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DISAVANZO E FONDI IN SOSPENSIONE D ’IMPOSTA NELLA SCISSIONE DI SOCIETÀ

di Gaetano Ragvcci Università Statale di Milano

Sommario: 1. Premessa. — 2. Il disavanzo. — 3. I fondi in sospensione d’imposta. — 4. Conclusione.

1. Premessa.

A chi si proponga di andare oltre il dato positivo, e di cogliere le linee del sistema, il regime fiscale della scissione di società offre mate­ ria per almeno due ordini di indagine.

Il primo, e principale, riguarda l’individuazione del fondamento giuridico della regola per la quale l’operazione è fiscalmente neutra­ le (1). A rendere ragione della scelta compiuta dal legislatore non paiono, invero, sempre appaganti le giustificazioni generalmente pro­ poste, quali la non riconducibilità della scissione all’elenco di fattispe­ cie alle quali l’art. 54 Tuid ricollega il prelievo sulle plusvalenze (2); l’incapacità dell’operazione di interrompere la « continuità » dei valori fiscalmente riconosciuti (3); la persistenza, pur dopo il suo compimen­ to, della « identità e continuità del ciclo dei beni d’impresa (4) ».

L ’insufficienza, e, data anche l’instabilità del dato normativo, l’uni­ lateralità di tali argomenti, sono rese evidenti dallo svolgimento di due assunti, già accolti, peraltro, da autorevole dottrina, riguardanti la natu­ ra dell’operazione, e i caratteri della disciplina fiscale del reddito d’impre­ sa. Non è questo il luogo per una completa trattazione; conviene perciò limitarsi a un breve cenno, a scopo di inquadramento. 1 2 3 4

(1) Art. 128-Ms, com m a 1 Tuid.

(2) Ipotesi avanzata in più occasioni per la fusione societaria, ma astrattamen­ te estensibile anche alla scissione; per tutti: FalsittaG., Fusione tra società e realizzo

di plusvalenze, in Dir. prat. trib., 1975, p. 17 ss.

(3) Fantozzi A .-Lupi R .-Nigro A., Trattato delle società per azioni, Torino,

1993, voi. 9, tom o II, p. 33 ss.

(4) Micoinesi M., Le plusvalenze d’impresa. Inquadramento teorico e profili rico­

Il primo degli assunti a cui si allude è che, secondo una particola­ re costruzione del contratto sociale, che dalla introduzione della disci­ plina della scissione ha tratto diretta conferma, questo istituto è con­ cepibile come una vicenda dell’attività organizzata secondo criteri economici, capace di incidere sulla destinazione dei beni che costitui­ scono il patrimonio sociale, senza operarne, in senso proprio, un « tra­ sferimento » (5). Questo modo di intendere la scissione discende da una revisione critica dell’intera materia del diritto societario, la quale affonda le proprie radici nell’adozione di una prospettiva metodologi­ ca di tipo individualistico, per la quale i reali termini di imputazione dei rapporti facenti formalmente capo alla società sarebbero i soci che la compongono. In questo quadro il modello « antropomorfico » anco­ ra oggi diffuso, secondo il quale la realtà societaria sarebbe rappresen­ tabile come un complesso di rapporti esistenti tra un « soggetto giuri­ dico » (società) e il suo « patrimonio », cessa di essere pertinente; e per­ de validità anche ai fini della ricostruzione del dato normativo tribu­ tario.

D ’altra parte, e questo rappresenta il secondo degli assunti a cui si faceva cenno, l’evoluzione del dato norm ativo ha con dotto la disci­ plina delle plusvalenze d ’impresa ad attribuire rilevanza centrale al- 1 attività, intesa com e schema concettuale, atto a conferire unità siste­ m atica alle diverse fattispecie che la com pongono (6). Anche questo profilo manifesta la propria rilevanza in una prospettiva storica. Nella disciplina del prelievo sul reddito, e in particolare in quello d ’impresa, nonché nelle norme che definiscono i casi di im ponibilità delle plusva­ lenze, sembra infatti essersi perso il legame, che in passato le caratte­ rizzava, tra fattispecie im ponibile e « atto » giuridico. Oggi prevale la tendenza ad attribuire rilievo preminente al collegam ento funzionale tra fattispecie e com plesso di atti che concorrono alla produzione (l’at­ tività, appunto). Secondo questo schema, l’ipotesi che la scissione, in quanto funzionalmente collegata all’attività produttiva, possa teori­ camente considerarsi fattispecie idonea a generare reddito imponibile, si presenta com e legittima, e merita di essere presa in considerazione.

