tutto all'ingiro nell'accennata scanalatura s, per quindi escirne attraverso all'altro tubo m. Ciò premesso, si com-premierà, specialmente dalle fig. 24, 25, 26, 27 e 28, che l'acqua penetra in primo luogo pel tubo k entro la parte fissa della scatola, di quivi pei fori v passa in una prima scanalatura v' della parte fissa: da questa scanalatura pel tubo m va nella scanalatura s della puleggia, da cui per un altro tubo n esce per recarsi nuovamente in una seconda scanalatura u della parte mobile della scatola, donde flnalmente pei fori u' ritorna. nella parte fissa F e scaricasi pel tuho l. La quantità d'acqua necessaria si attinge da un serbatojo situato a conveniente altezza, che può consistere eziandio in un semplice secchiolino di teta o cli gomma elastica alimentato debitamente, ed all'occorrenza può raccogliersi in altro serbatojo sotto-stante, in modo da non perderne nemmeno una goccia.
Allestito l'apparecchio raffreddatore, più non resta che a provvedere per l'applicazione del carico, e per la lubritìcazione della superficie in contatto delle ma-scelle C,
. e•
e della puleggia B. Salvo che si tratti di misurare piccole quantità di lavoro, la più comoda dis-posizione del carico è quella rappresentRta nella fig. 23, da preferirsi all'impiego di un semplice piattello di bi-lancia sospeso all'estremità di uno dei bracci del freno caricato con peso variabile. Si ha ricorso cioè ad una stadera G il cui fulcro, per mezzo cli una corda y fa-ciente capo acl un punto tbo del suolo (ovvero del so·stegno della macchina sperimentata), si rende immobile nello spazio. L'estremità di uno dPi bracci brevi della stadera è collegato poi:cia all'anello e, scorrevole sul braccio del freno e che vi si ferma mediante la vite di pressione ( alla voluta distanza dall'asse dell'albero A.
Allora è palese che basta solo fare scorrere sul braccio lungo della stadera il romano T, onde ridurre all'orizzon-tale la direzione dei due bracci
ca, e'
d' del freno.Porrò termine alla descrizione <lei frenoThiabaud osser-vando che, allo scopo di diminuire la resistenza d'attrito fra la puleggia Be le mascelle C, C' ciel freno, si fa cadere tra le loro superficie a contatto dell'olio a goccie som-ministrato dal vaso p, il quale é raccomandato art una delle quattro orecchiette o degli archi a, a'. Nella dis-posizione rappresentata nella fig. 23, appropriata ad un albero A orizzontale, l'olio si fa sgocciolare nell'inter-vallo compreso superiormente fra le clue mascelle del freno. Trattandosi, all'incontro, d'un albero A verticale,
pie~ata acconciamente la verga che porta il vaso p, si fa invece cadere l'olio in un piccolo canale scolpito nella mascella C', la quale in questo caso giace in un piano orizzontale.
L'Ammini trazione della tassa del macinato fa uso di quattro grandezze diverse del freno Thiabaud, delle quali nel seguente prospetto trovansi riportati gli ele-menti più utili a conoscersi , per potere in ogni caso scegliere la grandezza più appropriata alla macchina da sperimentarsi, vale a dire la portata o forza, in ca-valli a vapore, di questa, commisurata a 60 giri dell'al-bero motore per 11, il diametro della puleggia, il peso approssimato del freno completo ed il suo prezzo in Torino.
Grandezza
Portata in cavalli· vapore. • Diametro della puleggia in m. appartiene alla seconda grandezza, rispetto alla quale vuolsi avvertire che il prezzo notato nel prospetto, di L. 400, si riferisce al freno della portata di 20 cavalli-vapore con apparecchio raffreddatore di minori dimen-sioni, alquant.o più semplice, cioè formato d'un pezzo unico indecomponibile nei due segmenti accennati nella precedente descrizione. Con un simile apparecchio raf freddatore lo stesso freno è solamente applicabile alle estremità degli alberi motori, come appunto avviene specialmente nella misura della forza consumata dai palmenti di molino.
