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NEL DIRITTO DEI MARCHI CINESE, 2001-2013: L’INTERAZIONE DI LEGGE E GIURISPRUDENZA

Raffaello Girotto

SOMMARIO: 1. Il diritto della proprietà intellettuale nella Repubblica Po-

polare Cinese: cenni introduttivi. 2. La normativa cinese sul marchio. 3. Regi- strazione ed amministrazione dei marchi. 4. Il ruolo del giudice nell’ordina- mento cinese. 5. Le fonti del diritto cinese. 6. Sviluppo giurisprudenziale e accoglimento nella legge (I): la concezione funzionale dell’“uso del marchio”. 7. Sviluppo giurisprudenziale e accoglimento nella legge (II): il parametro del rischio di confusione. 8. La policy guida l’evoluzione del diritto: applicazione estensiva delle norme contro lo squatting. 9. Osservazioni. Un’evoluzione “graduale e disomogenea” presieduta dai giudici. 10. La politica del diritto come “motore” dell’attività di “apripista” dei giudici. 11. “Contribuire al- l’evoluzione del diritto”, ma non “creare diritto”: come i Tribunali del Popolo vedono se stessi. 12. Il ruolo di alcuni formanti giuridici nell’evoluzione del diritto cinese dei marchi. 13. Epilogo: innovazioni dal 2014 al 2017.

1. Il diritto della proprietà intellettuale nella Repubblica Popolare Ci- nese: cenni introduttivi

La tutela giuridica della proprietà intellettuale attribuisce a chi ha compiuto uno sforzo creativo un diritto esclusivo allo sfruttamento dei relativi risultati. Se così non fosse, il creativo sarebbe svantaggiato nel- la concorrenza contro chi si limita a sfruttare i risultati del suo sforzo senza averlo compiuto in proprio. La tutela giuridica della proprietà intellettuale si esprime attraverso tre principali strumenti: brevetto, marchio e diritto d’autore.

La Cina, patria delle “quattro grandi invenzioni” (carta, stampa, pol- vere da sparo e bussola), conosce da secoli forme di protezione delle invenzioni, dei segni distintivi commerciali, delle opere letterarie. La qualificazione teorica da dare a tali forme di protezione è oggetto di un

sempre acceso dibattito fra gli studiosi1. In via di prima approssimazio- ne basti dire che la Cina imperiale non conosce una “tutela giuridica della proprietà intellettuale” nel senso che manca un sistema di norme generali e astratte posto a tutela di diritti soggettivi aventi per oggetto beni immateriali.

“I divieti di produrre repliche di libri datano fin dall’epoca Song [960-1279, NdR]”: così si esprime, all’inizio del Novecento, lo storico Ye Dehui2. Numerosi colophon di edizioni a stampa di epoca Song ri- portano l’avvenuta dichiarazione del libro alle autorità e fanno divieto ai terzi di riprodurre l’opera3

. Parallelamente, è documentata sin dal- l’epoca Song la pratica dei commercianti di usare con regolarità un cer- to segno per contrassegnare i propri prodotti. Nella città di Suzhou, nel 1736, le autorità locali fanno incidere su una pietra ed esporre al pub- blico la pronuncia emanata contro Huang Youlong, colpevole di avere contraffatto il segno usato da un concorrente sui propri tessuti4. Nel 1881, l’imperatore Guangxu concede a Zheng Guanying un “brevetto” decennale relativo a una tecnica di tessitura a macchina5. Questi i primi

1 Il dibattito accademico sembra riguardare principalmente: (i) le finalità – pubblici-

stiche o privatistiche – delle forme di tutela documentate; (ii) il configurarsi di tali for- me di tutela come privilegio concesso dall’alto o riconoscimento di posizioni soggetti- ve; (iii) la presenza o assenza di una reale attività dello stato a tutela di invenzioni, se- gni distintivi e opere. A mero titolo esemplificativo, contro la possibilità di rinvenire nella Cina imperiale una vera e propria “tutela giuridica della proprietà intellettuale” si sono pronunciati W.P. ALFORD, To Steal a Book is an Elegant Offense, Stanford, 1995 (si vedano soprattutto i capitoli introduttivi) e CHEN JIANFU, Chinese Law: Context and

Transformation, Leiden-Boston, 2008, pagg. 565 ss.; a favore di tale possibilità si

schiera invece – quantomeno relativamente al diritto d’autore – ZHENG CHENGSI, Sulla

proprietà intellettuale (知识产权论), Pechino, 1998, pagg. 4 ss.