Orbene, un esame del dato norm ativo, che sia con d otto alla luce di tali assunti, sembra condurre alla conclusione che, da un punto di vista logico-formale, l’ipotesi appena prospettata mantenga la propria validità, nel senso che nessun ostacolo sembrerebbe opporsi a che la 5 6

(5) Ferro-LozziP., La nozione di scissione, in G-iur. commi., 1991, I, p. 1005 ss.

(6) Fe d k i.kA., Trasformazione, fusione e liquidazione di società. Il Fallimento, in A A .V V , Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, Padova, 1988, p. 779.

scissione possa essere considerata generatrice di reddito imponibile. Le ragioni per le quali, invece, la disciplina fiscale ne sancisce la neu­ tralità discendono dunque da un altro genere di fattori, dei quali non è ammesso ritenere a prioril’irrilevanza; fattori di natura atecnicaed empirica,riconoscibili negli effetti che un prelievo indiscriminato pro­ durrebbe sulla flessibilità del sistema produttivo, e sulla competitività delle imprese (7).

Ma, come si diceva, le riflessioni e gli approfondimenti sollecitati dalla regola che sancisce la neutralità fiscale della scissione non rap­ presentano l’unico profilo di indagine offerto dalla materia.

Un ulteriore tema di interesse, a esso strettamente legato, è infat­ ti rivelato dalla constatazione che larghi settori della disciplina fiscale riservata a questa operazione non sono agevolmente riconducibili alle categorie proprie del ragionamento giuridico. Il fenomeno è certamen­ te dovuto alla natura, estremamente tecnica e analitica, del dettato normativo; fatto stà che la maggior parte dei problemi interpretativi che esso pone vengono risolti, in genere, con la prevalente mediazione di regole attinenti alla rappresentazione contabile dell’operazione.

Questa impostazione si pone certamente in linea con il ruolo che l’art. 52, primo comma Tuid attribuisce al bilancio dell’impresa; ep­ pure sembra che trascuri una considerazione persino ovvia, ma non per questo secondaria. Il rinvio operato da questa disposizione alla tecnica contabile non può esaurire, infatti, il novero degli strumenti adottabili per la soluzione di un problema (quello della determinazione del reddito imponibile),che deve rispondere a criteri di giustizia, prima che, per parafrasare il disposto dell’art. 2423 c.c., di « chiara » e « pre­ cisa » rappresentazione della situazione patrimoniale della società, nonché degli utili e delle perdite da essa riportati.

Le riflessioni che seguono si ispirano a questa constatazione, e si propongono di dimostrarne la rilevanza anche pratica attraverso l’e­ same dei problemi posti dall’interpretazione di alcune disposizioni di dettaglio, riguardanti il disavanzo e i fondi in sospensione d’imposta.

2. Il disavanzo.

Prima di scendere a più puntuali osservazioni, conviene riassu­ mere il contenuto di una disciplina, quella del disavanzo da scissione, 7

(7) Per un com piuto svolgimento di questi assunti, sia permesso rinviare al no­ stro La scissione di società nell’imposizione diretta, Milano, 1997, p. 71 ss.

che nel corso degli ultimi anni ha subito una serie pressoché ininter­ rotta di interventi di riforma.

In sintesi si può dire che, per l’ordinamento vigente, il disavanzo (da concambio o da annullamento) non può essere utilizzato per iscri­ zioni in franchigia d ’imposta, a qualsiasi voce, forma o titolo opera­ te (8); l’iscrizione di maggiori valori sui cespiti dell’attivo ricevuti dal­ la societià beneficiaria, o per l’iscrizione di un avviamento, produce effetti ai soli fini del bilancio civilistico (9); i maggiori valori iscritti sui cespiti appartenuti alla società scissa per effetto dell’imputazione del disavanzo si considerano riconosciuti anche dal punto di vista fi­ scale a condizione che siano sottosposti a un’imposta sostitutiva (10); e, tuttavia, usi difformi (quali, per esempio, l’iscrizione di plusvalenze su cespiti già posseduti, o in periodi d’imposta successivi a quello in cui la scissione ha prodotto i propri effetti), non danno luogo a prelie­ vo (11).

Come è facile constatare, la reiterazione degli interventi non ha giovato alla coerenza della normativa; e ciò per l’evidente difetto di coordinam ento tra regime del disavanzo, e regime delle plusvalenze iscritte. Tuttavia, nel com plesso può cogliersi un elemento positivo, poiché grazie alle norme da ultimo introdotte si è com piuta l’unifica­ zione del regime fiscale del disavanzo, un tem po differenziato, come risaputo, a seconda che fosse derivato dal concam bio, o dall’annulla- m ento di partecipazioni. Nelle intenzioni del legislatore, questa equi­ parazione ha avuto lo scopo di semplificare una materia caratterizza­ ta, di per sé, da un elevato tecnicismo; il che incoraggia, per quanto qui rileva, a proporne una sistemazione.

