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Saggi di diritto economico e commerciale cinese

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Academic year: 2021

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SAGGI DI DIRITTO ECONOMICO

E COMMERCIALE CINESE

a cura di

Ignazio Castellucci

2019

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QUADERNI DELLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

39

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presente volume è stato valutato e approvato da un Referee esterno alla Facoltà a seguito di una procedura che ha garantito trasparenza di criteri valutativi, autonomia dei giudizi, anonimato reciproco del Referee nei confronti di Autori e Curatori.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

© Copyright 2019

by Università degli Studi di Trento Via Calepina 14 - 38122 Trento

ISBN 978-88-8443-832-4 ISSN 2284-2810

Libro in Open Access scaricabile gratuitamente dall’archivio IRIS - Anagrafe della ricerca (https://iris.unitn.it/) con Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Italia License.

Maggiori informazioni circa la licenza all’URL: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode

Il presente volume è pubblicato anche in versione cartacea, per i tipi di Editoriale Scientifica - Napoli, con ISBN 978-88-9391-499-4.

Gennaio 2019

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SAGGI DI DIRITTO ECONOMICO

E COMMERCIALE CINESE

a cura di

Ignazio Castellucci

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INDICE

Pag. Ignazio Castellucci

Presentazione ... 1 Ignazio Castellucci

Homo oeconomicus sinicus. Frammenti di un’antropologia dia-cronica del businessman cinese ... 5 Gianmatteo Sabatino

Legal Features of Chinese Economic Planning ... 33 Raffaello Girotto

Concetti in evoluzione nel diritto dei marchi cinese, 2001-2013: l’interazione di legge e giurisprudenza ... 79 Alexia Ruvoletto

Competition Law in the People’s Republic of China. Leniency Policy in China’s Fight against Cartels ... 123 Vittorio Tortorici

Company and Foreign Investment Laws with Chinese Character-istics. An Example on How to Mix Market Rules and Socialist Principles ... 169 Alessio Santosuosso

Sports Law in China. From the Origin to China’s 2015 Football Reform ... 193 Matteo D’Agostini

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PRESENTAZIONE

Nel 2005 la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento de-cide, prima in Italia, di offrire un corso di diritto cinese agli studenti del Corso di Laurea.

Idea lungimirante e feconda, arricchita dalla partecipazione di do-centi cinesi che hanno condiviso l’insegnamento con il sottoscritto; e da molti eventi collaterali, spesso organizzati dagli stessi studenti, come alcuni seminari, proiezioni cinematografiche, persino una “gita scola-stica” a Pechino finanziata dalla Provincia autonoma di Trento1

. Tra i prodotti del corso – dopo qualche anno di insegnamento con dispense, e poi con un libretto più o meno artigianale di appunti rilegati – vi è an-che un mio libro di testo edito con il Dipartimento, an-che mi risulta letto e impiegato a fini didattici anche lontano da Trento, diffondendo anche così la notorietà dell’Ateneo e delle sue attività sempre innovative2.

Nel corso degli anni, molti bravissimi studenti hanno seguito il cor-so con entusiasmo, con risultati lusinghieri nelle rilevazioni del loro gradimento. La Facoltà e l’Ateneo hanno messo a disposizione i mezzi finanziari per permettere a uno o due laureandi per anno di andare in Cina a svolgere ricerche “sul campo”, poi rifluite nelle loro tesi di lau-rea – quasi tutte premiate con il massimo dei voti e la lode.

Molti dei laureati trentini in diritto cinese, o in diritti dei paesi del-l’Asia (come si chiamava il corso nei primi anni), hanno poi avuto car-riere di alto profilo nelle istituzioni, in importanti studi legali

1 Si è trattato di un’esperienza formativa interamente ideata da studenti, nel quadro

del progetto “Oltre i confini” della Provincia autonoma di Trento: insieme a un Funzio-nario provinciale ho accompagnato studenti di varie Facoltà lungo un interessante per-corso, avviato con alcuni seminari svolti in Italia prima della partenza e concluso al ritorno da una bella pubblicazione, non priva di sostanza, prodotta dagli stessi studenti e pubblicata dalla Provincia: AA.VV., Alla scoperta della Cina: incontri e riflessioni di

un’esperienza formativa, Trento, 2008. 2 I. C

ASTELLUCCI, Rule of Law and Legal Complexity in the People’s Republic of

China, Trento, 2012; mi consta il volume è stato usato per l’insegnamento del diritto

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zionali, o proseguendo gli studi in programmi Master all’estero, o nel dottorato di ricerca trentino; in un caso avviando una promettente car-riera accademica tra l’Italia e la Cina.

Una bella conferenza si è tenuta a Trento per il decennale del corso, nel 2016, con la partecipazione di Gabriele Crespi Reghizzi e di Sandro Schipani – in diverso modo, due punti di riferimento per chi in Italia si occupa oggi di diritto cinese; e di Xue Jun, che per molti anni ha condi-viso con me l’insegnamento nel corso.

In quella sede è nata l’idea di questo volume. Alla base, una consi-derazione molto semplice: dietro ognuna delle tesi di laurea trentine in diritto cinese vi è un lavoro serio e vera ricerca, a dispetto della giovane età e della poca o nulla esperienza dei candidati. Ho imparato molto dalle loro ricerche: con un’appropriata guida e lavorando sodo i ragazzi hanno delimitato ambiti precisi di ricerca e li hanno scandagliati, rinve-nendo dati nuovi e interessanti, poi messi a sistema con il contesto e a volte valorizzati in modo nuovo; producendo così, ad oggi, una quindi-cina di tesi circa che complessivamente costituiscono un incremento significativo nella conoscenza del diritto cinese, nel panorama non solo italiano.

Quelle tesi sono un prodotto intellettuale fresco, bello, utile e, con-siderato il modesto impegno finanziario della Facoltà e dell’Ateneo, molto costo-efficiente: si tratta, alla fin fine, di un innovativo format di micro-finanziamento per la ricerca, in cui è valorizzato al meglio un piccolo impiego di risorse pubbliche e l’impegno di giovani brillanti; è stato quindi quasi banale pensare di renderne i prodotti disponibili me-diante la pubblicazione, riconoscendo i dovuti onori ai meritevoli – piuttosto che, ad esempio, pubblicando un libro a mia sola firma co-struito in parte importante sui loro sforzi.

L’insegnamento attivato a Trento, con impegno finanziario minimo, è divenuto insomma un motore di didattica innovativa, ricerca di fron-tiera, placement, grazie all’impegno dei ragazzi e al supporto della Fa-coltà e dell’Ateneo. E ci siamo anche divertiti!

La selezione di solo alcune tra quelle tesi ai fini di questa pubblica-zione è obbligata dai limiti fisici del volume; pur sapendo che si anda-vano a tralasciare altri lavori ugualmente meritevoli si è dovuto

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sceglie-re. Si sono scelti lavori recenti e su aree contigue, per dare attualità e coerenza alla raccolta.

Un libro occidentale sul diritto economico e commerciale cinese non può non aprirsi con la presa d’atto di diversità socio-economiche, stori-che e giuridistori-che tra Cina e Occidente tali da impedire ogni pretesa di completezza nello spazio di un singolo volume. I saggi qui raccolti of-frono tuttavia al Lettore alcuni significativi frammenti del sistema giu-ridico cinese; nel descriverne specifici aspetti, tentano anche di rivelar-ne la trama gerivelar-nerale, e i principi socialisti sottesi ai reticolati normativi nei settori trattati (diritto societario, proprietà intellettuale, antitrust, e così via). Non solo ogni lavoro è pregevole e rilevante, ma il loro in-sieme permette di vedere i contorni e alcune caratteristiche sistemiche significative del diritto economico cinese – di cui quello che noi defi-niamo “diritto commerciale” è una parte.

La concezione di questo volume, infine, permette di fare a meno di alcuna postfazione o capitolo conclusivo – che non avrebbe senso in una ricerca appena avviata e certo destinata a non esaurirsi tanto presto. L’obiettivo è quello di permettere una prima acquisizione dei tratti complessivi di un sistema ancora abbastanza indefinito, oltre che in continuo stato di flusso: ha forse più senso squadernare, al termine del mio breve capitolo introduttivo, alcune chiavi di lettura per orientarsi nella lettura dei saggi presentati e nelle ulteriori letture che ci auguria-mo seguiranno – con l’avvertenza che si tratta comunque di strumenti provvisori, suscettibili di affinamento e mutamenti con il progredire delle riforme cinesi e degli studi e ricerche al riguardo.

