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3.1 Il rischio di riciclaggio e la compliance

Il fenomeno del riciclaggio di denaro incide fortemente sugli assetti organizzativi ed operativi degli intermediari. E’ proprio tra gli intermediari che il canale bancario assume un ruolo rilevante, in quanto mezzo tradizionalmente utilizzato dalla maggior parte dei soggetti che desiderano depositare i propri risparmi oppure ottenere credito42. In

particolar modo, la regolamentazione prudenziale impone alle banche e agli altri intermediari di gestire tutti i rischi a cui sono esposti attraverso un’adeguata dotazione patrimoniale ed un idoneo assetto organizzativo43. Configurato genericamente il rischio

come la possibilità che si verifichi un danno o un evento indesiderato in seguito alla condotta propria o di terzi, il Provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 201144

stabilisce che “nella classificazione dei rischi, quello di riciclaggio viene ricondotto

prevalentemente tra quelli di natura legale e reputazionale”. Il rischio legale,

riconosciuto come il rischio di perdite derivanti da violazioni di leggi o regolamenti, da responsabilità contrattuale o extra-contrattuale o altre controversie, è compreso all’interno dei rischi operativi e “come tale concorre alla determinazione del requisito

patrimoniale previsto dal cosiddetto ‘primo pilastro’”. Il rischio reputazionale, invece, “viene trattato all’interno del cosiddetto ‘secondo pilastro’ e contribuisce, quindi, alla stima del grado di adeguatezza del capitale complessivo dell’intermediario”. Nelle

istruzioni di vigilanza dettate da Banca d’Italia45, in aggiunta, viene riportata una

definizione del rischio di compliance (anche noto come rischio di conformità), come possibilità di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in seguito alla violazione di norme imperative o di autoregolamentazione46. Di fatto, siamo di fronte ad un’intersezione tra il rischio

42 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., pag. 69. 43 Razzante R., Codice della Normativa Antiriciclaggio, cit., pag.154

44 Banca d’Italia, “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia organizzazione, procedure e

controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’art. 7, comma 2 del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231”, Roma 10 marzo 2011.

45 Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza, La funzione di conformità (compliance), Roma 2007.

46 Razzante R., Dellarosa E., La normativa antiriciclaggio e il nuovo Sistema dei controlli interni, Bancaria

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operativo ed il rischio di compliance, dove l’elemento comune è rappresentato dal rischio legale. La componente del rischio di compliance legata agli adempimenti rappresenta per l’intermediario un rischio “puro”, eliminabile in toto attraverso il rispetto delle normative; la componente legata all’adozione di misure di gestione del rischio, invece, non è eliminabile e risulta oggetto di verifiche ex post che daranno una graduazione di giudizio alle procedure messe in atto.

Già con il recepimento della III Direttiva Antiriciclaggio, la Banca d’Italia ha enfatizzato l’attenzione nei confronti del valore reputazionale dell’intermediario. La fiducia nei confronti del singolo intermediario e del sistema bancario, infatti, rappresenta un punto critico da tenere costantemente in considerazione, al fine di prevenire cali della stessa fiducia che possono condurre, in casi estremi, a episodi di panico e di corsa agli sportelli. Diretta conseguenza è la predisposizione di una funzione compliance all’interno della banca, con l’obiettivo generale di rafforzare la preservazione del buon nome della banca e della fiducia del pubblico nella sua correttezza operativa e gestionale, attraverso una migliore predisposizione nei confronti della crescente complessità dei rischi47. In merito

alle necessità organizzative della banca, relative alla necessità di predisporre un idoneo apparato per la corretta gestione dei rischi in esame, resta centrale il concetto di proporzionalità del risk-based approach: l’intermediario si trova, nell’ambito della sua attività, ad esercitare responsabilmente la propria autonomia nel mettere in pratica le misure necessarie per giungere ad un’adeguata valutazione della propria esposizione ai rischi in esame. Seppure in un contesto dove la discrezionalità concessa appare ampia, gli intermediari sono chiamati ad adottare sistemi valutativi e processi decisionali chiari, oggettivi e periodicamente verificati ed aggiornati, con la finalità di giungere ad un’adeguatezza delle misure rispetto ai rischi rilevati in concreto48.