ll pregio principale e caratteristico del freno 1'hiabaud consiste nell'essere, con poca spesa di più e senza grande complicazione ulteriore relati,·amente al freno dinamo-metrico comunemente in uso, fornito di un apparecchio speciale di raffreddamento per mezzo dell'acqua, appa-recchio intorno al quale invano altri s'affaticarono per ottenere una dispoi>izione semplice insieme e di reale efficacia. Mercé l'apparecchio a circolazione continua d'acqua, stato descritto poc'anzi, e clella cui invenzione il merito è devoluto intieramente al cav. Thiabaud, tro-vasi del tutto eliminato il vero ostacolo che nel freno ordinario si oppone ad una esatta misura del lavoro con questo strumento, Yale a dire l'accumulazione rapida di calore, cagione a sua volta di variazioni considerevoli e saltuarie dell'intensità dell'attrito, e della pressione fra la pulel!'gia e le mascelle dello strumento. Procu-rando che l'acqua sia somministrata in modo continuo ed in quantità conveniente, numerose prove state fatte colle grandezze su indicate hanno pienament.e dimo-strato che la tempera tura delle faccie, in contatto fra loro, della puleggia e delle mascelle si può manten~re
costante e bassa, quasi quanto si desidera: donde segue che, al menomo accelerarsi o rallentarsi delle macchine, riesce cosa molto agevole il ricondurre ùen presto la velocità al suo valore normale per mezzo delle viti rego-latrici della pressione, a muovere le quali non abbiso-gnano più se non sforzi debolissimi.
Ma oltre ad un cosiffatto pregio, già tanto rilevante, è ancora da Mtarsi che il freno Thiabaud riunisce in sé tutte, o pressoché tutte, le condizioni a cui più sopra abbiamo a lungo rammentato dovere sempre soddisfare un freno dinamometrico, perchè questo strumento sia effettivamente capace di condurre ad una esatta deter-minazione del lavoro, per mezzo del procedimento usuale di sperimentazione e della formola abit.ualmente impie-gata pel calcolo di questo lavoro. Bisognerà ancora semplicemente enumerare gli altri pregi che presenta il freno Thiabaud. In primo luogo la operazione da ese-guirsi per centrare la puleggia sul!' a~se del!' albero motore è resa sommamente facile, spedita e sicura.
Secondariamente, grazie ai due bracci di leva, lo stru-mento trovandosi equilibrato per rapporto al medesimo asse, più non occorre alcuna tara, ed inoltre il momento del peso proprio del freno risulta uguale a zero, vale a dire, più non può esercitare influenza di sorta sulla misura del lavoro, anche quando il freno venga a soffrire alcune oscillazioni durante l'esperimento.
In terzo luogo la grande distanza, a cui si può sospen-dere il carico del freno dall'asse di rotazione, come pure la notevole massa dello strumento fanno sì che il mo-mento d'inerzia di questo ultimo, rispetto all'asse me-desimo, è sufficiente per rendere molto lente le oscil-lazioni anzidette, porgendo cosi allo sperimentatore il tempo necessario onde regolare la pressione fra le ma-scelle e la puleggia dello strumento, prima che i bracci di questo vadano ad urtare contro i loro arresti per non
DlNAl.10.METRl 29
es...~rsi ancora arrecata al carico del freno la necessaria variazione. .
Finalmente devesi osservare ancora come, malgrado l'aggiunta dell'apparecchio refrigerante, il peso del
no-llo freno, generalmente parlando, non è tale da :vedurre il timore di un sopraccarico sui cuscinetti
del-~~bero motore, e quindi il bisogno di tener conto, nel calcolo del Javoro utile, della porzione di laYoro motore assorbita dall'attrito nei cuscinetti medesimi per cagione del pero-Proprio dello strumento.
In conclusione è giusto l'a..<\Serire che, mercè le
inge-!'!II086 innovazioni arrecate dal cav. Tbiabaud al freno dinamometrico, questo preziosissimo strumento di mi-sura della meccanica applicata, qual è senza contesta-zione il freno di Pro.ny, dall' illu!ltre Ilirn annoverato fra le più belle ed utili invenzioni della nostra epoca, può oramai dirsi giunto ad un alto grado di perfezio-namento. D'ora innan;\i, oltrecchè non è pib a temersi che il suo impiego dipenda troppo dalla volontà e dalla abilità dello sperimentatore, non si sarà più obbligati a limitare a brevi istanti la clut•ata degli esperimenti, ed a fare numerosissime osservazioni per dedurne un valor medio del lavoro cercato. Nemmeno si dovrà, nelle prove, per esempio, del consumo di combustibile delle macchine a fuoco, che richiedono lunghissima durata, ricorrere al noto metodo di sostituzione, facenJo cioè lavorare per lungo intervallo di tempo la macchina nelle condizioni di regime sotto l'azione delle resistenze utili, e poscia rimosse queste, sostituendovi per pochi istanti il freno dinamometrico.
Cosiffatti risultati, i quali si possono ottenere col
no->ello freno a circolazione d'acqua, sono manifestamente di così grande rilievo da doverne conchiudere che il cav. Tbiabaud, già favorevolmente conosciuto per l'in-venzione del contagiri meccanico applicato ai molini, ha reso un nuovo e ben segnalato servizio alla meccanica applicata.