L’impegno di tutti ha dato frutti straordinari, che ripagano di un im-pegno della Facoltà e del sottoscritto ormai ben più che decennale, e degli sforzi degli autori dei saggi qui presentati: ringrazio loro, prima di chiunque altro. Ringrazio il Preside Giuseppe Nesi, che ha entusiasti-camente aderito all’idea di pubblicare questo volume; e tutti gli Amici e Colleghi della Facoltà trentina che dal 2005 mi supportano, e sopporta-no. Soprattutto, ringrazio gli studenti che ho visto passare negli anni sui banchi trentini e con cui ho interagito, insegnando e imparando.

Questo libro è dedicato a Gabriele Crespi Reghizzi.

Maestro del diritto socialista e sovietico, è anche stato tra i primi ita-liani a fare ricerca sul diritto cinese, con particolare attenzione al diritto

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economico e commerciale3. Il suo insegnamento rimarrà fondamentale per generazioni di studiosi della materia – fino agli autori di questi sag-gi e prevedibilmente anche per quelli che seguiranno. Con questa rac-colta di scritti, e con animo grato, gli rendiamo affettuoso omaggio.

Trento, dicembre 2018

I.C.

3 Sarebbe troppo lungo snocciolare qui tutti i suoi scritti di diritto socialista,

sovieti-co, cinese, e/o sul commercio e arbitrato internazionale dei paesi socialisti. Ne cito solo due: il suo primo saggio sul diritto cinese, in ordine di tempo, è il frutto di una corposa ricerca “sul campo” svolta in piena rivoluzione culturale, quando il diritto cinese era materia davvero pionieristica, per non dire esoterica: Legal Aspects of Trade with

Chi-na: The Italian Experience, in 9 Harvard Journal of International Law (1968), 85-139.

Di quel periodo è anche il suo fondamentale volume L’impresa nel diritto sovietico, Milano, 1969, in cui è analizzato in profondità il rapporto tra economia, politica e dirit-to (privadirit-to, pubblico, civile, commerciale ed economico) nel contesdirit-to dell’U.R.S.S., con molti insegnamenti ancora pienamente utilizzabili, mutatis mutandis, per la lettura del sistema cinese di oggi.

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HOMO OECONOMICUS SINICUS

FRAMMENTI DI UN’ANTROPOLOGIA DIACRONICA DEL BUSINESSMAN CINESE

Ignazio Castellucci

SOMMARIO: 1. A mo’ d’introduzione. 2. Homo oeconomicus sinicus. 3. Due

tipi a confronto. 4. L’homo oeconomicus socialisticus e l’operatore economico cinese di oggi. 5. La divergenza. 6. I saggi raccolti in questo volume.

1. A mo’ d’introduzione

Non serve spendere troppo inchiostro per segnalare la rilevanza del diritto cinese in questo momento storico. Si tratta di un sistema com-plesso e composito, giovane ma con radici antiche, in formazione e cre-scita rapidissima. Il sistema giuridico cinese nel suo insieme è portatore di valori culturali, politici, economici e giuridici diversi da quelli della Western Legal Tradition; i suoi sviluppi nell’ultimo quarantennio pos-sono descriversi, con sintesi accettabile, come frutti dell’ibridazione tra la venerabile tradizione giuridica e culturale cinese, il diritto socialista di matrice sovietica, e vari modelli giuridici di origine occidentale1.

Senza voler disquisire sulle classificazioni delle aree del diritto – fluide da noi, figuriamoci da loro – rileviamo la contiguità tra due ma-croaree giuridiche che sovrintendono alla vita economica cinese, ogget-to dei saggi raccolti in quesogget-to volume e per noi approssimativamente identificabili con il diritto dell’economia e con il diritto commerciale: la prima più pubblicistica e più segnata dalla tradizione nazionale e socia-lista; la seconda più influenzata dai modelli occidentali2.

1 I. C

ASTELLUCCI, Rule of Law and legal complexity in the People’s Republic of

China, Trento, 2012, spec. Cap. I. 2 G. C

RESPI REGHIZZI, Evoluzioni del nuovo diritto commerciale cinese, in Il

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La cornice e il tessuto connettivo del sistema politico-giuridico cine-se è un modello generale definito dagli stessi cinesi yīfă zhìguó (依法治国), “governo dello Stato secondo la legge”: la versione ag-giornata in salsa cinese delle nozioni di “legalità socialista” e rule by law degli studi di diritto socialista del XX secolo3.

Rispetto al modello socialista “classico” del XX secolo il sistema economico cinese di oggi include un settore privato a livello di super-potenza mondiale per quantità, qualità, innovazione. Un modello rule by law “a geometrie variabili” – col classico modello di legalità sociali-sta che produce miscele diverse di normatività tecnico-giuridica e gov-ernance socialista, secondo il maggiore o minore interesse pubblico connesso alle diverse aree governate, o anche al singolo caso regolato – è la risposta alle esigenze normative e di governo di questa economia di mercato con caratteristiche socialiste e cinesi. Le dimensioni economi-che pubblica e privata sono più vicine tra loro e più connesse economi-che non da noi; il confine tra esse è sfumato, e più numerosi e invasivi sono i controlli pubblici, anche nel campo del diritto commerciale4.

La compresenza di aspetti privatistici e pubblicistici nell’economia e nel diritto socialista di mercato cinese – libertà e controllo, imprese

3 Sul diritto delle esperienze socialiste europee del XX secolo esiste da decenni una

ricca letteratura in lingua italiana: v., ad es., R. SACCO, G. CRESPI REGHIZZI, Rassegna

delle fonti del diritto civile, dell’economia e della famiglia nei paesi socialisti, in An-nuario di diritto comparato e di studi legislativi (suppl.), 1967; G. CRESPI REGHIZZI, Lo

studio e l’insegnamento del diritto dei Paesi socialisti in Italia, in Riv. Dir. Agrario,

1976, 35; G. CRESPI REGHIZZI,P. BISCARETTI DI RUFFIA, La Costituzione sovietica del

1977, Milano, 1979; T. NAPOLITANO, Istituzioni di diritto sovietico, Torino, 1975;

G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, Padova, 1991, 606 ss.; G. AJANI,

Le fonti non scritte del diritto dei Paesi socialisti, Milano, 1985; ID., Diritto

dell’Euro-pa Orientale, Torino, 1996. Nella letteratura internazionale, tra i moltissimi, il classico

H.J. BERMAN, Justice in the Ussr. An Interpretation of Soviet Law, Cambridge Mass., 1963; J.N. HAZARD,W.E. BUTLER,P.B. MAGGS, The Soviet Legal System, New York,

1977; più recente, con riferimento alla Russia post-socialista, F. FELDBRUGGE, The Rule

of Law in Russia in a European Context, in ID. (ed.), Russia, Europe and the Rule of

Law, collana Law in Eastern Europe, Leyden, 2007, 203. Sulla nozione di yīfă zhìguó

v. I. CASTELLUCCI, Rule of Law…, cit., passim; ID., L’idea di Rule of Law nella

Repub-blica Popolare Cinese, in R. CAVALIERI (a cura di), Diritti, cittadini e potere in Cina,

12 Sulla via del Catai, Centro Martini Martini, Trento, 2015, 59 ss.

4 I. C

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vate e di stato, mercato e resilienza delle logiche dell’economia pianifi-cata – è chiaramente rilevabile non solo nel dato testuale di specifiche norme giuridiche, quanto soprattutto nel legame strutturale generale tra diritto e politica posto alla base del sistema socialista. Si tratta di un legame fondamentale, implicito ovunque nell’ordinamento giuridico, e “messo in chiaro” sia negli snodi critici di ogni atto normativo che nei documenti costituzionali istituzionali e politici di ogni rango.

Se i tratti generali del socialismo di mercato cinese e i relativi assetti normativi sono ormai noti anche in occidente, meno si sa sui personag-gi che popolano quel mondo: chi sono, in senso politico-personag-giuridico e so-cio-antropologico, gli operatori pubblici e privati di questo sistema economico (funzionari politici e amministrativi, manager pubblici e privati), sempre più presenti e visibili sulla scena globale?