3.2 Il principio di collaborazione attiva

La Dichiarazione dei Principi di Basilea del 1988 richiedeva alle banche una “collaborazione passiva”, svolta dagli intermediari attraverso la conservazione di dati ed

47 Tarantola A.M., IV Convegno Compliance. Il sistema dei controlli aziendali: alla ricerca di una nuova

governance, AICOM, Roma 6 giugno 2008.

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informazioni utili, che potevano essere richiesti dalle autorità competenti, ed attraverso l’osservanza dell’obbligo di astensione in merito alle operazioni sospette49. La I Direttiva

comunitaria, invece, ha incrementato la portata dell’atteggiamento preventivo e cooperativo, introducendo obblighi di “collaborazione attiva” con le autorità,

“attraverso l’introduzione di presidi volti a garantire la piena conoscenza del cliente, la tracciabilità delle transazioni finanziarie e l’individuazione delle operazioni sospette”50,

che si traduce nell’attuale obbligo di segnalazione delle operazioni sospette51.

Le direttive susseguitesi negli anni successivi hanno rafforzato l’importanza della collaborazione, facendo leva sulla tutela dell’integrità del sistema e la correttezza dei comportamenti e sul principio di proporzionalità. Sebbene non siano mancate le critiche legate all’onerosità che la collaborazione attiva comporta, l’incentivazione alla segnalazione poggia su una razionalizzazione dei costi e, soprattutto, sulla considerazione dei benefici, in termini di efficienza e sicurezza, nonché di immagine, derivanti dall’adozione di procedure complesse e tecnologie sofisticate52.

L’atteggiamento proattivo della collaborazione spinge su due dimensioni: l’adempimento degli obblighi di identificazione, registrazione, conservazione e segnalazione e l’esecuzione di un’attività valutativa delle operazioni, a cui si ricollega l‘implementazione di meccanismi ad hoc di controllo ed approfondimento53. A tal

proposito, si rende necessario che i ruoli predisposti allo svolgimento di queste funzioni siano portatori di un’adeguata diligenza e siano per questi obiettivi qualificati, alimentando l’importanza del processo formativo che si richiede l’intermediario svolga all’interno delle proprie strutture. La stessa finalità rende fondamentale l’applicazione della Know Your Customer rule, in modo da accrescere la capacità degli operatori di conoscere e di valutare i clienti e le possibili anomalie ad essi ricollegabili. D’altro canto, di fianco al processo formativo ed all’efficienza dei sistemi di controllo interni alla banca, le condotte collaborative sono altresì incentivate dall’aspetto sanzionatorio della

49 Pacileo V., Il riciclaggio e i reati affini, Key, Vicalvi 2017, pag.155. 50 Corte di Cassazione, Sezione 2 penale, Sentenza 20 aprile 2015, n.18141.

51 Cappa E., Cerqua L.D., Il riciclaggio del denaro: il fenomeno, il reato, le norme di contrasto, Giuffrè,

Milano 2012, pag.122.

52 Lembo M., Scialoja M., Antiriciclaggio, Maggioli, Rimini 2014, pag. 120. 53 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., pag.73.

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disciplina, che attinge all’aspetto dei provvedimenti pecuniari per fungere da deterrente nei confronti di episodi non collaborativi da parte dei destinatari delle norme.

Il perimetro del principio di collaborazione è delineato dal D.Lgs 231/2007, che vieta ai destinatari delle norme di porre in essere ulteriori attività investigative non collegate alla prestazione professionale o all’attività istituzionale da svolgere. L’articolo 3 del decreto, infatti, prevede che i soggetti destinatari “adempiono gli obblighi previsti

avendo riguardo alle informazioni possedute o acquisite nell’ambito della propria attività istituzionale o professionale”54.

E’ importante sottolineare l’impegno, accresciutosi negli anni, di affiancare ad un’idonea disciplina antiriciclaggio la diffusione di una “cultura antiriciclaggio”, intesa come la conoscenza delle tecniche di riciclaggio attraverso i sistemi finanziari; l’esistenza di presidi minimi di governo dei rischi in esame; l’esistenza e la diffusione all’interno degli intermediari di una forte volontà di applicazione della disciplina antiriciclaggio; la collaborazione nell’investimento di risorse per il contrasto del fenomeno55.