Gli accenti propri della sistematica più diffusa (ma non per que­ sto, com e si dirà, la più appagante) sono chiaramente espressi nella cir­ colare di com m ento all’ultimo intervento legislativo che ha interessa­ to la materia (12). In tale docum ento il disavanzo viene presentato, con term inologia propria della disciplina contabile, quale « posta di equilibrio », che, quando trae origine dal concam bio, ha lo scopo di misurare « l’eccedenza dell’aum ento del patrim onio netto deliberato dalla società (...) beneficiaria rispetto a quello della società (...) scissa

(8) Art. 27, L. 23 dicembre 1994 n. 724.

(9) Art. 3, com m a 105 L. 28 dicembre 1995 n. 549. (10) Artt. 1 e 6, D .u ;s . 8 ottobre 1997 n. 858.

(11) Ciò per effetto dell’abrogazione della disposizione della lett. c) delPart. 54

Tuid, operata dall’art. 21, comma 8, L. 27 dicembre 1997 n. 449.

(12) Min. fin. ciré. 19 dicem bre 1997 n. 320/E, in IHr. Prat. Trib., 1997, I, p. 1561 ss.

indicato nelle scritture contabili »; e se, invece, deriva dall’annulla­ mento di partecipazioni, misura « l’eccedenza del valore contabile del­ la partecipazione annullata per effetto della (...) scissione, rispetto al patrimonio netto della società (...) scissa indicato nelle scritture conta­ bili della (...) beneficiaria ». A tale qualificazione, che non rappresenta in sé una novità, si accompagna l’ulteriore considerazione, avanzata, per la verità, con una certa cautela, secondo la quale « dal punto di vista economico » il disavanzo può associarsi a plusvalenze latenti, presenti nel patrimonio della società scissa; dal che si dovrebbe dedur­ re che la disciplina vigente, e, in particolare, la facoltà di un riconosci­ mento fiscale dei maggiori valori iscritti verso pagamento dell’imposta sostitutiva, discenderebbero dalla constatazione di una associazione, più o meno accidentale, di una posta di equilibrio contabile con, ap­ punto, un plusvalore latente.

La prospettazione accolta dall’amministrazione finanziaria nella circolare in commento integra, a parere di chi scrive, un chiaro esem­ pio di risoluzione in chiave esclusivamente contabile della fattispecie; sorge perciò l’interrogativo se la teoria giuridica non fornisca strumen­ ti concettuali alternativi, anch’essi utili all’attività ermeneutica (13). A questo proposito si osservi dunque che, malgrado l’unificazione operata dalla disciplina vigente, la causa giuridica del disavanzo da concambio differisce profondamente da quella dell’analoga voce che può trarre origine dall’annullamento di partecipazioni.

Un disavanzo del primo tipo si manifesta perché, mentre l’ordi­ namento tributario prevede che le voci del netto patrimoniale della società scissa vengano riprodotte nel bilancio delle beneficiarie a valo­ ri invariati, la legge civile impone che il capitale risultante dalla scis­ sione sia determinato attraverso un rapporto di cambio « con­ gruo » (14), tale, cioè, da soddisfare tutti gli interessi (delle società co­ me dei soci) coinvolti nell’ operazione. Questa è la ragione per la quale, diversamente dalle restanti voci del netto, per le quali vale il princi­ pio della continuità dei valori, il capitale delle società che beneficiano della scissione deve essere determinato secondo una stima a valori

(13) Il primo passo da compiere in questa direzione consiste, com e si dirà nel testo, nell’individuazione della causa giuridica del fenomeno; il che non contraddice l’assunto per il quale il disavanzo, com e usa dirsi, è « posta di riequilibrio contabile », ma, per così dire, amplia l’ orizzonte della ricerca, aggiungendovi la definizione della fattispecie sottostante.

correnti, e può differire, perciò, dalla somma dei capitali contabili pre­ cedenti all’operazione (15).

La causa giuridica di un disavanzo da annullamento va per con­ tro individuata non in una dinamica intrinseca alla scissione, com e è quella del concam bio, ma nell’applicazione, da parte di soggetti e in condizioni e tempi diversi, della disciplina che regola la valutazione dei cespiti patrimoniali (16). Può infatti accadere che la partecipazio­ ne detenuta dalla società beneficiaria nella scissa sia stata iscritta, al m om ento dell’acquisto, a un valore diverso da quello della quota di patrimonio netto acquisita per effetto della scissione: da ciò la possibi­ lità di un disavanzo (17).