2 YE DEHUI, Conversazioni pure nella foresta dei libri (书林清话), ed. a cura di LI

QINGXI, Shanghai, 2008, pag. 36.

3 Il testo di alcuni di tali colophon sembra voler tutelare non solo un interesse del-

l’editore, ma anche un interesse dell’autore. Ciò ha spinto alcuni studiosi a ritenere che nella Cina imperiale esistesse già una forma di diritto d’autore affine a un diritto civili- stico: ZHENG CHENGSI, op. cit., pagg. 14 ss.

4 Z

UO XUCHU, Storia breve dei marchi cinesi moderni (中国近代商标简史), Shan-

ghai, 2003, pag. 124.

5 Z

esempi di tutela dell’opera letteraria, del segno distintivo commerciale e dell’invenzione che chi scrive è riuscito a rintracciare.

Nel suo Nuovo trattato sull’assistenza nel governo (资政新篇, Zīzhèng Xīnpiān) del 1859, Hong Rengan, esponente di spicco della ribellione Taiping, propugna l’adozione di un sistema di tutela legisla- tiva delle invenzioni mediante brevetti di durata graduata. L’opera pro- pone politiche per lo sviluppo economico della Cina, traendo ampio spunto dagli ordinamenti esteri.

Nel 1861 il governo imperiale istituisce l’organo dei Ministri del commercio per i mari settentrionali e meridionali, incaricati di sovrain- tendere al commercio estero e di amministrare la tutela dei marchi dei mercanti stranieri. I Ministri sono il primo organo amministrativo cen- trale cinese deputato all’amministrazione dei marchi. Nel 1890, conce- dono il primo marchio a un operatore cinese6.

Nel 1898 l’imperatore Guangxu promulga il Regolamento sulla con- cessione di incentivi alla tecnica, considerato il primo atto legislativo cinese in tema di brevetti7. Durante i tentativi di riforma che precedono immediatamente la fine dell’Impero, il governo promulga il Regola- mento pilota per la registrazione dei marchi (1904) e la Legge sul dirit- to d’autore Qing (1911), primi atti normativi nelle rispettive materie. Tutti rimarranno sostanzialmente lettera morta.

Varie ragioni si possono addurre a spiegare il mancato sviluppo di una “tutela giuridica della proprietà intellettuale” come sopra definita. Ragioni economiche, come la scarsa circolazione dei prodotti. Ragioni politiche: nota dominante della politica economica imperiale è il princi- pio “privilegiare l’agricoltura e frenare il commercio” (重农抑商, zhòngnóng-yìshāng). Ragioni lato sensu giuridiche, come la scarsa pro- pensione a tutelare le posizioni giuridiche individuali.

Più chiare, invece, le ragioni dei primi tentativi di introdurre tale tu- tela al crepuscolo dell’Impero: pressione delle potenze occidentali, le

6 Q

U CHUNHAI, Valutazione di fatti storici attinenti alle negoziazioni sino-estere ri-

guardanti il Regolamento pilota sulla registrazione dei marchi alla fine della dinastia Qing (清末中外关于《商标注册试办章程》交涉史实考评), in Archivi Storici (历史档案), 4, 2012, pagg. 87-95.

7 W

ANG LING, ZHENG MIN, Diritto commerciale internazionale (国际商法), Pechi-

quali chiedono protezione per i diritti dei propri operatori economici, e uso della proprietà intellettuale come strumento per incentivare lo svi- luppo economico del Paese.

