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Il diritto comune europeo della vendita: osservazioni sulla proposta di Regolamento presentata dalla Commissione U.E

All'interno della complessa opera di revisione dell'acquis communautaire (43) si inserisce la recente decisione della Commissione europea di presentare, l'11 ottobre 2011, una «Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un diritto comune europeo della vendita» (44), regolamento che dovrebbe porsi come un corpus di norme, a scelta delle parti, di regolazione di alcuni contratti, sia a livello generale che per settori più specifici, tra cui la vendita di beni e la fornitura di servizi.

decorrenze che variano diversamente a seconda dell'adempimento dell'obbligo informativo (v.

infra rispettivamente cap. 2, par. 6 e cap. 3, par. 5).

Quanto ai settori merceologici si applica anche alla fornitura di acqua, gas ed elettricità quando tali beni sono messi in vendita in quantità delimitata, non invece ai contratti relativi al trasferimento di diritti su beni immobili; restano esclusi i settori già regolati da altre direttive, quali in particolare i servizi finanziari, i viaggi tutto compreso e la multiproprietà (cfr. art. 3, paragrafo 3 e 4 per gli altri settori esclusi dal campo di applicazione della Direttiva).

(42) Si veda al riguardo par. successivo, p. 23. (43) Sul tema si veda supra par. 2, p. 8 ss.

(44) Cfr. COM. (2011) 635 def., dell'11 ottobre 2011, Proposal for a regulation on a Common

European Sales Law; DE CRISTOFARO G., op. cit., p. 358 ss.; ZORZI GALGANO N., Dal codice

europeo dei contratti al Regolamento della vendita: logica del sistema, anche con riferimento alla protezione del consumatore, in Contratto e Impresa/Europa, 2012, p. 239 ss.; STANZIONE P., Il

Regolamento di Diritto comune europeo della vendita, in Contratti, 2012, p. 624 ss.; D'AMICO G.,

Direttiva sui diritti dei consumatori e Regolamento sul Diritto comune europeo della vendita: quale strategia dell'Unione europea in materia di armonizzazione?, in Contratti, 2012, p. 611 ss.

Il testo della proposta di Regolamento è stato in parte modificato dalla Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 26 febbraio 2014, n. A7-0301/2013 (cfr. www.europarl.europa.eu): sugli emendamenti proposti dal Parlamento europeo, lo stato di avanzamento dei lavori preparatori registra, in data 20.5.2014, il parere della Commissione in prima lettura.

Si tratterebbe di uno strumento opzionale messo a disposizione dei contraenti di vendite transfrontaliere, idoneo a consentire la deroga consensuale al diritto internazionale privato e l'adozione in sua vece di una disciplina uniforme a protezione della parte debole.

L'istituzione dello strumento opzionale costituisce una delle misure alternative che la Commissione europea aveva proposto nel Libro Verde «Sulle opzioni possibili in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese» (45) al fine di potenziare l'attività di impresa e rafforzare la fiducia dei consumatori per il mercato unico.

A tal proposito, il Parlamento europeo si era espresso favorevolmente all'istituzione dello strumento opzionale, quale unico mezzo per eliminare le divergenze riscontrabili tra le differenti discipline nazionali, superando i principali ostacoli in cui si imbattono gli operatori nelle attività transfrontaliere (46).

La proposta di Regolamento non si propone di investire in modo parziale

(45) Si veda supra nt. 25, p. 11.

(46) Cfr. Risoluzione Parlamento europeo 8 giugno 2011, n. A7-164/2011. Il Parlamento europeo si è, in particolar modo, dichiarato favorevole all'istituzione dello strumento opzionale mediante un regolamento comunitario che, in virtù della sua applicazione diretta, potrebbe assicurare ai contraenti un elevato grado di certezza giuridica e contribuire al miglioramento del mercato interno. Lo strumento facoltativo dovrebbe essere poi completato con la creazione di modelli standard di contratto a livello comunitario, connessi anche ad un sistema di risoluzione alternativa delle controversie transfrontaliere. Opportuno sarebbe anche che i contraenti venissero informati adeguatamente sul livello di tutela dei diritti dei consumatori, al fine di assicurare alle parti una scelta libera e consapevole circa l'applicabilità dello strumento opzionale in ordine al diritto nazionale o internazionale.

