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La dinastia costantiniana: un reclutamento in evoluzione Il periodo compreso tra il il 306 e il 363, epoca in cui si articolò il

regno della dinastia costantiniana, fu un’epoca di profonde trasforma- zioni dal punto di vista politico-istituzionale, portate avanti in modo eterogeneo da ciascuno dei membri della casata. Tanto le trasforma- zioni quanto la loro eterogeneità ebbero un incisivo riflesso nel reclu- tamento del funzionariato palatino. Il meglio rappresentato tra i co- stantinidi, tanto per la durata di regno, quanto per le notizie relative ai burocrati di corte, è ovviamente Costanzo II, responsabile – e fa fede la cospicua legislazione in materia a lui riconducibile – di un’opera di razionalizzazione delle riforme inaugurate da Diocleziano e da Co- stantino. A questo si aggiunge una maggiore informazione sul suo re- gno, rispetto a quello del padre, nelle fonti storiografiche che talvolta consentono, ben più delle costituzioni, di avere più notizie sui buro- crati, sulla loro carriera, sul loro operato che può incidere non solo sull’evoluzione delle rispettive magistrature, ma anche sulle loro pro- mozioni alle medesime o ai gradi superiori. Infine, è necessario tenere presente che è forse più semplice desumere notizie sul reclutamento costanziano per l’abbondante numero di funzionari che questi reclutò: tale abbondanza non è solo dovuta ai fattori sopra evidenziati, ma an- che al fatto che a lui si devono le nomine di quei ministri che fecero

parte degli entourages dei cesari Gallo e Giuliano, sulle cui caratteri- stiche ci si è soffermati poc’anzi.

Tuttavia, nonostante l’esiguo numero di ministri accreditati con certezza, ma anche ipotizzati261, è possibile rilevare anche alcuni dati

sul reclutamento del funzionariato palatino di Costantino e di Giulia- no, mentre dal novero si dovrà escludere quello di Costante di cui si conosce con sicurezza solo il nome di un magister officiorum, quel Fl. Eugenius celebrato da Libanio per la sua grandezza raggiunta proprio sotto il regno del costantinide: troppo poco per fornire riflessioni ge- nerali sul trend in materia di nomine di questo imperatore.

Ciascuno degli imperatori costantiniani privilegiò alcune discrimi- nanti nel procedere al reclutamento, determinate da circostanze stori- che, politiche o persino, se si vuole, caratteriali. Su quest’ultimo aspet- to, che può riferirsi tanto al criterio della fedeltà per quanto concerne Costanzo II, quanto alla religiosità per Giuliano, non si può prescinde- re dal sottolineare che l’importanza che si attribuisce anche in questa sede a tali valori è dovuta al peso che ad essi diedero le fonti, tenendo però presente che la maggior parte di esse lo fece con spirito polemi- co. Eppure ad uno sguardo più mirato, tale polemica risulta solo un’amplificazione caricaturale, giacchè pare indubitabile che i fattori fedeltà e religiosità ebbero un peso, magari non determinante ma co- munque presente, nella politica di arruolamento degli ultimi dei co- stantinidi.

La strada evolutiva delle magistrature palatine seguì il percorso di crescita istituzionale dell’impero tardoantico: nate da esigenze contin- genti, anch’esse ne seguirono lo sviluppo e i diversi imperatori ne re- clutarono i detentori seguendo il medesimo principio, la contingenza. Che poi essa assuma la configurazione di competenza, fiducia, religio- sità, è solo un diverso modo di denominare quella che non solo in età costantiniana è la risposta ad una necessità. Ciò che si differenzia e acquisisce l’accezione di peculiarità è in che modo prende forma la necessità.

Essa si tradusse in opportunismo politico allorchè Costantino nel 324 si trovò a capo di tutto l’impero: sapeva già gestire la pars Occi-

261 Il riferimento, in questo caso è a Hermogenes, presunto quaestor di Costantino, su cui .

dentis, ma non aveva esperienza di quella orientale. Nulla è noto al di

là della testimonianza legislativa su Heraclianus e Proculeianus, magi-

stri ancora tribuni, semplici funzionari di basso rango e di collega-

mento funzionale tra realtà periferiche e centrali, quasi degli smistatori di posta a quanto è possibile desumere. Dopo di loro, sebbene la lette- ratura dedicata sostenga diversamente, ci furono il magister Philume- nus e infine Palladius262. Il primo era già noto a Costantino avendo

presenziato al concilio di Arles del 314, in cui si sancì la condanna del donatismo; il secondo, invece, era un anziano funzionario orientale, già noto per aver rappresentato l’impero presso i Parti per conto di Ga- lerio263. Philumenus fu verosimilmente tenuto in servizio da Costanti-

