In relazione ai mezzi di cui il contribuente dispone per tutelare la posizione del proprio rappresentante si deve compiere un’ulteriore va lutazione.
L’obbligazione solidale dipendente posta dalla legge in capo al contribuente (comma 1 dell’art. 11), con funzione di garanzia (86), consente, come già detto, all’Amministrazione di richiedere il paga mento della sanzione (o, a seconda del soggetto destinatario, della somma ad essa corrispondente), indifferentemente al contribuente o all’autore della violazione, salvo, da parte del primo, l’esercizio, nei confronti del secondo, del diritto di regresso.
Il regresso altro non è che un diritto — e non un obbligo — che il contribuente può esercitare per riequilibrare le posizioni economiche dei coobligati, provvisoriamente modificate dal meccanismo della soli darietà. E, probabilmente, nelle intenzioni del legislatore
l’applicazio-contrasto con il principo generale della solidarietà, che attribuisce effetto liberatorio al pagamento spontaneo o coattivo effettuato nei confronti del creditore da parte di uno dei soggetti coobligati in solido.
(86) La solidarietà passiva può operare non solo com e strumento ordinario di attuazione del rapporto obbligatorio da parte di più condebitori, legati tra loro da una comunanza di interessi (obbligazione soggettivamente complessa), ma anche come tec nica di collegamento tra due o più obbligazioni distinte ma connesse da un vincolo di garanzia: in sostanza si è in presenza di « più obbligazioni, assunte nell’interesse esclu sivo di uno dei debitori, e tra loro connesse in m odo che a un’obbligazione principale corrisponda un’obbligazione accessoria (dall’identica prestazione) avente funzione di garanzia ». Cosi Bi g l i a z z i Ge r i- Br e c c i a- Bu s n e i.i.i- Na t o i.i, Diritto civile. Obbligazioni e contratti, Torino, voi. I l i , 1989, p. 48. Per il disposto dell’ art. 11 l’obbligazione assun ta dal contribuente ha natura autonoma ed accessoria rispetto a quella dell’autore del l ’illecito ed è prevista al fine di garantire l’adempimento di quest’ultimo.
ne di tale congegno avrebbe dovuto confermare il carattere personali stico della responsabilità, a danno tuttavia, come già rilevato, del principio di capacità contributiva, il quale risulterebbe violato'dal l’applicazione della sanzione - - nei casi in cui venga determinata pro porzionalmente al tributo non versato — ad un soggetto diverso da colui che ha tratto vantaggio dall’evasione.
Ora, premesso che il diritto di regresso configurato dall’art. 11 del D .l g s. n. 472/1997 è relativo a un’obbligazione assunta ex lege dal sog getto passivo nell’interesse esclusivo dell’autore della violazione (art. 1298 c.c.), ben potrebbe accadere che il contribuente provveda, spon taneamente o coattivamente, al versamento della somma — sanzione (o somme, in caso di concorrenti) rinunciando, successivamente, al di ritto di credito corrispondente.
A prescindere dalle ragioni che potrebbero spingere il coobligato — che, pagando il debito, si surroga (87) nei diritti vantati dallo Stato nei confronti del debitore principale — ad adottare questa linea di condotta, è innegabile che la remissione del debito (art. 1801 c.c.) po trebbe condurre a vanificare l’intera disciplina contemplata dall’art. 11, cit., da un lato rendendo inapplicabile e inutile il meccanismo che consente la graduazione della responsabilità, e dall’altro permettendo di eludere definitivamente il principio della responsabilità persona le (88). Ammessa dunque la possibilità di rinunciare al credito — sal va la denegata e, si ritiene, improbabile circostanza che l’autore del l’illecito dichiari di non volerne profittare (art. 1236 c.c.) — spetterà al contribuente valutare la convenienza di questa operazione.
A titolo esemplificativo si può ipotizzare il caso in cui l’illecito venga commesso dalFamministratore delegato di una società di capi tali, la quale ultima decida di versare all’Erario la somma pari alla sanzione irrogata all autore della violazione, e, conseguentemente deli beri, m sede assembleare, di rinunciare al credito vantato nei confron ti del suo rappresentante legale.
