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L'Antiriciclaggio in banca: evoluzione normativa e principali implicazioni organizzative

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA IN BANCA, FINANZA

AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI

Tesi di Laurea Specialistica

L’ANTIRICICLAGGIO IN BANCA:

EVOLUZIONE NORMATIVA E PRINCIPALI

IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE

Relatore:

Prof.ssa PAOLA FERRETTI

Laureando:

LUIGI FORTE

Matricola 491004

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Indice

1 INTRODUZIONE 5

2 L’ANTIRICICLAGGIO NEL SETTORE BANCARIO: EXCURSUS DEFINITORIO-NORMATIVO 7

2.1 IL FENOMENO DEL RICICLAGGIO 7

2.2 IL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO 8

2.3 IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO DELLA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO 9

2.3.1 La disciplina comunitaria 14 2.3.1.1 La Direttiva n. 91/308/CEE 15 2.3.1.2 La Direttiva n. 2001/97/CE 16 2.3.1.3 La Direttiva n. 2005/60/CE 16 2.3.1.4 La Direttiva (UE) 2015/849 18 2.3.2 La disciplina nazionale 20 2.3.2.1 Il riciclaggio e l’autoriciclaggio 20 2.3.2.2 L’evoluzione della normativa nazionale 21 2.3.2.2.1 Il processo di recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio 23 2.3.2.2.2 La valutazione del sistema antiriciclaggio nazionale 25

2.4 LE AUTORITÀ DI VIGILANZA INTERESSATE 27

3 L’OPERATIVITÀ BANCARIA IN FUNZIONE DELLA DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO 31

3.1 IL RISCHIO DI RICICLAGGIO E LA COMPLIANCE 31

3.2 IL PRINCIPIO DI COLLABORAZIONE ATTIVA 32

3.3 GLI OBBLIGHI ANTIRICICLAGGIO PER GLI INTERMEDIARI 35

3.3.1 La limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore 36 3.3.2 L’obbligo di adeguata verifica della clientela 37

3.3.2.1 L’ambito di applicazione 39 3.3.2.2 L’adeguata verifica ordinaria 41 3.3.2.3 L’adeguata verifica semplificata 44 3.3.2.4 L’adeguata verifica rafforzata 46 3.3.2.5 Esecuzione degli obblighi di adeguata verifica da parte di terzi 48 3.3.2.6 L’obbligo di astensione 50

3.3.3 Gli obblighi di registrazione e conservazione 51 3.3.4 L’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette 54

3.3.4.1 Gli indicatori di anomalia 57 3.3.4.2 L’incidenza dei paesi terzi ad alto rischio 61 3.3.4.3 Il fenomeno del crying wolf 63

3.4 IL SISTEMA SANZIONATORIO 63

4 I PRINCIPALI IMPATTI SUGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI DELLE BANCHE 68

4.1 ORGANIZZAZIONE, COMPLIANCE E SISTEMA DI CONTROLLI INTERNI 68

4.1.1 Il processo di formazione del personale 70

4.2 GLI ORGANISMI COINVOLTI 72

4.2.1 L’Organismo di Vigilanza 74

4.2.1.1 Obblighi e responsabilità dell’Organismo di Vigilanza 75 4.2.1.2 Presidi organizzativi 77 4.2.1.3 Flussi informativi da e verso l’Organismo di Vigilanza 79

4.3 LE FUNZIONI COINVOLTE 79

4.3.1 La Funzione Antiriciclaggio 79

4.3.1.1 La figura del Responsabile Antiriciclaggio 82 4.3.1.2 Il Responsabile delle segnalazioni delle operazioni sospette 82 4.3.1.3 Il processo di autovalutazione dei rischi 84

4.3.2 La Funzione di Revisione Interna 87

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4.4 LE NOVITÀ SUI FLUSSI INFORMATIVI 90

4.4.1 La tecnologia Blockchain 91

4.4.2 Il whistleblowing 93

4.4.3 L’obbligo di segnalazione in ambito di Voluntary Diclosure 95

5 LE POLICIES ANTIRICICLAGGIO DEI GRUPPI BANCARI ITALIANI 97

5.1 IL CAMPIONE D’INDAGINE 97

5.2 LE REGOLAMENTAZIONE E I DOCUMENTI INTERNI 98

5.3 I RUOLI E LE RESPONSABILITÀ NEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI 101

5.4 I MODELLI DI GESTIONE DEI RISCHI 105

5.5 LA STRUTTURA PER PROCESSI DEGLI INTERMEDIARI 107

5.6 LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE 111

5.7 I FLUSSI INFORMATIVI E LA DISCIPLINA DEL WHISTLEBLOWING 112

5.8 LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E LE NUOVE PROPOSTE 114

5.9 CONCLUSIONI RICAVATE DALL’INDAGINE 116

6 CONCLUSIONI 117

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1 INTRODUZIONE

L’intermediazione finanziaria, ed in particolar modo l’intermediazione creditizia, è sempre più coinvolta all’interno di una pressante e profonda normativa antiriciclaggio, che trova nell’innovazione costante una delle sue principali peculiarità. Il canale bancario, a causa dell’operatività che ne delinea i connotati, rappresenta uno dei veicoli maggiormente utilizzati per le finalità di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo che la normativa contrasta. Nel corso del 2017, la disciplina nazionale in materia di antiriciclaggio ha subito importanti modifiche, a conclusione del processo di recepimento della IV Direttiva comunitaria, attraverso la pubblicazione del D.Lgs. 25 maggio 2017, n.90, in vigore dal 4 luglio 2017. La pericolosità dei fenomeni rischiosi a cui la normativa fa riferimento, infatti, ha portato alla delineazione di norme sempre più stringenti, che coinvolgono gli assetti organizzativi delle banche sotto diversi aspetti e livelli di operatività.