no nel momento di passaggio da una sovranità “regionale” – che co- munque sarebbe stata la base per la trasformazione dell’impero264 – a

una universale. In quel determinato momento, allorchè l’imperatore mantenne in carica il suo prefetto Flavio Costanzo affidandogli la prima prefettura orientale, allo stesso modo è verosimile che, in un’ottica di continuità, abbia affidato la responsabilità congiunta della cancelleria occidentale e orientale – fino a quel momento separata – a Philumenus, uomo da lui già designato e non, secondo quanto riporta Giovanni Lido, ex novo ad un orientale265. La necessità si concretizza

in termini di una continuità funzionale a gestire un momento di pas- saggio, il 324-325. Da questo punto di vista Costantino non si dimo- stra imperatore meno pragmatico di Teodosio, il quale, allorchè nel 378 salì al trono, mantenne in carica parte dello staff ereditato da Va- lente. Circostanze diverse, ma medesima costante: la continuità in un momento di passaggio difficile. Nel momento in cui Costantino prese stabilmente possesso dell’Oriente provvide alla nomina di un orienta- le, Palladius, significativamente non un giovane, bensì un uomo già avanti negli anni, depositario di un successo diplomatico – e in termini

262 Sulla successione dei due magistri v. infra Appendice I.

263 Che Palladius fosse di origine orientale o, per lo meno avesse ricoperto incarichi nella

pars Orientis, è provato dall’opera dello stesso Lido che ne ricorda un’ambasceria presso i

Persiani che si concluse con una riconciliazione fra Galerio e la controparte partica; Lyd.,

Mag. II 25. La missione diplomatica potrebbe identificarsi con quella del 297 a cui prese parte

il magister memoriae Sicorius Probus (Petrus, FHG IV, p. 189, fr. 14). 264 Castello 2010A, pp. 103-104 e 116.

di competenze ben adattabile dunque al profilo di un magister – ma soprattutto sicuramente ben accetto alla comunità romana d’Oriente, non sempre docile (come dimostra l’aperta ostilità incontrata da Giu- liano266) nei confronti di funzionari ad essa esterni. In tali termini Co-

stantino può essere assimilabile a tutti quei sovrani di origine occiden- tale che si trovarono a regnare in ambito orientale, come Valente e il già richiamato Teodosio: costoro infatti estesero l’accesso alle cariche, burocratiche e non, nelle specificità che verranno chiarite più in detta- glio in seguito, a personalità della pars imperii su cui imperavano, con un evidente sforzo di creare con essa un legame tangibile.

Uno degli errori politici di Giuliano fu forse proprio quello di aver lasciato poco spazio agli orientali al governo, alienandosene il consen- so, dando invece accesso privilegiato alle magistrature, non solo buro- cratiche, a quanti avevano condiviso con lui l’esperienza del cesarato gallico. I fasti prosopografici restituiscono un organigramma dell’entourage giulianeo pressochè trapiantato dalla Gallia a Oriente; per limitarsi ai comites palatini, sicuramente il magister officiorum e il

quaestor, Anatolius e Iovius, sono attestati in Gallia all’epoca del suo

cesarato: per il primo il dato è sicuro, essendo stato, al tempo del suo cesarato, magister libellorum267, per il secondo il legame con la terra

gallica è suggerito dalla sua presenza in loco in età magnenziana268.

Un discorso simile è valido per i comites finanziari noti. Le fonti tra- mandano due detentori della comitiva sacrarum largitionum: Claudius Mamertinus, retore gallico, futuro prefetto al pretorio dell’Illirico e console del 362, autore di un panegirico in onore di Giuliano269, e Fe-

lix, designato nel 360 da Costanzo come magister officiorum per Giu- liano – da questi rifiutato, non per avversione personale, ma proprio perché imposto dall’Augusto – dunque da lui già conosciuto e consi- derato adatto per rilevare l’incarico di Mamertinus più tardi, quando quest’ultimo divenne nel 361 prefetto al pretorio lasciando vacante la

266 Prato, Micalella 1979, pp. 7-24.

267 La sua nomina è riportata in Amm. XX 9.8: id enim Caesar quoque scribens ex senten-

tia sua fore aperte praedixit. magistrum enim officiorum iam pridem ipse Anatolium ordina- vit, libellis antea respondentem, et quosdam alios ut sibi utile videbatur et tutum. Partecipò al-

la campagna di Persia di Giuliano e lì fu ucciso (Amm. XXV 3.14, 3.21 e da Zos. III 29.3.

