• Non ci sono risultati.

La dimensione interdisciplinare e interscalare e l’approccio Glocale delle politiche urbane

Affrontare le implicazioni derivanti dai Cambiamenti climatici richiede un approccio interdisciplinare che abbracci trasversalmente temi e discipline, dalla dimensione politica a quella economica, dalla tecnica alla progettazione (Bulkeley et al., 2010; Jasonoff, 2010). Possibili soluzioni possono provenire da diverse discipline e campi di ricerca a diverse scale di azione.

L'integrazione tra vari settori tradizionalmente analizzati in maniera indipendente diviene una questione chiave per gestire il cambiamento del clima nelle aree urbane in quanto ne permette una comprensione a tutto tondo, mettendo in relazione anche le diverse scale di intervento (globale, regionale e locale) ed evidenziandone le interazioni di tipo urbano. La dimensione interdisciplinare e interscalare consente di riconoscere la potenzialità degli effetti combinati delle misure intraprese che invece, verrebbe tralasciata adottando un approccio disciplinare specifico e univoco. Azioni applicate in rispondenza a politiche specifiche di settore a livello locale possono essere idonee a rispondere a più ampie questioni strategiche e gestionali a scala regionale e nazionale, contribuendo fortemente al raggiungimento degli obiettivi. La rilevanza del livello locale nelle politiche urbane è il risultato del duplice ruolo giocato dalle aree urbane. Una significativa porzione di emissioni è infatti prodotta a livello locale, proprio dalle funzioni svolte nelle città, che le mettono, con un grado di consapevolezza crescente negli ultimi anni, in pericolo, subendo gli impatti e gli effetti dei cambiamenti climatici (Gupta et al., 2007). La diluizione temporale del rischio a cui la città è esposta, infatti, rende meno avvertibile la pericolosità delle attività e dei comportamenti che prendono forma nelle configurazioni urbane e la relativa distribuzione e intensità (Fistola, 2009). La consapevolezza della relazione tra gli impatti locali degli eventi esterni subiti, le attività svolte e le configurazioni spaziali ha iniziato a permeare la disciplina urbanistica nel suo complesso, conferendole un’accezione nuova, espressa e sintetizzata nelle numerose definizioni diffusesi recentemente quasi a sottolineare in maniera incisiva i nuovi campi

PARTE I. Rischi urbani e cambiamenti

climatici. Politiche e iniziative

20

Pianificazione urbanistica ed efficienza energetica: analisi e valutazione della performance energetica urbana

di azione e le opportunità offerte dalla pianificazione urbana nella gestione del rischio climatico urbano: Pianificazione Climate Proof (Musco et al., 2014); City

climate action planning (Boswell et al., 2012; UNHABITAT, 2015); Urban resilience planning (ICLEI in www.iclei.org, WRI in www.wrirosscities.org). Queste rappresentano indistintamente la transizione in corso dall’urbanistica convenzionale e tradizionale verso un approccio nuovo informato e orientato a rispondere alla domanda sociale di sicurezza, la quale richiede, altresì, un aggiornamento delle politiche, delle pratiche e degli strumenti impiegati. Le istanze cui le città contemporanee sono sottoposte, a differenza dal passato, hanno una caratterizzazione multidisciplinare, sconfinano da un singolo livello di scala e coinvolgono una moltitudine di soggetti (Pasimeni et al., 2014). La ‘protezione del clima e dal clima’ che caratterizza il sistema di gestione del territorio, dunque, determina un complesso di politiche definite a tutte le scale, che prevedano l’applicazione congiunta di interventi per la mitigazione e l’adattamento (Musco et al., 2014). Individuate come le due fondamentali risposte ai cambiamenti climatici, mitigazione e adattamento, data la loro impostazione antitetica, sono stati tradizionalmente trattati come programmi separati. Tuttavia l’orientamento disciplinare attuale è stato ribaltato, puntando sull’integrazione dei due approcci. Pertanto, la sinergia tra mitigazione e adattamento, nel governo del territorio, si dota di una valenza strategica che si manifesta nella gestione simultanea delle diverse scale di azione (approccio interscalare), dei molteplici settori di intervento (approccio interdisciplinare) e della conseguente pluralità di attori coinvolti. Su questi fattori (scala di azione e attori coinvolti) e sulla dimensione temporale si imperniano le maggiori differenze tra la mitigazione e l’adattamento. Il concetto di Glocale (Gupta, 2007) racchiude l’approccio interscalare derivante dalla sinergia tra la mitigazione, che ha esiti a livello globale ovunque sia applicata, e l’adattamento, il cui campo di intervento è piuttosto quello locale, legato al luogo ove si verificano gli impatti (Biesbroek et al., 2009; Klein et al., 2005). Lo sforzo per una sinergia genera una complessità di relazioni, prima ignorata. La coordinazione di misure mitigative e adattive con altre discipline dà origine a una relazione di tipo orizzontale; nel caso in cui si coinvolgano più

scale di intervento, la relazione è di tipo verticale; infine, si determina una relazione di tipo diagonale se vengono interrelati più settori a diverse scale (Biesbroek et al., 2009).