Pur differendo, com e detto, nella causa giuridica, le situazioni ca­ paci di generare nello stato patrimoniale delle società beneficiarie del­ l’operazione un disavanzo sono caratterizzate da un tratto comune, che si pone su di un piano sovraordinato a quello sinora considerato. Si consideri, infatti, che, attraverso l’individuazione delle frazioni in cui il patrim onio della società destinata a scindersi viene disaggregato, le parti possono fare migrare i plusvalori latenti, nella misura e in fa ­ vore dell’ente voluto, al di fuori del patrim onio della società che si scinde. In questo aspetto della operazione è ravvisabile un’espressione di autonomia delle parti coinvolte, la quale tuttavia produce (com e ef­ fetto non voluto delle norme che fondano la causa giuridica del disa­ vanzo) la conversione del plusvalore latente in una posta di equilibrio contabile.

N on pare che la evidenziazione di questo profilo sia fine a se stes­ sa, com e a prima vista potrebbe obiettarsi. Esso, infatti, m ette in om ­ bra quel carattere quasi di accidentalità, im plicito nella definizione del disavanzo com e posta di equilibrio contabile, e rivela, per contro, la logica giuridica a cui le scelte del legislatore paiono, in definitiva, riconducibili.

D a questo punto di vista si può forse rendere ragione, in primo luogo, della disposizione per la quale, di regola, il disavanzo non può

(15) Rag u cci G., La scissione di società nell’imposizione diretta, cit., p. 101. (16) Art. 2426 c.c,

(17) Le cause delle differenze che possono emergere in esito alle dinamiche che si sono descritte nel testo possono essere ulteriormente specificate, senza che ne m uti­ no, però, i caratteri essenziali: si potrà trattare di plusvalori dovuti a una originaria sottovalutazione dei cespiti dell’attivo della scissa (com e neH’ipotesi dell’acquisto per un corrispettivo vantaggioso); alla maturazione di plusvalori ordinari; o, infine, all’in­ duzione di plusvalori dovuta alla razionalizzazione della struttura aziendale, che, in determinate circostanze, la stessa scissione è in grado di attuare.

essere utilizzato per iscrizioni in franchigia d’imposta, a qualsiasi vo­ ce, forma o titolo operate (18): essa si giustifica per il fatto che, data la neutralità dell’operazione, un plusvalore latente neH’economia della società scissa non può acquisire rilevanza fiscale, per essa o per le be­ neficiarie che le succedono, solo perché si traduce in una posta dello stato patrimoniale. A tale scopo, occorre che si verifichi una ulteriore condizione, costituita dal concorso della volontà del soggetto passivo, espressa nelle forme che tra poco si vedranno. D ’altra parte, la regola della neutralità non è dovuta a ragioni logico-formali, o di principio, come si è avuto modo di ricordare, ma a esigenze di carattere atecnico ed empirico; per cui ben si comprende come essa non abbia carattere assoluto, e permetta a chi voglia di optare per l’utilizzazione fiscale del disavanzo, assumendosi l’onere fiscale conseguente (19). V ’è, come si vede, una chiara continuità tra regola della neutralità fiscale, inuti­ lizzabilità del disavanzo, e regime del prelievo sostitutivo, che l’assun­ zione di una prospettiva formale, qual’è quella che qui si propone, contribuisce a mettere in luce (20).

Così qualificata la situazione giuridica sottostante al disavanzo, pare possibile avanzare un’ipotesi anche sulla definizione della fatti­ specie a cui la legge collega l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Si consideri infatti che, prima che la scissione produca effetto, la società destinata a scindersi può accedere a una fattispecie a cui la legge col­ lega il prelievo sulle plusvalenze (per esempio potrebbe vendere il ce­ spite plusvalente); e lo stesso potrebbe fare, in ipotesi, la società be­ neficiaria, con le componenti dell’attivo ricevute per effetto dell’ope­ razione. Nel momento in cui il legislatore riconosce l’iscrivibilità di maggiori valori mediante imputazione al disavanzo, lo stesso mostra quindi di attribuire rilevanza a una situazione giuridica in corso di formazione, favorendo la produzione della fattispecie finale attraverso una sorta di anticipazione degli effetti che le sono propri; anticipazio­ ne che, nel caso di specie, si attua, appunto, con l’applicazione del­ l’imposta sostitutiva ai maggiori valori iscritti. Tutto ciò induce a

ipo-(18) A rt 27, L. 23 dicembre 1994 n. 724. (19) Art. 1 del D .i.gs. 8 ottobre 1997 n. 358.