PLRE I, s. v. Anatolius 5, p. 61).

268 Amm. XXI 8.1.

comitiva. Unico comes rei private noto dell’età di Giuliano, infine, è

Helpidius, il quale doveva essere ben noto a Giuliano non solo per a- ver prestato servizio alla corte di Costanzo a Milano nel 355, proprio nel medesimo momento in cui vi si trovava anche il futuro Cesare270,

ma anche per essere stato nel 358 in Gallia271: anche per costui, dun-

que, è evidente il legame maturato con Giuliano negli anni del suo ce- sarato. Lo stesso vincolo era ravvisabile fra l’Apostata e uno dei suoi più influenti funzionari, il gallico Saturninius Secundus Salutius, già suo questore tra il 355-358, poi rimosso da Costanzo proprio per lo stretto rapporto che esisteva tra i due, e nominato, subito dopo l’elevazione al trono, prefetto al pretorio d’Oriente, carica che detenne quasi ininterrottamente fino al regno di Valentiniano272.

Giuliano, benchè appartenente alla casata costantiniana, aveva con- seguito il trono in modo non ortodosso: la sua ascesa, è, sotto certi a- spetti, paragonabile a quella di quei sovrani che – inauguratori di una dinastia o meno – avevano garantito posti nel proprio staff a quanti avevano appoggiato o promosso la loro candidatura. Valentiniano e Teodosio, come si vedrà, perseguirono in parte questa politica, pur se con differenti peculiarità e soprattutto distinguendosi dal loro prede- cessore costantinide nel non privilegiare esclusivamente questa di- scriminante, ovvero il premio per il supporto per l’elezione al trono.

Per Costantino e Giuliano il reclutamento palatino fu incisivamente condizionato dalle modalità di conquista dell’impero: la scelta di pri- vilegiare un criterio, la continuità, o il supporto, è soggettiva. Ciò era consentito non solo dal fatto che, più che in ogni altro periodo della storia dell’Impero, nell’epoca tardoantica il sovrano era fonte di ogni decisione, ma anche dal fatto che il funzionariato palatino – privo di tradizione e, oltretutto, nell’età dei costantinidi, ancora non così pre- stigioso in termini di rango – era meno vincolato alle logiche di pro- mozione regolate da sperimentati meccanismi clientelari che caratte- rizzavano la carriera senatoria e, altresì, era ancora poco soggetto ad una rigida gerarchizzazzione quale era quella dell’apparato militare. Sicuramente tra il regno di Costantino e quello di Giuliano molte cose

270 Liban. Ep. 448, 452. Seeck 1906, s. v. Helpidius 2, p. 170; PLRE I, s. v. Helpidius 6, p. 415; Delmaire 1989B, s. v. Helpidius, pp. 39-41.

271 Liban. Ep. 35.

erano cambiate: i funzionari della burocrazia avevano un posto in con- cistoro e avevano pressochè compiuto la loro maturazione istituziona- le. Ancora, però, la loro posizione e il loro status non consentiva quel salto di qualità in termini di carriera quale sarebbe avvenuto negli anni successivi. Questo avrebbe comportato un cambiamento radicale nelle politiche di reclutamento, che li avrebbe resi molto più simili, in quest’ottica, ai senatori e ai militari. Le differenze con il periodo suc- cessivo sono ravvisabili nell’importanza che Costantino e Giuliano diedero anche a un altro fattore nella loro selezione del personale pala- tino, la competenza. Questa è forse la discriminante più difficile da desumere, come si diceva in esordio, data la natura in fieri delle fun- zioni in quest’epoca, particolarmente per il regno costantiniano, e dati i pochi funzionari attestati su cui le notizie, per altro, scarseggiano. E dunque si può ipotizzare che la specializzazione in ambito legislativo di Hermogenes abbia avuto un peso nella sua designazione – pur con i dubbi già avanzati – a quaestor da parte di Costantino273, così come

l’abilità diplomatica dimostrata da Palladius quando fu ambasciatore in Persia274 possa aver agevolato la sua nomina a magister officiorum

il funzionario che, come responsabile in capo dell’officium admissio-

num, di ogni altro interagiva con le delegazioni, straniere e non. La

competenza, intesa nel senso di specializzazione, può aver giocato in favore della promozione di Anatolius a magister officiorum da parte di Giuliano: egli, infatti, era stato magister libellorum dello stesso Cesa- re275 e la capacità dimostrata in tale ruolo può averne veicolato

l’innalzamento di grado. Sono suggestioni, soggette ai limiti che si so- no evidenziati. Ma a renderle significative è il valore che tale discri- minante pare assumere, come sempre in modi e forme peculiari, sotto Costanzo II. Altresì, la sua significatività è accentuata dal fatto che ta- le discriminante di reclutamento, che pare avere valore con Costanti- no, maggiore incisività con Costanzo ma assai inferiore portata sotto Giuliano – o per lo meno in subordinazione a criteri più manifesti – pur permanendo in parte sotto Valentiniano, è destinata a perdere va- lore inesorabilmente nel tempo, con un’evoluzione inversamente pro-