L’Homo oeconomicus sinicus, l’idealtipo socio-antropologico che sintetizza i tratti essenziali del sistema economico cinese nel suo quoti-diano divenire, può essere ricercato e studiato sia come oggetto in sé che come prisma per capire il sistema di cui fa parte. Non è detto che il personaggio idealizzato esista, né che ve ne sia un solo “tipo” nelle di-verse epoche e contesti dell’economia cinese; ma una ricerca al riguar-do forse può rivelare una plausibile cross-section di aspetti profondi della società cinese, attraverso i suoi operatori economici di ieri e di oggi. Avviamo quindi uno studio al riguardo con una piccola analisi comparativa, osservando l’homo oeconomicus europaeum e l’homo oeconomicus sinicus all’opera nei rispettivi contesti.

L’analisi di Weber sui rapporti tra cultura, religione ed economia capitalistica, risalente a oltre un secolo fa5, che tante discussioni ha ge-nerato, è stata considerata da molti una semplificazione eccessiva e inapplicabile6; ci sembra invece che quella lettura della storia

5 M. W

EBER, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Milano, 1991

(trad. it. di A.M. Marietti); l’originale Die Protestantische Ethik und der Geist des

Ka-pitalismus è del 1905. 6 V., ad es., R.M. M

ARSH, Weber’s Misunderstanding of Chinese Law, in 106

Ame-rican Journal of Sociology (2000), 281 ss.; G. STOKES, The Fates of Human Societies:

A Review of Recent Macrohistories, in 106 American History Review (2001), 508 ss.;

H.M. ROBERTSON, Aspects of the Rise of Economic Individualism: A Criticism of Max

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ca europea abbia avuto e abbia ancora un valido fondamento7 – a patto di non cercare relazioni lineari, semplici, quasi meccaniche, di causa ed effetto tra elementi inseriti in quadri storici complessi. Tenteremo quin-di lo stesso tipo quin-di approccio, con animo leggero e con tutti i caveat del caso, anche cercando di tener conto di sviluppi che Weber e altri non avevano previsto o considerato.

Se in Weber le vicende del Nord Europa protestante e calvinista so-no contrapposte sia a quelle dell’Europa meridionale cattolica che a quelle della Cina confuciana, identificando ragioni di divergenza in par-te sovrapponibili, sembra allora una scelta ragionevole per saperne di più quella di comparare la storia economica dell’Europa meridionale, in particolare italiana, con quella cinese. La figura del mercante può offri-re un punto di osservazione inteoffri-ressante al riguardo.

Ridurre millennarie esperienze economiche al confronto tra due tipi sociologici alquanto generici, attraverso pochi frammenti di un quadro storico vastissimo e forse anche con qualche luogo comune di troppo, è operazione senz’altro troppo semplice – e tuttavia irresistibile: la com-parazione è il mestiere (giuridico) più antico del mondo8. Un’analisi esaustiva richiederebbe ben altra ampiezza e profondità: ci auguriamo che queste pagine stimolino l’avvio di fruttuose ricerche sul tema.

2. Homo oeconomicus sinicus

Nel corso del XIII secolo, mentre i mercanti dei Comuni toscani e lombardi commerciavano principalmente in Europa, Genova e la Sere-nissima Repubblica di Venezia guardavano a Oriente. Venezia, spe-cialmente, estendeva le sue reti diplomatiche e commerciali attraverso il Mediterraneo, il Mar Nero e oltre, fino agli emporii del medio oriente

7 Per tutti, E. F

ISCHOFF, L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo – Storia di

una controversia, in 11 Social Research (1944), 53-77; trad. it. A.M. Marietti, in

ap-pendice all’edizione italiana del 1991 del saggio di Weber.

8 S. G

OLTZBERG, Le droit comparé, Parigi, 2018, cap. II, Origine et développement

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e dell’Asia centrale9. Il giovane Marco Polo compie tra il 1271 e il 1295 un viaggio diplomatico e commerciale che da Venezia lo porta a conoscere paesi lontani lungo le vie terrestri e marittime della Seta, in Asia e fino in Cina – un terminale della rete economica globale che al-lora univa i mercanti del mondo conosciuto – e a ivi ricoprire a lungo vari ruoli politici per Kublai Khan, l’Imperatore cinese della dinastia (mongola) Yuan.

L’assetto politico del Catai è in quel momento favorevole alle attivi-tà mercantili tra la Cina, l’Asia e il mondo, con una rilevabile egemonia Yuan ben oltre i confini “naturalmente cinesi” dell’Impero, quelli più o meno stabilizzati nella dinastia precedente (Song) e nelle successive (Ming, Qing). Marco Polo riferirà nel racconto del suo viaggio di mer-cati fiorenti lungo la Via, della circolazione della cartamoneta inventata dall’imperatore cinese10, di un significativo ruolo del Gran Khan nel garantire la sicurezza dei mercanti fino in Persia11. Quello mongolo è un impero espansivo, veloce, multietnico e multiculturale, militaresco e mercantile, col confucianesimo di stato cinese dei secoli precedenti in-vaso, contaminato e integrato da altre ideologie, filosofie e religioni (tra cui buddismo, Islam, cristianesimo). La sua area di influenza, anche mediante altri Khanati dell’antico impero mongolo, interessa quasi tutta l’Asia, inclusa India, Persia, medio oriente; la sua economia mercantile produrrà un’intensa circolazione di capitali in tutta l’Asia12

.

9 Venezia era presente a livello istituzionale in molti empori del Mediterraneo, del

Medio Oriente e dell’Asia, con ambasciatori residenti impegnati nel dare assistenza commerciale ai connazionali in transito, e nello svolgere attività diplomatica e di

intel-ligence economica in cooperazione con i mercanti stessi, a uso e consumo sia di questi

ultimi che del governo della Serenissima; C. MARCON,N. MOINET, L’Intelligence

Éco-nomique, Parigi, 2006, 32-33; C. JEAN, P. SAVONA, Intelligence economica, Soveria Mannelli, 2011, 51.

10 Il Milione, cap. 95; l’introduzione della moneta cartacea risale probabilmente

all’età Song, intorno all’undicesimo secolo; M. ELVIN, The Pattern of the Chinese Past,

Stanford, 1973, 156-159.

11 Il Milione, cap. 32, in Persia: “Questi sono mala gente: tutti s’uccid[o]no tra loro,

e se non fosse per paura del signore, cioè del Tartaro del Levante, tutti li mercatanti ucciderebboro”.

12 Con un significativo drenaggio di risorse cinesi verso i paesi stranieri, come

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Ro-Il clima sarà, con alti e bassi, mediamente meno favorevole alle libe-re attività mercantili nei successivi periodi delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911) – fra crisi monetarie e agricole, choc demo-grafici e politiche imperiali antimercantiliste. Si tenderà a privilegiare l’agricoltura, ad aumentare il controllo pubblico delle attività economi-che, a creare vasti monopoli; in generale, a favorire la dimensione pub-blica o pubblico-privata dell’economia, anche mercantile13, e a restrin-gere regolare e controllare i commerci con l’estero14

. Ne scaturiranno il lento indebolimento dell’Impero, tensioni socio-economiche e, alla lun-ga, anche i conflitti del XIX secolo con le potenze occidentali e il Giappone che accompagneranno l’Impero verso la fine. Solo in alcune città portuali autorizzate come Guangzhou (Canton) restano relativa-mente vivaci le attività mercantili, tollerate anche nei periodi di mag-gior chiusura15, pur regolamentate in maniera tendenzialmente stretta16; ma si nota ad esempio la scomparsa della moneta cartacea, già diffusa nel periodo Yuan, e persino di quella metallica17.

Con la reazione statualista dell’età Ming e Qing torna a prevalere la cultura della tradizione confuciana, sia dal punto di vista sociale che di governo. Il mercante torna ad essere, in teoria, un soggetto

ma-Bari, 2014, p. 158, che produrrà nelle dinastie successive una reazione orientata a un forte controllo pubblico sull’economia.

13 P. SANTANGELO, L’Impero cinese agli inizi della storia globale, Roma, 2011,

vol. I, 158-205; vol. II, 48-69; ID., L’impero del Mandato Celeste, cit., 67 ss., 156 ss.

