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Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino

2. Come è stata vissuta e affrontata la fase 1 negli Ospedali Pediatrici

2.10. Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino

Il Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino di Padova (“La Pediatria” di Padova) si è interrogato se le misure messo in atto per gestire i primi due mesi (dal 21 febbraio al 4 maggio) del manifestarsi nel Veneto e in particolare nella città di Padova della pandemia da SARS-CoV-2 hanno avuto effetto alla luce della possibile ripresa dalla pandemia e in vista di possibili altre future. Le misure che sono state adottate possono essere così sintetizzate.

1. Ridurre l’ “entropia” del Dipartimento:

Sono state cancellate tutte le prestazioni sanitarie che non urgenti e/o differibili;

sono state sospese tutte le attività di animazione;

è stata consentita, per quanto possibile, la presenza di un solo caregiver per pa-ziente per tutta la durante del ricovero o di permanenza in Pediatria per visite ambulatoriali;

sono state proibite le visite di familiari o amici ai pazienti;

è stato raccomandato a ciascuna equipe medica di ridurre al minimo necessario la presenza dei medici in formazione nei rispettivi reparti.

2. Ridurre il rischio di far entrare in Pediatria portatori sani di SARS-CoV-2:

si è forzato l’ingresso delle persone ai tre padiglioni che compongono la Pediatria attraverso una singola entrata per padiglione;

sono state presidiate le tre entrate dalle 7.30 fino alle 19.00 allestendo un “checking point” dove, per qualsiasi persona che voleva entrare in Pediatria (anche il perso-nale sanitario), si doveva eseguire il lavaggio delle mani, sia del paziente che del caregiver, la misurazione della temperatura corporea e quindi fornire una masche-rina chirurgica che sia il bambino che il caregiver dovevano indossare per tutta la durata della permanenza in Pediatria.

3. Ridurre il rischio di ammettere per ricovero o visita ambulatoriale pazienti e ac-compagnatori portatori sani:

È stato adottato il sistema del “Double Gate”. Tale sistema prevedeva che:

a. qualche giorno prima del ricovero pazienti e caregiver candidati fossero sottopo-sti (da infermieri dedicati o dagli stessi medici) ad un triage telefonico al fine di escludere la presenza in essi di potenziali fattori di rischio di infezione;

b. i soli pazienti candidati al ricovero o a procedure in day-hospital che prevede-vano la sedazione e pertanto la possibile “manipolazione delle vie aeree” e il loro caregiver, entro i tre giorni prima del ricovero si recassero in Pediatria per eseguire un tampone nasofaringeo, il cui esito era reso disponibile nelle 24 alle 72 ore successive;

c. quindi ritornassero in Pediatria per l’effettivo ricovero non appena l’esito del tampone era disponibile (e negativo);

d. al momento dell’accesso in Pediatria fossero sottoposti nuovamente ad un simile triage telefonico fatto qualche giorno prima e a tutte le misure elencate poco sopra.

Per i pazienti candidati a visite ambulatoriali non era richiesta l’esecuzione del tampone nasofaringeo qualche giorno prima della visita. Oltre a questo, per i ne-ogenitori dei bambini ricoverati in patologia o terapia intensiva neonatale fu per-messo l’ingresso solo una volta ottenuto il risultato negativo del tampone nasofa-ringeo che il personale stesso del Dipartimento si prendeva cura di eseguire.

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COME È STATA VISSUTA E AFFRONTATA LA FASE 1 NEGLI OSPEDALI PEDIATRICI

4. Il rischio di far lavorare in Pediatria portatori sani del virus:

È stata organizzata l’esecuzione di tampone nasofaringeo ogni 10 giorni per il personale considerato ad “alto rischio di essere contagiato” (anestesisti, personale coinvolto nei processi di sedo-analgesia, personale del Pronto Soccorso) o “ad alto rischio di contagiare pazienti fragili” (personale dell’Unità di Emato-oncologia e di trapianto d’organo), e ogni 20 giorni per tutti gli altri. Coloro che avevano avuto un contatto definito stretto con una persona infetta potevano continuare a lavorare accettando tuttavia di sottoporsi ad un tampone nasofaringeo ogni 48 ore, interval-lo che dopo il primo mese fu allungato a cinque giorni.

È stato reso obbligatorio l’uso di mascherine differenziate a seconda della fascia di rischio.