273 V. supra pp. 33-35.

274 Petrus, FHG IV, p. 189, fr. 14 275 Amm. XX 9.8.

porzionale all’innalzamento di rango dei funzionari. Il reclutamento Giulianeo è già un’avvisaglia di tale processo che subirà un’accelerazione durante la dinastia valentiniana per poi avere il suo compimento da Teodosio in poi.

Comunque, anche durante l’età dei costantinidi, la competenza non fu mai la discriminante di reclutamento principale: lo dimostrano i ca- si di Costantino e Giuliano, ma anche il funzionariato di Costanzo II.

Mettere in ultima posizione l’analisi del reclutamento dell apparato palatino di Costanzo II è frutto di una precisa scelta. Imperatore lon- gevo, ben rappresentato nelle fonti, intermediario tra lo sperimentali- smo costantiniano e l’assestamento di epoca giulianea – di cui egli fu in gran parte responsabile276 – è la summa delle politiche di assunzione

dei costantinidi: tenne conto infatti sia dell’opportunismo politico che della competenza, adeguandola sia alla sua personale lettura, sia, so- prattutto, alle evoluzioni delle competenze del funzionariato di corte, evoluzione di cui era in gran parte responsabile.

Costanzo II era un imperatore dinastico e dunque non dovette tene- re in conto fattori come la ricerca di supporto o la necessità di conti- nuità per dare fluidità ad un passaggio di consegne politiche avvenuto in modo traumatico, come avvenne per il padre e per il suo successore. La continuità era garantita dalla sua stessa presenza al trono, dalla sua appartenenza alla casata costantiniana e da una designazione voluta dal suo predecessore. La medesima continuità consentì forse al costan- tinide la possibilità di perseguire una politica di reclutamento dettata da criteri razionali, anche se ovviamente sempre soggetti alla contin- genza.

Questa sintesi tra razionalità e contingenza emerge dalla particolare struttura chiastica che contraddistingue le peculiarità dei questori e dei magistri arruolati da Costanzo II. Questi non fu solo responsabile dell’assunzione dei ministri deputati a servire nel suo entourage, ma anche di quanti avrebbero prestato servizio presso i cesari Gallo e Giuliano. Sulla natura straordinaria del cesarato si è detto: proprio tale natura e la sua irripetibilità nella storia dell’impero tardoantico ha im-

276 Come dimostra lo studio di Ch. Vogler (Vogler 1979), ancora oggi, pur con gli aggior- namenti specifici degli ultimi anni, l’unica opera dedicata specificamente al regno di Costanzo dal punto di vista prettamente istituzionale, aspetto invece posto in secondo piano dal più re- cente Barcelò 2004.

pedito che le sue caratteristiche, quali sono state evidenziate e che hanno riflesso nel reclutamento, trovassero riscontro nelle fonti uffi- ciali. Esse dunque si possono desumere solo dalle fonti storiografiche. Direttamente riconducibile a Costanzo II è la nomina di ben tredici ministri tra questori e magistri: cinque di costoro, Taurus e Leonas tra i quaestores, Musonius, Ampelius e Florentius tra i magistri, militaro- no presso la sua corte – anche se Ampelius ne fu distaccato durante il periodo milanese277 – mentre gli altri furono destinati ad affiancare i

Cesari: Montius Magnus e Flavius Leontius furono inviati come que- stori di Gallo e Palladius come suo magister; Salutius, tale […]anus278

e Nebridius divennero questori di Giuliano e Pentadius e Felix suoi

magistri. Dal punto di vista “sociale” paiono assimilabili i questori

militanti presso gli Augusti e i magistri attivi presso i Cesari: persona- lità dal profilo e carriera piuttosto modesti, ex notarii o al massimo

comites279; in una prospettiva speculare appaiono viceversa i magistri e

277 V. supra pp. 64-65.

278 Seeck 1906, pp. 100-101 propose l’integrazione Probatius; Gallatier 1968, pp. 274-275 propose invece Lucillianus o Verinianus.