14 ID., L’Impero cinese agli inizi della storia globale, cit., vol. II, 69 ss. 15 Ibid. 53-54.

16 Consiglio l’affascinante libro di T. BROOK, M. Selden’s Map of China: Decoding the Secrets of a Vanished Cartographer, New York, 2013, sulla storia della celebre

mappa di epoca Ming donata dal giurista John Selden alla Bodleian Library dell’Uni-versità di Oxford; l’Autore svolge una dettagliata ricostruzione storica per rinvenire l’origine della mappa nel contesto del controllo imperiale di età Ming sui commerci marittimi e sulle vie di navigazione nel mar cinese meridionale – tema geopoliticamente “caldo” ancora oggi, in cui si ripropone in chiave attuale lo scontro giuridico e ideolo-gico tra Selden, teorico del mare clausum sottoposto alla potestà di un sovrano, e Ugo Grozio, che invece propugnò l’idea del mare liberum.

17 Gaspar da Cruz, frate dominicano che visitò la Cina verso la metà del XVI

seco-lo, tornò in Portogallo nel 1564 e pubblicò nel 1570 il suo Tratado das coisas da China, riferisce nel Capitolo XI del Tratado di come nei mercati di Canton non si usasse mo-neta alcuna, né cartacea né metallica, effettuandosi i pagamenti con argento a peso.

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namente indecente” e “legisticamente disprezzato”18. Al tempo stesso, però, vanno emergendo grandi famiglie di mercanti, in grado di stabili-re rapporti cooperativi col potestabili-re e anche di esprimestabili-re un cstabili-rescente numero di letterati destinati al governo dell’impero. Queste famiglie svolgono grandi commerci autorizzati interprovinciali o con l’estero; ed esprimono i sempre più importanti guanshang – i mercanti di Stato, gestori dell’economia pubblico-privata dell’Impero: un ceto di monopo-listi (sale, rame, ginseng), gestori di commesse pubbliche, procurers di forniture militari, esattori delle tasse, cambisti, finanzieri, etc.19.

La tradizionale avversione dei governanti per i mercanti, a quel pun-to e a quel livello, è superata dalla simbiosi tra le due categorie nella pratica20. Lo status sociale dei grandi mercanti ora è elevato; essi di-vengono benefattori pubblici e mecenati21. Le famiglie maggiori inte-grano il sistema imperiale con funzioni di governo territoriale e sociale,

18 L’avversione verso i mercanti è invero uno dei punti di consonanza tra le due

maggiori scuole classiche del pensiero cinese, quella confuciana e quella legista: Pan Ku, storico imperiale di epoca Han, nella sua Chien Han Shu (Storia della dinastia Han

anteriore), cap. 24, I, riferisce di come “con la decadenza della Casa di Chou [Zhou,

nella traslitterazione oggi corrente – n.d.a.] i riti e le leggi furono sempre più trascura-ti… nessuno… si asteneva dal … disprezzare ciò che è fondamentale, l’agricoltura. I contadini divennero pochi e i mercanti molti… alcuni, grazie al potere del loro denaro, poterono diventare padroni degli altri”; riportato da P. FILIPPANI RONCONI, Storia del

pensiero cinese, Torino, 1964, II ed. 1992, 23. D’altro canto nello Shang Jun Shu (Il libro del Signore di Shang), classico della letteratura legista databile attorno al IV

seco-lo a.C., nel terzo capitoseco-lo Agricoltura e guerra è reiteratamente affermato che la poten-za e il successo dello Stato dipendono da agricoltura e guerra, che rendono il popolo semplice, disciplinato, concentrato; mentre l’insuccesso deriva dal cedimento alle mol-lezze del confucianesimo (para. 2) e dall’inclinazione delle persone insignificanti a occuparsi “del commercio, dell’arte e dei mestieri, per evitare l’agricoltura e la guerra, mettendo così lo Stato in una condizione di pericolo” (para. 3). La coincidenza su que-sto tema di dottrine di governo autoritario e dirigista per altri versi molto distanti tra loro segnala, alla fin fine, la natura intrinsecamente libertaria e tendenzialmente insoffe-rente al controllo pubblico delle attività mercantili.

19 P. S

ANTANGELO, L’impero del Mandato Celeste, cit., 144 ss.; ID., L’Impero

cine-se agli inizi della storia globale, vol. II, cit., 51-68;D.A. BELL,Confucian Constraints

on property Rights, in D.A. BELL,HAHM CHAIBONG (eds.), Confucianism for the

Mod-ern World, Cambridge, 2003, 219-220. 20 M. E

LVIN, The Pattern of the Chinese Past, cit., 292.

21 P. S

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mutuo soccorso, regolazione interna22, istruzione, polizia, esazione del-le tasse23. Le gilde cooperano col Magistrato imperiale nel governo del-l’economia, riconoscendo e tutelando gli usi, creando regole giuridiche, approntando sistemi di regolazione delle controversie mercantili24. Il Magistrato supervisiona le gilde e rivede le liti mercantili in grado di appello; d’altro canto egli normalmente si attiene, nel farlo, alle regole e alle decisioni corporative, cui spesso si limita a prestare il braccio della forza pubblica; e si avvale spesso del potere di rinviare le liti di-rettamente sottopostegli all’arbitrato presso le associazioni di settore25.

Il modello socio-economico è fortemente caratterizzato in senso lo-calista: anche le istituzioni corporative delle comunità mercantili – con cui il potere politico locale e il Magistrato imperiale cooperano attiva-mente – producono statuti, regole e pratiche di commercio e di soluzio-ne delle controversie mercantili pensate, interpretate e applicate spesso in danno dei forestieri26. Solo nel 1900 le gilde locali, tradizionalmente riservate agli associati, diverranno camere di commercio pubbliche, con leggi nazionali e regolamenti locali, corti arbitrali e procedure moderne, in cui svolgere e regolare le attività intersettoriali e il commercio con gli stranieri27. Istituzioni e corti locali resteranno però sempre ben poco

22 T. ZHANG, The Laws and Economics of Confucianism, cit., spec. 211-212;GOH

BEE CHEN, Law without Lawyers, Justice Without Courts: on Traditional Chinese

Me-diation, Aldershot, 2002, 69 ss. 23 M. ELVIN, op. cit., 292-293.

24 R.K. WAGNER, Alternatives to Magistrate Justice: Merchant Guild Dispute Reso-lution and the Foreign Trader Driven Litigation and Arbitration Reforms of Late Impe-rial and Early Republican China, in 4 J. of Comp. Law (2009), 2, 257-290, 260; GOH

BEE CHEN, Law without Lawyers, Justice Without Courts, cit., 73 ss.; S.D. GAMBLE, J.S. BURGESS, Peking: a Social Survey, Oxford, 1921, 163-164; W.K.K. CHAN,

Mer-chant Organisations in Late Imperial China: Patterns of Change and Development, in

15 Journal of the Royal Asiatic Society of the Hong Kong Branch (1975), 28 ss., 29; D.J. MACGOWAN, Chinese Guilds or Chambers of Commerce and Trades Unions, in 21

Journal of the China Branch, Royal Asiatic Society (1886), 133 ss. 25 M. D

YKSTRA, Beyond the Shadow of the Law: Firm Insolvency, State-Building,

and the New Policy Bankruptcy Reform in Late Qing Chongqing, in Frontiers of Histo-ry in China, 2013, 8(3), 406-433, 417 ss.

26 I

BID., passim e spec. 420-422.

27 R.K. W

AGNER, Alternatives to Magistrate Justice: Merchant Guild Dispute

(23)

indipendenti, al tempo degli yamen imperiali come nella Cina sociali-sta, strutturalmente inserite nel sistema di potere locale.

Il rapporto dei corpi sociali intermedi con l’autorità imperiale è quindi, in principio, cooperativo; ma è anche segnato da forze centrifu-ghe e tensioni. Da un lato, vi sono i tentativi o le velleità di controllo da parte di un impero inadeguato, in un contesto segnato dalla presenza di gruppi agnatizi estesi politicamente ed economicamente forti28. Dall’al-tro, vi è il contesto essenzialmente pluralista della società cinese, carat-terizzato dalla centralità dei gruppi familiari, dalle associazioni profes-sionali, delle reti di rapporti personali29; e le inclinazioni dei ceti emer-genti, inclusi gli stessi guanshang e i pubblici funzionari o incaricati di servizi pubblici, a muoversi nelle zone grigie della legge imperiale, ol-tre che della morale corrente – quando non proprio a disapplicare, elu-dere, violare quella legge attuando alimentando o tollerando abusi, cor-ruzione, evasione fiscale, contrabbando, estorsioni30.