Per quel che riguarda il Pronto Soccorso pediatrico (PS) e l’annesso reparto di Pediatria d’Urgenza, dotata di sedici posto letto:

a. È stato allestito un pre-triage all’ingresso del PS per differenziare i pazienti af-fetti o potenzialmente afaf-fetti da quelli francamente asintomatici, così da avviarli a due percorsi differenziati allestiti ad hoc;

b. È stata creata una zona COVID e una COVID-free per visitare i pazienti e per eseguire i tamponi nasofaringei ai pazienti e ai loro caregiver;

c. È stato trasformato l’intero reparto di Pediatria d’urgenza in un reparto COVID, allestendo tutte stanze singole, dove ammettere i pazienti SARS-Cov-2 positi-vi e quelli potenzialmente affetti in attesa dell’esito del tampone nasofaringeo. Quelli che necessitavano di ricovero e risultavano negativi al tampone venivano quindi trasferiti nei restanti reparti di degenza;

d. È stata organizzata un’equipe stanziale di medici in formazione per tutti il pe-riodo di questa analisi nel PS.

Infine, sono state rese disponibili numerosi stazioni per il lavaggio delle mani con il gel e, sia in forma documentale cartacea da distribuire, che di cartellonistica (o facendole scorrere sui monitor presenti in Pediatria), tutte le informazioni (in ita-liano, inglese e arabo) necessarie per ridurre le possibilità di contagio.

Tutto questo è stato possibile grazie un notevole impegno di risorse umane, che per il periodo considerato ha gravato per intero sul personale, sollevato però dal fatto che l’attività ambulatoriale e di day-hospital si era ridotta in modo drastico.

Da un’analisi critica di quanto messo in atto per il periodo considerato è risultato che:

dei 3.382 tamponi nasofaringei eseguiti al personale sanitario, il 99,7% (3.371 tamponi) sono risultati negativi. Per 9 degli 11 risultati positivi, tutti risalenti alla prima settimana di marzo, l’esposizione al virus era avvenuta inconsapevolmente per contatto stretto con asintomatici fuori dall’ambiente ospedaliero; in due casi il contatto era avvenuto nel contesto familiare;

dei 1.885 tamponi eseguiti nei pazienti e nei loro caregivers, 1881 (99.7%) sono risultati negativi. I quattro tamponi positivi erano di accompagnatori. Nessuno di loro ha per altro poi generato focolai infettivi intradipartimentali, probabilmente grazie all’uso delle misure di protezione individuale;

nessun caso di contagio intradipartimentale è stato segnalato, nei pazienti e nel personale durante il periodo.

il PS, pur rilevando una riduzione dell’attività di circa il 75% dal 21 febbraio al 4 mag-gio, ha valutato 1.291 bambini, di cui 416 (ovvero 32,2%) sono stati sottoposti a tampo-ne nasofaringeo: di questi 300 sono stati valutati per la presenza di sintomi compatibili con COVID-19 e 7 di questi (2,3%) sono risultati positivi; 24 bambini sono stati va-lutati per sospetto COVID-19 a causa di contatti con altri soggetti positivi, e di questi 4 sono risultati positivi (16,7%). Tutti i 19 dei 92 bambini senza sintomi sottoposti a tampone nasofaringeo in previsione di un ricovero sono risultati negativi.

In sintesi, la Pediatria di Padova, nei mesi considerati, ossia nei mesi di alta incidenza di infezione da SARS-CoV2, è risultata sostanzialmente un ospedale COVID-free nonostante avesse creato al proprio interno un “reparto COVID” e ricoverato pazien-ti affetpazien-ti. Ovviamente tutto questo si contestualizza nel periodo di lockdown della nazione. Difficile dire con precisione cosa abbia maggiormente contribuito a questo risultato. In estrema sintesi si ritiene che gli elementi che abbiano avuto un maggior impatto su tale risultato sono stati:

a. l’accresciuta sensibilità sulle normali misure di igiene sanitaria in corsia, quali il lavaggio continuo ripetuto delle mani e l’uso sistematico dei mezzi di protezione individuale;

b. l’aver previsto percorsi e aree di degenza differenziati per pazienti positivi o po-tenzialmente tali;

c. l’aver monitorato gli accessi.

Lo screening della popolazione che ha avuto accesso in Pediatria in quel periodo, basato sull’uso del tampone nasofaringeo, a fronte del grande impegno di risorse che ciò previsto e dei risultati ottenuti non sembra rilevante, stante ovviamente tutte le misure esterne e interne alla Pediatria messe in atto per contenere la pandemia in quel periodo.

2.11. Presidio Pediatrico “Di Cristina” ARNAS Civico Di Cristina