279 Fl. Taurus, orientale di umili origini, è uno dei personaggi di maggior spicco del regno di Costanzo II, sotto cui si svolse per intero la sua brillante carriera. Da semplice notarius (Liban. Or. XLII 24-25), ottenne la comitiva primi ordinis, la questura, il patriziato ed, infine la prefettura d’Italia e Africa (AE 1934, 159; v. supra). Atanasio lo indica fra i comites più in- fluenti a corte già nel 345, insieme a Polemius, Datianus, Bardio, Thalassius e Florentius (A- thanas. Hist. Ar. 22.1): a parte il primo (Polemius, verosimilmente, fu un importante funziona- rio di Costantino, se fu onorato con il consolato nel 338, ma a parte il suo nome, noto per via epigrafica, esclusivamente per la registrazione del consolato, non si conosce nulla di lui;

PLRE I, s.v. Flavius Polemius 1, p. 710), costoro sono tutti personaggi strettamente legati al

figlio di Costantino, sotto cui raggiunsero i più alti incarichi e onori (Datianus fu consul nel 358 e insignito del patriziato (PLRE I, s. v. Datianus 1, pp. 243-244); Bardio, un eunuco, fu forse il predecessore di Eusebius come praepositus sacri cubiculi (PLRE I, s. v. Bardio, p. 147-148); Thalassius, divenne praefectus praetorio Orientis nel 353 (PLRE I, s. v. Thalassius 1, pp. 886-887; Florentius, infine, ricoprì due prefetture e fu console insieme a Taurus nel 360. Datianus, Taurus e Florentius terminarono la loro carriera bruscamente con la morte di Costanzo II; gli ultimi due furono processati a Calcedonia, mentre il primo si ritirò ad Antio- chia. Nulla è noto della sorte di Bardio, mentre Thalassius morì in carica nel 353 e gli succe- dette uno di quei ex notarii la cui fulgida carriera sotto Costanzo II è deprecata da Liban. Or. XLII 20-24; nello stesso passo, per altro, sono menzionati anche Taurus e Datianus). Signifi- cativamente, Taurus collaborò con Datianus e Thalassius anche in un’altra occasione, quando fecero parte della commissione che processò Photinus nel 351. Leonas, il questore inviato da Costanzo a Giuliano per ordinargli di limitarsi a mantenere le prerogative di un cesare (per le vicende relative alla sua questura, v. supra), era una figura di rilievo alla corte orientale già nel 355 (Liban. Ep. 412). L’unico incarico testimoniato dalle fonti oltre alla questura è l’affidamento della presidenza del concilio di Seleucia inaugurato nell’autunno del 359, con-

i questori in servizio rispettivamente presso Costanzo e Gallo e Giu- liano: costoro hanno un profilo sociale e di carriera estremamente più prestigioso rispetto alle loro controparti coeve280. Tale specularità non

giuntamente al praeses Isauriae (Epiphan. Adv. haer. 73.25; Socr. HE II 39-40; Soz. HE IV 22. Sul concilio di Seleucia v. Barceló 2004, p. 171); è possibile che questi fosse già questore di Costanzo quando gli fu affidata tale mansione (così ipotizza, De Bonfils 1981, p. 191, in- terpretando così le parole di Soz. HE IV 22 che non si limita a definire Leonas ὁ λαμπρότατος κόμης, ma riporta il fatto che questi a corte militasse in un officium splendido) o che la que- stura avesse costituito una sorta di ricompensa per i suoi buoni uffici in quella circostanza. Al

notarius Palladius nel 350 fu assegnata da Costanzo II la protezione di Atanasio (Athanas. Hist. Ar. 51.4; Ap. Const. 10.3) e pochi mesi prima aveva avuto l’incarico di annunciare ad

Alessandria l’uccisione di Costante (Athanas. Ap. Const. 22.15); v. Barnes 1993, pp. 103-104 e 197. Pentadius, da notarius condusse a Pola, nel 354, insieme al praepositus sacri cubiculi Eusebius e al tribunus scholae armaturarum Mallobaudes, l’inchiesta contro Gallo (Amm. XIV 11.21) e, con il dux Serenianus e l’agens in rebus Apodemius, assistette all’esecuzione del Cesare (Amm. XIV 11.23). Tutti costoro erano funzionari fidati di Costanzo: Eusebius fu per tutta la durata del suo regno praepositus sacri cubicoli, Mallobaudes era una guardia del corpo del sovrano e membro influente del concistoro (Amm. XV 5.6); Serenianus dovette a- ver avuto modo di provare la sua lealtà a Costanzo, se questi gli affidò un incarico così delica-