Contestualmente, poiché i cambiamenti climatici non possono essere arrestati completamente (Stern, 2007) a causa dei tempi di risposta molto lunghi del sistema climatico terrestre, la sinergia tra mitigazione e adattamento fornisce un valido contributo nel colmare il gap temporale ottenuto adottando solo uno dei due approcci. Oltre alla scala spaziale, Klein (Klein et al., 2005) ha, infatti, individuato nella scala temporale una delle principali differenze tra i due approcci. Dal punto di vista temporale, i benefici di una mitigazione messa in atto in un dato momento saranno visibili nei decenni successivi, in quanto i gas climalteranti hanno una lunga permanenza in atmosfera. A contrario, le misure di adattamento possono essere considerate come una risposta immediata ai cambiamenti climatici che permetteranno di gestirne gli impatti futuri. La Stern Review (Stern, 2007) considera l’adattamento come l’unica formula per contrastare gli impatti dei cambiamenti climatici che si verificheranno nei prossimi decenni prima che le misure di mitigazione possano avere effetto. Parallelamente, la mitigazione può essere intesa come la principale forma di adattamento (Howard, 2009), la cui relazione permetta di evitare di intraprendere azioni che rendano più complesso affrontare il cambiamento del clima nel futuro. Di conseguenza, ai fini di un’integrazione costruttiva, che porti ad un definitivo affrancamento dal continuo stato di emergenza dovuto alle catastrofi climatiche (remote, recenti e potenziali) imperanti, “l’interfaccia” tra mitigazione ed adattamento deve essere compresa e analizzata mediante la valutazione delle relazioni di causa ed effetto dell’una sull’altra. Tale analisi, sviluppata da Howard (2009), viene condotta in termini di vantaggio, neutralità ed ostacolo. La relativa concettualizzazione è rappresentata nel diagramma seguente, a supporto della necessità di una analisi approfondita della relazione tra la mitigazione e l’adattamento nella selezione di pratiche di pianificazione.

PARTE I. Rischi urbani e cambiamenti

climatici. Politiche e iniziative

22

Pianificazione urbanistica ed efficienza energetica: analisi e valutazione della performance energetica urbana

Figura 2: Relazione tra mitigazione e adattamento Fonte: Howard (2009)

Considerando due insiemi contenenti esclusivamente misure di mitigazione e di adattamento, l’intersezione degli insiemi (A) rappresenta il complesso delle misure che afferiscono contemporaneamente alla mitigazione e all’adattamento (ad esempio la piantumazione degli alberi). I sottoinsiemi indicati con (B) e (C) contengono le azioni di mitigazione e adattamento che non generano alcun effetto vicendevole, e che, dunque, possono essere ritenute neutrali (alcuni esempi sono: l’uso di energie da fonti rinnovabili e la raccolta delle acque piovane). Le porzioni di insieme identificate dalle lettere (D) ed (E), a contrario, includono rispettivamente misure di mitigazione che potrebbero ostacolare l’adattamento e viceversa, misure di adattamento che potrebbero intralciare la mitigazione (ne sono un esempio: rispettivamente la produzione di biodiesel o il condizionamento dell’aria). Tuttavia, possono verificarsi delle relazioni che si instaurano nel tempo e che superano la staticità dello stato descritto, rappresentate, nel diagramma, dalle frecce. Queste descrivono le implicazioni temporali e spaziali che esistono nella relazione tra la mitigazione e l’adattamento. Se si accettasse la condizione per cui le azioni di mitigazione che non contrastano le azioni di adattamento nell’immediato (B), e le azioni di mitigazione che pur nel breve termine ostacolino l’adattamento (D), possano avere un effetto di riduzione della necessità di adattamento al lungo termine, le azioni contenute in (B) e in (D) traslerebbero in (A). Le azioni di adattamento che, nel breve termine, non

forniscono alcun contributo alla mitigazione (C), non vengono considerate azioni di adattamento efficienti nel lungo termine, venendo traslate in (E). In tal modo, una istantanea del diagramma a insiemi in un orizzonte temporale lontano vedrebbe una estensione del sottoinsieme (A) che verrebbe a contenere un maggiore numero di misure che hanno effetti sia di mitigazione sia di adattamento.

Su questi assunti, Howard struttura l’interfaccia tra mitigazione e adattamento includendo considerazioni sulla scala (locale/globale) e sull’orizzonte temporale (breve/lungo termine).