La crescita economico-politica dei grandi gruppi agnatizi e una certa diversificazione dei loro interessi – non più limitati all’agricoltura, e sempre più vicini alla vita delle città31, al commercio, all’industria, al-l’esercizio delle attività di monopolio pubblico –, sempre con relativa avversione al rischio mercantile e preferenza per la gestione dei propri affari all’ombra del potere politico, segna dunque il modello economi-co-politico cinese di età Ming e Qing fino alla fine dell’Impero.

Un processo storico-economico in parte analogo sarà rilevabile nelle economie di Giappone e Corea del XIX-XX secolo, caratterizzate da uno stretto rapporto tra Stato e grandi gruppi economici familiari; l’ac-celerazione che si avrà in Giappone dalla seconda metà del XIX secolo produrrà ivi – la Cina imperiale probabilmente si muove in ritardo, e non ne avrà più il tempo – una rapida industrializzazione a opera di grandissimi conglomerati economici su base familiare: gli Zaibatsu,

28 T. Z

HANG, The Laws and Economics of Confucianism, cit., passim, spec.

211-212.

29 G

OH BEE CHEN, Law without Lawyers…, cit., cap. 3, spec. 52-58.

30 V. H

ANSEN, Negotiating Daily Life in Traditional China: How Ordinary people

Used Contracts 600-1400, New Haven-Londra, 1995, 144-146;P. SANTANGELO,

L’Im-pero cinese agli inizi…, cit., vol. II, 48-68; M. ELVIN, op. cit., 248 e 290-291.

31 M. E

(24)

sciolti d’autorità dopo la seconda guerra mondiale e poi rinati con la diversa forma giuridica dei Keiretsu32. La Corea, paese economicamen-te ancor più arretrato e più chiuso al mondo della Cina imperiale, cessa di esistere come entità politicamente autonoma più o meno insieme alla Cina, tra la fine del XIX secolo e il 1910; colonia giapponese dal 1910 al 1945, rinasce nella seconda metà del XX secolo come una tigre (eco-nomica, nella parte meridionale; e militare in quella settentrionale), producendo al Sud la versione locale degli Zaibatsu, i Chaebol – esatta traduzione in coreano del termine giapponese –, grandi, ricchi, coopera-tivi con l’autorità governativa e in grado di influenzarne le politiche33.

3. Due tipi a confronto

Emergono alcune similitudini storiche tra i due tipi dell’homo economicus italicus e dell’homo oeconomicus sinicus, sopra descritti.

La pratica della mercatura fiorisce in un’Europa politicamente frammentata a partire dal secolo XIII, specie in alcune città dell’Italia34, nelle Fiandre e in qualche altra città d’Europa; l’allentamento dei vin-coli feudali nei confronti del Papato e dell’Impero e l’autonomia delle città italiane aveva prodotto un certo numero di città libere, con econo-mie mercantili e/o marinare in crescita.

L’evoluzione della figura del mercante caratterizza l’Italia, e poi tut-ta l’Europa continentut-tale, dall’età di mezzo all’età contemporanea: ini-zialmente un artigiano, magari bravo e intraprendente, egli estende gra-dualmente le sue attività coinvolgendo i familiari, e poi cerchie crescen-ti di parencrescen-ti, amici, dipendencrescen-ti, soci, finanziatori35. Egli accompagna

32 G. COLOMBO,A. ORTOLANI, capitolo Giappone, in M. MAZZA (a cura di), I si-stemi del lontano Oriente, vol. V. XVII, Trattato di Diritto Pubblico Comparato ed Europeo diretto da G.F. FERRARI, Padova, 2019.

33 I. C

ASTELLUCCI,A. SERAFINO, capitolo Corea, in M. MAZZA (a cura di), I sistemi

del lontano Oriente, cit. 34 A. S

APORI, Il mercante italiano nel medioevo, Milano, 1983; è la raccolta di

quat-tro conferenze tenute da A. Sapori all’École Pratique des Hautes Études di Parigi nel 1948, originalmente pubblicata in francese nel 1952.

35 A. S

(25)

così il passaggio dall’età dell’economia curtense, di sussistenza e di piccoli traffici, a quella di un’economia commerciale a raggio crescente – cittadina, regionale, internazionale – produttiva di nuove ricchezze attraverso lo scambio. Nasceranno, nel tempo, meccanismi di miglio-ramento e moltiplicazione della capacità economico-produttiva, della capacità finanziaria, di condivisione e ottimizzazione dei rischi associa-ti alle grandi intraprese dell’età nuova che andava sorgendo36.

Le famiglie delle élite cittadine, sempre più dedite ai commerci, al-largano i loro interessi dalla gestione del latifondo, alle arti e mestieri, alla mercatura, alla finanza, e infine al governo della cosa pubblica: caso paradigmatico è quello dei Medici a Firenze37.

Vi è in quel tempo, in Italia come in Cina, un vasto spazio economi-co puntuato dalla presenza di importanti città economi-commerciali, in un siste-ma di governo centrale debole o inesistente o comunque rispettoso delle attività commerciali e delle forme di autoorganizzazione e autonomia del ceto mercantile; e di poteri locali forti e vissuti dagli interessati co-me estensione politica delle attività economiche delle famiglie maggio-ri. La diaspora mercantile cinese in molti paesi dell’Asia ha prodotto nei secoli colonie e comunità mercantili in luoghi lontani dal Regno di Mezzo, i cui operatori mantenevano i loro modi di vivere e di fare affa-ri; così costituendo nei mercati regionali e globali di allora comunità mercantili residenti etnicamente caratterizzate, chiuse rispetto alle so-cietà ospitanti, collegate e collaboranti coi potentati familiari ed eco-nomici nelle varie provincie di origine in madrepatria38 – similmente per certi aspetti ai Lombardi, come venivano chiamati i mercanti italia-ni nell’Europa settentrionale del XIII secolo39; o ai veneziani, di cui

36 Ibid.; V. COMITO, Storia della finanza d’impresa, Torino, 2002, vol. I, 39-229. 37 J. BURCKHARDT, La civiltà del Rinascimento in Italia, Basilea, 1860.

38 P. SANTANGELO, L’Impero cinese agli inizi della storia globale, Roma, 2011,

vol. II, 72; C.H. YEN, The Chinese in Southeast Asia and Beyond: Socioeconomical and

Political Dimensions, Singapore, 2008; I. RAE,M. WITZEL, The Overseas Chinese of

South East Asia: History, Culture, Business, New York, 2008; M. STUART-FOX, A short

History of China and Southeast Asia: Tribute, Trade, and Influence, Crows Nest NSW,

2003; L. SURYADINATA,TAN CHEE BENG, Ethnic Chinese in Southeast Asia: Overseas

Chinese, Chinese Overseas or Southeast Asians?, in L. SURYADINATA (ed.), Ethnic

Chinese as Southeast Asians, New York, 1997. 39 A. S

(26)

abbiamo già menzionato la rete di cooperazione e di intelligence pub-blica-privata, politica e commerciale, in Asia e Medio Oriente.

Immerso in una realtà familista, cattolica, paternalista nella società e nelle istituzioni, il mercante italiano medievale ha qualcosa che lo ac-comuna al collega cinese, come emerge dagli studi storici hic et hinde: egli è radicato nel suo territorio, nella sua comunità e nella sua cultura locale; è dinamico, ma cosciente anche di un certo tradizionale disvalo-re civile o morale tradizionalmente associato al commercio pdisvalo-resso la società dei non-mercanti. Devoto il giusto, a suo modo, e cosciente del valore sociale e commerciale della sua reputazione, egli è formalmente attento agli obblighi religiosi sociali e corporativi, e più o meno since-ramente impegnato nelle attività e reti di reti di mutua assistenza40. Cer-ca la vicinanza, il conforto del potere politico, con cui coopera traendo-ne betraendo-neficio e tenta di entrare in simbiosi, se può; cerca al tempo stesso di perseguire l’interesse proprio e della propria famiglia, anche muo-vendosi ai limiti delle regole – limiti peraltro sfocati, in un contesto pluralista che sempre offre più vie per giustificare giuridicamente o mo-ralmente le proprie condotte.

L’etica professionale e sociale della grande famiglia mercantile ita-liana ruota41, come per l’omologa cinese, intorno alle idee di famiglia,

40 Caratteristiche rilevate sia da A. SAPORI, op. cit., 9-35, che, mutatis mutandis, in

M. DYKSTRA, Beyond the Shadow of the Law, cit.; R.K. WAGNER, Alternatives to

Mag-istrate Justice: Merchant Guild Dispute Resolution…, cit.;P. SANTANGELO, L’impero

del Mandato Celeste, cit., 144 ss.; ID., L’Impero cinese agli inizi della storia globale, vol. II, cit., 51-68.

