GIUDIZI E PREGIUDIZI
3.6 Dimensioni cognitive e valutative delle emozioni nella presa di decisione
Lo studio delle emozioni ha seguito due diverse prospettive di ricerca: da un lato si cercato di investigare il flusso continuo di emozioni e il rapporto interattivo fra l’uomo e il mondo esterno, esaminando gli indicatori verbali e non verbali delle emozioni; dall’altro lato si è cercato di isolare e analizzare i singoli episodi emotivi valutando le diverse componenti delle emozioni (cognitive, fisiologiche, espressivo‐ motorie, motivazionali ed esperienziali).
Alle emozioni è stato spesso riconosciuto un ruolo determinante nel processo decisionale (Cacioppo, Gardner, 1999). Le emozioni possono aiutare il decisore in molti modi (Kendal, Montgomery, 1997). Sicuramente il decisore può essere aiutato a scegliere fra diverse alternative; inoltre, le emozioni possono fungere da segnale per il decisore circa il fatto che la decisione che sta prendendo può procurargli piacere o dispiacere. Ulteriormente, le emozioni provate dal decisore possono influenzare la sua attenzione e il modo in cui affrontare il compito decisionale (Lewinsohn, Mano, 1993). Inoltre, dal momento che le situazioni che le persone si trovano ad affrontare si presentano in modo ambiguo, le emozioni possono aiutare il decisore nell’interpretazione della situazione. Alcune ricerche hanno dimostrato che le emozioni hanno effetti più localizzati sul giudizio rispetto all’umore, mostrando che gli effetti delle emozioni sulle decisioni scompaiono nel momento in cui l’emozione non è più presente (Schwarz, Clore, 1983).
Alcune ricerche hanno dimostrato che una determinata emozione terminato il suo effetto, può lasciare la persona in un determinato stato emotivo al punto di influenzare le successive decisioni (Bodenhausen, 1993; Loewenstein, Lerner, 2003).
Alcuni autori hanno proposto modelli che prevedono diverse dimensioni cognitive delle emozioni, intese come pattern valutativi sottostanti le specifiche emozioni (Scherer, 1982; Roseman, 1984; Smith, Ellsworth, 1985), identificando sei dimensioni cognitive che differenziano le esperienze emozionali: attenzione, sicurezza, controllo, piacere, responsabilità e sforzo anticipatorio.
a) Il livello di attenzione riflette l’intensità con cui gli eventi attirano o respingo l’attenzione delle persone. Questa dimensione è importante per differenziare
soprattutto le emozioni negative: che possono avere un alto livello di attenzione come la frustrazione, o un basso livello attentivo come la noia; dalle emozioni positive, che sono generalmente associate ad un alto livello di attenzione.
b) La sicurezza/certezza si configura come percezione di prevedibilità e comprensione degli eventi futuri (alta sicurezza) o come incapacità nella comprensione degli eventi (bassa sicurezza). Gli individui che non hanno paura descrivono con sorpresa le situazioni in cui sentono che sta per accadere qualcosa di inatteso (alta sicurezza), al contrario le persone che provano paura, descrivono situazioni in cui non sono sicuri di quello che sta per accadere (bassa sicurezza).
c) Il controllo si basa sulla percezione che gli eventi siano causati da fattori dipendenti dall’individuo (alto controllo) oppure alla sensazione che gli eventi dipendano da fattori indipendenti dall’individuo (basso controllo). Solitamente le persone prima valutano il grado di controllo personale della situazione, poi, se sentono di non riuscire a controllare la situazione, valutano se questo può essere attributo ad altri soggetti oppure a fattori esterni. Le persone che provano rabbia ritengono che gli eventi negativi siano attribuibili a una persona, mentre le persone che provano tristezza credono che gli eventi negativi dipendano dal caso.
d) La piacevolezza si differenzia in percezione di piacere (alta piacevolezza) oppure percezione di dispiacere (bassa piacevolezza). La valutazione personale di questa dimensione dipende sia dalla valenza delle emozioni, ma anche dagli scopi che guidano gli individui in una determinata situazione.
e) La responsabilità si riferisce alla percezione emotiva di quale causa ha generato un determinato evento, la causa può essere dipendente dal singolo (alta responsabilità), oppure può rimandare alla sensazione che qualcuno o qualcosa sia responsabile di quell’evento (bassa responsabilità). Chi prova colpa spesso crede di essere responsabile della situazione in cui si trova, mentre persone che provano tristezza credono di essere vittime delle circostanze.
f) Lo sforzo anticipatorio, si riferisce alla percezione di dover fare qualcosa, a livello fisico o mentale, in determinate situazioni (alto sforzo anticipatorio), oppure alla percezione che non sia necessario nessuno sforzo perché la situazione è tranquilla
(basso sforzo anticipatorio). Questa dimensione è particolarmente interessante per differenziare le emozioni positive. In particolare, la sfida è associata a un livello alto di sforzo anticipatorio, la speranza a un livello moderato e la felicità a un livello basso. Fra le emozioni negative, la noia si presenta un livello molto basso di sforzo anticipatorio. Le altre emozioni negative sono associate ad alti livelli di sforzo anticipatorio perché per migliorare una brutta condizione è necessario molto impegno.
