, sia la lettura animata con la volontaria dell’associazione

“Nati per Leggere”, sia la videochiamata con tara dall’Inghilterra. Infine, il giorno prima per il giorno dopo, è arrivata anche la richiesta di concludere in anticipo il progetto, questo non mi ha permesso nemmeno di finire la parte relativa al riciclo. Purtroppo tutte queste richieste non sono state oggetto di trattativa, nemmeno con l'intervento della tutor coordinatrice.

2.3. I pezzi presenti del puzzle

La promozione di un'educazione alla cittadinanza attiva, trova fondamento nell'ambito Cittadinanza e Costituzione delle Indicazioni Nazionali (2012) ed è intesa come sviluppo di una visione consapevole a valori condivisi e atteggiamenti cooperativi e collaborativi, condizioni basilari per una convivenza civile.

Inoltre, Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile (2014), la Carta

assumono l'educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile, all’interno dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, come tema interdisciplinare e trasversale, individuando un'area di apprendimento determinata dall'intersezione di più materie per specificità di contenuti e connessioni interdisciplinari. Le “Linee Guida Educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile” (2014) parlano di una consapevolezza nazionale che non può che iniziare dalle scuole, in particolar modo dai più giovani, ovvero da quelli che vengono etichettati come “nativi ambientali”: una generazione che, nella quotidianità dei comportamenti, trova già come prospettiva naturale il rispetto dell'ambiente in cui vive.

Per un argomento così vasto come il rispetto dell'ambiente, mi aveva aiutata molto progettare a ritroso (Wiggins, McTighe, 2004), definendo priorità e pesi e andando ad individuare, per prima cosa, gli obiettivi finali, ovvero le conoscenze durevoli (riconoscere i diversi tipi di rifiuti, l'importanza della raccolta differenziata, i benefici del riciclo), per stabilire, in un secondo momento, le cose importanti da conoscere (i problemi legati alla plastica nel mare, tempi di biodegradabilità/tempi di utilizzo) e quelle che ne meritavano familiarità (il ciclo dei rifiuti). La stella polare della progettazione a ritroso è la rubrica valutativa, uno strumento che permette di esplorare il significato del traguardo desiderato (Castoldi, 2017).

Il progetto è partito con la domanda: “Da dove arrivano i colori?”. È nato un simpatico brainstorming durante il quale i bambini spontaneamente hanno provato ad ipotizzare il percorso che porta il colore ai tubetti e “Dall'arcobaleno!” è stata la soluzione che ha convinto tutti all'unanimità, tanto che abbiamo deciso di utilizzarlo come soggetto del nostro dipinto con i colori naturali. Abbiamo, infatti, imparato i colori realizzandoli con le nostre mani: frullando gli spinaci abbiamo estratto il green, dal cavolo cappuccio il colore indigo, poi il blue aggiungendo il bicarbonato e il red aggiungendo il succo di limone, il purple dalla rapa rossa, il yellow dalla curcuma. In accordo con la referente di plesso per l'ambito Covid, avevo lavato bene la verdura, inoltre i bambini non hanno potuto toccarla, ma si sono limitati ad osservare il processo. Il risultato è stato comunque quello sperato: leggendo gli occhi dei bambini si percepiva la magia! Con mia grande sorpresa ho scoperto che la maggior parte dei bambini non aveva mai visto la rapa rossa o il cavolo viola.

Fig.2: Lezione “Let’s make natural colours!”