L’attenzione rivolta ai fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ha subito una crescita rilevante col passare degli anni, influenzata da fattori storici, economici e di innovazione tecnologica. Di conseguenza, è aumentata la consapevolezza della necessità di contrastare ed arginare le attività criminose, al fine di prevenire l’inquinamento delle strutture finanziare, con possibili conseguenze catastrofiche a livello sistemico. Di fatto, l’approccio delle Autorità di Vigilanza ha seguito sempre più una logica preventiva, perseguendo l’obiettivo di diffondere una cultura antiriciclaggio all’interno delle strutture degli intermediari, grazie anche alla previsione di adeguati progetti di formazione su più livelli. La normativa si enuclea in un rapporto collaborativo del singolo intermediario con le Autorità di Vigilanza, fondato sull’imposizione di diversi obblighi in materia di indagine e segnalazione, volti alla ricostruzione delle transazioni finanziarie, sulla base di un tessuto informativo tra le parti interessate, sempre più perfezionato dalle nuove soluzioni tecnologiche. Ne deriva un’operatività bancaria fortemente condizionata dalle imposizioni e dalle linee guida declinate dalla normativa vigente, oltre che da un pesante sistema sanzionatorio volto a dissuadere i soggetti interessati dalla disattenzione delle norme stesse. Conseguentemente, le restrizioni operative generano, per l’intermediario, la necessità di ripensare la propria struttura

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organizzativa, al fine di adibire gli organismi, le funzioni ed i processi necessari all’assolvimento dei singoli obblighi.

L’elaborato si pone l’obiettivo di delineare gli aspetti principali della complessa normativa antiriciclaggio, portando l’attenzione sui risvolti che questa ha sull’operatività e l’organizzazione degli intermediari bancari. Partendo da una disamina dell’evoluzione storica e normativa della disciplina, vengono esaminati i differenti obblighi e le loro peculiarità, mirando a delineare la ratio dietro decisioni legislative. Il lavoro segue, poi, approfondendo i principali impatti che la normativa antiriciclaggio ha sugli assetti organizzativi delle banche, attraverso le figure deputate allo svolgimento dei compiti e delle funzioni interessati, con un richiamo alle principali novità in materia. In conclusione, viene indagata parte del panorama bancario italiano, con l’intento di evidenziare nei principali gruppi bancari gli argomenti affrontati nell’elaborato, con il fine di creare un quadro esemplificativo e comparativo degli effettivi impatti della disciplina antiriciclaggio in ambito nazionale.

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2 L’ANTIRICICLAGGIO NEL SETTORE BANCARIO: EXCURSUS

DEFINITORIO-NORMATIVO

2.1 Il fenomeno del riciclaggio

Il riciclaggio di denaro costituisce uno dei principali fenomeni di inquinamento e distorsione del sistema economico. La pratica del “money laundering”, letteralmente “lavaggio di denaro”, consiste nel rimettere in circolazione denaro o beni provenienti da attività illecite tramite investimenti o operazioni finanziarie e commerciali lecite, al fine di riutilizzare i proventi generati dalle attività criminose in attività legali. Finalità dell’operazione è la messa in atto di una serie di operazioni volte ad occultare la provenienza della ricchezza illecitamente ottenuta ed ostacolare l’eventuale recupero della stessa.

La normativa riguardante il riciclaggio diviene uno dei principali strumenti di lotta alla criminalità organizzata, capace di inquinare il tessuto economico, finanziario e sociale, alterando le regole di mercato e della libera concorrenza.

Da un punto di vista metodologico, il riciclaggio si articola in tre fasi:

 Introduzione al mercato (Placement Stage): al fine di “sbarazzarsi” del denaro contante, i proventi di reato vengono raccolti e collocati presso istituzioni o intermediari finanziari, o direttamente sul mercato tramite l’acquisto di beni, mediante una qualsiasi operazione di deposito, di cambio o di trasferimento, spesso tramite l’ausilio di un prestanome. Il canale bancario diviene uno dei più utilizzati mezzi di riallocazione del “denaro sporco”, spesso tramite operazioni frazionate di importo ridotto (cosiddetto “Smurfing”), così da eludere i sistemi di controllo e monitoraggio delle operazioni bancarie;

 Stratificazione (Layering Stage o Laundering Stage): viene fatto ricorso all’utilizzo di ulteriori operazioni finanziarie, con lo scopo di dissimulare l’origine dei proventi illeciti ed ostacolare il processo investigativo che, procedendo a ritroso, potrebbe giungere all’identificazione del reato alla base delle operazioni stesse;  Integrazione (Integration Stage): il capitale “rilavato” viene reimpiegato nel sistema economico legale, tramite operazioni di trasferimento in cui – spesso –

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giocano un ruolo decisivo paesi che pongono una forte attenzione alla salvaguardia del segreto bancario (cosiddetti Paradisi Fiscali).

Pur potendo avere ad oggetto beni di diverso tipo, il riciclaggio di denaro richiama maggiori attenzioni e criticità, per la versatilità e per la riconosciuta funzione di unità di misura negli scambi di beni e servizi che esso ricopre. Di conseguenza, una maggiore esposizione al rischio di coinvolgimento in operazioni di riciclaggio riguarda i soggetti per i quali il denaro rappresenta l’oggetto principe della propria attività: le banche. Cresce, dunque, la necessità di arginare il fenomeno del riciclaggio, applicando una regolamentazione severa e stringente che permetta di espandere la collaborazione fra i soggetti interessati e di alimentare la fiducia tra di essi, in un momento storico in cui il fenomeno stesso sembra assumere velocità e dimensioni sempre maggiori.

La globalizzazione dei mercati, le innovazioni tecnologiche e la sofisticazione di prodotti finanziari e servizi di investimento, infatti, hanno rappresentato un forte campanello d’allarme, affiancando al fenomeno del riciclaggio una connotazione transnazionale. La direzione intrapresa dai diversi paesi è volta ad un’efficiente collaborazione, fondata su principi comuni che poggiano sulla trasparenza e sulla raccolta e lo scambio delle informazioni, secondo un atteggiamento preventivo e proattivo nei confronti del rischio.

2.2 Il finanziamento del terrorismo

Il finanziamento del terrorismo, anche chiamato “money dirtying”, si lega fortemente a quello del riciclaggio e della criminalità organizzata, spesso seguendo un rapporto di sequenzialità.