L operazione, lecita dal punto civilistico, ha chiaramente un co sto fiscale.
(87) P a r la n o d i « a u t o m a t ic a s u r r o g a z io n e » p r e v is t a d a lla le g g e o d i s u r r o g a z io -
ne ex lege Big l ia z z i Ge iu-Br e c c ia-Bu sn e i.u-Na t o i.i, op. cit., p . 61; Ca m i-obasso n . r . , ( v o c e ) Regresso (azione di.)., in Enc. Treccani,p. 3.
(8 8 ) I n m e r it o n o n è c o m p r e n s ib ile la p o s iz io n e a s s u n t a d a l M in is t e r o il q u a le , n e lla m a n c a t a p r e v is io n e d e lla p o s s ib ilit à d i a s s u m e re il d e b i t o d a p a r t e d e l c o n t r i- b u e n t e in. c a s o d i d o l o o c o lp a g r a v e , in d iv id u a u n d i v ie t o im p lic it o a lla r in u n c ia al d i r it t o d i r e g re s s o r it e n e n d o la ille g it t im a . T a le in t e r p r e t a z io n e s t r id e c o n il d e t t a t o le g i s la t iv o il q u a le in d ic a l ’ a z io n e d i r e g re s s o c o m e p o s s ib ilit à r ic o n o s c iu t a a l c o n t r ib u e n t e e n o n c o m e o b b lig o : ubi lex voluit dixit.
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Nella peggiore delle ipotesi, infatti, la somma versata in adempi mento del debito sanzionatorio potrebbe essere contabilizzata come costo, non inerente, e fiscalmente non deducibile (art. 64 Tuir). Ma potrebbe non essere così. Infatti non può sfuggire che, nel caso in ipo tesi, l’obbligazione posta a carico della società ha natura civile, aven do per oggetto il pagamento, non di una sanzione, bensì di una som ma di denaro ad essà corrispondente. Di modo che si potrebbe obiet tare che il versamento effettuato dal contribuente non sia riconduci bile nell’ambito delle somme versate a titolo di sanzione, come noto, indeducibili dall’imponibile civile. D ’altra parte già sotto la previgen te disciplina — argomentando sulla non inerenza al reddito d’impresa della pena pecuniaria e della sopratassa in ragione della loro natura afflittiva — si riteneva però che tra le sanzioni amministrative « esi stono talune fattispecie nelle quali sussiste il requisito dell’inerenza, stante che la sanzione non è determinata con riferimento alla persona lità del soggetto che ha commesso la violazione, ma all’entità delle somme non versate come, ad esempio, ...le somme corrisposte dalla società per effetto del vincolo di solidarietà previsto dall’art. 12 della L. 7 gennaio 1924, n. 4 a titolo di sopratasse o pene peeuniarie dovute per le violazioni commesse dai legali rappresentanti della società stes sa » (89). Il che potrebbe corrispondere esattamente alla situazione prospettata, se non fosse che, in base alla nuova disciplina, la sanzio ne, generalmente proporzionata all’entità del tributo evaso, è applica ta direttamente al rappresentante legale dell’ente e viene commisura ta tenendo conto della personalità del trasgressore, nell’ipotesi, non coincidente con il contribuente.
La commistione di principi penalistici e civilistici, che emerge in modo sempre più evidente nella disciplina della riforma, determina dunque incertezze applicative per cui sarebbe auspicabile un inter vento legislativo chiarificatore.