Quanto alla relazione tra il futuro Regolamento e il regolamento Roma I, alcuni chiarimenti vengono offerti dal parere reso dal Servizio giuridico del Consiglio dell’Unione Europea in data 26.10.2012 [2011/0284 (COD): «Il servizio giuridico ritiene che (1) l'opzione, per le parti di un

contratto, di scegliere il futuro regime comune europeo di diritto della vendita come applicabile al loro contratto non costituisca una scelta della legge applicabile ai sensi del regolamento "Roma I"; di conseguenza, l'applicazione del regolamento "Roma I" non sarà pregiudicata dall'adozione del regolamento "diritto della vendita"». Infatti la “scelta della legge applicabile”, ai sensi del

diritto internazionale privato, non si riferisce alla scelta tra due regimi diversi all'interno di uno stesso ordinamento giuridico statale, ma consiste nello scegliere l'ordinamento giuridico statale applicabile al loro contratto; diversamente, la scelta che faranno le parti contraenti quando opteranno per il regime comune di diritto della vendita sarà operata all'interno dell'ordinamento giuridico di uno stesso Stato membro, e non tra gli ordinamenti giuridici di Stati membri diversi. Per quanto concerne l'ambito di applicazione invece il Parlamento europeo ha ritenuto opportuno che lo strumento disciplini i contratti tra professionisti (in particolare piccole e medie imprese) e consumatori, regolando i rapporti nazionali ed internazionali mediante le questioni essenziali del diritto contrattuale e norme specifiche per la disciplina dei contratti più frequenti.

solo taluni isolati aspetti delle fattispecie contrattuali, per di più con una portata incompleta, quanto invece cerca di offrire una regolamentazione compiuta, razionale ed organica valevole per qualsiasi vendita mobiliare conclusa tra un venditore ed un compratore, al di là della veste che il medesimo assume e dello scopo in forza del quale egli agisce (47).

Inoltre, dall'esame della proposta emerge che l'approccio seguito nella disciplina dei vari aspetti dell'istituto trattato risulta completo, esaustivo ed autosufficiente (48).

Quanto all'ambito di applicazione soggettivo, è necessario che la parte venditrice sia un «professionista» (ex art. 2, lett. e), Reg.) - ossia un soggetto, persona fisica od ente collettivo, privato o pubblico, che contragga per l'alienazione di un bene mobile nell'esercizio della propria attività imprenditoriale - e la parte acquirente un consumatore (ex art. 2, lett. f), Reg.) (49).

(47) Si delinea un corpus organico di precetti, articolato in una «parte generale» suscettibile di essere applicato anche a contratti diversi dalla vendita mobiliare, cui fa seguito una «parte speciale» recante le disposizioni specificamente rivolte ai contratti di vendita di beni mobili. (48) Dall'analisi del testo della proposta non emergono lacune da dover essere colmate dal legislatore nazionale e l'art. 11 prevede in modo espresso che le materie affrontate dalle disposizioni della proposta sono disciplinate in via esclusiva dal Regolamento, se è scelto come legge applicabile al rapporto; mancando una espressa soluzione nel Regolamento medesimo per certe questioni, queste vanno interpretate sistematicamente ai principi cui lo stesso è ispirato. Per contro, le norme del diritto nazionale saranno applicabili alla fattispecie solo per gli aspetti non presi in considerazione dalle norme del Regolamento (cfr. anche considerando n. 27 e 29 della Proposta).

(49) Quanto alla nozione di consumatore, il testo della proposta, così come emendato dalla Risoluzione del Parlamento europeo 26 febbraio 2014, estende la tradizionale nozione di consumatore - in termini di persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale - prevedendo che possa essere considerato tale anche la persona fisica che concluda un contratto «per fini che parzialmente

rientrano nel quadro delle attività commerciali della persona e parzialmente ne restano al di fuori e lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto».

Si badi poi che il testo originario della proposta trovava applicazione anche quando entrambe le parti del contratto fossero professionisti, purché in tale ipotesi almeno una, indifferentemente il compratore o il venditore, fosse una «piccola e media impresa» (art. 7): si tratta di un riferimento soppresso dalla Risoluzione del Parlamento europeo 26 febbraio 2014.