Introdotto dalla direttiva europea 2005/60/CE, conosciuta come III Direttiva Antiriciclaggio, il fenomeno del finanziamento del terrorismo riguarda “qualsiasi attività

diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente

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9 dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti”.

Come per il riciclaggio, la metodologia è scomponibile in tre fasi:

 Raccolta (Collection Stage): i fondi, che possono avere natura lecita o illecita (riciclaggio di denaro), vengono raccolti in uno dei cosiddetti focal points;  Trasmissione o occultamento (Transmission Stage o Dissimulation Stage): le

organizzazioni terroristiche ricorrono ad un elevato numero di operazioni finanziarie, con l’obiettivo di celare le finalità dei movimenti stessi di capitale;  Impiego (Use Stage): il denaro o gli altri beni vengono impiegati materialmente

nel compimento di atti terroristici.

E’ proprio la seconda fase, quella di dissimulazione, ad assimilare i due fenomeni. Al di fuori di quest’ultima, infatti, la direzione dei flussi risulta essere contrapposta: nel caso del riciclaggio, il denaro presenta un’illiceità nella sua origine, mentre può essere utilizzato per attività lecite; nel caso del finanziamento del terrorismo, invece, il denaro può avere un origine lecita, ma è la destinazione ad essere illecita.

Di conseguenza, la normativa affianca ma non confonde i due fenomeni, prevedendo l’utilizzo dei medesimi strumenti per il loro contrasto.

2.3 Il quadro normativo di riferimento della normativa antiriciclaggio

La pericolosità del riciclaggio di denaro ha evidenziato la necessità di strutturare una disciplina comune a tutti gli Stati, al fine di prevenire e fronteggiare i rischi legati al fenomeno stesso, caratterizzato da un’evidente transnazionalità. Alla fine degli anni ottanta, dunque, vengono mossi i primi passi verso la costituzione di una disciplina antiriciclaggio nel contesto internazionale.

Le autorità governative intervengono gradualmente nel colmare una lacuna regolamentare, con l’obiettivo di contrastare l’illecito reimpiego di denaro sporco, agendo sui principi di trasparenza e collaborazione dei soggetti che operano nel settore finanziario.

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Sotto quest’ottica, la Raccomandazione 80/10 del Consiglio d’Europa del 27 giugno 1980, intitolata “Misure contro il trasferimento e la custodia di fondi di origine

criminale”, rappresenta il primo documento internazionale in materia di antiriciclaggio.

Pur essendo un atto di indirizzo, senza natura vincolante, la Raccomandazione invita i Paesi membri a valutare i pericoli, in termini economici e di ordine pubblico, derivante dalla movimentazione transfrontaliera dei proventi illeciti1. Vengono introdotte misure

cautelari nei sistemi bancari, come l’identificazione della clientela all’atto di instaurazione del rapporto o nel caso di operazione in contanti di importo eccedente una certa entità, e meccanismi di controllo, sistematici e casuali, tali da permettere alle banche di sviluppare un atteggiamento preventivo nei confronti dell’ingresso di capitali illeciti all’interno di istituzioni finanziarie e creditizie2. Seppur lontana dall’essere una

vera e propria regolamentazione antiriciclaggio, la Raccomandazione rappresenta un primo passo verso una prevenzione efficace del riciclaggio stesso, spingendo il sistema bancario verso una collaborazione tra gli istituti di credito che sia in grado di agevolare le Autorità giudiziarie e di polizia a livello nazionale e internazionale, specialmente attraverso un efficace scambio di informazioni.

Un grande passo verso l’evoluzione normativa della lotta al riciclaggio è compiuto nella seconda metà degli anni ottanta, in seguito ad una presa di coscienza della gravità del fenomeno.

Il 12 dicembre 1988 il Comitato di Basilea per le Regolamentazioni Bancarie, composto dal Gruppo dei Dieci3, adotta la Dichiarazione dei Principi anche nota come

Dichiarazione di Basilea. La Dichiarazione contiene un decalogo contenente principi e

norme di condotta destinato agli enti creditizi, basato sulla ferma convinzione che un primo presidio contro utilizzi distorti del sistema bancario sia possibile unicamente attraverso un’adesione volontaria del sistema stesso a regole di condotta e principi etici che garantiscano il rispetto di procedure virtuose. Fermo restando il carattere esortativo

1 Scapellato F., Il fenomeno del riciclaggio e la normativa di contrasto, Giappichelli, Torino 2013.

2 Capolupo S., Carbone M., Sturzo G., Battaglia S., Antiriciclaggio. Obblighi dei professionisti, intermediari

e altri soggetti, Quinta edizione, IPSOA, Assago 2015, pag. 71.

3 Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia,

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del documento, vengono esposti tre principi che costituiranno lo scheletro dei successivi passaggi evolutivi della normativa antiriciclaggio:

 L’obbligo di identificazione della clientela e, qualora sussistano dubbi o sospetti sull’identità stessa, la raccomandazione a non eseguire operazioni di importo rilevante;

 L’impegno a rifiutare di fornire assistenza attiva nel momento in cui sorgano dubbi o sospetti;

 L’impegno a collaborare con le autorità inquirenti quando specificatamente richiesto, ma nei limiti delle disposizioni a tutela della riservatezza dei clienti. Nello stesso anno, il 19 dicembre 1988, viene stipulata la “Convenzione delle Nazioni

Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope”4, meglio nota come

Convenzione di Vienna. Nonostante faccia specifico riferimento al narcotraffico, la

Convenzione contiene espressamente una menzione del riciclaggio e per la prima volta viene data indicazione di sanzionare penalmente le operazioni di riciclaggio di capitali di provenienza illecita. Ne consegue un obbligo per i singoli Stati di adottare dei provvedimenti, nei rispettivi ordinamenti, tali da determinare la criminalizzazione del riciclaggio.