28. Bilancia dinamometrica di Hachette. - V' ha un'altra serie di dinamometri, mediante i quali si deter-mina la pressione esercitata dal perno di un albero di rotazione, e se ne deduce il valore della forza che mette in azione una macchina. Il più semplice di tutti è la sta-dera dinamometrica di Jlachette (flg. 30). La bila.ncia a stadera è ACB che ha il suo fulcro in C, il romano scor-revole in G. La pressione da valutare è applicata in B
p~r mezzo della staffa BD che sorregge il perno di rota-zione della ruota dentata E. La quale ruota dentata imbocca per una parte colla ruota KE calettata sul-l'albero della forza motrice, o della. potenza P, e per l'altra parte colla ruota LF calettata sull'albero della resistenza Q.
Supponiamo che le due forze P e Q agiscano rispetti-'\"amente coi bracci di leva KM= a ed LN = b, che r=KE ed r'=LF siano i raggi delle due ruote <len-ta~; che R ed R, sieno le pressioni verticali viceode-voh fra ciascuna di codeste ruote, e quella ad asse so-speso~; e che infine u ed u' sieno il numero dei giri dato r1Spettivamente dagli alberi K ed L.
Abbiamo anzitutto:
R=Pa ed R _ Qb
r ,- r
1
~per l'uguaglianza dei bracci DE e DF, essendo pure -: R., la pressione Z esercitata dalla ruota sul perno D, e misurata dalla stadera AB, sarà:
Z=R+ R1=2R
da cui ricavasi:
R = ~
2 e quindi: P=
~R=! ~
a a 2
Q=~
R= 2:.!. ~.
a b 2
Il lavoro motore potrà allora essere espresso dall'una o dall'altra delle due seguenti formole:
L=~P=~_?'.
30 30 2'
A
F!g. 80.
Per causa della resistenza d'attrito del perno nei cu-scinetti in D, e dei denti delle ruote in E ed F, la pres-sione R, è qualche cosa più piccola di R, e quindi R è qualche cosa più grande
di~ ,
per cui il lavoro motore calcolato colla espressioner.ttt•
z
L= -30 2 è un po' troppo piccolo.
In generale si pone:
R=2{l+fL)
z
ede conoscendosi P e Q si può determinare fL· Infatti avrebbesi:
r
Z
p = (1 + p.)-;;
2
edividendo le due equazioni, si ottiene: p l+p.1· b Q=l-!'-~ a da cui ricavasi:
Par, - Qòr
u.= •
' Pa1·1 + Qbr
27. Cuscinetto dinamometrico. - Il cuscinetto dina-mometrico è fondato sul medesimo principio della stadera dinamometrica; ma la sua disposizione permette di fare economia di una ruota dentata. Allo scopo di misurare la pressione Z (flg. 31) l'albero motore K riposa per mezzo de' suoi cuscinetti su di una stadera a ponte bi-lico. Sia K~!=a il raggio della puleggia motrice, ossia il braccio di leva della potenza P, ed « l'angolo di KM colla orizzontale, e sia KE = r il raggio della ruota den-tata che è calettata sull'asse K e trasmette il moto e quella montata sull'albero della resistenza Q: dicasi G
30 DJN A:\IO~IETRI
il peso di tutto l'albero K colla relativa puleggia e ruota dentata e parti accessorie; la pressione verticaleZ sarà data dalla seguente espressione:
Z = G + P sen '.I. +
~
1' P = G + P (sen « +~)
1'z
Flg. 31.
e siccome la pressione Z è data dalla stadera a ponte bilico, così se ne può ricavare:
P = - - - -
Z-G
sen 11. + -a
1·
La determinazione della forza P è tanto più precisa quanto pilt piccolo ò il peso G dell'albero.
28. Dinamometro differenziale. - Se i due alberi K ed L della bilancia dinamometrica rappresentata dalla fìg. 30, anzichè essere paralleli, si trovassero l'uno di seguito all'altro in linea retta, come appunto lo indica la flg. 32, facendo lo ruote dentate coniche a vece che cilindriche si ha ancora una bilancia dinamometrica.
Di<Y ado Z la pressione esercitata sul cuscinetto della ru,
ta
conica EF che viene determinata sperimental-mente colla stadera ed R la pressione mutua fra le due ruote coniche in E, si avrà:R=(l + f'-)-,
z
2
e la forza che produce la rotazione sarà:
1·
z
P
=<
1 + f'·)a 2
ed il lavoro:
o.ur L=(l+u.)-Z . 60 ,
in cui r è il raggio medio KE della ruota conica, ed
u
il numero dei giri dato dalla medesima ruota.