Ritornando all’esempio fatto, resta da valutare fiscalmente la
ri-(89) C fr. p e r t u t t i Leo-Monacciii-Sciiiavo, Le imposte sui redditi nel Testo uni co, M ila n o , 1996, p . 1163 o v e si a ffe r m a c h e « n o n s o n o d e d u c ib ili le s o m m e p a g a t e a t i t o l o di s a n z io n i p e n a li o a m m in is t r a t iv e n é q u e lle p a g a t e a t it o lo d i in teressi m o r a to r i p e r il r it a r d o n e ll’ a d e m p im e n t o d e l f o b b l i g a z i o n e t r ib u t a r ia , d a t o c h e il quantum a m m e s s o in d e d u z io n e in b a s e a lla p r e v is io n e n o r m a t iv a è d e lim it a t o d a ll’ im p o r t o d e l t r i b u t o d o v u t o c o n e s c lu s io n e d i t u t t o c iò c h e è im p u t a b ile al c o m p o r t a m e n t o o m is s iv o o c o m m is s iv o d e l c o n t r ib u e n t e o c o m u n q u e a s s u n t o in v io la z io n e d e lle n o r m e t r ib u t a r ie o d i a ltr e d is p o s iz io n i d i le g g e , a n c o r c h é c o n n e s s o a fa t t i in e r e n ti a ll’ e s e r c iz io d i im p r e sa ... A l r ig u a r d o la d o t t r in a d is tin g u e a s e c o n d a c h e si t r a t t i d i s a n z io n i p e n a li o a m m i n is t r a t iv e o v v e r o d i s a n z io n i c iv ili. L e p r im e d u e c a t e g o r ie a v e n t i n a tu r a a fflit t iv a , n o n s o n o in e r e n ti a ll’ e s e r c iz io d ’ im p r e s a e c o m e t a li n o n d e d u c ib ili ».
nuncia del credito da parte del contribuente (90). Questa potrebbe es sere qualificabile come una perdita che, pur rispettando i requisiti fis sati dall’art. 63 del Tuir — la delibera la rende certa e precisa — se considerata non inerente, determinerebbe una variazione in aumento dell’utile civile. Si deve però dare conto che, « relativamente alla per dita conseguente alla rinuncia totale o parziale dei crediti, si ritiene che la stessa continui ad avere rilevanza in conformità alPindirizzo se guito dal Ministero delle finanze con riguardo alla precedente discipli na, secondo cui, in tema di gestione aziendale, l’inerenza — intesa non solo nell obiettiva riferibilità dell’onere all’esercizio d’impresa, ma an che alla ricorrenza di quel concetto di inevitabilità dello stesso — va ri conosciuta per il solo fatto che l’onere o il costo si pone in una scelta di
convenienza per l’imprenditore ovverosia quando il fine perseguito è pur sempre quello di pervenire al maggior risultato economico » (91). Ebbene,
nell’ipotesi configurata, la rinuncia al credito da parte della società potrebbe rientrare tra le scelte convenienti, volte a perseguire il mag gior risultato economico della società (garantendo, ad esempio, la per manenza e la continuità della gestione posta nelle mani dell’ammini- stratore-rappresentante legale). E se così fosse, la perdita, derivante dalla rinuncia al credito, risulterebbe certamente deducibile. Tutta via, queste valutazioni, a parere di chi scrive, potrebbero apparire un po forzate e non essere accolte dall’Amministrazione, la quale potreb be riprendere a tassazione l’onere dedotto.
Questo effetto, certamente gravoso per la società, potrebbe peral tro essere evitato se si ammettesse che la rinuncia integra un emolu mento (o un benefit) a favore dell’amministratore, sottoposto a impo sizione. Di conseguenza sarebbe naturale ritenere la « perdita » subita dalla società inerente all’attività da questa svolta, e pertanto deduci bile.
In conclusione, dopo queste brevi considerazioni, è certo che, qualunque sia la qualificazione fiscale che si voglia attribuire alle ope razioni sopra indicate, la rinuncia al regresso rientra a pieno titolo tra gli strumenti riservati al contribuente per tutelare la posizione del proprio rappresentante, fermo restando che solo la società, o più in generale, il soggetto passivo del tributo, potrà valutare la sua oppor tunità in termini economici e strategici.
( M) Cfr. sull argomento Dki. Fbdkrico, Minusvalenze patrimoniali, sopravve nienze passive e perdite nell art. 66 del Tuir, in Riv. dir trib., I, 1992, p. 479 in particola- re p* oOO ss.
(91) Così Leo-Monacciii-Schiavo,
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8.1. Segue: L ’assunzione del debito dell’autore della violazione. Appare chiaro che la necessità di ricorrere all’escamotage della ri nunzia del diritto di regresso allo scopo di sollevare il proprio rappre sentante dalle responsabilità patrimoniali, si presenta solo in relazione agli illeciti dolosi o gravemente colposi, poiché il medesimo risultato può essere ottenuto, per gli illeciti semplicemente colposi, tramite l’as sunzione integrale del debito — corrispondente alla sanzione irrogata all’autore — da parte del contribuente. Per questo effetto il soggetto passivo d’imposta può optare per lo schema civilistico dell’accollo o per quello dell’espromissione, disciplinati, rispettivamente, dall’art. 1273 e 1272 c.c.