Nel 1989, in occasione del G7 di Parigi, l’attenzione della comunità internazionale sul fenomeno criminale si esplica nell’istituzione della “Financial Action Task Force” (F.A.T.F.), conosciuta in Italia come Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI). Ad oggi, del Gruppo fanno parte 35 membri in rappresentanza di stati e organizzazioni regionali che corrispondono ai principali centri finanziari internazionali, nonché, come osservatori, i più rilevanti organismi finanziari internazionali e del settore (tra i quali FMI, Banca Mondiale, ECB, Nazioni Unite, Europol, Egmont). Il GAFI è un organismo intergovernativo che ha come obiettivo lo sfruttamento della cooperazione e l’individuazione di misure tali da prevenire l’utilizzo del sistema bancario e del sistema finanziario ai fini del riciclaggio. Il principale documento della Task Force, unico organismo, tutt’oggi, ad occuparsi sul piano internazionale del fenomeno del riciclaggio con carattere di sistematicità, è rappresentato dalle “Quaranta Raccomandazioni” del

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febbraio 1990. Le Raccomandazioni emanate, non vincolanti da un punto di vista normativo, uniscono la capacità di moral suasion dell’organismo all’intenzione di valutare l’adeguatezza legislativa dei singoli ordinamenti dei paesi collaborativi e rappresentano lo standard internazionale che ciascun paese deve recepire nel proprio sistema giuridico e istituzionale.

Attualmente, le Raccomandazioni sono adottate da oltre 130 Paesi, definiti “paesi cooperativi”, e possono essere raggruppate in quattro parti, che riguardano:

 Gli ordinamenti giuridici dei vari Paesi (Raccomandazione n. 1 – Raccomandazione n. 3);

 Le iniziative legislative necessarie per combattere il riciclaggio (Raccomandazione n. 4 – Raccomandazione n. 7);

 Le misure per prevenire inquinamenti del sistema finanziario (Raccomandazione n.8 – Raccomandazione n. 29);

 Il rafforzamento della cooperazione internazionale (Raccomandazione n. 30 – Raccomandazione n. 40)5.

Una prima modifica delle Raccomandazioni avviene nel 1996, per adattare la regolamentazione all’evoluzione delle tecniche e delle tendenze di riciclaggio e per estendere il campo di applicazione al di fuori dei casi di riciclaggio legato al traffico di sostanze stupefacenti. In seguito all’estensione del mandato del GAFI al finanziamento degli atti terroristici e delle organizzazioni terroristiche, che ha comportato l’aggiunta di otto specifiche Raccomandazioni Speciali in materia, le Raccomandazioni hanno subito una seconda modifica nel 2003, venendo approvate da oltre 180 Paesi e venendo universalmente riconosciute come standard internazionali in materia di riciclaggio e finanziamento del terrorismo6. Il testo definitivo delle Raccomandazioni, “International

5 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, Seconda edizione, Giappichelli, Torino 2011,

pag. 32.

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13 Standards on Combating Money Laundering and the Financing of Terrorism & Proliferation”, è datato 16 febbraio 2012.

Gli standard vengono riformulati secondo un approccio risk based, in cui sono rafforzati gli obblighi connessi a situazioni di maggior rischio, al fine di calibrare l’approccio delle misure in contesti dove permangono rischi più elevati. Un approccio basato sul rischio permette anche di ottimizzare gli sforzi dei singoli Paesi, adottando misure flessibili e proporzionate alla natura dei rischi stessi. Le pubblicazioni del GAFI prevedono anche Linee Guida (FATF Guidances) e Best Practice Papers, documenti non obbligatori nella valutazione della conformità agli standard, ma volti a fornire supporto ai Paesi nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme.

I lavori di approfondimento svolti dal GAFI hanno portato in auge l’idea di contrastare il riciclaggio sul piano finanziario attraverso strutture in grado di individuare e tracciare i flussi di denaro sporco. Le stesse Raccomandazioni, infatti, prevedono la creazione di autorità, oggi conosciute come Financial Intelligence Units (FIU), presso le quali accentrare le cosiddette operazioni sospette7.

La Convenzione del Consiglio d’Europa stipulata a Strasburgo l’8 novembre 19908, nota

come Convenzione di Strasburgo, rappresenta un importante passo in avanti per “il

7 Capolupo S., Carbone M., Sturzo G., Battaglia S., Antiriciclaggio. Obblighi dei professionisti, intermediari

e altri soggetti, cit., pag. 81.

8 Ratificata, in Italia, con la legge 9 agosto 1993, n. 328.

Suddivisione del nuovo testo delle Raccomandazioni GAFI Sezione A – Politiche e coordinamento in materia di AML/CFT (Raccomandazioni 1-2);

Sezione B – Riciclaggio e confisca (Raccomandazioni 3-4);

Sezione C – Finanziamento del terrorismo e finanziamento della proliferazione (Raccomandazioni 5-8);

Sezione D – Misure preventive (Raccomandazioni 9-23);

Sezione E – Trasparenza e titolari effettivi delle persone giuridiche e dei soggetti giuridici (Raccomandazioni 24-25);

Sezione F – Poteri e attribuzioni delle autorità competenti ed altre misure internazionali (Raccomandazioni 26-35);

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14 riciclaggio e la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di qualsiasi reato”9. Il testo

nasce dalla necessità di perseguire una politica comune basata sulla cooperazione degli Stati e sull’impiego di metodi moderni ed efficaci, affrontando il problema anche su un piano strettamente penale. La natura di reato del fenomeno spinge i Paesi ad adottare meccanismi procedurali di confisca dei beni che ne costituiscono oggetto e appropriate misure di cautela. E’ in questa sede che si approfondiscono le tematiche di una collaborazione fondata su scambi informativi e della concentrazione delle tecniche investigative.

Un altro step di rilevante importanza riguarda la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, tenutasi a Palermo nel dicembre del 2000 e altresì conosciuta come Convenzione di Palermo10. La Convenzione rivede la definizione

del reato di riciclaggio, invitando gli Stati a prevedere il fenomeno nelle proprie legislazioni come reato “grave”11, ampliando di conseguenza la gamma dei reati

presupposti.

Vengono riformulate e perfezionate disposizioni riguardanti le misure necessarie a contrastare il fenomeno del riciclaggio, quali il controllo degli istituti finanziari e dei movimenti anomali di capitali, la cooperazione tra le autorità e l’abolizione del segreto bancario.