41 La tradizionale compenetrazione tra relazioni familiari e attività economiche, sia

in Cina che in Italia, si riflette nei rispettivi ambienti giuridici: la stretta correlazione tra pratiche commerciali cinesi e regole del diritto di famiglia è segnalata in T. RUSKOLA,

Corporation Law in Late Imperial China, 2018, no. 18-444 della serie Emory Legal Studies Research Paper, disponibile su SSRN: https://ssrn.com/abstract=3140756. Nel

diritto commerciale italiano questa storica relazione è segnalata ad es. in A. SAPORI,

op. cit., 9-35; G. OPPO, Codice civile e dirito commerciale, in Scintilae Iuris – Studi in

memoria di Gino Gorla, Milano, 1994, t. II, 1279 ss., 1300-1301; essa continua a

carat-terizzare la società italiana e (l’evoluzione de)i suoi assetti normativi, come dimostra anche, ad es., la relativamente recente introduzione del “patto di famiglia” (art. 768-bis ss., c.c.) – su cui v. F.P. TRAISCI, Il divieto di patti successori nella propsettiva di un

(27)

lavoro, impegni corporativi o comunitari per attività di welfare42, co-munità e affective networks43 di vario tipo che includono la dimensione sia pubblica che privata. Le ricerche storiche sul carattere e le vicende delle élite mercantili cinesi sembrano anche generare qualche risonan-za, e quelle sulle famiglie mercantili italiane rivelare qualche continui-tà, con le ricerche degli anni ’50 e ’60 del XX secolo sul “familismo amorale” in Italia44 – avendo l’accortezza di trasporne la lettura, nelle vicende medievali, al livello delle grandi comunità locali associate a un gruppo gentilizio; mettendo insomma al centro della scena le entità che esprimono l’unità di base nel sistema sociale ed economico.

Il mercante medievale italiano è il progenitore del capitalismo fami-lista, relazionale e sempre filo-governativo “all’italiana” che attraverse-rà, come un filo rosso, l’economia della penisola nel Rinascimento e in età moderna, nell’Italia unita e fino a oggi. Gli omologhi cinesi avviano grandi gruppi familiari-economici che pure stabiliranno rapporti com-parabili con la e nella politica ed economia dell’Impero. Zaibatsu e Chaebol saranno i risultati in Giappone e Corea delle locali traiettorie di un fenomeno socio-economico e politico almeno in parte analogo.

Italia e Cina rappresentano due società all’avanguardia nell’econo-mia e nella società dei secoli XIII e XIV, rimaste poi indietro con la fine del medioevo rispetto alle potenze emergenti nordoccidentali. Al di là delle letture weberiane di questa divergenza storica, certamente rile-vanti, l’Italia viene senz’altro fermata dalla geopolitica d’Europa, fatta da grandi Stati nazionali emergenti alla fine del medioevo con cui le piccole entità politiche italiane non potevano competere. Non è ancora del tutto chiaro, invece, quali siano le cause che hanno determinato ne-gli stessi secoli la fine della crescita economica cinese45; ma le

42 V., ad es., J. CHAN, Giving Priority to the Worst Off: A Confucian Perspective on Social Welfare, in D.A. BELL,HAHM CHAIBONG (eds.), Confucianism for the Modern

World, Cambridge, 2003, 236 ss. 43 V., ad es., L

EW SEOK-CHOON,CHANG MI-HYE,KIM TAE-EUN, Affective Networks

and Modernity: the Case of Korea, in D.A. BELL,HAHM CHAIBONG (eds.),

Confucian-ism for the Modern World, Cambridge, 2003, 201 ss. 44 E.C. B

ANFIELD, The Moral Basis of a Backward Society, 1958; trad. it. Le basi

morali di una società arretrata, Bologna, 1976. 45 V. infra, paragrafo 5.

(28)

sioni e la profondità strategica dell’impero cinese permetteranno a quel sistema politico-economico – a differenza di quello italiano frammenta-to in comunità politiche troppo piccole per reggere l’urframmenta-to della moder-nità – di operare relativamente indisturbato fino all’inizio del XX seco-lo, con un modello vecchio di almeno sei-sette secoli.

La storia cinese conferma anzi la presenza di un sistema mercantile certamente vasto, ma qualitativamente meno evoluto rispetto al coevo sistema italiano, e poi europeo, della lex mercatoria46: le ricerche sulle età Song, Yuan, Ming e Qing rivelano un’economia essenzialmente di mercanti di beni mobili, con aspetti tecnici relativamente non sofistica-ti, basata quasi esclusivamente su contratti di compravendita o locazio-ne, sul prestito a usura, sulle operazioni di cambio47, sulla società in nome collettivo48, anche quando in Europa nascono e crescono le gran-di compagnie d’oltremare, e una finanza sofisticata49

: nelle fonti cinesi non vi sono molte tracce di strumenti giuridici complessi in campo fi-nanziario, né di meccanismi societari di limitazione della responsabili-tà. D’altro canto, o forse proprio per l’assenza di meccanismi di limita-zione della responsabilità, è ben sviluppato il diritto fallimentare50. Non risultano vicende equivalenti a quella italiana della nascita del diritto internazionale privato51, per la probabile natura egemonica del com-mercio cinese e delle relative regole sui popoli con cui avevano a che

46 Per tutti, F. GALGANO, Lex Mercatoria, Bologna, 1976.

47 T. ZHANG, The Laws and Economics of Confucianism, cit., 260-261; V. HANSEN, Negotiating Daily Life in Traditional China: How Ordinary people Used Contracts 600-1400, cit., passim.

48 M. ZELIN, The Merchants of Zigong: Industrial Entrepreneurship in Early Mod-ern China, New York, 2005; ID., Managing Multiple Ownership at the Zigong Salt

Yard, in M. ZELIN, J.K. OCKO, R. GARDELLA (eds.), Contract and Property in Early

Modern China, Stanford, 2004, 230 ss.; T. ZHANG, The Laws and Economics of

Confu-cianism, cit., 260. 49 V. C

OMITO, Storia della finanza d’impresa, Torino, 2002, vol. I., 39-63, 126 ss.

50 M. D

YKSTRA, Beyond the Shadow of the Law: Firm Insolvency, State-Building,

and the New Policy Bankruptcy Reform in Late Qing Chongqing, cit., passim. M. ZE -LIN, Managing Multiple Ownership at the Zigong Salt Yard, cit., passim.

51 R.

DE NOVA, Historical and Comparative Introduction to Conflict of Laws, 118

Collected Courses of the Hague Academy of International Law, Leyden-Boston, 1966, passim.

(29)

fare, e per il localismo delle istituzioni imperiali e corporative; situa-zione che pare confermata anche da una diffusa prassi di tradusitua-zione in lingue non-cinesi dell’Asia centrale e settentrionale di documenti con-trattuali cinesi in età Yuan52. Ancora un esempio: l’ambiente mercantile rinascimentale italiano, sofisticato e sicuro, permette alle scritture con-tabili di avere il ruolo, che hanno ancor oggi nel diritto commerciale, di elemento fondante lo statuto giuridico del mercante; e di poter valere, a certe condizioni previste dagli statuti corporativi o comunali, pur non essendo all’epoca obbligatorie, come prova del credito contro il mer-cante avversario nel giudizio53. Le scritture dei mercanti cinesi coevi, al contrario, hanno la sola funzione di controllo interno e vengono tenute riservate, a tutela dei segreti dell’impresa54 o per sfuggire al fisco55.

Anche le attività economiche non mercantili evolvono poco, ruotan-do anche nei secoli successivi, principalmente, intorno alla terra agrico-la e alle varie forme di concessione del godimento delagrico-la stessa, di ces-sione, di vendite dian (vendite con patto di riscatto)56, mentre l’Europa avvia velocemente la sua espansione globale e industrializzazione57.

52 V. HANSEN, Negotiating Daily Life in Traditional China, cit., 138-142. 53 A. SAPORI, op. cit., 88-96.

54 T. BROOK, M. Selden’s Map of China, cit., 90, 119. Un “libro segreto” era in

real-tà spesso presente anche nelle imprese dell’Italia in ereal-tà comunale, nel quale venivano gelosamente annotati tutti gli eventi della vita aziendale; questo libro veniva spesso acquisito dai sindaci previsti dalle norme corporative ai fini delle istruttorie fallimenta-ri, per accertare gli elementi del dissesto e per stabilire la moneta fallimentare e i diritti dei creditori; A. SAPORI, op. cit., 89-90.