L ’accollo (92) non è che un accordo tra il debitore e un terzo, con il quale quest’ultimo si obbliga a far fronte al debito del primo nei confronti del creditore. L ’espromissione (93) consente, invece, l’assun zione del medesimo onere da parte di un soggetto estraneo al rapporto debitorio, a prescindere dal consenso del debitore. Il ricorso all’uno piuttosto che all’altro (94) istituto appare indifferente per il legislato re fiscale, in quanto entrambe hanno rilevanza esterna, deducibile dall’adesione implicita del creditore (l’Erario) al negozio (95).
Fatta questa precisazione, e prescindendo dalla scelta dello stru mento che il contribuente intenda utilizzare per l’assunzione di un de bito altrui, emerge chiaramente che, nel prevedere normativamente questo congegno, la legge fiscale abbia voluto espressamente positiviz- zare il principio generale espresso dall’art. 1229 c.c., in base al quale sono pienamente legittimi ed efficaci i patti che escludono o limitano preventivamente la responsabilità del debitore che abbia agito con colpa lieve, mentre sono nulli quelli stipulati in relazione ad un’attivi tà dolosa o gravemente colposa del medesimo soggetto.
Questo canone, che legittima l’assunzione preventiva di un debi to, e che è stato trasfuso nel comma 6, dell’art. 11 del D .lgs. n.
(92) Sulla figura deH’accollo cfr. Cic a l a R ., (voce) Accollo, in Enc. dir., voi. I, 1958, p. 282 ss.; Ma n c i n i, L ’accollo, in Trattato di diritto privato diretto da Re s c ig n o
P., voi. IX , tom o 1, Torino, 1984, p. 422 ss.; Bia n c a, Diritto civile, IV, Milano, 1987, p. 675 ss.
(93) Sulla figura dell’espromissione cfr. Ro d o t à S., (voce) Espromissione,, in Enc. dir., voi. X V , Milano, 1966, p. 781 ss.; Ma n c in i, L ’espromissione, cit., p. 414 ss. (94) In realtà l’opzione dell’accollo è suggerita dalla Circolare Ministeriale 180/E, cit., la quale ne fa espressa menzione in merito all’assunzione del debito deri vante dalla commissione di violazioni colpose.
(95) Concorda sulla natura esterna dell’ accollo Disi, Fe d e r i c o, Introduzione alla riforma delle sanzioni, cit., p. 146.
472/1997, mal si concilia però con un accollo o un’espromissione pre- ventivi. Infatti la giurisprudenza ha per lungo tempo negata l’ammis sibilità di tali negozi (96) in relazione ad un debito futuro, riconoscen dosi quale presupposto imprenscindibile delle fattispecie, di cui agli artt. 1273 e 1274 c.c., la preesistenza dell’onere debitorio. Va tuttavia detto che recentemente è intervenuta la Cassazione (97) la quale si è pronunciata a favore della stipulazione di questi contratti, ritenendoli compatibili con gli artt. 1348 e 1346 c.c., sempre che la prestazione di cose future in essi dedotta il pagamento di debito futuro — risulti determinata o, almeno, determinabile.
Ora, prima dell’avvio della funzione punitiva, il debito « sanzio natone » oggetto dell’accollo (o dell’espromissione) non è certo pre ventivamente determinato né determinabile, né nell’an né nel quan
tum. Infatti non solo non è prevedibile l’effettiva commissione dell’il lecito, ma è anche impossibile quantificare astrattamente la sanzione ad esso corrispondente poiché la sua commisurazione risulta legata al- 1 accertamento di circostanze e all’applicazione di criteri (personalità del trasgressore, natura della violazione, modalità della condotta, reci diva, precedenti fiscali, ecc.) variabili e non conoscibili al momento della stipulazione del negozio. A parere di chi scrive, l’assunzione del debito pertanto potrebbe essere considerata efficace e ammissibile quantomeno a seguito della contestazione della sanzione (qualora l’uf ficio opti per la procedura di irrogazione prevista dall’art. 16 D .l g s. n. 472/1997), atto nel quale viene esplicitamente indicata la sua misura (argomentando ex art. 16, comma 3 e 4).