Cionondimeno, si fa leva sullo sviluppo della consapevolezza che l’attività antiriciclaggio non costituisca un ostacolo al business, ma comporti un aumento qualitativo dell’attività degli intermediari e della relazione con la clientela56. Proprio per il tramite di una più

stringente relazione con la propria clientela, che ha portato all’instaurazione di un rapporto intermediario-cliente personalizzato, infatti, i vantaggi ottenuti dalla banca non sono marginali: la maggiore conoscenza della clientela, diretta conseguenza degli obblighi dettati dalla normativa, ha portato sia ad una miglioria nel rapporto con quest’ultima, sia ad una maggiore percezione dell’immagine che della banca si ha all’esterno, traducendosi in opportunità maggiori di segmentazione e marketing e, in conclusione, in una maggiore competitività del singolo intermediario ed una migliore gestione dello stesso.

54 Stumpo G., Vallone T., Il contrasto al riciclaggio di capitali e al finanziamento illecito. Normative

internazionali ed attuazione della III Direttiva comunitaria in Italia, FrancoAngeli, Milano 2008, pag.89.

55 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., pag.79.

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3.3 Gli obblighi antiriciclaggio per gli intermediari

La IV Direttiva Antiriciclaggio, giunta al termine del processo di recepimento all’interno dell’ordinamento italiano, riprende la struttura delle precedenti direttive ed apporta importanti novità all’apparato normativo, con conseguenti impatti sull’operatività degli intermediari, al fine di allineare la normativa nazionale alle recenti disposizioni introdotte in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo a livello europeo e di accogliere le raccomandazioni del GAFI57.

Ai soggetti obbligati, tra i quali rientrano gli intermediari bancari e finanziari, vengono imposti l’adozione ed il periodico aggiornamento di procedure oggettive e coerenti in merito alla valutazione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Coerentemente ai criteri e alle metodologie per l’analisi e la valutazione dei rischi elaborate dalle autorità di vigilanza, la valutazione deve tenere conto delle caratteristiche della clientela, dei prodotti e dei servizi offerti, dell’area geografica di operatività e dei canali distributivi.

Come conseguenza dell’autovalutazione, per l’intermediario scatta l’obbligo di adottare i presidi e attuare le procedure e i controlli idonei a gestire e mitigare i rischi rilevati a livello nazionale dal Comitato di Sicurezza Finanziaria ed a livello del singolo soggetto. In merito al principio di proporzionalità, le autorità di vigilanza di settore e gli organismi di autoregolamentazione individuano i requisiti dimensionali ed organizzativi di ciascun intermediario vigilato, in base ai quali gli intermediari stessi adottano le misure in merito alla valutazione e alla gestione dei rischi, all’introduzione di una specifica funzione antiriciclaggio ed alla previsione di una funzione indipendente di revisione. Alla stessa finalità di adozione proporzionale delle misure si associano gli obblighi legati alla pianificazione di adeguati programmi di formazione del personale, alle misure da adottare in merito ai rischi rilevati ed al riconoscimento delle operazioni sospette, oggetto di segnalazione.

57 Galmarini S., La nuova disciplina dell’antiriciclaggio: i soggetti obbligati e l’analisi del rischio, in Il

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3.3.1 La limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore

La limitazione all’uso del contante rappresenta una delle misure più incisive sul quotidiano rapporto tra gli intermediari e la clientela. La legge 5 luglio 1991, n.197, di fianco al principio di collaborazione attiva, prevedeva un sistema di limitazione al trasferimento di denaro contante oltre la soglia dei 20 milioni di lire, così da canalizzare tutte le operazioni di importo eccedente la soglia verso gli operatori finanziari, obbligati a tenerne traccia. Di fatto, le disposizioni in materia di antiriciclaggio inseriscono la compressione dell’uso del contante sotto una luce di propedeuticità nei confronti degli ulteriori adempimenti di indagine, registrazione e segnalazione58. Seppur negli anni la

normativa sia cambiata, rispetto alle primitive disposizioni del 1991, la limitazione all’uso del contante continua ad avere valenza in termini di tracciabilità e, di conseguenza, in termini di contrasto ai fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

La limitazione, riguardante il denaro contante e i titoli al portatore, ha subito modifiche in merito alla soglia, divenuta pari a 1.000 euro con il D.Lgs. 231/2007 e di recente innalzata a 3.000 euro59. Operazioni eccedenti le soglie non intaccano l’operatività

bancaria, essendo la banca fin dalle prime disposizioni riconosciuta come “intermediario abilitato”, ma comportano unicamente l’utilizzo di strumenti che permettano la completa tracciabilità delle operazioni poste in essere. La condotta dell’intermediario, inoltre, deve estendersi al controllo delle operazioni che possono costituire oggetto di una complessiva operazione frazionata60.