55 V. H

ANSEN, Negotiating Daily Life in Traditional China, cit., 145-146; evasione

fiscale che a volte era semplice difesa, a fronte della dalla rapacità di certi funzionari o incaricati di servizi pubblici: v. M. ELVIN, The Pattern of the Chinese Past, cit., 291.

56 T. Z

HANG, The Laws and Economics of Confucianism, cit., passim, centra tutta la

propria analisi economica sulla prassi delle vendite dian in età Qing.

57 L’asse dello sviluppo economico occidentale si sposta decisamente verso il nord

Europa, a partire dal Cinquecento; v., ad es., G. BORELLI, Questioni di storia economica

(30)

4. L’homo oeconomicus socialisticus e l’operatore economico cinese di oggi

4.1. La storia cinese tra il XIX secolo e il 1948 è caratterizzata da una grave crisi istituzionale, e dall’inadeguatezza mostrata nell’incon-tro-scontro con l’Occidente che determinerà la fine dell’Impero nel 1911; e poi da frammentazione politica, instabilità, conflitti interni ed esterni.

Quanto al diritto commerciale, nella tradizione imperiale larga auto-nomia era sempre lasciata alle istituzioni corporative; il governo impe-riale era occasionalmente intervenuto specie in tarda epoca Qing per rendere più omogeneo il panorama giuridico, con leggi sia legate alla tradizione che, dalla fine del XIX secolo, a modelli occidentali58 – spe-cie tedeschi, direttamente o mediati attraverso l’esperienza giapponese.

Il Giappone aveva introdotto in quel periodo i c.d. “sei codici”

(Roppô, 六法, letteralmente “sei leggi”), basati su modelli tedeschi: una costituzione, i codici civile e penale, le due procedure, il codice di commercio (Shōhō, 商法, 1899). Il sistema giuridico della Repubblica nazionalista, pure ispirato al modello giapponese dei “sei codici”, codi-ficato negli anni ’20 e ’30 del XX secolo e tuttora vigente a Taiwan, ha però rifiutato l’idea di un codice di commercio: il “sesto codice” nazio-nalista è in realtà l’insieme delle principali leggi commerciali ed eco-nomiche (incluse assicurazioni, società, marchi, fallimento, diritto ma-rittimo)59.

4.2. La Repubblica Popolare Cinese, nata nel 1949 dopo la sconfitta dell’invasore giapponese nella seconda guerra mondiale e la ritirata dei nazionalisti sull’isola di Taiwan, inizia a costruire il suo diritto e le sue istituzioni guardando al modello sovietico; la fase del maoismo radicale

58 M. D

YKSTRA, Beyond the Shadow of the Law, cit.; R.K. WAGNER, Alternatives to

Magistrate Justice: Merchant Guild Dispute Resolution…, cit. 59 T. W

ANG, Translation, Codification, and Transplantation of Foreign Laws in

Taiwan, in 25 Washington International Law Journal (2016), 307 ss.; T. CHEN,

Trans-plant of Civil Code in Japan, Taiwan, and China: With the Focus of Legal Evolution, 6 National Taiwan University Review (2011), 389 ss.; H. CHIU,J.P. FA, Taiwan’s Legal

System and Legal Profession, in M.A. SILK, Taiwan Trade and Investment, Hong Kong,

(31)

avviata intorno alla fine degli anni ’50 produrrà tuttavia assai presto l’inoperatività delle istituzioni giuridiche, specie nel periodo (1966-1976) della “rivoluzione culturale”. In campo economico si avrà una cesura radicale col passato, dal 1949 e massime nella fase maoista: il diritto formalmente scomparirà; nella sostanza resterà interstiziale e sottotraccia, “invisibile”60

, utilizzato dagli operatori economici del Pae-se per le esigenze del commercio estero61.

Anche il nostro mercante cinese si eclisserà, come in immersione sotto la superficie di un mare in tempesta. Riemergerà nel 1978, “socia-lista di mercato”, divenendo uno dei motori dell’attuale espansione geo-economica del Dragone – ancora superando con la forza dell’economia la tradizionale avversione al mercante, già tipica della tradizione sia confuciana sia legista, ora anche dei teorici del socialismo ortodosso. Così come il funzionario politico o amministrativo del Partito o dello Stato, anche il nostro moderno guanshang, imprenditore pubblico o privato che sia, rende vivo e operante il socialismo di mercato.

4.3. Il pensiero socialista nasce con i mutamenti socio-economici in-tervenuti in Europa a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Il dirit-to socialista nasce dall’applicazione reale nell’Europa del XX secolo delle teorie di Marx, Engels, Lenin; e infine dall’attività di governo di Stalin nell’U.R.S.S. e dalla sua egemonia sui paesi satelliti, che ha por-tato il modello giuridico socialista a piena maturazione. Nella sua para-bola, pur relativamente breve in termini storici, il diritto sovietico ha caratterizzato una parte importante dell’economia mondiale per una buona porzione del XX secolo, raggiungendo la sua maturità62 nei de-cenni della “guerra fredda”; prima di uscire di scena in Europa (comun-que lasciando un’eredità ancora presente nei diritti dell’Europa orienta-le)63 ha avuto dal 1978 influenza determinante nella ricostruzione del

60 G. C

RESPI REGHIZZI, Evoluzioni del nuovo diritto commerciale cinese, cit., 142.

61 G. C

RESPI REGHIZZI, Legal Aspects of Trade with China: The Italian Experience,

in 9 Harvard Journal of International Law (1968), 85-139.

62 G. C

RESPI REGHIZZI, P. BISCARETTI DI RUFFIA, La Costituzione sovietica del

1977, Milano, 1979. 63 G. A

(32)

diritto cinese, che ne conserva la struttura e molti meccanismi operati-vi64.

Il diritto sovietico non ha conosciuto la figura dell’imprenditore o mercante di diritto privato, certo incompatibile con l’assetto ideologico e politico-economico dell’U.R.S.S.; ma sì ha conosciuto l’impresa65, di proprietà pubblica, amministrata da manager-funzionari di nomina go-vernativa e/o politica: un’impresa con finalità e dinamiche operative diverse da quelle occidentali, che ha una sua dimensione socio-politica oltre che economica, ma comunque attiva nell’organizzare i fattori della produzione al fine di produrre un beneficio economico – previsto a li-vello di pianificazione economica generale, e destinato in principio a essere acquisito dal capitalista pubblico e poi socializzato attraverso meccanismi amministrativi, anziché accumulato o goduto privatamente. L’impostazione appena descritta probabilmente rendeva impensabile l’introduzione di un corpus autonomo del diritto commerciale, al di là delle leggi speciali e delle istituzioni amministrative e arbitrali dedicate al commercio estero: il diritto commerciale nasce come espressione del-la libertà e delle necessità operative del ceto mercantile, aperto agli usi come fatto normativo, con richiesta al potere pubblico di riconoscere e dare tutela alle forme consuetudinarie di autonomia, in un processo sto-rico che porta il diritto commerciale all’avanguardia nell’evoluzione dell’intero diritto civile, e del negoziato di esso col potere pubblico66 – una dinamica certamente incompatibile col sistema sovietico e con le relative esigenze politiche di controllo sulle fonti giuridiche.

Il diritto economico socialista sovietico copre tutti gli aspetti della vita economica dello Stato, delle sue imprese, dei cittadini; regola la pianificazione economica, e i rapporti fra imprese di proprietà pubblica, apparati amministrativi e politici; fornisce l’apparato di norme ammini-strative a servizio dell’economia pianificata, regola l’impiego dei beni

64 I. C

ASTELLUCCI, Rule of Law and legal complexity in the People’s Republic of

China, Trento, 2012, spec. Cap. I. 65 G. C

RESPI REGHIZZI, L’impresa nel diritto sovietico, Padova, 1969, passim.