Su questa premessa, e in riferimento alla situazione configurabile nelle società chiamate ad assumersi il debito della sanzione allo scopo di evitare una paralisi dell’attività d ’impresa, si deve considerare che le delibere assembleari, adottate preventivamente, in linea generale ed astratta, dovrebbero essere considerate prive d’effetto, alla stregua di semplici palliativi. Fermo restando che, comunque, la loro esecu zione rientra nell’attività del Consiglio d’Amministrazione, il quale, sorto il debito, deve adottare tutti i provvedimenti del caso (98).
(96) Cfr. per tutti Cass., 6 dicembre 1974, n. 4109, in Foro it„ 1975 I 1141 ss ■ cantra Cass., 10 luglio 1974, in Mass. Giur. il., 1974; Cass., 24 febbraio 1982, n. 1180 in MS. U u r it., 1982 ma limitatamente all’accollo interno; Cass., 8 settembre 1988,’ n. ° 2’ ! " _ u ->. 1988 che ritiene ammissibile un negozio preliminare di accollo. f9 7 ' Lir• Cass- clv -> sez- h 23 settembre 1994, n. 7831, in Giur. il., 1995, p. 1018 (98) Solo per com pletezza si deve rilevare che la situazione prospettata nel te sto e sicuramente la più elementare. A questa si possono affiancare fattispecie più
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La situazione si fa, poi, più complessa quando la violazione ven ga commessa da tutti i componenti del Consiglio, i quali, trovandosi in conflitto d’interessi, dovrebbero astenersi dall’assumere qualunque deliberazione relativa al debito sanzionatorio. In questi casi è necessa rio un intervento di ratifica dell’assemblea, la quale può attribuire va lidità alle determinazioni preventivamente adottate in merito all’as sunzione dell’onere debitorio, solo con un’apposita e succesiva delibe razione. Questa via, peraltro, non è sempre percorribile, e certo non lo è, per esempio, negli enti privi dell’organo assembleare, quali le fonda zioni. In questi casi una soluzione alternativa astrattamente proponi bile potrebbe essere la modifica dello Statuto, il quale, tra le clausole riguardanti le funzioni e i poteri degli amministratori, potrebbe pre vedere l’impegno dell’ente ad assumere il debito derivante dalle viola zioni da questi commesse con colpa lieve.
La questione, come si può rilevare anche da queste considerazio ni, si presterebbe ad ulteriori approfondimenti, che non è tuttavia possibile svolgere in questa sede, perché esulano dall’oggetto dell’in dagine.
£'. La categoria dei rappresentanti.
In ossequio al principio di personalità — come più volte è già sta to detto — il legislatore ha negato la possibilità di ascrivere una re sponsabilità diretta in capo ad una persona giuridica disponendo espressamente, a corollario del disposto dell’art. 2, comma 2, che « le violazioni riferite dalle diposizioni vigenti a società, associazioni o enti s’intendono riferite alle persone fisiche che ne sono autrici, se com messe dopo l’entrata in vigore del presente decreto » (art. 27). In que st’ottica, consapevole della difficoltà che gli enti accertatori potrebbe ro incontrare nell’individuazione dell’effettivo trasgressore della viola zione, ha introdotto una presunzione (relativa) in base alla quale « fi no a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sotto- scritto ovvero ha compiuto atti illegittimi » (art. 11, comma 2). La di sposizione, che, peraltro, segnala attività distinte realizzabili anche da persone diverse e in momenti diversi, viene completata dall’indicazio-eomplesse com e quella in cui in uno stesso soggetto si individuino contemporaneamen te la qualità di socio e di amministratore. In questi casi ci si potrebbe trovare di fronte a deliberazioni annullabili per conflitto d ’interesse, in ragione del voto favorevole del socio che acconsente all’assunzione del « debito da parte della società », per le violazio ni che lui stesso potrebbe com mettere in qualità di amministratore (artt. 2373 e 2377 c.c.).
ne (art. 11, comma 1) dei soggetti che potrebbero essere chiamati a ri spondere della violazione fiscale commessa nell’esercizio del loro uffi cio o del loro mandato, quali il rappresentante (legale o negoziale) e il
dipendente della persona fisica ovvero il dipendente, il rappresentante e l’amministratore (anche di fatto) di società, associazioni, o enti, con o senza personalità giuridica (99).