I bambini sono stati talmente entusiasti che hanno chiesto di ripetere l’attività e la mia mentore ha acconsentito. Durante il secondo incontro abbiamo quindi rifatto i colori naturali, ma questa volta per la parte iniziale della lezione abbiamo letto assieme l’albo illustrato “Colori della natura”. O meglio, lo hanno letto i bambini! Dal titolo emerge chiaramente che si tratta di un albo illustrato in italiano, ma in realtà si tratta di un silent book , pertanto facilmente adattabile anche in altre lingue. Il tema del libro sono appunto i colori della natura in tutte le loro sfumature, le pagine sono cariche di immagini di piante, fiori, animali accomunati dallo stesso colore, ma in realtà, guardando bene, emergono le molteplici sfumature presenti nel mondo naturale. SI tratta un libro con immagini molto belle, che invita i bambini a nominare ciò che vedono. Dopo aver nominato il colore in inglese, a turno i bambini hanno nominato in italiano quello che vedevano. È stato un modo per far emergere nuovi termini poco conosciuti o anche sconosciuti. Ma la vera sorpresa è stato l'effetto che questa attività ha avuto sulla bambina con disturbo del linguaggio: solitamente era una bambina un po' taciturna, mentre con quest'attività si è veramente aperta e chiedeva sempre di prendere la parola. Inoltre, al termine delle attività pomeridiane, nel momento di gioco libero, si è presa una sedia, si è seduta e ha cominciato a leggere il libro agli altri bambini: è stato veramente un momento commovente, che ha sorpreso anche la mia

che i libri portati dalla maestra non possono essere toccati dai bambini e, allo stesso tempo, dell'enorme potere di questo albo illustrato in termini di attrattiva, ho pensato di fotocopiarlo, plastificarlo e rilegarlo, in modo tale da renderlo facilmente igienizzabile e usufruibile dai bambini dalla loro libreria montessoriana.

“Tra un bambino che riusciamo a rendere curioso delle cose e un altro che siamo riusciti ad indottrinare non c’è che una semplice differenza: la felicità, che può abitare nel primo ma non il secondo. Non è la cultura, non è lo studio a creare uomini felici, ma il rapporto che riusciamo a stabilire con le possibili emozioni della vita” (Raffaelli, 2005, p. 16).

Nelle lezioni successive i bambini sono stati coinvolti da alcuni puppet. Ho letto loro l’albo “The very hungry caterpillar” con l’ausilio di una marionetta fatta a bruco, che li ha veramente catturati ed entusiasmati. Successivamente abbiamo ricostruito il ciclo di vita della farfalla con la pasta cruda, scegliendo insieme i diversi formati. Questa storia ci ha permesso di capire che in natura le cose hanno un ciclo chiuso.

Fig.3: Lezione “The butterfly life cycle”

L’albo illustrato “Tidy” ci ha dato modo di riflettere sul nostro comportamento in tema di rifiuti. Aiutandoci con degli oggetti, abbiamo cercato di nominare i diversi materiali di cui erano fatti: un'ampolla di glass, una scatolina di paper, un barattolo di metal, un vasetto di plastic. I diversi materiali, previa disinfezione delle mani, sono passati di

loro spontanea volontà, hanno cominciato a creare il suono con le loro mani, battendo le diverse superfici: abbiamo così capito che la vista a volte ci inganna e che il suono è il modo più sicuro per capire il materiale esatto. L’attività conclusiva sarebbe dovuta essere un gioco sonoro, ma l'insegnante non l'ha ritenuta opportuna in quanto sosteneva che i bambini avessero bisogno di un'attività che li tenesse calmi, così li ha invitati a rappresentare graficamente la storia.

Fig.4: Rielaborazione della storia di “Tidy”

L’attività di esplorazione sonora dei diversi materiali tramite il gioco “Guess the sound!”

ha avuto luogo nell’incontro successivo e, considerato il poco tempo concessomi per il progetto, ho pensato di abbinare questa attività allo strumento autovalutativo

“Montagna dell'autovalutazione”. I bambini, girati di spalle, dovevano indovinare il materiale dal suono prodotto da un pennarello che lo colpiva. I bambini erano molto divertiti e coinvolti, sarebbe stato veramente bello registrare le loro voci!

G: "Dobbiamo stare in silenzio adesso per capire!"

E: "Ragazzi, chiudere gli occhi e aprire le orecchie!"

Fig.5: Lezione “Guess the sound!”