66 E.B. PAŠUKANIS, La teoria generale del diritto e il Marxismo (trad. it. di E.

(33)

produttivi, immobili e mobili67, pone le sanzioni penali a tutela di detti beni e meccanismi economici, e così via. Il diritto economico socialista occupa quindi uno spazio più ampio di quello tradizionalmente associa-to alla nozione occidentale di “diritassocia-to commerciale”, regolando da tutti i punti di vista i processi economici e la produzione di ricchezza; a esso si giustappone il diritto civile, che pure concorre a regolare l’economia in aspetti di fondo o con strumenti accessori di macro-policy – ad es., introducendo la soggettività giuridica e l’obbligazione giuridica come elementi di regolazione della vita economica, o incentivi alla produtti-vità destinati al godimento privato di unità economiche e singoli68.

4.4. L’esperienza comunista della RPC ha prodotto modelli giuridici e di governo dell’economia abbastanza diversi tra loro nelle fasi maoi-sta – quella del “diritto invisibile” – e poi socialimaoi-sta-sino-maoi-stalinimaoi-sta69; in questa seconda fase, ispirata al modello generale sovietico, si è avviata la ricostruzione del sistema giuridico cinese. Il socialismo di mercato ha infine legittimato l’economia privata, e una nuova idea di legalità70.

Chi è, oggi, l’imprenditore cinese? Nell’evidente e rapida crescita di uno strato giuridico segnato dalla recezione di modelli occidentali71, esiste oggi in Cina uno statuto dell’imprenditore, una teoria dell’atto di commercio, un corpus normativo o un ambito del diritto commerciale separato e speciale? O vi sono solo norme sulle attività di mercato iso-late negli interstizi del medium socialista, e/o al massimo civilistico?

Come visto, non si è mai avuta in Cina la vigenza di un codice o di una legge generale sul commercio, né l’applicabilità dei regimi occi-dentali dell’atto di commercio o sullo statuto dell’imprenditore; né in età imperiale, né al tempo della Repubblica nazionalista; né nelle diver-se fasi del diritto e dell’economia della Repubblica popolare.

67 N. HAZARD,W.E. BUTLER,P.B. MAGGS, The Soviet Legal System, cit., 181-326;

A.V. VENEDIKTOV, La proprietà socialista dello Stato, Torino, 1953, passim.

68 G. C

RESPI REGHIZZI, L’impresa nel diritto sovietico, cit., 14, 19-25. N. HAZARD,

W.E. BUTLER,P.B. MAGGS, The Soviet Legal System, cit., 359-388.

69 G. C

RESPI REGHIZZI, Evoluzioni del nuovo diritto commerciale cinese, cit.,

142 ss.

70 I. C

ASTELLUCCI, L’idea di Rule of Law nella Repubblica Popolare Cinese, cit.;

ID., Rule of Law and Legal Complexity in the People’s Republic of China, cit.

71 G. C

RESPI REGHIZZI, Cina 2003: l’osservatorio del giurista, in Mondo Cinese,

(34)

La risposta agli interrogativi sullo status dell’homo oeconomicus sinicus di oggi può esser cercata osservando, oltre all’evoluzione politi-co-giuridica in materia, il concreto operare del personaggio a partire dall’ultimo scorcio del XX secolo. La specificità del suo status, è oggi nella dimensione politico-economica socialista: e la sua attività in que-sta sua dimensione politica è critica nel determinarne il successo o l’in-successo. Nel socialismo di mercato le figure e le attività pubbliche e private sfumano l’una nell’altra con minor discontinuità, dal punto di vista giuridico – specie in politica estera, sia per cultura che per politica e diritto della Cina attuale72. Permane un ruolo pubblico o comunitario del businessman cinese nel sistema politico-economico, molto chiaro

72 Sono divenuti celebri i Congo cases di Hong Kong, con le corti locali che tra il

2009 e il 2011 hanno trattato un caso di esecuzione forzata su fondi giacenti in una banca locale a nome di corporation cinesi, società private con azionisti pubblici, che dovevano impiegarli in Congo per la costruzione di infrastrutture, nella cornice della cooperazione internazionale di Pechino in Africa. Nelle corti della città, che gode di speciale autonomia nella Repubblica Popolare Cinese e che ha una tradizione giuridica di common law, si sono quindi scontrate la visione occidentale sulla pignorabilità dei fondi, data la loro appartenenza a società di diritto privato, e quella socialista sulla fun-zione politica che quei fondi dovevano svolgere, al di là delle veste giuridica delle inte-statarie, che rendeva quei fondi impignorabili – quest’ultima visione ha prevalso, dopo un’interpretazione, vincolante per le corti di Hong Kong, della Basic Law di Hong Kong da parte del Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo; FG

Hemisphere Associates LLC v Democratic Republic of Congo & Ors (2009) 1 HKC

111, decisa nella Hong Kong SAR Court of First Instance [Congo, CFI]; decisione ribaltata dalla Court of Appeal (2010) 2 HKC 487 [Congo, CA Feb 2010]; leave to

appeal alla Court of Final Appeal della Hong Kong SAR [CFA - Corte di Ultima

Istan-za] emessa dalla CA (2010) 4 HKC 203 [Congo, CA May 2010]; decisione confermata provvisoriamente dalla CFA con contestuale richiesta di interpretazione al Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo (2011) 4 HKC 151 [Congo, CFA June 2011]; decisione definitivamente confermata dalla CFA (2011) 5 HKC 395 [Con-go, CFA September 2011] dopo l’interpretazione vincolante della Basic Law di Hong Kong Basic Law da parte del Comitato Permanente, 26 August 2011; I. CASTELLUCCI,

Legal Hybridity in Hong Kong and Macau, in McGill law Journal (2012), 57: 4, 1,

(35)

nell’ambito della pianificazione73, garantito con sempre più sofisticate tecniche di supervisione e guida politica74.

Gli appassionati italiani di calcio hanno potuto seguire tra il 2016 e il 2018 due diverse vicende di acquisizione di società calcistiche mila-nesi da parte di imprenditori cimila-nesi: quella dell’Inter, club blasonatissi-mo e tra i più gloriosi al blasonatissi-mondo; e quella del Milan, altro club blasona-to: non molto se ne sa quanto ai dettagli tecnici, se non che si è trattato in ambo i casi di operazioni del valore di centinaia di milioni di euro. Ebbene, mentre l’operazione relativa all’Inter ha funzionato bene e sen-za particolari scossoni, l’acquisto del Milan si è risolto in un’operazione fallimentare: e ciò, pare, anche o soprattutto per il mancato gradimento dell’operazione espresso dalle autorità di Pechino, che ha comportato l’impossibilità per l’investitore Li Yonghong di impiegarvi i propri ca-pitali situati nella Madrepatria. Impedimento che lo ha costretto ad ap-provvigionarsi in modi rocamboleschi e in varie giurisdizioni offshore dei fondi necessari a concludere l’operazione già avviata; alfine indebi-tandosi con un fondo speculativo nordamericano che poi, a fronte di un mancato pagamento, ha escusso il pegno sulle azioni della società, prendendone il controllo75. Una chiara dimostrazione di come in Cina,

73 V. al riguardo il saggio di G. SABATINO, Legal Features of Chinese Economic Planning, in questo volume.

74 Come il Social Credit System, iniziativa del governo della RPC resa pubblica nel

giugno 2014 e volta a creare un sistema – ancora in via di progettazione e realizzazione – di attribuzione di “merito pubblico” ai cittadini e alle imprese cinesi sulla base di numerosi parametri di “affidabilità pubblica”, estrapolati da sistemi di gestione di Big

Data (dalla solvibilità civile alle preferenze personali alla rete dei rapporti

interpersona-li). Una traduzione in inglese del documento, a cura di R. Creemers, è online: https://chinacopyrightandmedia.wordpress.com/2014/06/14/planning-outline-for-the-construction-of-a-social-credit-system-2014-2020/. Questo sistema di controllo di mas-sa andrà a rendere più efficace anche il controllo previsto dalla nuova Legge cinese sulla supervisione, del luglio 2018, per chiunque gestisca pubblici poteri o svolga pub-bliche funzioni – e quindi anche per i manager delle imprese di stato, e di quelle private che operano in una cornice economica di attività economica segnata da interessi pubbli-ci, dagli appalti alla cooperazione internazionale.

75 La vicenda ha riempito, tra il 2016 e il 2018, le pagine dei maggiori quotidiani

nazionali, generalisti e sportivi – si vedano ad es. i miei articoli al riguardo sulla testata sportiva online IlPosticipo.it – e probabilmente avrà ancora degli strascichi giudiziari; manca ancora un’analisi definitiva e rigorosa al riguardo, basata su tutti i dati rilevanti.

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