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5. Analisi dei dati raccolti sul campo alla luce degli strumenti bibliografic

5.4. Dinamiche di partecipazione e partenariato

I dati raccolti permettono di accostare le realtà delle AEJT e del CAB a quello dello sviluppo partecipativo. Sebbene con innegabili limiti e inevitabili rapporti di potere tra le parti, il modello di sviluppo proposto dal CAB sembra avvicinarsi a quello auspicato da Chambers. L’approccio utilizzato dagli animateurs nell’interagire con la popolazione locale, il condividere momenti di lavoro e momenti di ristoro, le modalità di svolgere gli incontri con gli

169 agricoltori e l’ascoltarne i bisogni prima di proporre soluzioni ricorda le indicazioni date da Chambers ai fini della buona riuscita del PRA:

“using culturally appropriate techniques to gather community knowledge: developers and community members would sit on the ground, perhaps using sticks to draw maps in the sand or using beans for counting”387

La particolarità in questo specifico caso è il trovarsi di fronte ad agenti di sviluppo congolesi che, seppur appartenenti a realtà sociali differenti, con i “beneficiari” condividono in buona parte la cultura e la lingua locale, il mashi388. Gli animateurs sono i primi a riconoscerne i benefici, ad affermare come un’efficace interazione con i paysans avvenga grazie ad un’approfondita conoscenza della realtà culturale, sociale e linguistica. Un buon dialogo con i paysans e il coinvolgimento di leader locali è alla base di un intervento sul territorio che non si esaurisca in breve tempo ma che possa mettere le fondamenta per un miglioramento delle condizioni di vita riscontrabile anche a lungo termine, quello da loro stessi definito come “développement durable”. Si tratta di un approccio che utilizza l’ascolto ma anche la capacità di negoziazione, come dimostrato dalle numerose situazioni in cui alla richiesta di finanziamenti gli animateurs hanno risposto con l’offerta, prima di tutto, di un percorso di formazione. È un approccio che mira ad una valorizzazione delle conoscenze locali, i cosiddetti savoir paysan, che possa convivere con l’introduzione di innovazioni scientifiche e tecnologiche, avendo come primo obiettivo la sostenibilità ambientale. È utile qui sottolineare i savoir paysan non siano necessariamente intesi come insieme di conoscenze e tradizioni immutabili nel tempo, quel concetto di local knowledge osteggiato da studiosi come Maia Green, bensì semplicemente come una serie di conoscenze e di tecniche utilizzate e costantemente inventate dai paysans per rispondere a determinate necessità.

387 Gardner, Lewis, 2015, p. 163.

388 Sebbene possano tracciarsi elementi che contraddistinguono la cultura Shi è opportuno ricordare come

questa possa cambiare profondamente anche da località a località, poiché strettamente connessa con il territorio e il contesto socio economico.

170 Un modus operandi, quello del CAB, che cerca di mettere al centro i paysans, protagonisti di un cambiamento che parte dal basso, secondo una prospettiva bottom-up che consideri i “destinatari” come soggetti attivi capaci di agency. Non si può però omettere la, forse inevitabile, presenza di rapporti di potere esistenti a diversi livelli, dal momento in cui sarà difficile dire egualitario un rapporto che vede una parte gestire i fondi e l’altra riceverne i frutti.

La realtà delle AEJT costituisce un diverso esempio di sviluppo partecipativo, dove le parti in gioco sarebbero rappresentate dalla ONG Incontro fra i Popoli e dai tecnici-animatori in quanto rappresentanti delle loro realtà. Un interessante elemento di questo approccio partecipativo è costituito dal seminario di aprile 2017, dove si incontrarono le diverse voci e le differenti esperienze, ai fini di costruire una modalità condivisa di operare sul territorio. Un seminario che, rifacendosi all’esempio di Pottier, mirò da un lato donare alcune nozioni di base, dall’altro a trovare soluzioni condivise. Le AEJT rappresentano inoltre un innegabile esempio di movimentazione dal basso, di un cambiamento che si origina da un gruppo per certi versi considerabile come doppiamente marginale, quello dei bambini e ragazzi lavoratori. Si parla di ragazzi che intessono relazioni con il territorio tenendo corsi di alfabetizzazione e che mettono in luce come una categoria, per la cooperazione internazionale il più delle volte considerabile solo in termini di percorsi assistenzialistici, possa rivelarsi un ramo così vivace della società civile. La realtà delle AEJT ci ricorda inoltre come il concetto di società civile non sia da limitare alle sole ONG ma debba necessariamente estendersi a tutte quelle espressioni di attivismo dal basso che contribuiscono al cambiamento della società.

Un elemento portante del successo delle dinamiche partecipatorie è di certo un concetto di partenariato che non si traduce in dinamiche di subalternità e dominio tra ONG del “Nord” e realtà locali del “Sud”. Nel caso di Incontro fra i Popoli la scelta dei partner avviene solo tra realtà locali, con personale locale, che siano ben inserite nel tessuto sociale e riconosciute come parte della società civile. Il rapporto fra IfP e CAB mostra diverse particolarità non

171 facilmente riscontrabili altrove, primo fra tutte il fatto che la ONG del “Sud” sia più longeva di quella del “Nord”. I rapporti d’amicizia fra i rappresentanti delle due associazioni, la comprovata esperienza e professionalità della ONG locale, la lunga tradizione di accoglienza di stagisti italiani, portano ad un rapporto di partenariato che si basa sulla stima reciproca e che riconosce professionalità e competenze, anche se diverse, da entrambe le parti. Il rapporto di partenariato fra le due, come si ricorderà, si traduce principalmente sul ruolo di capofila che il CAB assume in progetti in ambito idraulico o agro-forestale. I rapporti di partenariato, come dimostrano le passate esperienze del CAB, si rivelano spesso iniqui e velati di pregiudizi, meccanismi che possono portare una ONG del “Nord” a guardare al proprio partner del “Sud” come un mero attuatore di progetti da lei concepiti. Per quanto riguarda gli altri attuali partner del CAB, ci si accorge di come una realtà ben radicata sul territorio come quest’ultimo possa dimostrarsi un valido partner con il quale poter dialogare per quanto possibile alla pari. Il partenariato di Incontro fra i Popoli con le AEJT assume invece contorni diversi, poiché la giovane età dei loro membri e dei loro rappresentanti contribuisce ad innescare delle inevitabili dinamiche generazionali, che portano i tecnici-animatori a considerare IfP, in particolare nella persona del presidente dell’associazione, al pari di un padre che li aiuterà a crescere. Allo stesso tempo le AEJT vivono con le realtà d’origine qualcosa di riconducibile ad un conflitto generazionale, poiché considerati troppo giovani e poco formati per poter lavorare in autonomia.

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