Da un punto di vista meramente statistico, la stringente legislazione in merito al denaro contante ha avuto forti impatti nel contesto italiano. Le analisi e gli studi svolti dall’UIF con riguardo alla possibile correlazione tra l’utilizzo delle banconote di taglio elevato ed il fenomeno del riciclaggio, infatti, hanno evidenziato il propagarsi del fenomeno della “circolazione negativa” delle banconote di taglio apicale. In relazione alla costante attenzione della Banca d’Italia in merito ai potenziali rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo legati all’utilizzo di banconote di taglio elevato, infatti, ha

58 Castaldo A.R., Naddeo M., Il denaro sporco. Prevenzione e repressione nella lotta al riciclaggio,

CEDAM, Padova 2010.

59 In seguito all’entrata in vigore della Legge 208/2015 (cosiddetta Legge di Stabilità).

60 Krogh M., Licini C., La normativa antiriciclaggio e antiterrorismo per i professionisti, IPSOA, Assago

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portato all’evidenza di un ammontare esiguo di prelievi di tagli apicali, rispetto all’elevato numero di versamenti di questi ultimi, provenienti dall’area Euro61. Inoltre,

sul territorio nazionale l’uso del contante risulta strettamente correlato con gli indicatori di economia sommersa, così come è rilevante la correlazione positiva tra gli indicatori di criminalità e l’uso del contante stesso62.

Il D.Lgs. 90/2017 ha recentemente modificato la normativa antiriciclaggio anche sotto questo aspetto, andando ad eliminare la possibilità di emettere e trasferire libretti al portatore, considerati spesso un veicolo per l’anonimato finanziario. Dal 4 luglio 2017, infatti, coerentemente con i dettami della IV Direttiva europea, gli intermediari possono emettere unicamente libretti di deposito nominativi. Per i libretti al portatore esistenti è prevista l’estinzione entro il 31 dicembre 2018, con la conseguente eliminazione delle soluzioni adottate negli anni precedenti per oscurare le intestazioni del denaro63.

3.3.2 L’obbligo di adeguata verifica della clientela

All’interno del quadro normativo in materia di antiriciclaggio trovano ampio spazio gli obblighi di adeguata verifica della clientela. L’identificazione della clientela costituisce un primo importantissimo tassello nell’iter procedurale dell’intermediario, finalizzato all’acquisizione delle informazioni rilevanti in merito ai soggetti con cui la banca opera. L’adempimento in merito alla conoscenza approfondita della clientela, secondo i principi del Know Your Customer (KYC), poggia su una serie di accorgimenti commisurati al rischio associato alla tipologia di cliente, rapporto continuativo, prestazione professionale, operazione, prodotto o transazione di cui trattasi. L’applicazione del risk-

based approach, inoltre, pone in capo all’intermediario l’onere di dimostrare alle

autorità competenti che la portata delle misure adottate sia adeguata all’entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo rilevati64. In merito

all’applicazione di un approccio basato sul rischio, nel dettaglio, la normativa prevede che i soggetti obbligati adottino misure di adeguata verifica proporzionali all’entità dei

61 Cassetta A., Di Filippo A., Roversi V., L’utilizzo di banconote di taglio elevato come potenziale

strumento di riciclaggio: lo studio del 2011 con una nota di aggiornamento, UIF, Quaderni

dell’antiriciclaggio n.6, dicembre 2016.

62 Ardizzi G., De Franceschis P., Giammatteo M., Anomalie nell’utilizzo del contante e riciclaggio:

un’analisi econometrica a livello comunale, UIF, Quaderni dell’antiriciclaggio n.5, gennaio 2016.

63 Lippi L., Libretto al portatore, da oggi è vietato: le alternative, in IntelligoNews, 4 luglio 2017. 64 Valente P., Caraccioli I., Rizzardi R., Responsabilità del professionista. Gestione dei rischi nelle

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rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, attraverso una commisurazione degli obblighi in relazione al rischio associato alla tipologia di cliente (profilo soggettivo) ed alla tipologia del rapporto d’affari, prestazione professionale transazione o operazione posta in essere (profilo oggettivo)65.

Con riferimento al cliente, gli intermediari tengono conto di:  Natura giuridica del cliente;

 Prevalente attività svolta;

 Comportamento tenuto al momento dell’operazione o dell’instaurazione del rapporto continuativo o della prestazione professionale;

 Area geografica di residenza o sede del cliente e della controparte.