Così disposta la bilancia dinamometrica, non tardò ad essere notevolmente perfezionata mediante l'aggiunta di una seconda ruota conica posta parallelamente e di rimpetto in modo da riguardare la ruota E F e che come questa imboccasse colle due ruote KE ed LF.
La fig. 33 indica in projezione orizzontale codesta.
nuova bilancia dinamometrica, molto adoperata in Ame-rica, che vuolsi inventata da \Vhite, o che quanto meno riposa su di una disposizione di movimento differenziale da. \Vithe applicata in molti casi, donde il nome preso di dinamometro differenziale.
Due coppie di puleggie hl K ed L N si trovano sullo stesso albero XX,. Da tutte due le parti la puleggia
esterna è folle, mentre la puleggia motrice K e la ruota d'angolo EE, che le ò vicina, sono tutte due calettate dirottamente sull'albero XX1 e la puleggia L colla ruota d'angolo FF1 sono invece calettate su di un tubo od albero cavo che circonda l'albero XX1• Lo ruote co-niche EF ed E, F, sono portate dal braccio GG1 il quale è girevole attorno all'albero
xxi.
Flg. 82.
La cinghia della macchina motrice, quando il dina·
mometro entra in azione, abbraccia la puleggia !{, e quella che va alla macchina operatrice abbraccia. la puleggia L. E per servirsi del dinamometro bisogna far scorrere il romano G lungo il braccio di le,·a AB finchè questo braccio non sia più trascinato a girare attorno ad XX,. Il peso così indicato dalla posizione del romano G permette di valutare la forza necessaria a muovere la macchina.
G
o.
X
Flg. 33.
E infatti se è R la pressione vicendevole fra i denti delle ruote, la ruota EF eserciterà sul braccio di leva ACB e nel punto B una pressione Yerticale
Z= 2R
e la ruota E1 F1 eserciterà in B1 la pressione verticale i =-2R.
Lo due forze danno luogo ad una coppia, alla quale fanno equilibrio le due fo1·r.e tra loro eguali e contrarie, ossia il peso G applicato in A, e la reazione (-G)
del-DINA110:\IETRI 31
l'albero
xx,
in C. Siano a, o b, i bracci di leYe CA e CB= CB11si avrà:Gct1 =Zb, + Zb1 = 2Zb, =4Rb1
Se a è il braccio di lov~ della forza P ed 1· ò il raggio ùelle ruote EEi eù FF, s1 ha pure:
Pa=R1· + Rr= ZR1·
e quindi:
r a, r G.
P=-.2R= - -
-a b, a 2
Ma dovendosi tener conto delle resistenze, dovremo scrhrere ancor qui:
a, 1· G P=(I + p.)- -
-b, a 2 ed il laYoro sarà dato dall'espressione
L= (I+ 11.)
n,
. "·
Flg. 3'1.
.. ur
r. .
<ìO
La flg. 34 indica la disposizione di uno di codesti
di-~~momotri differenziali stato costruito da Batchelder.
albero CD su cui sono inalberate le puleggia è soste-n.ulo su appositi cuscinetti da due stao-a-i A tenuti in-si_eme dalle traYerse B. L'estremità D0~rmina in una
Yite perpetua, che muove un contatore di giri. In N è flssato a corsojo un pezzo cui appendere un contrap-pes? per equilibrare il l1raccio di leva NO.
. Nel .caso in cui si voglia avere da questo strumento 1minecl1atamente integrato il lavoro della macchina che t. sotto esperimento, si può applica1'e in N un din~mo
ketr~ a molla e stilo im·ece del peso G applicato al accio LO, come alla ft~ura 9 e far disegnare dalla
matita una cur>a sopra una striscia di carta in movi-mento.
Non ò neppure necessario ricorrere ad un dinamo-metro a stilo potendo, a condurre la matita, servirci del peso stesrn che è applicato alla leva LO. Un simile dinamometro, nel quale lo sWo è in rapporto col peso stesso che misura la forza della macchina, fu già fin dal 1837 inventato dal meccanico \Vagner di Parigi.
La disposizione essenziale di tale apparecchio ò rap-presentata dalla figura 35.
Il braccio della bilancia non ò che la continuazione del-l'asse di rotazione delle ruote coniche K e K,, ed ò g ire-vole attorno a C. Inoltre esso ha la posizione inclinala CG.
Alla estremità del detto asse opposta. a quella del peso G trovasi una rotella di frizione D, la quale è abbracciata dalla testa a staffa E di un'asta EF a cui è applicata una matita Z.