Il governo (cosiddetto “nazionalista”) della Repubblica di Cina (1912-1949) disciplina la proprietà intellettuale con alcune leggi setto- riali, le quali si collocano nel quadro generale del codice civile (pro- mulgato progressivamente a partire dal 1929). A causa della forte insta- bilità politica e di svariati eventi bellici – il governo nazionalista non arriverà mai a controllare l’intero Paese –, tale legislazione conosce un’applicazione molto limitata.

La primissima legislazione della Repubblica Popolare (1949-oggi) riconosce taluni diritti individuali sulle opere dell’ingegno e sui segni distintivi. Il Regolamento provvisorio sulla protezione dei diritti sulle invenzioni e del diritto di brevetto (1950) prevede una serie di diritti dell’inventore sull’invenzione (artt. 4-7). Il Regolamento provvisorio sulla registrazione dei marchi (1950) prevede un diritto esclusivo al marchio (artt. 12, 18 e 29). Una serie di delibere approvate nel 1950 dall’Amministrazione statale per l’editoria sembra riconoscere all’auto- re taluni diritti sulle proprie opere8.

Già nel 1957, il Regolamento provvisorio sulla protezione del diritto d’autore su opere pubblicate sembra vedere il diritto d’autore più come uno strumento per mantenere l’ordine socialista che come un mezzo per proteggere gli interessi dei singoli titolari9. Nel 1963, in piena crisi del- le relazioni sino-sovietiche e alla vigilia della “Rivoluzione culturale”, il nuovo Regolamento sugli incentivi alle invenzioni stabilisce che “tut- te le invenzioni appartengono allo Stato” e prevede una generale facoltà dei terzi di sfruttare le invenzioni (art. 23). Il Regolamento per il con- trollo dei marchi emanato nello stesso anno non contiene disposizioni sulla tutela del diritto individuale al marchio10.

8 N

IE JIANQIANG, The Enforcement of Intellectual Property Rights in China, Londra,

2006, pag. 180.

9 C

HEN GE, Copyright and International Negotiations – An Engine of Free Expres-

sion in China?, Cambridge, 2017, pag. 74. 10 N

IE JIANQIANG, op. cit., pag. 180. Sulla prima legislazione della Repubblica Po-

La “Rivoluzione culturale” (1966-1976) paralizza per un decennio la tutela giuridica della proprietà intellettuale: “l’operaio di acciaieria non indica il proprio nome sui lingotti che ha prodotto; così l’intellettuale non ha motivo di voler apporre il proprio nome alle sue opere”11

. Fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, in sintonia con la nuova po- litica di “riforma e apertura”, la Cina aderisce ai principali accordi in- ternazionali in materia di proprietà intellettuale12. Del 1982 è la prima Legge sui marchi; del 1984 la prima Legge sui brevetti; del 1990 la prima Legge sul diritto d’autore. Nasce così, per la prima volta, un si- stema cinese di “tutela giuridica della proprietà intellettuale” realmente applicato.

I Tribunali, ripresa l’attività dopo la paralisi della “Rivoluzione cul- turale”, si fanno carico dell’applicazione della normativa; a dispetto del ruolo di mera bouche de la loi che l’ordinamento attribuisce loro (v. § 4), daranno un contributo fondamentale non solo all’applicazione del sistema della proprietà intellettuale, ma alla sua stessa costruzione. Il presente studio ha appunto per oggetto (seppur limitatamente alla materia dei marchi) l’entità e i modi di tale contributo.

Nel 2001, per aderire all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), la Cina dovrà aderire all’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (c.d. Accordo TRIPs) e modificare di conseguenza la propria legislazione.

L’odierno sistema cinese di tutela della proprietà intellettuale sem- bra nascere in risposta a pressioni estere e come strumento per attrarre investimenti e tecnologie esteri, nell’ottica dello sviluppo economico

People’s Republic of China on Industrial and Intellectual Property, in Law and Con- temporary Problems, estate 1973, pagg. 274-292.

11 L’affermazione, comune negli anni della “Rivoluzione culturale”, è citata da

CHEN GE, op. cit., pag. 75; W.P. ALFORD, op. cit., pag. 56; NIE JIANQIANG, op. cit., pag. 181.