Il carattere innovativo, però, va individuato proprio nella transnazionalità delle disposizioni e nella presa di coscienza della pericolosità del riciclaggio stesso12.

2.3.1 La disciplina comunitaria

Iniziato con la già citata Raccomandazione 80/10, il processo di regolamentazione a livello europeo vede la Comunità Europea impegnarsi nella tutela dell’utilizzo del sistema bancario e finanziario con lo scopo di riciclare proventi illeciti. Le regole ed i principi si esplicano nell’emanazione delle Direttive comunitarie e dei rispettivi Regolamenti integrativi, secondo un intento di armonizzazione che poggia sul recepimento, nei propri ordinamenti, da parte degli Stati membri. Ad oggi, le Direttive

9 Consiglio d’Europa, Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di

reato, trattato n°141, Strasburgo 8 novembre 1990.

10 Ratificata, in Italia, con la legge 16 marzo 2006, n. 146.

11 Nazioni Unite, Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale,

Articolo 6 – Penalizzazione del riciclaggio dei proventi di reato, Palermo, 12-15 dicembre 2000.

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comunitarie conosciute come Direttive Antiriciclaggio sono quattro, emanate rispettivamente nel 1991, nel 2001, nel 2005 e nel 2015.

2.3.1.1 La Direttiva n. 91/308/CEE

La Direttiva del Consiglio dei Ministri della CEE n. 308 del 28 giugno 199113, anche

conosciuta come I Direttiva Antiriciclaggio, inerente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite, prevede la realizzazione di un livello minimo di armonizzazione fra le legislazioni nazionali dei Paesi membri, sulla base di un costante ed efficace scambio di informazioni tra gli intermediari e le Autorità antiriciclaggio e della disciplina di concrete modalità a garanzia di elevati livelli di trasparenza del sistema finanziario. A tal proposto, vengono introdotti specifici obblighi per il singolo intermediario, quali l’obbligo di identificazione del cliente, in merito ad operazioni di ammontare superiore ad una data soglia o in presenza di indizi o sospetto di finalità di riciclaggio; l’obbligo di analisi delle operazioni effettuate e di segnalazione alle autorità delle cosiddette “operazioni sospette”; l’obbligo di conservazione delle documentazioni inerenti le transazioni poste in essere. La Direttiva, inoltre, prevede norme riguardanti l’organizzazione interna degli intermediari, che spingono questi ultimi a dotarsi di idonei sistemi di controllo interno e di procedure tali da garantire l’efficacia dei controlli sulle operazioni e la rapidità delle comunicazioni alle autorità. La scelta di emanare una Direttiva, anziché un Regolamento, può ricondursi all’esigenza di concedere più tempo agli intermediari per recepire una disciplina di fatto “nuova”.

Ben presto si sono palesati i due principali limiti della disciplina: la ristrettezza della gamma di reati considerati e l’inadeguatezza dell’ambito di applicazione. La I Direttiva, infatti, fa riferimento unicamente al riciclaggio proveniente dal traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope e non considera la possibilità che i riciclatori si avvalgano di canali differenti da quelli di banche e istituti finanziari.

13 Recepita in Italia con D.L. 3 maggio 1991, n. 143, “Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante

e dei titoli al portatore nelle transazioni finanziarie a scopo di riciclaggio”, modificato e convertito in

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2.3.1.2 La Direttiva n. 2001/97/CE

Nel corso del 2001 la I Direttiva è stata oggetto di modifiche e integrazioni, conclusesi con l’emanazione della Direttiva n. 2001/97/CE del 4 dicembre 2001, meglio nota come

II Direttiva Antiriciclaggio. Nata dall’esigenza di adeguare le disposizioni in materia di

antiriciclaggio ai nuovi sviluppi assunti dal fenomeno, in un momento storico fortemente coinvolto nella lotta al terrorismo internazionale, la II Direttiva porta ad un ampliamento del campo di applicazione della disciplina anche ai reati propri della criminalità organizzata, con la specificazione che questi costituiscano “reato grave”, e ad un estensione degli obblighi anche ad altre categorie professionali. Tali obblighi consistono nell’identificazione della clientela, nella registrazione delle operazioni, nella conservazione per almeno cinque anni della documentazione relativa alle suddette operazioni e nella segnalazione delle operazioni sospette alle autorità. Un importante passo in avanti viene mosso verso la considerazione e la consapevolezza che sia necessario identificare anche il reale beneficiario di un’operazione.

2.3.1.3 La Direttiva n. 2005/60/CE

Il 26 ottobre 2005 viene approvata la Direttiva n. 2005/60/CE, altresì conosciuta come

III Direttiva Antiriciclaggio, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a

scopo di riciclaggio di proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. La III Direttiva, a cui gli stati membri si sono conformati entro il 15 dicembre 2007, abroga le due precedenti direttive e si pone come uno strumento di contrasto alle basi economiche della criminalità e del terrorismo internazionale, fondandosi sulla consapevolezza che gli ingenti movimenti di denaro che traggono origine da attività illegali possono rivelarsi estremamente dannosi per stabilità e reputazione del settore finanziario e costituiscono una notevole minaccia per il mercato unico europeo. Vengono inoltre recepite le 40 Raccomandazioni del GAFI, a cui si aggiungono le 9 Raccomandazioni speciali in materia di finanziamento del terrorismo, integrate nel 2003.

Dal punto di vista delle misure previste, non sono poche le novità introdotte: L’obbligo di identificazione delle clientela confluisce nel nuovo obbligo di adeguata verifica (o customer due diligence): occorre poggiare le verifiche dell’identità del cliente su informazioni e documenti derivanti da fonti affidabili e indipendenti; occorre

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identificare il titolare effettivo (beneficial owner) dell’operazione finanziaria, inteso come “la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o

controllino un'entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica […] tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale sociale"; occorre

accertare lo scopo del rapporto instaurato; occorre mettere in pratica un controllo, lungo tutta la durata del rapporto instaurato, su tutte le operazioni e la loro compatibilità con la persona, l’attività ed il profilo di rischio del cliente14.

