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Il diritto naturale continua a vivere: ciò che permane e ciò che e’

storico.

Fin da Antigone, e dalla speculazione sofista intorno al nomos ed alla physis, pretendendo di raggiungere un concetto del diritto e della giustizia che lo fossero ‘per natura’, è nato il problema del diritto naturale, la cui prima formulazione si deve ad Aristotele, con la sua distinzione tra justo natural e justo legal ("giusto naturale" e "giusto legale").

Roma, per mezzo dei suoi giureconsulti, accetta la tradizione greca, includendola per sempre nella sua immortale giurisprudenza, collocandola sullo stesso piano oggettivo dello jus civile, e plasmandola in definizioni.

Nei secoli XVI e XVII, apogeo della Scolastica spagnola, data l’importanza politica della Spagna, si rende necessaria la risoluzione di problemi come la strutturazione politica e l’ordinamento giuridico della metropoli e dei ricchi e vasti possedimenti appena scoperti.

Emergono, proprio in questa atmosfera di ricerca, le grandi figure di Vitoria, Soto, Bañé, Cano, Molina, Vásquez, Sepúlveda, Lugo, Salón, Medina e, colosso della filosofia spagnola e mondiale, il "doctor eximio"

Francesco Suárez, con il suo geniale trattato De legibus.

Lo spagnolo Villafañe afferma che "...Il fatto di aver negato a questo diritto naturale la sua relazione con l’ordine morale, comporta deviazioni, sia verso un diritto naturale troppo naturale con Grozio, Pufendorf o Thomasius, sia verso un diritto naturale troppo razionale con Kant, Fichte, Schelling o Hegel".

La Scuola Storica, il Positivismo ed il Neopositivismo "...attaccano un diritto naturale individualista e razionalista" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Escalicer, Madrid, 1973, (pp.99-122), p.102).

Ancora oggi, accanto ad un’innegabile rinascita del diritto naturale, si assiste ad un rinvigorimento del diritto positivo, con la sua accusa di astoricità o di antistoricità nei confronti del diritto naturale.

Il conflitto natura-ragione, ragione-storia, è uno dei leit-motive principali della filosofia del diritto, è il problema delle relazioni tra l’immutabile ed i dati contingenti e mutevoli, nell’elaborazione dell’ideale di giustizia: da Eraclito e Platone a Hegel, da Aristotele e Vico alla Scuola Storica ed all’Empirismo dei nostri giorni, la disputa si prolunga lungo tutti i secoli.

"...Sono i partigiani della ragione, e sono, nella filosofia moderna, coloro che si chiamano i classici del diritto naturale (anche se, in realtà, sono i

razionalisti), e cioè Grozio, Pufendorf, Thomasius ed altri. Questi, con disprezzo per l’elemento vitale e storico, incorrono nel paradosso di fondare il diritto naturale su considerazioni empiriche (l’appetitus societatis in Grozio, la imbecillitas o il senso di debolezza in Pufendorf, il desiderio di felicità in Thomasius) e cioè, su un fenomeno reale che è assolutizzato fino ad essere trasformato in fondamento di un sistema normativo" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.104-105).

Gli autori giusnaturalisti contemporanei difendono il diritto naturale dall’accusa di antistoricità o astoricità, basandosi, generalmente, sulla dottrina tomista e suareziana della mutabilità ed immutabilità del diritto naturale: la legge naturale, nei suoi principi primi, é assolutamente immutabile, però, quelli secondi possono ammettere variazione e la ragione di questo cambiamento ha radici nella defettibilità della natura umana" (san tommaso, Summa Teologica, 1a-2ae, q.90 e ss.). I principi primi, quindi, per San Tommaso, sono assoluti ed universali; al contrario, le conclusioni sono regolate dalle circostanze, perché la ragione dà alle sue regole la flessibilità necessaria per adattarsi alle contingenze dei casi concreti.