Se la striscia di carta MN ò messa in moto dalla mac-china stessa od anche per m~zzo di un movimento cli orologieria, questa matita descriverà il diagramma del lavoro della macchina, cui il movimento è trasmesso coll'intermezzo dell'apparecchio dinamometrico. Se varia la forza, il braccio CG prende un'altra inclinazione, ed il braccio cli leva CA diventa CA, e la variazione AA, è proporzionale non solo alla variazione della forza ma anche alla projezione BB, dello spazio DD1 per·
cot•so dal punto estremo della leva. secondo CA; onde si vede che anche lo spostamento dell'asta EF e quindi quello della matita Z aumenta o diminuisce in propor-zione colla variapropor-zione della forza.
29. Dinamometro differenziale di Hartig. - Fra i di-namometri a rotazione muniti di apparecchio autogra-fico, merita di essere accennato quello che fu descritto per la prima volta dal clott. lfartig nel Politechnischen Centralblatt, 1877, n. 1, e di cui esiste da pochi mosi un esemplare a 'forino, nel 11luseo Industriale italiano.
Alla puleggia motrice CA (ftg. 36) cui è applicata la forza P, è saldamente collegata una ruota dentata inter-namente DCD, la quale imbocca in De D, con due roc-chetti DF e D, E. Questi due rocchetti sono collegati per mezzo di una terza ruota dentata EF, la quale è inalberata liberamente sull'asse C della ruota D D, ma è fissa ad un tamburo BC, su cui agisce la resistenza. Q.
Le ruote D F', D 1 E coi loro assi sono portati da una leva K CJ(" che loro permette di girare liberamente at-torno a C. Alle estremità è congiunta una puleggia CL, a cui è fissata per un capo una cinghia LZ che è
rac-32 DINA~l0i\1ETRI
comandata per l'altro in M aù un dinamometro a stilo F l•'
I
fissato al suolo in M. .
~- 2R
_ R
R-A
p
F ___.•f
---M - -
JFlg. 36.
Si riconosce facilmente che l'equilib1•io della forza dt rotazione P vi è mantenuto per mezzo di due forze
R,-R, e cbe due altre forze - R,R fanno equilibrio alla resistenza Q, per cui ne risultano le due pressioni 2R e - 2R sui punti I< e K1 le quali distendono le molle del dinamometro con una certa forza Z.
Sia:
a il braccio di leva CA della forza P;
b il braccio di leYa CB della resistenza Q;
r il raggio CD= CD,;
1·1 il raggio CE-::CF,;
cosicchè:
r-r, é ·1 · l'D T.( D d' d Il d ruote - 2- 1 raggio \.
=
J. 1 1 1 una e e ue di mezzo;e il braccio di leva CL della forza di trazione Z;
si ha:
quindi:
e
Pa=2 Rr; Qb::.2 R1'1 Zc = 2R (r + r1) ;
p ,. b
o=~
.. a
p
,. e
- z =
1· -;-1·1" a
Nella fig. 37, che rappresenta la prospettiva di tale strumento, si vede in Te T1 le due puleggie, fissa e mo-bile su cui accavalcasi la puleggia motrice, la ruota dentata O, per mezzo di cui la forza motri<:6 é comuni-cata alla ruota dentata annulare ADD,. S1 vede pure sull'asse ON la vite perpetua N,~da cui la striscia di carta del dinamometro riceve il movimento.
Fig. :l7.
I bracci K C e K1 C, che reg~ono le ruote <len tate D K e D, K1 sono solidarii ai due altri \Jracci U e V ed al cilindro fisso CL. L'estremo di questo è collegato per mezzo della cinghia LZ ad una molla dinamoruetrica F F che porta una matita S, per disegnare una curva sulla striscia di carta scorrevole.
Una leva HL i;er,•e a porre in azione lo strumento e per impedire che le molle siano eccessivamente tese, la punta del b1·accio CV è munita di un'appendice o sperone di legno, che deve appoggiare contro un forte ostacolo da porsi vicino aù una determinata posizione della croce K U K 1 Y.
DINAM0.\1ETRI 33
so.
Dinamometro .a bilancia dell' ing. Farcot. - Fra i d. ometri a rotazione ,·uole essere annoverato quello ioam t·~~imo ideato e cost
1u·
tt o d ·11·· a mg. l~ ~ateo • t, e< 1 ·1 1recen lw t to · I ·
ct·
f tct·
quale yedosi rapprcsen a m e e.vaz1one, 1 ron e e 1
Sull'albero inferiore d si trovano fissate una puleggia