Il “risk-based approach (RBA)”, letteralmente “approccio basato sul rischio”, diviene il principio costante su cui basare la differenziazione degli obblighi, in relazione al rischio legato al cliente, al prodotto o all’operazione finanziaria in essere. Di conseguenza, si può assistere ad obblighi di verifica semplificati, come nel caso di clienti anch’essi soggetti ad obblighi di verifica, o rafforzati, come nel caso di rapporti instaurati con “persone politicamente esposte” o nel caso di rapporti a distanza. Per quanto riguarda l’obbligo di segnalazione, vengono esplicitati gli elementi sulla base dei quali sono da considerarsi sospette determinate operazioni. Tra gli elementi sopracitati trovano luogo la complessità dell’operazione, l’importo insolitamente elevato, sia da un punto di vista oggettivo (tipologia di operazione) che da un punto di vista soggettivo (soggetto che compie l’operazione) o gli schemi insoliti di operazione che non palesano un evidente scopo economico o che non hanno uno scopo chiaramente lecito15. E’ previsto

esplicitamente, infine, che ogni Stato Membro istituisca una propria FIU, quale unità centralizzata incaricata di ricevere, analizzare e comunicare alle autorità tutte le informazioni che riguardino eventuali casi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Il 12 aprile 2012 viene pubblicata, dalla Commissione Europea, la “Relazione della

commissione al parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo”. Sebbene

14 Scapellato F., Il fenomeno del riciclaggio e la normativa di contrasto, cit., pag. 30. 15 Direttiva n. 2005/60/CE, Articolo 20.

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esprima un parere generalmente positivo sul quadro normativo in vigore, la necessità di rafforzare la normativa nei confronti delle persistenti vulnerabilità e l’intento di allineare la direttiva alle nuove Raccomandazioni del GAFI spingono la Commissione stessa ad avanzare, il 5 febbraio 2013, la proposta di una Quarta Direttiva Antiriciclaggio.

2.3.1.4 La Direttiva (UE) 2015/849

Il 20 maggio 2015 viene adottata la Direttiva (UE) 2015/849, l’attuale IV Direttiva

Antiriciclaggio, che ricalca la struttura della direttiva precedente. Rispetto alla III

Direttiva, però, non si pone come un mero aggiornamento, ma introduce importanti cambiamenti, focalizzando principalmente l’attenzione sul risk-based approach. La necessità di ridisegnare la direttiva trova motivazione nelle nuove minacce apportate dai rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, rese sempre più pericolose dalla costante evoluzione tecnologica nelle mani delle organizzazioni criminali e dall’impossibilità di prevedere una cosiddetta “one size fits all solution”, una soluzione unica che possa adattarsi ai diversi contesti nazionali16. L’idea di fondo è quella di

permettere alle singole entità nazionali di calibrare le proprie contromisure, in relazione ad una profonda comprensione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che permetta di adottare un modello di gestione e mitigazione efficace e proporzionato. Il 14 luglio 2016 viene emanato il Regolamento delegato (UE) 2016/1675, per l’individuazione dei paesi terzi con carenze strategiche nei propri regimi di lotta contro il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo, che costituiscono una forte minaccia per il sistema finanziario europeo. La Commissione Europea ha individuato undici paesi terzi ad alto rischio: nove di questi paesi (Afghanistan, Bosnia-Erzegovina, Guyana, Iraq, Laos, Siria, Uganda, Vanuatu e Yemen) si sono impegnati per iscritto a rimediare alle carenze e hanno elaborato un piano d’azione con il GAFI, un paese (Iran) ha deciso di richiedere assistenza tecnica per l’attuazione del piano d’azione del GAFI e un paese (Corea del Nord) ha ripetutamente omesso di rimediare alle carenze. La Guyana ha predisposto, nei mesi successivi, e presentato un quadro giuridico e istituzionale che affronta le carenze strategiche del suo regime di lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo.

16 Siclari D., The new anti-money laundering law. First prospectives on the 4th European Union Directive,

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Il 24 novembre 2016 viene emanato un ulteriore Regolamento, che abroga il precedente e integra la direttiva sulla tematica dei paesi terzi ad alto rischio.

I principali elementi di novità introdotti dalla nuova direttiva riguardano:  L’estensione del campo di applicazione della normativa;

 L’adozione, in merito al risk-based approach, di un approccio sovranazionale e di uno nazionale di gestione dei rischi. Il primo tipo di approccio prevede che la Commissione Europea effettui una valutazione dei rischi17, anche sulla base dei

pareri espressi dalle autorità di vigilanza europee e dalle FIU. Il secondo tipo di approccio, invece, assegna ai singoli Stati membri il compito di valutare i rischi a livello nazionale e definire le proprie politiche di mitigazione;

 Il rafforzamento degli obblighi di adeguata verifica;

 L’introduzione di un “registro centralizzato di informazioni riguardo alla proprietà effettiva”18, sulla titolarità effettiva di società, enti e trust, accessibile

ad UIF, Autorità competenti e soggetti obbligati, con l’obiettivo di alimentare la trasparenza e lo scambio di informazioni;

 La custodia delle informazioni e della documentazione relativa ad operazioni effettuate, per un periodo di almeno cinque anni dalla data di cessazione del rapporto con il cliente o successivamente alla data del rapporto occasionale;  L’inasprimento del quadro sanzionatorio in merito a violazioni degli obblighi di

adeguata verifica, conservazione dei documenti e segnalazione delle operazioni sospette19.

La IV Direttiva è stata, negli ultimi anni, oggetto di discussioni e modifiche, al fine di perfezionare una disciplina per cui è stato fissato il 26 giugno 2017 come termine per il recepimento negli ordinamenti nazionali. Gli obiettivi di armonizzare il quadro normativo alimentando la trasparenza, di estendere la disciplina a nuove minacce e nuove vulnerabilità, di promuovere standard sempre più elevati nella lotta al riciclaggio

17 E’ previsto che la Commissione, entro giugno 2017, rediga una relazione finalizzata alla

schematizzazione dei rischi a livello europeo.

18 Ministero dell’Economia e delle Finanze, Antiriciclaggio, trovato l’accordo per la IV Direttiva UE,

gennaio 2015.

