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Dino e Balestrieri: due pittori a confronto

Dino condivide lo stesso palazzo con un altro pittore, il cui cognome è Balestrieri; non è indicato il suo nome di battesimo, né un nome d’arte. Moravia, nel capitolo secondo del romanzo, si dilunga in una dettagliata descrizione dello stesso:

Balestrieri era un uomo piccolo dalle spalle molto larghe e dai piedi molto grandi, due difetti che non si curava di nascondere, anzi metteva in vista indossando enormi giacche sportive a quadroni, e calzando antiquate scarpe lustre e affusolate. La faccia di Balestrieri aveva molto della maschera carnevalesca o del satiro pompeiano: capelli bianchi come l’argento, volto rosso acceso, sopracciglia nere come il carbone, naso prominente, bocca grande, mento pontuto.

L’espressione di questa faccia era un po’ imbambolata e tuttavia, sotto sotto, inquieta.33

Questo dialogo è tenuto da Dino, nel momento in cui racconta del collega che abita accanto a lui, al pianterreno; le caratteristiche fisiche ed estetiche di Balestrieri sono strettamente collegate alla sua personalità:

Balestrieri, che era agiato, non viveva del suo lavoro, non esponeva mai, e , in certo modo dipingeva per se stesso; i suoi amici mi dissero che era così affezionato ai suoi quadri che, quelle rare volte che si decideva di regalarne uno, ne faceva una copia e la dava in luogo dell’originale.34

33 A.M

ORAVIA,La noia, p. 52.

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Egli viene visto come un erotomane, come un pittore che si è solo dedicato a nudi femminili e che non ha mai posto attenzione ad altro; la sua pittura viene fortemente giudicata poiché appare superficiale e i soggetti non sono rappresentati in movenze naturali, bensì artificiose.

Nelle parole di Dino vi è una vena d’invidia e si innesca competizione che causa la perdita già dal principio, dal momento che lui non è più in grado di dipingere, non trova più ristoro nel pennello e nei colori.

Moravia sceglie di non stilare una descrizione di Dino, ma lascia al lettore la possibilità di crearsi una propria immagine; a differenza dell’altro, al quale ha attribuito dei precisi connotati in quanto il suo aspetto psicologico non viene approfondito nel corso dell’opera. Vi è dunque un legame antitetico tra i due colleghi: il primo ha il blocco dell’artista, non intrattiene alcuna relazione con le donne, prima di incontrare Cecilia, e non ha amicizie ma solo conoscenze che si esauriscono in un veloce saluto. Il secondo, invece, ha un matrimonio finito alle spalle, ma conserva ancora un buon rapporto con la moglie, lavora con molte donne e mantiene ancora la voglia di vivere. Lui riesce anche ad affezionarsi a una sola persona, nonostante il suo mestiere implichi uno stretto contatto con altre modelle e questo viene confermato con tali parole:

Insomma, Balestrieri, senza rendersene conto, stava cessando in quel tempo di essere il dongiovanni collezionista che era sempre stato e, per la prima volta, si dedicava o voleva dedicarsi ad una donna sola.35

Entrambi hanno in comune due aspetti, ovvero la professione, sebbene Dino sia un artista astratto, e l’amore per Cecilia; lei è il fil rouge che li collega. Al momento della

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morte di Balestrieri, lei era in sua compagnia e lo soccorre invano; da quel preciso momento, la vita di Dino ha una svolta decisiva.

Ambedue sono sottoposti al medesimo destino, ovvero di morire per amore, sebbene Dino non riesca nell’intento, essendosi salvato dal tentato suicidio in auto. Mentre il vecchio pittore muore di morte naturale, nel momento in cui è intento a vivere la passione con l’amata, dimostrando quindi un massimo coinvolgimento verso la donna, un legame vissuto con estrema naturalezza, senza porsi domande o senza crearsi problemi, l’altro vive un fidanzamento travagliato, fatto di dubbi, di angoscia, di sospetto e non riuscendo a beneficiare interamente di ciò che gli viene offerto, perché proiettato verso il futuro e perennemente insoddisfatto, alla ricerca sempre di qualcosa di nuovo che gli infonda la giusta carica di adrenalina per affrontare nel migliore dei modi la dura realtà. Quindi, Cecilia è vista come la causa che scatena la loro malattia, ma mentre in Balestrieri colpisce la sua salute, peggiorando il suo stato già debilitato, in Dino punta sulla sanità mentale, che poi va a riflettersi su quella fisica.

Nella decisione di inserire due personaggi che nella vita sono pittori, vi è una questione che coinvolge personalmente Moravia, poiché era figlio di un architetto e pittore e aveva una sorella, Adriana, che diventò un’affermata pittrice. L’autore, nei confronti dell’arte, ebbe sempre una grande devozione, tanto che nella sua casa possedeva molti quadri antichi risalenti al Seicento.

Non casuale è il cognome che attribuisce all’anziano artista; Balestrieri, nella realtà, fu un pittore senese che operò nei primi anni del Novecento a Napoli e a Roma; sono conservati dei ritratti che il pittore si fece regalare da altri artisti e il Balestrieri del romanzo sembra una copia invecchiata di quello reale. L’autore ha voluto mettere in evidenza le sue conoscenze nell’ambito artistico e ha dato ascolto alla sua sentita

inclinazione nei confronti della pittura; in questa circostanza, emerge l’inconscio freudiano, i desideri repressi che attraverso l’arte vengono a galla.

Dino e Balestrieri sono tutto ciò che Moravia avrebbe voluto diventare, ovvero pittore e sono tutto quello che lui fu: oppresso dalla società, amante dell’arte e delle donne, le quali hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua vita.