12 Elenchiamo di seguito le date di adesione della Cina ai principali trattati in mate-

ria: Convenzione istitutiva dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettua- le (1980); Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale (1984); Accordo di Madrid sulla registrazione internazionale dei marchi (1989); Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registra- zione dei marchi (1994); Trattato sul diritto dei marchi (1994); Protocollo relativo al- l’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi (1995).

del Paese13. Chi scrive ravvisa un’analogia fra le dinamiche che, alla fine dell’Impero, conducono il governo Qing a tentare di tutelare giuri- dicamente la proprietà intellettuale e quelle che, qualche decennio fa, hanno indotto la Repubblica Popolare a ripercorrere gli stessi passi.

Nel prosieguo del presente studio tratteremo il contributo dato dai giudici – nell’interazione con il formante legislativo – alla costruzione del sistema cinese della tutela giuridica del marchio. Le conclusioni che ne ricaveremo non solo sono aperte alla verifica nei contigui campi del brevetto e del diritto d’autore, ma saranno forse applicabili per rico- struire le modalità evolutive del diritto cinese in generale.

2. La normativa cinese sul marchio

La normativa cinese sul marchio è composta da documenti di varia provenienza, natura e forza. Ai fini di questo paragrafo definiamo lata- mente “normativa” ogni atto promanante dallo Stato o dai suoi organi che rilevi per la soluzione delle problematiche giuridiche connesse al marchio14.

Il “diritto cinese dei marchi” oggetto del presente studio nasce nei primi anni Ottanta, periodo in cui la politica di “riforma e apertura” (改革开放, găigé kāifàng) voluta da Deng Xiaoping dà alla Cina l’ob- biettivo di dotarsi di un sistema giuridico completo ed efficiente. La Legge Marchi della Repubblica Popolare Cinese, promulgata nel 1982 ed entrata in vigore l’anno seguente, abroga ogni precedente atto nor- mativo in materia (art. 43) e regola per la prima volta in maniera orga- nica, seppure scarna, il quadro della registrazione e amministrazione dei

13 C

HEN JIANFU, Chinese Law: Context and Transformation, Leiden-Boston, 2008,

pag. 565.

14 La precisazione è d’obbligo. Alcuni tipi di atti normativi cinesi sono del tutto

sconosciuti ai sistemi giuridici di civil law occidentali ed è anzi lecito dubitare che si tratti di veri e propri “atti normativi” nel senso in cui noi intendiamo questa locuzione; la maggior parte delle fonti normative, inoltre, assume nel sistema giuridico cinese un ruolo diverso rispetto a quello delle corrispondenti fonti dei sistemi di civil law occi- dentali (v. § 12).

marchi, i diritti dei titolari, le condotte di violazione del marchio altrui e la responsabilità da esse derivante.

La prima riforma della Legge Marchi, effettuata nel 1993, non com- porta un ripensamento complessivo dell’assetto preesistente. Epocale è invece la riforma del 2001, coincidente con l’adesione all’Organizza- zione Mondiale del Commercio (WTO). Questa, fra le altre innovazio- ni, prevede la ricorribilità in giudizio delle decisioni amministrative in materia di marchi; la registrazione di marchi da parte di singole persone fisiche; la tutela del marchio tridimensionale; la tutela del marchio ce- lebre.

Infine, la riforma del 2013, entrata in vigore il 1° maggio 2014, in- troduce rilevanti innovazioni, alcune delle quali saranno esaminate nel presente studio.

Ai sensi della Legge Marchi del 2013 e della previgente Legge Mar- chi del 2001 (d’ora in poi, per brevità, rispettivamente LM 2013 e LM 2001), la registrazione e l’amministrazione dei marchi sono demandate per l’intero Paese all’ufficio centrale dell’Amministrazione Statale per l’Industria e il Commercio (国家工商行政管理总局, Guójiā gōng- shāng xíngzhèng guănlĭ zŏngjú; d’ora in poi, per brevità, AIC), la quale esercita tali funzioni attraverso un Ufficio Marchi (商标局, Shāngbiāo jú) e un Comitato per l’Esame e l’Assegnazione dei Marchi (商标评审委员会, Shāngbiāo píngshĕn wĕiyuánhuì; d’ora in poi, per brevità, CEAM) (art. 2 LM 2013; art. 2 LM 2001).