19 Pezzuto A., Profili evolutivi della legislazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento

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di denaro e nel rafforzare la cooperazione tra le Unità nazionali e le autorità, continuano a seguire un iter di perfezionamento che coinvolge sempre più attivamente i soggetti obbligati.

2.3.2 La disciplina nazionale

La normativa italiana si è sviluppata in conformità agli standard internazionali in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, spesso muovendosi in anticipo rispetto alle indicazioni europee. La crescente attenzione per il fenomeno del riciclaggio e per la sua pericolosità, infatti, ha condotto il nostro Paese a dotare il proprio ordinamento di una struttura normativa all’avanguardia, fondata su un atteggiamento preventivo nei confronti dei rischi legati al riciclaggio stesso. Il quadro normativo italiano è composto dal D.Lgs. 22 giugno 2007, n.109 (Decreto Antiterrorismo), dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n.231 (Decreto Antiriciclaggio) e dal D.Lgs. 19 novembre 2008 (sui movimenti di denaro in entrata e in uscita dall’Italia).

2.3.2.1 Il riciclaggio e l’autoriciclaggio

I primi passi verso l’attuale configurazione del reato di riciclaggio risalgono alla fine degli anni settanta. Il Decreto Legge 21 marzo 1978, n.59, nominato “Norme penali e

processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati”, porta all’introduzione nel

codice penale dell’art.648-bis, intitolato “Sostituzione di denaro o valori provenienti da

rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”,

come misura contro la circolazione della ricchezza illecita. Circa un decennio dopo, la Legge 19 marzo 1990, n.55, “Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di

tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”, porta ad

importanti modifiche all’art.648-bis, ampliando la gamma dei reati presupposti ed allargando l’oggetto del reato, fino a quel momento limitato al denaro, anche a “beni e

altre utilità”, ed all’introduzione dell’art.648-ter, contro il reimpiego di proventi illeciti.

La gamma dei reati presupposti viene estesa ad ogni delitto non colposo per il riciclaggio o per l’impiego di proventi illeciti con la Legge 9 agosto 1993, n.328.

Gli articoli 648-bis e 648-ter non tenevano in considerazione il reato di autoriciclaggio, che punisce la condotta di riciclaggio posta in essere dallo stesso soggetto che ha commesso o concorso a commettere il reato presupposto dal quale derivano i proventi

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illeciti20. Questa lacuna ha rappresentato un vero e proprio ostacolo nell’azione di

prevenzione e repressione del fenomeno del riciclaggio, tanto da destare forti preoccupazioni nel corso degli anni. La Legge 15 dicembre 2014, n.186 introduce nel codice penale l’Art.648-ter.1, che sanziona penalmente il reato di autoriciclaggio, andando ad eliminare un’asimmetria che potesse dare luogo a due differenti approcci sanzionatori.

2.3.2.2 L’evoluzione della normativa nazionale

L’Italia si è dotata, nel tempo, di una normativa antiriciclaggio avanzata ed efficace, ispirando le proprie iniziative legislative alle strategie internazionali intraprese negli anni ed aggiornando continuamente le normative alle mutevoli esigenze di lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo. Il primo tentativo di coinvolgimento del sistema bancario nel controllo delle movimentazioni finanziarie viene mosso con la Legge n.197/1991, che recepisce i principi dettati dalla I Direttiva Antiriciclaggio, nota come “Legge Antiriciclaggio”.

Vengono previste tre principali regole, a carattere preventivo:  Limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore:

Con la finalità di canalizzare le operazioni rilevanti verso il sistema degli intermediari finanziari, viene imposto il divieto di trasferimento di denaro o titoli al portatore per un valore complessivamente21 superiore a 20 milioni di lire

(successivamente 12.500 euro), se non effettuati tramite determinati intermediari abilitati. Viene imposto, inoltre, che gli assegni bancari, le circolari e i vaglia postali di importo superiore ai 20 milioni di lire debbano essere nominativi e non trasferibili, e che i libretti di risparmio al portatore non possano eccedere la medesima soglia. Il pensiero alla base delle disposizioni fonda sulla considerazione che la canalizzazione delle operazioni ritenute rilevanti presso gli intermediari abilitati possa permettere di tenere traccia delle transazioni, costituendo una solida base per risalire all’origine dei proventi. Le restrizioni non

20 Giannelli D., Il reato di autoriciclaggio, in Nuove Frontiere del Diritto, 13 ottobre 2016.

21 Con riferimento alle cosiddette “operazioni frazionate”, transazioni di importo inferiore alla soglia di

20 miliardi di euro, effettuate in tempi diversi ed in un circoscritto lasso di tempo, che per modalità e natura possano far ritenere che compongano un’unica operazione.

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prevedono applicazione per le operazioni poste in essere da soggetti abilitati o nel caso in cui la controparte sia lo Stato o la Pubblica Amministrazione, mentre la violazione degli obblighi comporta una sanzione pecuniaria fino al 40% dell’importo trasferito;

 Obbligo di identificazione e obbligo di registrazione:

Sin dalla legge 6 febbraio 1980, n.15 è previsto che banche e uffici postali rispettino l’obbligo di identificare i soggetti che compiono operazioni per un importo superiore a 20 milioni di lire. Nel 1991 viene ricalcata la medesima legge, alimentando l’enfasi sull’aspetto soggettivo e sulle operazioni frazionate. La Legge n.197/1991, però, introduce anche l’obbligo di registrazione dei documenti e delle informazioni relative all’operazione, da inserire in 30 giorni in un archivio costituito dall’intermediario e conservati per un periodo di almeno dieci anni. Viene quindi definito l’obbligo, per ciascun intermediario, di costituire e gestire il cosiddetto Archivio Unico Informatico (AUI), dove riportare i dati delle operazioni ritenute rilevanti, assolvendo alla funzione di tenere traccia delle operazioni stesse;

 Segnalazione delle operazioni sospette:

Considerata l’importanza degli intermediari finanziari nel transito di proventi illeciti, viene perseguito l’obiettivo di spingere gli intermediari stessi a cooperare attivamente nel contrasto al fenomeno del riciclaggio, focalizzando l’attenzione sulla cosiddetta “collaborazione attiva”. Gli intermediari sono obbligati a segnalare le operazioni che, per elementi oggettivi o soggettivi, possano indurre a pensare che le operazioni messe in atto possano avere un’origine illecita. Le operazioni ritenute “anomale”, accompagnate da una valutazione soggettiva del segnalante, vengono esaminate e trasmesse all’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), secondo la norma originaria.