Dal confronto delle tesi di Stern e Howard risulta evidente lo stretto legame e la complementarietà intercorrente tra i due approcci di risposta ai cambiamenti del clima.

Tale relazione può essere riassunta nello schema seguente che mette in evidenza la relazione tra mitigazione e adattamento e il rapporto tra le relative misure ed i potenziali risultati nel breve e lungo termine.

Figura 3: Schema di interazione tra le misure di mitigazione e adattamento. In blu le relazioni dirette che hanno luogo da misure di mitigazione. In rosso le relazioni che derivano da azioni di adattamento.

PARTE I. Rischi urbani e cambiamenti

climatici. Politiche e iniziative

24

Pianificazione urbanistica ed efficienza energetica: analisi e valutazione della performance energetica urbana

A qualunque categoria (Adattamento o mitigazione) appartengano, le misure sono per loro natura caratterizzate dal binomio urgenza e cambiamento. Ciò deriva, in primo luogo, dalla condizione di irreversibilità dei processi legati ai cambiamenti climatici, e per tale ragione, risulta necessaria un’azione immediata per contrastarne gli impatti futuri e rendere più semplice ed efficace l’adattamento (UNEP, 2010). In secondo luogo, poiché gli effetti obbediscono al principio di accumulazione, più lungo è il tempo necessario per abbattere le emissioni, più difficile sarà intervenire e ottenere l’inversione del trend (World Bank, 2010).

I principi di integrazione tra mitigazione e adattamento sono sostenuti anche nel quinto rapporto (AR5) redatto dall’IPCC (IPCC, 2014), il quale, riallacciandosi alla visione di Howard, sottolinea il potenziale della mitigazione per ridurre le azioni di adattamento. Tale integrazione viene vista come l’anello di congiunzione tra il fenomeno dei cambiamenti climatici e le politiche di sviluppo sostenibile. Nel rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici, si coinvolgono, infatti, processi di valutazione e gestione del rischio che prendono in considerazione adattamento, mitigazione, equità e sostenibilità. In questa relazione, la pianificazione urbana e territoriale assume un ruolo commutativo tra i cambiamenti climatici e le azioni di mitigazione e adattamento, mostrando un efficace potenziale nel gestirne le complessità e le incertezze (Biesbroek et al., 2009) e nel rispondere agli obiettivi comuni di mitigazione e adattamento, mediante strumenti differenziati e complementari (Davoudi et al., 2009). Tuttavia, pur riconoscendo e legittimando tale assunto, restano in campo perplessità che riguardano la concretezza e il pragmatismo dei risultati effettivi ottenuti dall’applicazione delle pratiche della disciplina urbanistica (Bulkeley, 2009). Tali incertezze possono essere giustificate da forme di maladattamento (Swart et al., 2014) che derivano da una parziale o totale assenza di un approccio di tipo site-specific (Musco et al., 2014) a livello strategico sia in termini di analisi, sia di progetto. Le peculiarità di ogni territorio sono l’esito di una combinazione di processi socio-economici e bio-fisici e fanno sì che non esista una formula univoca né nelle strategie né negli strumenti di cui dispone la disciplina urbanistica per rispondere ai cambiamenti climatici

(Biesbroek et al., 2009). La potenzialità di compatibilità e di sinergia delle azioni sono oggetto di analisi all’interno del contesto in cui esse stesse si originano e si applicano. Le specificità contestuali diventano, dunque, l’occasione per la costruzione di strumenti tecnici site-specific a supporto di scelte strategiche e politiche urbane orientate a obiettivi generali di sostenibilità, che indirizzino la transizione verso configurazioni low-carbon. Risulta calzante, in questo contesto, l’interpretazione di pianificazione spaziale, così definita da Simin Davoudi (2009) quale la “soluzione legata alla specificità locale orientata allo sviluppo sostenibile, che coinvolge i processi attraverso i quali sono progettate, valutate negoziate e concordate le opzioni per lo sviluppo e la trasformazione dei luoghi in termini politici, regolatori e di investimento3”. La

pianificazione spaziale, dunque, costituisce in questa chiave di lettura, una componente di governace essenziale per rispondere efficacemente ai cambiamenti climatici e alle sfide dello sviluppo sostenibile urbano. Poiché, infatti, le politiche climatiche si doterebbero di una maggiore efficacia se inquadrate in strategie di maggiore respiro e finalizzate alla sostenibilità, il ruolo della pianificazione urbana e dei relativi strumenti diviene particolarmente significativo, nella sua capacità di integrare, coordinare politiche, investimenti e regolazioni (Davoudi, 2009).

3Place-based problem-solving aimed at sustainable development. It involves the process through which the

options for the development of places are envisioned, assessed, negotiated, agreed and expressed in policy, regulatory and investment terms.