Quanto alla fonte del diritto al marchio, la Legge Marchi accoglie una versione piuttosto rigida del modello c.d. first-to-file: il diritto al marchio spetta a chi lo abbia registrato per primo, essendo in principio irrilevante l’uso del marchio precedente alla registrazione. In questo senso il diritto cinese segue il modello dei Paesi occidentali di civil law e quello giapponese, preferendolo al sistema first-to-use dei Paesi an- glosassoni15. Fanno eccezione al principio first-to-file le norme volte ad arginare la registrazione in malafede di marchi già usati da altri e dotati di qualche notorietà (principalmente gli artt. 15, 32, 44 LM 2013; ri-

15 Un sistema di tutela del marchio ispirato al modello first-to-use è invece vigente

ad Hong Kong, in continuità con la tradizione giuridica britannica. Il sistema di Macao è più vicino a quello della Cina continentale giacché, in linea con la tradizione porto- ghese, è improntato al modello first-to-file.

spettivamente artt. 15, 31, 41 LM 2001) e le norme sul marchio cele- bre, il quale può ricevere tutela a prescindere dalla registrazione (artt. 13-14 LM 2013 e LM 2001).

La violazione del marchio altrui può comportare responsabilità civi- le (artt. 56 ss. LM 2013; artt. 51 ss. LM 2001) e penale (artt. 61, 67 LM 2013; artt. 54, 59 LM 2001). La disposizione fondamentale in tema di violazione di marchio è l’art. 57 LM 2013 (art. 52 LM 2001), il quale tipizza le condotte di infrazione del diritto altrui. La vittima dell’infra- zione può intraprendere due principali vie rimediali: l’“azione ammini- strativa” e l’azione in giudizio (artt. 60 ss. LM 2013; artt. 53 ss. LM 2001). I rimedi accordati in sede amministrativa sono l’inibitoria del comportamento denunciato e il risarcimento dei danni; l’Amministra- zione può altresì irrogare sanzioni pecuniarie. La decisione amministra- tiva è ricorribile dinnanzi ai Tribunali del Popolo, i quali però possono essere aditi anche indipendentemente dall’esperimento di una previa azione amministrativa.

La Legge Marchi è corredata da un vasto ed eterogeneo catalogo di atti emanati da organi amministrativi e giurisdizionali. Si tratta princi- palmente dei seguenti tipi di atti: (i) Disposizioni Attuative emanate dal Consiglio di Stato (国务院, Guówùyuàn); (ii) regolamenti emanati dal Ministero del Commercio, dall’AIC, dall’Ufficio Marchi, dal CEAM e da altri organi amministrativi; (iii) testi interpretativi di fonte giudizia- ria (司法解释, sīfă jiéshì); (iv) “testi divulgativi” di fonte giudiziaria o amministrativa; liste di casi esemplari; (v) atti normativi di portata ge- nerale, fra cui i Principi Generali del Diritto Civile, la Legge Penale, la Legge di Procedura Civile e la Legge sulla Concorrenza Sleale. Le fon- ti più interessanti ai fini del presente studio – quelle di fonte giudiziaria – saranno presentate in maggiore dettaglio al § 5.

3. Registrazione e amministrazione dei marchi

Chi intenda ottenere la registrazione di un marchio deve presentare apposita domanda all’Ufficio Marchi (art. 4 LM 2013 e LM 2001); le persone fisiche o giuridiche estere non possono condurre in prima per- sona gli adempimenti per la registrazione, ma devono essere rappresen-

tate da un agente autorizzato (art. 18 LM 2013 e LM 2001). Il marchio va richiesto in relazione a una specifica categoria di prodotti o servizi (art. 22 LM 2013, art. 19 LM 2001); le categorie sono stabilite da una Classificazione di prodotti e servizi, la quale traspone nel diritto interno la Classificazione internazionale di Nizza.