Successivamente ogni bambino ha disegnato sé stesso su un post-it e abbiamo ragionato assieme sul cartellone con la raffigurazione della “Montagna dell'autovalutazione”, sul quale un esploratore della natura è raffigurato in tre momenti diversi:

“Il primo è appena partito, è ancora all'inizio!”

“L'altro si sta allenando per arrivare in alto!”

“L'ultimo è contento, perché già arrivato in cima!”

Successivamente tutti i bambini hanno posizionato i loro post it in prossimità del livello secondo loro raggiunto.

Fig.6: Utilizzo dello strumento autovalutativo “Montagna dell’autovalutazione”

A causa delle limitazioni non è stato possibile inserire l’orto didattico nella mio progetto, ma ci siamo dati ad un giardinaggio un po’ insolito! Infatti, oltre ai semi abbiamo sotterrato diversi tipi di materiale (un palloncino, una buccia d'arancia, un ovetto di plastica dell'uovo di cioccolato, un pezzetto di carta stagnola, un pezzettino di cartoncino, dei semini di margherita) per vedere cosa sarebbe successo con il passare del tempo. Armati di cucchiai, bicchieri di plastica e terra, hanno cercato di posizionare con cura gli oggetti, in modo tale che in trasparenza si potesse vedere il loro stato di decomposizione. Hanno realizzato anche dei cartellini con i disegni degli oggetti piantati e abbiamo posizionato i bicchieri di plastica su un tavolino sotto alla finestra, in un posto ben illuminato.

Fig.7: Lezione “Let’s plant!”

Infine, ci siamo promessi che ogni giorno avrebbero annaffiato le nostre coltivazioni, monitorando il loro stato con il disegno su una specifica tabella. Abbiamo così capito che la natura riesce a distruggere in breve tempo l'arancia, per la carta ha bisogno di un po’ più di tempo, mentre altri materiali rimangono completamente integri nonostante il passare del tempo (plastica, alluminio): per alcuni materiali il ciclo rimane aperto e dobbiamo essere noi ad aiutare la natura.

Fig.8-9: Monitoraggio decomposizione e relativo report sulla tabella.

Attraverso l'albo illustrato “Here we are” abbiamo scoperto che sulla terra siamo veramente in tanti e dobbiamo stare attenti ai rifiuti che produciamo e ci siamo divertiti a riprodurre con la pasta di sale i diversi personaggi rappresentati nel libro.

Fig.10: Realizzazione figure umane con pasta al bicarbonato.

Infine, l’ultima l'attività ha riguardato l’inserimento dei materiali negli appositi contenitori: avevo preparato un'immagine con i diversi contenitori (Lady Plastic, Mr Organic, Sergent Glass, Doctor Paper) e tenuto in quarantena dei volantini del supermercato. Con i bambini abbiamo dapprima ragionato sul comportamento che abbiamo quando utilizziamo un oggetto o quando ci nutriamo e sui conseguenti rifiuti che produciamo, poi ho invitato i bambini a ritagliare gli oggetti, pensando al contenitore in cui avrebbero dovuto gettare l'eventuale materiale di scarto.

Fig.11: Ritaglio e incollo delle figure e inserimento nell’apposito contenitore.

Alla fine di ogni lezione i bambini conquistavano il loro badge, un distintivo adesivo preparato da me, legato al tema delle attività svolte. Devo ammettere che è stata una bella idea: i bambini erano impazienti di riceverli e orgogliosi di apporli sulla giacca o sulla copertina del loro libretto. Inoltre è stato un modo per aiutarli a tenere a mente tutti i nostri incontri.

I badge sono stati così amati dai bambini che ho provveduto ad apporli anche nel fascicolo che ho creato a conclusione del progetto rilegando assieme tutte le attività cartacee, in modo che sfogliandolo possano ripercorre il percorso svolto (vedi immagine sotto e Allegato 2).

Fig.14: Copertina fascicolo con attività cartacee realizzate dai bambini e rilegate.