Dal dettato normativo emerge una chiara indicazione a distin guere tali soggetti in due categorie: i rappresentanti ex lege del contri buente, e coloro che esercitano i poteri e le funzioni del soggetto passi vo d’imposta o del suo rappresentante in forza di un atto negoziale. Di modo che per individuare gli autori dell’illecito — alla stregua di quanto avviene anche in ambito penale J| si deve fare ricorso o all’i stituto civilistico della rappresentanza ovvero, sussistendone le condi zioni, al criterio della delega di funzioni-, fermo restando che per questa il legislatore ha evidenziato chiaramente la necessarietà di u n ’effettiva attribuzione di competenze a colui che si ipotizzi trasgressore, a nulla rilevando, per contro, ai fini dell’identificazione dell’autore, la condot ta posta in essere da coloro che agiscono in assenza di poteri.
9.1. Segue: I rappresentanti ex lege: l’institore, gli amministratori
e la posizione dei sindaci.
Nell’ambito della categoria dei rappresentanti ex lege delle perso ne fisiche sono riconducibili, tra gli altri e a titolo esemplificativo, i genitori esercenti la patria potestà, il tutore, il curatore fallimentare ecc. e, qualora l’impresa sia condotta in forma individuale, di regola, l’mstitore; mentre per le associazioni, le società o gli enti si segnalano g ì amministratori o, più in generale, i soggetti a cui compete la rap presentanza (amministratore delegato, presidente del Consiglio d’Am- ministrazione, ecc.).
„ . ,(99) Le ubicazioni contemplate dall’art. 11, com ma 1, « debbono essere inter- kvo™ w ^ t niea a e! tenslva: Così la nozione di dipendente non include solamente il ° Pr0P " amente detto, ma tutti coloro che si trovano nella condi- di k v o r r f f ih H Interesse del contribuente e in rapporto di fatto assimilabile a quello vero i n ! subo.rdmato quali, per esempio, il socio lavoratore di società cooperativa ov- ìl lavoratore in rapporto di dipendenza con una società capogruppo, addetto a c S T m i ! I t r f,SCale pr prie di una S0cietà c° ntr° llata o S a l a t a ». Così la tire. min. 180/E ni. a com m ento art. 5, punto 4. Tuttavia, si osserva che « il vincolo tifr,!S-ent n6 c.orresPonf ablle deve essere particolarmente qualificato... » e per altre fat-3 3 rispetto a quelle indicate dalla norma ! (si pensi al mandato senza r ^ d °P era’ ai raPPorti professionali, ai rapporti di associazio-d ! ! fPM p f e’ eCC,) n° n dorà trarre aPPl'cazi°ue la corresponsabilizzazione (soli-r Z n J Ì T 1 F Ì ^ aT ° CT C° rS0 a r t 9 cosi Fed erico, Introduzione alla njorma delle sanzioni, cit., p. 139.
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Prescindendo volutamente dall’analisi dei rappresentanti delle persone fisiche non imprenditori, si vuole invece compiere qualche breve considerazione sui soggetti che operano all’interno dell’impresa, settore in seno al quale si manifesteranno le maggiori difficoltà in or dine all’individuazione dell’effettivo trasgressore.
Tra i soggetti che potrebbero essere riconosciuti autori delle vio lazioni amministrative, emerge Vinstitore, ossia colui che è « preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale », ovvero « all’eser cizio di una sede secondaria o di un ramo particolare » di questa (art. 2203 c.c.), il quale può « compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa a cui è preposto » (art. 2204 c.c.) in forza del potere di rappresentanza di cui è munito. L ’institore è Valter ego dell’imprendi tore, e, come lui, è posto al vertice dell’impresa, dovendosi attenere