All’esito di un esame preliminare, il marchio è preliminarmente ap- provato e viene pubblicato nella gazzetta dell’Ufficio Marchi (art. 28 LM 2013, art. 27 LM 2001). Entro tre mesi dalla pubblicazione è possi- bile opporsi alla registrazione; qualora non sia proposta alcuna opposi- zione, il marchio è approvato (art. 33 LM 2013, art. 30 LM 2001)16. Chi si veda rifiutare la registrazione di un marchio può ricorrere presso il CEAM.

Il marchio, una volta ottenuto, è valido per dieci anni (art. 39 LM 2013, art. 37 LM 2001) ed è rinnovabile per ulteriori periodi decennali.

Il CEAM riesamina in sede amministrativa le decisioni dell’Ufficio Marchi contro cui una parte abbia proposto ricorso; vi sono però casi in cui esso è adito in prima istanza17. Contro le decisioni del CEAM è pos- sibile proporre ricorso in sede giudiziaria (artt. 34, 35 LM 2013, artt. 32, 33 LM 2001): la decisione del Comitato diviene così oggetto di un processo amministrativo. Il ricorso in giudizio avverso le decisioni del CEAM è devoluto per competenza territoriale ai Tribunali del Po- polo della municipalità di Pechino.

Il corpus di norme che presiede all’attività dell’Ufficio Marchi e del CEAM è vasto e articolato. Oltre alla Legge Marchi e alle sue Disposi- zioni Attuative, i principali testi sono i seguenti: (i) Linee Guida per

16 V. C. DEVONSHIRE-ELLIS, A. SCOTT, S. WOOLLARD (a cura di), Intellectual Prop- erty Rights in China, 2011, pagg. 16-17.

17 Le principali tipologie di casi trattate dal CEAM sono le seguenti: i) riesame del

rigetto di domande di registrazione da parte dell’Ufficio Marchi (art. 34 LM 2013, art. 32 LM 2001); ii) riesame di decisioni dell’Ufficio Marchi sull’opposizione alla registrazione altrui (art. 35 LM 2013, art. 33 LM 2001); iii) riesame di decisioni del- l’Ufficio Marchi in merito alla revoca di marchi registrati ai sensi degli artt. 44.1 LM 2013 (art. 41.1 LM 2001) (revoca del marchio per mancanza di liceità o di capacità distintiva o per registrazione ottenuta con “frode o altri mezzi illegittimi”) e 49 LM 2013 (44 LM 2001) (revoca del marchio per alterazione o trasferimento non approvato dall’Ufficio Marchi o per non uso triennale); iv) domande di revoca di marchi registrati ai sensi degli artt. 44 e 45 LM 2013 (art. 41 LM).

l’esame dei marchi, da ultimo emanate nel dicembre 2016 dall’Ufficio Marchi e dal CEAM, le quali pongono i criteri per l’esame dei marchi ai fini della registrazione e della risoluzione delle relative dispute in sede amministrativa18; (ii) Classificazione di prodotti e servizi, emanata dall’AIC, la quale suddivide i prodotti e i servizi ai fini della registra- zione dei marchi in 45 categorie, ricalcate su quelle della Classificazio- ne internazionale prevista dall’Accordo di Nizza; (iii) Regolamento per l’esame e l’assegnazione dei marchi, il quale pone i criteri di base per l’attività del CEAM (la versione più recente è stata emanata dall’AIC nel 2014)19.

4. Il ruolo del giudice nell’ordinamento cinese

Gli organi giudiziari occupano, nell’architettura istituzionale cinese, una posizione nettamente subordinata. Le Procure del Popolo e i Tribu- nali sono responsabili “nei confronti degli organi detentori del potere statale che li hanno creati” (artt. 128 e 133 della Costituzione della Re- pubblica Popolare Cinese); inoltre l’attività dei Tribunali è costante- mente controllata dalle corrispondenti Procure, in quanto “organi dello Stato preposti alla supervisione legale” (art. 129 della Costituzione). A ciò si aggiungano le varie forme del controllo svolte dal Partito comu- nista e dai vari Comitati politico-giuridici che riuniscono organi del Partito e organi di governo20. Inoltre, i Tribunali del Popolo non godono

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