Questo approccio si differenzia da quello classico basato che considera esclusivamente la valenza (positiva o negativa) come aspetto rilevante delle emozioni (Elster, 1998), perché molte ricerche mostrano che emozioni con la stessa valenza sono diversi per alcuni aspetti come le espressioni facciali (Keltner, Ekman, 2003), le reazioni del sistema nervoso autonomo (Levenson, Ekman, Friesen, 1990) e le reazioni del sistema nervoso centrale (Berkowitz, Harmon‐Jones, 2004). L’approccio di Smith e Ellsworth (1985) è utile per lo studio degli effetti che le emozioni hanno sul processo decisionale, e nello specifico nelle fasi del giudizio e della scelta. Individuare queste dimensioni risulta determinante per capire la natura delle emozioni e gli effetti sulla presa di decisione. Alcune dimensioni cognitive riguardano temi centrali della ricerca sul decision making, come la probabilità di accadimento degli eventi, il grado di sicurezza delle persone, l’attribuzione di responsabilità e di colpa (Gigerenzer, 1989).
Ogni emozione attiva una predisposizione cognitiva a valutare le situazioni, in linea con le dimensioni cognitive legate all’emozione stessa. Le tendenze valutative aiutano l’individuo a rispondere agli stimoli ambientali che evocano l’emozione, ma persistono e diventano una lente percettiva per interpretare le situazioni future e influenzare i giudizi successivi. Alcuni studi hanno dimostrato che la rabbia aumenta la tendenza a percepire gli altri individui come responsabili di eventi negativi (Lerner, Goldberg, Tetlock, 1998), altri studi hanno dimostrato che le persone che provano paura forniscono giudizi negativi e hanno un’elevata percezione di rischio, mentre persone che provano rabbia forniscono giudizi positivi di eventi futuri e hanno una scarsa percezione di rischio (Lerner, Keltner 2000; 2001).
Appare interessante notare come le emozioni direzionano l’attenzione, la memoria e il giudizio sugli eventi che le elicitano (Schawrz, 1990; Johnson‐Laird, Oatley, 1992). Inoltre, l’intensità delle emozioni generalmente riflette l’importanza delle situazioni loro relate (Frijda et al., 1992), e la valutazione dell’importanza delle situazioni è, a sua volta, controllata dai processi cognitivi che calcolano la rilevanza di queste situazioni rispetto a obiettivi e standard personali (Ortony et al., 1988).
L’aspetto motivazionale delle emozioni sulla cognizione è così forte che gli stati emotivi guidano sia le opinioni riguardanti l’evento iniziale che li ha generati, e interagiscono anche sugli altri eventi. Questo fenomeno è stato chiamato rimanenza incidentale dell’emozione (Bodenhausen, 1993; Loewenstein, Lerner, 2003). Ad esempio, la rabbia innescata in una data situazione porta a incolpare altre persone di eventi negativi in altre circostanze (Quigley, Tedeschi, 1996).
Riassumendo, possiamo sostenere che, si è avviata una rivalutazione del ruolo delle emozioni nei processi decisionali. Diversi studi hanno dimostrato la tendenza degli individui a basarsi sulle proprie emozioni quando devono valutare situazioni rischiose (Finucane et al., 2000; Loewenstein et al., 2001). In passato gli studi che sull’influenza dell’affetto nei processi decisionali si sono concentrati sugli effetti dello stress e dell’umore nella presa di decisione (Janis, Mann, 1977; Bower, 1981; Fiske, Taylor, 1984). Negli ultimi vent’anni ci si è concentrati sull’influenza di emozioni specifiche e incidentali sui giudizi e le scelte, valutando l’effetto puntuale di ciascuna emozione sulla presa di decisione. È stato dimostrato che le persone che provano paura forniscono giudizi negativi di eventi futuri e hanno alta percezione del rischio, mentre le persone che provano rabbia forniscono giudizi ottimistici e hanno una scarsa percezione di rischio. Le nuove prospettive teoriche si sono occupate della relazione fra emozioni incidentali e percezione di rischio (Hemenover, Zhang, 2004; Fischhoff, et al., 2005), attribuzione di causalità e responsabilità (Goldberg et al., 1999), attenzione (DeSteno, et al., 2004) e profondità nell’elaborazione delle informazioni (Tiedens, Linton, 2001).