2.4. I pezzi mancanti del puzzle

Il progetto “We ♥ Nature” era costituito da due parti fondamentali: una parte riguardava l’esplorazione dei diversi tipi di materiale dal punto di vista sensoriale e l’attuazione della raccolta differenziata, l’altra parte abbracciava una serie di attività giocose e divertenti con i materiali naturali. Ho incontrato le richieste del contesto eliminando

l’anima primaria di questo progetto: da un lato sarebbe stata una cornice piacevole e giocosa al tema del riciclo, dall’altro lato, nell’osservare i bambini, avevo notato che la loro “agitazione” era in realtà una naturale esigenza di muoversi, manifestata indistintamente da tutti. Infatti, da novembre a febbraio, nella scuola non era stata prevista nessuna attività all’aperto e i bambini trascorrevano pressoché tutte le giornate all'interno dell’aula, con ovvie limitazioni motorie legate al poco spazio e senza poter beneficiare del benessere dato dall'ambiente naturale. I bambini sarebbero potuti andare alla ricerca del loro Stickman in giardino (albo illustrato

“Stickman”), avrebbero creato il loro albero con la corda di juta (albo illustrato “We'll be trees”), avrebbero realizzato il loro disegno con le foglie (“I'm a leaf”) e molto altro.

Inoltre, nel progetto era previsto anche un orto didattico.

Ma, come dicevo, alla fine non sono riuscita a completare nemmeno la parte relativa al riciclo, infatti, avrei avuto bisogno di altre due lezioni: una lezione sarebbe servita per ragionare assieme sugli errori commessi nell’abbinare i materiali ai diversi contenitori e per scoprire, poi, assieme ai bambini, il ciclo dei rifiuti, lezione che avevo già preparato, progettando e stampando uno schema a colori e che avrei reso componibile attraverso un sistema di adesivi in forme diverse; in quella che avrebbe dovuto essere veramente l'ultima lezione, avremmo realizzato assieme i contenitori della raccolta differenziata che i bambini avrebbero poi continuato ad utilizzare nel quotidiano. Al posto delle scritte PAPER – PLASTIC – ORGANIC, essi sarebbero stati decorati con immagini ritagliate dai volantini del supermercato, in modo da renderli intuibili anche i bambini piccoli. A conclusione di quest'ultima attività sarebbe stato interessante avanzare una richiesta al comune per la fornitura di contenitori appositi, magari attraverso una lettera realizzata assieme ai bambini. Purtroppo considerate le tante limitazioni emerse e l'annullamento degli appuntamenti presi già con altre persone esterne alla scuola, ho preferito evitare.

Mi resta anche il rammarico di non aver potuto utilizzare il nostro puppet, tutte le songs e i games previsti e di non aver raccolto abbastanza materiale in termini di foto e nessun video o audio. Un po' perché la mentore non aveva avuto modo di informarsi bene sul cosa si poteva/non si poteva fare, un po' perché durante le mie lezioni lei era impegnata con altre attività con altri bambini ed è stato difficile seguire tutti e trovare anche il tempo per immortalare i momenti chiave, ma ne sarebbe valsa

veramente la pena: i piccoli a volte esprimono concetti da grandi e lo fanno in un modo talmente spontaneo e diretto che superano la resa espressiva degli adulti.

Un’altra criticità è stata legata al fatto che i gruppi di bambini con cui lavoravo non erano sempre gli stessi, ma venivano decisi il giorno stesso dalla mia mentore. Inoltre, a volte, l’insegnante affrontava con tutti l’attività che aveva previsto per quel giorno e nella mezz’ora di gioco libero finale mi concedeva di proporre la mia attività ai bambini che si rendevano disponibili. Questo mi ha causato delle difficoltà perché in questo modo non sono riuscita a portare a termine la stessa attività con tutti i bambini.

Un altro pezzo del puzzle andato perduto è stata l'autovalutazione finale da parte

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