(20) Oltre che nella disponibilità della regola della neutralità fiscale della scis­ sione, la facoltatività del regime introdotto dall’art. 1 del D .i.gs. 8 ottobre 1997 n. 358 si spiega anche per il fatto che la connessione tra disavanzo e plusvalenza non è univo­ ca, poiché le cause economiche della posta possono essere anche diverse (come, per esempio, 1’ esistenza di un valore di avviamento).

tizzare che la situazione giuridica in esame presenti un’analogia con quella che, per la teoria del diritto, è una fattispecie anticipatoria (21).

Da questa acquisizione può trarsi argomento per la soluzione di alcuni problemi che possono presentarsi in sede applicativa.

Un interrogativo che, a questo proposito, può porsi è, per esem­ pio, se, adempiuto 1 onere d imposta, il disavanzo possa essere utiliz­ zato per 1 iscrizione all attivo del patrimonio di un valore di avvia­ mento. Come si è già avuto m odo di ricordare, per regola generale i calori iscritti mediante imputazione del disavanzo hanno rilievo esclusivamente civilistico; ciò ha indotto in altra sede ad affermare che, in analogia con quanto disposto, per la posta emergente nel bi­ lancio consolidato, dal secondo com m a dell’art. 33 del D .l g s. n. 127

del 9 aprile 1991, il disavanzo vada im putato « ove possibile » agli ele­ menti dell’ attivo provenienti dalla società scissa; quando invece non lo sia, perché lo stesso dipenda da altre cause che non i plusvalori la­ tenti (oppure perché la rivalutazione com porterebbe l’iscrizione di va­ lori superiori a quello corrente), dovrebbe restare la possibilità di iscri- vere un avviam ento attivo, a condizione, beninteso, che i beni ricevu- ti dalla società scissa com pongano u n ’azienda (22). In questo contesto si sarebbe portati a ritenere che, quando la legge tributaria collega al pagam ento dell’im posta sostitutiva il riconoscim ento dei « maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’imputazione dei disavan­ zi » (2 3 ), la stessa alluda a tutti gli usi consentiti del disavanzo e, quin­ di, sussistendone le condizioni, anche all’iscrizione dell’avviam ento.

Questa conclusione trova ora con forto nella ricostruzione della fattispecie connessa all’applicazione dell’im posta sostitutiva, che si è appena proposta. L ’avviam ento, infatti, è una qualità intrinseca del- 1 azienda, che si risolve, in sintesi, nella sua attitudine a produrre red­ dito; com e tale, esso segue l’azienda presso la società beneficiaria della scissione, a cui la stessa, in ipotesi, venga assegnata: se presso detta società emerge un disavanzo, e non sussistono le condizioni per incre­ mentare i valori contabili dei singoli cespiti aziendali, deve essere per­ messo imputare la posta alla voce avviam ento, a p atto naturalmente che si ottemperi al conseguente onere fiscale. A nche in questo caso, la situazione giuridica sottostante all’emersione del disavanzo sembra

(21) Santoro Pa ssa r k u.i F., Dottrine generali del diritto, Napoli, 1986, p. 76;

ScognamiUi-io Aspettativa di diritto, (voce) in Eric, dir., voi. I l i , p. 227.

(22) Sempre per regola generale, né l’una né l’altra soluzione prospettata nel te­ sto incide sulla determinazione dell’imponibile, restando l’illustrazione della divergen­ za tra bilancio civilistico e fiscale affidata a un apposito prospetto di raccordo.

strutturarsi alla stregua di una « fattispecie anticipatoria ». L ’antici­ pazione riguarda il prelievo che si compirebbe sulle plusvalenze realiz­ zate « unitariamente » mediante la cessione a titolo oneroso dell’azien­ da, ai sensi dell’art. 54, quinto comma Tuid (disposizione che, come noto, comprende tra le plusvalenze imponibili anche il valore dell’av­ viamento).

8. I fondi in sospensione d’imposta.

Una recente risoluzione ministeriale offre l’occasione per riflettere anche sul trattamento fiscale riservato, nel caso di scissione societaria, ai fondi in sospensione d’imposta (24). Le osservazioni che scaturisco­ no dall’esame di questo ulteriore profilo ben si connettono con le pre­ messe di ordine generale esposte in apertura delle presenti note, ri­ guardanti la necessità di un affiancamento degli strumenti concettuali offerti dalla teoria giuridica, alle categorie di ordine contabile, cui ge­

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