Goytisolo afferma che, per San Tommaso, la legge naturale non si esaurisce nei principi primi, ma si estende a quelli che derivano dalla legge naturale attraverso le conclusioni. I precetti secondi, allora, derivano dai principi universali e, così come questi possono essere cancellati dai cuori degli uomini a causa delle loro passioni, così quelli possono essere disconosciuti a causa di cattive persuasioni o cattive usanze.

Vi sono, inoltre, i precetti di terzo grado che derivano da quelli di secondo e che considerano le conclusioni più remote e lontane.

Il non aver tenuto in considerazione questa gradualità della legge naturale è l’errore del Giusnaturalismo Razionalista, che procede solo deduttivamente, more geometrico. E, se è certo che il valore normativo di una regola di geometria è indipendente dai casi concreti in cui essa si realizza, al contrario, una regola morale ha valore solo in quanto considera e riconosce le circostanze e le esigenze particolari.

Si può, allora, affermare con onestà scientifica, che questo diritto naturale è omnino inmutabilis (del tutto immutabile), astorico o, addirittura, antistorico? Che questo diritto naturale, il cui contenuto si va’ scoprendo per mezzo dell’osservazione, è pietrificato, incatenato, immutabile, come sostiene Guido Fassò? Risponde con fermezza Villafañe: "...Al contrario, è un diritto naturale flessibile ed adattabile nelle sue applicazioni storiche"

(emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.119).

Successivamente a San Tommaso, Suàrez segue la dottrina secondo cui i precetti primi più generali della legge naturale sono totalmente immutabili, ma estende questa qualità anche ai secondi, più concreti, ed alle

conclusioni, più remote, sempre che comandino o proibiscano, rispettivamente, ciò che è buono o cattivo secondo la natura razionale.

Nessuno dei due autori, però, elabora un codice di diritto naturale completo di principi e di precetti che, secondo la ragione, deve valere in tutti i popoli ed in tutti i tempi; sia Suàrez che San Tommaso, infatti, affidano questo compito al necessario diritto naturale.

Il Giusnaturalismo Razionalista del XVII secolo, invece, porta ad una conseguenza inevitabile: o il diritto naturale é superfluo, oppure lo é il diritto positivo; e, siccome il Positivismo non può sopprimere il secondo, si nega l’esistenza del primo. Tale dottrina, allora, si rivela falsamente definita giusnaturalistica: anzi, essa é l’unica alla quale si può criticare, con ragione, di essere astorica.

A questo Razionalismo si oppone presto lo Storicismo del XIX e XX secolo, un altro avversario del diritto naturale, forse ancora più agguerrito del Positivismo.

"...Una prudente e moderata posizione, allora, sebbene con marcate sfumature storiciste, è rappresentata da alcuni giuristi contemporanei e da coloro che, nell’attualità -secondo Villafañe- seguono la dottrina tradizionale della philosophia perennis, come Rommen, Del Vecchio e Arthur Kaufmann, che parlano di un diritto naturale come sistema di principi immutabili, non dimenticando però che, se Aristotele e Cicerone, San Tommaso e Suárez parlano di principi immutabili, parlano anche di quelli fondamentali dell’ordinamento giuridico, adeguati alle situazioni storiche e ai dati empirici".

Il contenuto del diritto naturale non è qualcosa che può lasciarsi all’assoluto arbitrio dell’uomo, ma, nella sua determinazione, deve attenersi e sottomettersi a limiti imposti dalle esigenze della propria natura umana, individuale e sociale. Si afferma, così, ciò che permane del diritto naturale.

Il contenuto del diritto naturale, però, non è neppure determinato una volta per sempre, qualsiasi siano le circostanze, ma bisogna definirlo nella società e nella occasione esistenziale storica. "…In questo senso -conferma il giurista filosofo italiano Giuseppe Lumia - si può parlare di storicità del diritto naturale" (emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., p.114).

Essa non va intesa nel senso voluto dagli storicisti, di variabilità dei suoi principi in funzione delle situazioni contingenti, ma nel senso che i principi del diritto naturale, in sé dotati di validità assoluta, incontrano sul terreno storico la materia per la loro determinazione concreta e, solo allora, assumono un contenuto concreto.