Ad ogni modo, con riferimento al teso della proposta ante emendamento del Parlamento europeo, si era sottolineato, quanto all'opportunità della limitazione del campo di applicazione della proposta di Regolamento, come l'ambito applicativo generale delle disposizioni del futuro diritto comune europeo della vendita ne avrebbe permesso l'estensione anche alle vendite mobiliari stipulate da una parte venditrice non professionista o anche concluse da due grandi imprese; anzi proprio tra grandi imprese, dotate di pari forza contrattuale, avrebbe potuto esserci una decisione

Giova ribadire che il futuro Regolamento verrà applicato solo se scelto concordemente ed espressamente dalle parti (meccanismo di c.d. opt-in) e, dunque, l'operatività di tale nuovo strumento dipenderà dalla sola volontà dei contraenti: se nel testo definitivo non vi saranno cambiamenti, l'effettivo utilizzo del nuovo Regolamento, come legge regolatrice dei contratti di vendita mobiliare transfrontalieri, dipenderà, di fatto, dalla parte con il maggior peso nell'economia del rapporto (50).

6. (Segue) La scelta del legislatore di ricorrere allo strumento del

regolamento: verso un cambiamento delle tecniche di incidenza del diritto europeo sul diritto interno?

La scelta del legislatore europeo di adottare la fonte regolamentare, in luogo dell’usuale direttiva in materia di diritti dei consumatori, solleva degli spunti di riflessione sul mezzo normativo prescelto (51).

A prima vista, l'attenzione rivolta al regolamento potrebbe spiegarsi per la necessità di risolvere, con una modalità più netta e forte, il problema della revisione dell'acquis communautaire: l'immediata efficacia vincolante per gli Stati e l'obbligatorietà in tutti i suoi elementi potrebbero forse essere la soluzione più idonea ad uniformare in modo completo gli istituti disciplinati dal regolamento stesso.

veramente condivisa per l'applicazione del Regolamento. Si era auspicato quindi che le limitazioni di carattere soggettivo attualmente presenti venissero modulate nel testo definitivo (DE

CRISTOFARO G., op. cit., p. 366). Tuttavia, come si è visto supra (p. 23), secondo il testo della proposta emendato (art. 7) «il diritto comune europeo della vendita può applicarsi ai soli contratti

in cui il venditore di beni o il fornitore di contenuto digitale sia un professionista».

(50) Solo nelle ipotesi in cui i contratti vengano conclusi tra parti effettivamente dotate di forza contrattuale equivalente si potrà dire che la scelta del Regolamento è stata oggetto di una trattativa vera e propria condotta su di un piano di parità. Negli altri casi la decisione di rendere il Regolamento operativo sarà rimessa alla iniziativa della parte contrattuale in grado di imporre, per la sua forza contrattuale, l'adozione di condizioni standardizzate da lei predisposte unilateralmente. (DE CRISTOFARO G., op. cit., p. 366 ss.).

(51) In tema di fonti derivate del diritto dell'Unione Europea si veda TESAURO G., Diritto

La portata generale, più ampia rispetto al solo obbligo di risultato tipico delle Direttive, impedirebbe agli Stati di diversificare le soluzioni adottate in sede nazionale, così evitando la frammentarietà normativa.

Tuttavia, la maggiore incisività dell'intervento del legislatore dell'Unione europea nelle competenze dei singoli Stati potrebbe far sollevare delle perplessità in ordine alla sua stessa legittimità: si pensi, in particolare, al rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà, regolanti l'esercizio delle competenze attribuite dai Trattati all'Unione Europea (52).

Peraltro, con riferimento al sopramenzionato aspetto, la disciplina del Regolamento comune europeo della vendita sembra apparire in linea con il principio di sussidiarietà e proporzionalità di cui all'art. 5 del Trattato sull'Unione Europea per le seguenti ragioni (53).

In primo luogo, l'obiettivo alla base della proposta ha un chiaro scopo transnazionale, ovverosia la creazione di un diritto comune europeo per le vendite transfrontaliere, e, in quanto tale, non può essere conseguito attraverso la sola competenza legislativa dei diversi Stati membri, ma necessita di un intervento a livello dell'Unione.

