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La vita come un palcoscenico: recitare è la vera arte

GLI INDIFFERENTI: QUALI SONO I VERI SENTIMENTI?

III.4. La vita come un palcoscenico: recitare è la vera arte

L’intera famiglia Ardengo costruisce la propria esistenza sui formalismi, i materialismi, la ricchezza e il buon nome; ciò che è ritenuto importante è l’apparenza, come appare agli occhi degli altri. Gli arredamenti all’interno della casa manifestano un buon gusto e l’interesse per lo sfarzo e il lusso, nonostante i membri familiari stiano

attraversando una grave crisi economica a cui non sanno come porre fine. Nel romanzo ricorre lo specchio, oggetto fondamentale e dai molteplici significati:

E anche gli specchi ovali appesi alle pareti dovevano serbare la traccia delle loro facce e delle loro persone che più volte al giorno da molti anni vi si riflettevano, oh, appena per un istante, il tempo di esaminare, la madre e lei, il belletto, e Michele il nodo della cravatta; in quel corridoio l’abitudine e la noia stavano in agguato e trafiggevano l’anima di chi vi passava come se i muri stessi ne avessero esaltato i velenosi spiriti; tutto era immutabile, il tappeto, la luce, gli specchi, la porta a vetri del vestibolo a sinistra, l’atrio scuro della scala a destra, tutto era ripetizione.53

Ogni accessorio della casa è statico, come se facesse parte di una scenografia teatrale. Gli specchi presenti in gran parte della casa sono utili per confermare le qualità dell’aspetto esteriore dei personaggi e la mancanza di coraggio nel sostare davanti a essi è da interpretare come un rifiuto ad affrontare la propria interiorità. Lo specchio offre loro una visione parziale, frantumata e deformata, perché lo osservano con uno sguardo offuscato e confuso.

Moravia utilizza molta teatralità nella descrizione dei personaggi, dei loro dialoghi e delle loro azioni, attingendo alle modalità descrittive tipiche della letteratura russa e dei miti antichi; ricorre a delle immagini mitiche, a dei simboli della classicità. Usa indirettamente il mito di Medusa, che pietrifica gli sguardi e li riduce a maschere uguali e stereotipate che rifiutano la singolarità per aderire alla massa. Il linguaggio e la comunicazione dei protagonisti è distorta e avviene una duplicazione e ripetizione di eventi e di azioni. Mariagrazia è descritta così:

La madre si avvicinò; non aveva cambiato il vestito ma si era pettinata e abbondantemente incipriata e dipinta; si avanzò, là, dalla porta, con quel suo passo

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malsicuro; e nell’ombra la faccia immobile dai tratti indecisi e dai colori vivaci pareva una maschera stupida e patetica.54

La signora indossa una maschera di circostanza per celare ciò che veramente è, ovvero una donna insicura e indecisa; questo è confermato dalla sua camminata instabile e dal modo di atteggiarsi. I tratti indecisi del volto sono in disappunto con i colori vivaci dati da un trucco eccessivo, adottato per coprire e nascondere i lineamenti che la rendono unica e le danno quell’individualità che lei vuole a tutti i costi sopprimere.

Gli specchi di casa servono soltanto ad avere la situazione sotto controllo e a scorgere solo ciò che desiderano, tant’è che il filosofo tedesco Scheler sostiene che lo specchio riflette ciò che è contenuto nel pensiero e nella mente ed è il simbolo del riflesso dell’universo e dell’autocontemplazione, legata strettamente al mito di Narciso. 55

I figli sono consapevoli del carattere fittizio della donna tanto che l’autore scrive di Carla: «Guardava la madre, quella maschera stupida e indecisa sospesa nel giorno bianco della stanza».56

Mariagrazia, al contrario dei figli Carla e Michele, non si pone domande esistenziali e non entra mai in crisi di coscienza; il suo ruolo, all’interno del testo, è quello di un fantoccio che aderisce perfettamente alla realtà circostante, confondendosi con essa.

Il tema dello specchio è presente anche nel capitolo IV, mentre Carla è in camera sua e si sta preparando per andare a dormire:

Prese uno specchio dalla mensola dell’armadio e se lo passò dietro la nuca; erano lunghi:

“Bisogna che io vada dal parrucchiere” pensò.

54 Ivi, p. 7. 55 Cfr. M

AX SCHELER, La totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona, a cura di Guido Cusinato, Milano, Franco Angeli, 2008 (1927).

56

Si guardò ancora … ecco … le gambe erano un po’ storte, oh appena! dai ginocchi in giù, e il petto.57

Il suo primo pensiero mentre si riflette allo specchio riguarda i capelli; ancora una volta Moravia evidenzia la superficialità e l’importanza dell’apparenza per il personaggio. Solo in seguito lei riesce a leggersi dentro, a far emergere i suoi dubbi:

L’assalì il senso del contrasto tra la futilità di questi suoi atteggiamenti e gli avvenimenti gravi accorsi quel giorno; Leo l’aveva baciata, si ricordò, pochi minuti prima; lasciò lo specchio e tornò a letto.58

Carla non riesce a sostenere lo sguardo di Leo senza dar spazio alle proprie emozioni, poiché è una ragazza che si fa travolgere dagli eventi e che si sente costretta a fare i conti con se stessa.

Nel capitolo V, vi sono intere pagine dedicate all’incontro tra Lisa e Michele: quest’ultimo va a trovarla a casa sua e durante una discussione si baciano. Quel gesto d’affetto, che il ragazzo decide di rivolgerle, non è altro che finzione dal momento che lui non è interessato a lei e quell’avvicinamento è finalizzato solo a tranquillizzare la ragazza, non tenendo conto che avrebbe incrementato le illusioni. È presente un imbroglio reciproco, perché già Lisa l’aveva attirato a casa con la scusa di avere un parente ricco in grado di poterlo aiutare. Risulta, dunque, assai chiaro che tutti i rapporti e i legami, amorosi e di parentela, sono contrassegnati dall’ipocrisia e dalla falsità. Il fallimento e la perdita non sono contemplabili poiché vige la regola dell’individuo invincibile e perfetto, che deve mostrarsi imbattibile di fronte agli altri; i sentimenti veri vengono soffocati dal conveniente e dall’utile e si instaura un gioco nel quale tutti gareggiano a chi mente di più.

57 Ivi, p. 37. 58

Moravia si serve di personaggi stereotipati, che incarnano la società nella quale viveva, sempre ritenuta dallo scrittore priva di valori e vincolata da cose materiali; appena ventenne, conscio della realtà circostante, con il suo romanzo ha deciso di far conoscere al mondo gli aspetti di una Roma che stava regredendo per princìpi e valori.