Con riferimento all’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale, invece, gli intermediari tengono conto di:

 Tipologia dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale posti in essere;

 Modalità di svolgimento dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale;

 Ammontare dell’operazione;

 Frequenza e volume delle operazioni e durata del rapporto continuativo o della prestazione professionale;

 Ragionevolezza dell’operazione, del rapporto continuativo o della prestazione professionale, in rapporto all’attività svolta dal cliente e all’entità delle risorse economiche nella sua disponibilità;

 Area geografica di destinazione del prodotto e oggetto dell’operazione, del rapporto continuativo o della prestazione professionale66.

Fin dalla III Direttiva Antiriciclaggio, l’attenzione rivolta al processo di identificazione del cliente ha portato al passaggio da un obbligo di mera raccolta delle informazioni relative

65 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., pag. 92.

66 Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla

prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, Capo I, Sezione I, Articolo 17.3.

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al cliente ad un vero e proprio dovere di verifica in capo all’intermediario. Il processo di

Customer Due Diligence, infatti, prevede un’articolazione che non si esaurisce al

momento del primo contatto con il cliente, ma si estende all’ottenimento di informazioni sulla natura e sullo scopo delle operazioni poste in essere e sui mezzi di pagamento utilizzati per tutta la durata del rapporto con il cliente stesso.

Di rilevante importanza è il processo di profilatura della clientela, sulla cui base si declinano gli obblighi successivi in materia di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. In osservanza del risk-based approach e degli elementi, soggettivi ed oggettivi, per la valutazione dei rischi, gli intermediari provvedono a definire il profilo di rischio attribuibile a ciascun cliente, in relazione alle informazioni ottenute. Conseguenza della profilatura è l’inclusione del cliente in una delle classi di rischio predefinite dai destinatari delle norme. Ad ogni classe corrisponde uno specifico livello di profondità ed estensione degli adempimenti agli obblighi ed è a discrezione dell’intermediario la definizione della frequenza di aggiornamento della profilatura del cliente e i casi in cui occorre verificare la congruità della classe di rischio assegnata.

La segmentazione della clientela avviene spesso attraverso modalità standardizzate, quali questionari, algoritmi predefiniti e procedure informatiche, ma è facoltà degli operatori applicare classi di rischio diverse da quelle risultanti dai processi automatizzati. Sulla base di un atteggiamento prudenziale, l’eventuale modifica al ribasso della classe di rischio del cliente va motivata per iscritto dall’operatore che fa capo alla decisione di modifica. Allo stesso modo, in presenza di gruppi in cui non è accentrata la profilazione del cliente, ciascuna società appartenente al gruppo effettua una propria valutazione, facendo ricorso anche alle informazioni fornite dalle altre società, per poi desumere il profilo di rischio più elevato tra tutti quelli assegnati da ciascuna società del gruppo67.

3.3.2.1 L’ambito di applicazione

Il decreto antiriciclaggio prevede specifiche soglie per l’esecuzione degli obblighi di adeguata verifica. Per i soggetti obbligati, infatti, l’obbligo di acquisizione delle informazioni scatta sia al momento dell’instaurazione di un rapporto continuativo che

67 Banca d’Italia, Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della

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in occasione dell’esecuzione di un’operazione occasionale, laddove queste comportino la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro68.

La soglia prevista può essere raggiunta o superata non solo attraverso l’esecuzione di una singola operazione, ma anche attraverso l’esecuzione di più operazioni che si configurano come operazioni collegate per realizzare un’operazione frazionata. In merito alle stesse operazioni frazionate, però, la regolamentazione appare oggetto d’esame per eventuali modifiche, che vorrebbero ridurre la soglia limite per le operazioni occasionali a 5.000 euro69. Poiché le operazioni occasionali vengono svolte

da soggetti non clienti della banca, però, l’attuazione della norma appare di difficile applicazione, a causa della difficoltà della banca nella verifica di un collegamento tra l’operazione occasionale ed eventuali operazioni frazionate. Ulteriori obblighi di adeguata verifica si applicano per trasferimenti di fondi superiori a 1.000 euro, nel caso in cui questi vengano eseguiti attraverso sistemi di pagamento diversi da quelli utilizzati dalla Single Euro Payments Area (SEPA)70, e nel caso di trasferimenti di fondi legati

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