Pertanto, la proposta di Regolamento appare in linea con il principio di sussidiarietà, regolante l'esercizio delle competenze dell'Unione europea nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, tra i quali è ricompresa la politica di protezione dei consumatori (art. 4, paragrafo 2, lett. f, T.F.U.E.).

In secondo luogo, le ragioni della proporzionalità della medesima proposta

(52) Si veda art. 5, paragrafi 3 e 4, T.U.E. : «In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che

non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene solo se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale, né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione».

«In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si

limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati».

(53) Cfr. sul punto la Relazione della Commissione di accompagnamento della proposta di Regolamento, p. 10. Tuttavia la reazione dei Parlamenti nazionali è stata negativa, mossa dall'accusa al legislatore comunitario di aver eccessivamente invaso il campo lasciato agli ordinamenti nazionale e di aver violato il principio di sussidiarietà. Malgrado la natura opzionale dello strumento proposto si realizza comunque il risultato di affermare una primazia del diritto contrattuale europeo rispetto ai diritti nazionali (cfr. Parere del Regno Unito, dell'Austria e della Repubblica federale di Germania in http: //www.europarl.europa.eu/).

si rinvengono sia nell'ambito di applicazione limitato alle vendite transfrontaliere, sia nella natura facoltativa e volontaria delle sue disposizioni, che si aggiungono alle norme sui contratti nazionali, senza pretesa alcuna di loro sostituzione.

Si aggiunga, inoltre, che la ragione della commistione nel medesimo testo normativo di regole riferibili al contratto in generale e regole proprie del singolo tipo ovverosia la vendita, poggia su un duplice fondamento, sistematico e di politica legislativa.

Da un lato, il modo di essere di qualsiasi contratto deriva dalla convergente combinazione di regole generali e particolari proprie a ciascun tipo negoziale: si è così offerta una regolamentazione concernente sia i profili di disciplina specifici del paradigma contrattuale della vendita, sia i profili generali, seppur connessi a quella parte di disciplina che può riguardare il contratto di vendita, e ciò in attesa di individuare in queste norme una vera e propria «Parte generale» del contratto europeo.

Dall'altro, la scelta di politica legislativa di fondo esprime l'esigenza di predisporre un assetto completo di regole per uno specifico settore, in un'ottica di armonizzazione piena, seppur settoriale perché limitata al tipo contrattuale della vendita.

Quanto al contenuto della proposta di Regolamento comune europeo della vendita, dall’analisi della stessa emerge come tra i suoi obiettivi assuma un significativo rilievo la tutela del libero volere dei contraenti, venendo infatti espressamente disciplinati i vizi del consenso nella sua parte generale (54). Ed ispirata dalla medesima istanza risulta anche la previsione di una disciplina relativa agli obblighi informativi e al diritto di recesso (55).

Rinviando l'analisi di tale tematica ai capitoli successivi, si può cogliere, sin d’ora, il peso che il consenso negoziale assume in ogni tipologia di contrattazione, anche se non necessariamente connotata da posizioni di squilibrio.

Laddove poi uno dei contraenti, non solo consumatore, rivesta un ruolo

(54) Sul punto, cfr. parte II, capo 5 [COM (2011) 653 def., del 11.10.2011]. (55) Cfr. parte II, capo 2 e capo 4 [COM (2011) 653 def., del 11.10.2011].

negozialmente sbilanciato rispetto all’altro, le istanze volte a ripristinare lo squilibrio contrattuale emergono con significativa incisività e il fine primario diventa allora la predisposizione di mezzi a tutela di quel consenso negoziale, non obbligatoriamente riferibile alla figura soggettiva del consumatore.

Sembra allora, come si avrà cura di meglio esplicitare nei paragrafi seguenti, che l’attore consumatore, a fronte dell’emergere nel mercato di nuovi soggetti il cui volere negoziale esige altrettanta protezione, vada progressivamente perdendo quel ruolo di esclusiva preminenza e dominanza che ricopriva nell’originario sistema di diritto contrattuale europeo.

7. Lo squilibrio negoziale tra contratto asimmetrico e terzo contratto: le