Si potrebbe parlare, allora, di relatività del diritto naturale, ma non certo per porre in dubbio la validità permanente ed universale del suo valore giuridico: "…Il diritto naturale non è antistorico - dice il professor Reginaldo Pizzorni -, ma in movimento costante, anche se gli riconosciamo

una intrinseca immutabilità, considerata oggettivamente ed ontologicamente".

"...Armonizzare gli immutabili principi del diritto naturale con il movimento dinamico della storia e con le mutevoli applicazioni, attraverso il diritto positivo, è progresso ed equilibrio che corrisponde alla legge di Dio ed a tutti gli interessi dell’umanità per il vero trionfo del diritto"

(emilio serrano villafañe, "Lo permanente y lo historico en el derecho natural", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.116, 117, 121-122), conclude Villafañe.

2.2.1. Valore e missione del diritto naturale cristiano nell’attualita’

Giovanni Ambrosetti (giovanni ambrosetti, Valore e missione del "Diritto naturale", intervento nelle Jornadas Hispanicas organizzate da Tejada nel 1973, in El derecho natural hispanico, Escelicer, Madrid, 1973, pp.263-286) parla del valore e della missione del diritto naturale cristiano di oggi.

La domanda che si pone è: "…si può parlare di diritto naturale cristiano?

C’è un diritto naturale cristiano?"

L’Autore non lascia dubbi a riguardo ed esordisce, nel suo intervento dal titolo Valore e missione del diritto naturale cristiano nell’attualità, con una risposta decisamente affermativa: "...nella cultura moderna, e soprattutto nella civiltà contemporanea, l’espressione diritto naturale esprime, in modo particolare, una corrente di pensiero: la dottrina del Diritto della Natura…che nasce con Grozio e porta a Rousseau ed a Kant", ma non é il vero diritto naturale sviluppato nel seno della tradizionale scolastica dell’antica philosophia perennis, quanto piuttosto una dottrina razionalista, individualista ed antistorica.

Oggi si vorrebbe negare l’esistenza di una filosofia fondamentale avente una base nel Cristianesimo, ma, in realtà, ciò non è possibile, in quanto,

"...la sintesi diritto naturale-Cristianesimo non solo è legittima, ma anche spontanea" (giovanni ambrosetti, Valore e missione del "Diritto naturale", in El derecho natural hispanico, Op. cit., pp.264-265, 267-268).

Il diritto naturale cristiano, infatti, rappresenta una dialettica tra l’elemento sovrannaturale (teologia) e l’elemento filosofico dell’intelligenza e della volontà elevata dalla Grazia, una fusione di intelligenza, di esperienza e di vita, ma non solo questo, perché il Cristianesimo non resta in una posizione intellettuale, ma penetra completamente nella vita dell’uomo.

Esaminando gli aspetti delle Verità rivelate, che concernono particolarmente il diritto e la giustizia, si rileva quanto essi riescano ad influenzare la stessa dottrina e la sua possibilità di trasformare la vita umana, quali il concetto della dignità della natura umana, oggetto di un disegno di Grazia e di amore infinito da parte di Dio, che permette la rivalutazione del concetto di persona umana; la nuova solidarietà morale e spirituale del genere umano, chiamato alla salvezza solidale ed universale;

ed infine la società spirituale, il corpo mistico di tutti i credenti, nel quale detta solidarietà incontra una forma concreta.

Queste Verità, che influenzano il diritto ed anche la politica, convertendosi in temi di lavoro intellettuale, così come in temi di vita, mostrano ciò che è la dialettica spirituale, che caratterizza il diritto naturale cristiano: solo essa, infatti, é sintesi che si cala nella realtà dell’uomo e la influenza.

La storia del diritto naturale cristiano, allora, manifesta l’armonia dottrinale dell’incontro tra ragione, teologia e storia, sottolineando l’aspetto nella teologia razionale cui anche Juan Vallet de Goytisolo da’ molta importanza.