Data la complessità dei provvedimenti, Banca d’Italia ha ritenuto necessario implementare la normativa con delle indicazioni di natura operativa sugli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette. Nel gennaio 1993 viene pubblicato il “Decalogo” della Banca d’Italia, il cui contenuto rappresenta una linea guida per appianare le incertezze legate alle valutazioni soggettive e per guidare gli intermediari ad un’efficace

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cooperazione con le autorità. Il testo originario del “Decalogo” ha subito diverse modifiche negli anni, con aggiornamenti sempre più puntuali per accogliere l’evoluzione del mondo finanziario, rafforzando la capacità degli intermediari di assolvere alla funzione di preservare la stabilità del sistema.

Con il D.Lgs. 13 febbraio 2004, n.56 viene recepita e attuata la II Direttiva Antiriciclaggio, che amplia la gamma dei reati presupposti e il campo d’applicazione ai soggetti obbligati, con particolare attenzione in riferimento ai soggetti destinatari dell’obbligo si segnalazione delle operazioni sospette.

A distanza di pochi anni, invece, viene recepita la III Direttiva Antiriciclaggio, con D.Lgs.

21 novembre 2007, n.231, che rappresenta una sorta di “testo unico” per la materia,

poiché raccoglie la quasi totalità della disciplina antiriciclaggio esistente. Tra le principali novità del decreto è da annoverare la soppressione dell’UIC, le cui funzioni vengono attribuite all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), istituita presso la Banca d’Italia; l’introduzione dell’obbligo di adeguata verifica della clientela, che va ad integrare l’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette all’interno della “collaborazione attiva”; l’introduzione di nuovi soggetti destinatari delle norme e la riclassificazione di questi; maggiori restrizioni per l’uso del contante e dei titoli al portatore.

La base su cui vertono le nuove disposizioni è costituita dai principi del “risk-based

approach” e del “know your customer” (KYC), da cui si evince la crescente attenzione

per la customer due diligence. Viene anche posta maggiore attenzione nei confronti delle succursali e delle filiali situate in Paesi extracomunitari, in relazione alla minaccia al corretto funzionamento dei mercati finanziari posta dai cosiddetti “paradisi fiscali”.

2.3.2.2.1 Il processo di recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio

Il Consiglio dei Ministri, il 23 febbraio 2017, ha approvato preliminarmente il testo di un Decreto Legislativo atto a recepire le norme della IV Direttiva Antiriciclaggio nell’ordinamento italiano. Più dettagliatamente, il documento va a modificare il quadro normativo in vigore, con l’obiettivo di adattare le norme nazionali alla nuova disciplina comunitaria.

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I soggetti destinatari degli obblighi vengono suddivisi in cinque categorie (intermediari bancari e finanziari, altri operatori finanziari, professionisti, altri operatori non finanziari e prestatori di servizi da gioco), in relazione all’attività svolta, e vengono chiariti in modo preciso i compiti delle Autorità coinvolte, a vario titolo, nell’azione di prevenzione del riciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo. In particolare, vengono estese le funzioni dell’UIF attraverso l’introduzione del Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche e trust, allo scopo di accrescere la trasparenza e di fornire alle autorità strumenti efficaci per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo22. Viene istituito il Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF) presso il

Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), quale organismo responsabile dell’analisi del rischio di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo a livello nazionale. Il CSF, con cadenza quinquennale, ha funzione di effettuare un’analisi del rischio, in relazione alle indicazioni della Commissione europea e con l’ausilio delle altre autorità, con l’obiettivo di identificare, analizzare e valutare le minacce, individuando i settori maggiormente esposti, le modalità d’azione e i punti critici del sistema di prevenzione e repressione dei fenomeni sopracitati23. Sono razionalizzati gli

adempimenti a carico dei soggetti destinatari degli obblighi, tenuti ad effettuare e trasmettere un’adeguata valutazione dei rischi, di adottare opportuni sistemi di mitigazione dei rischi rilevati e di pianificare idonei programmi di formazione del personale, finalizzati ad un approccio corretto nella valutazione dei rischi e nel riconoscimento di operazioni sospette. Un’importante novità riguarda l’abrogazione dell’Archivio Unico Informatico, a fronte della quale vengono previsti dettagliati obblighi di conservazione dei documenti e delle informazioni utili. In merito alla segnalazione delle operazioni sospette, invece, viene introdotto l’obbligo di adottare procedure finalizzate ad incentivare segnalazioni interne di eventuali violazioni delle disposizioni in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte del personale dipendente, secondo la pratica conosciuta come “whistleblowing” (letteralmente “soffiatore di fischietto”).

22 Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2017, n.14.

23 Pezzuto A., Profili evolutivi della legislazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento

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Il processo di recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio all’interno dell’ordinamento italiano trova una sua conclusione con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs.

25 maggio 2017, n.90, in vigore dal 4 luglio 2017. Il nuovo testo recepisce la Direttiva

(UE) 2016/849 e va a modificare ed innovare la normativa italiana in materia di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo, fino ad ora imperniato sul D.Lgs. n.231/2007, rappresentando un ulteriore step rispetto al documento preliminare del precedente febbraio.

Il decreto interviene principalmente in merito agli obblighi, di adeguata verifica, di conservazione e di segnalazione, ed in relazione all’aspetto sanzionatorio della disciplina24. Inoltre, viene ulteriormente estesa la definizione di persone politicamente

esposte (PEP), soggette al procedimento di adeguata verifica rafforzata, in ottemperanza del principio del Know Your Customer. Ulteriori novità introdotte riguardano l'istituzione del registro dei titolari effettivi delle persone giuridiche e dei trust espressi ed il potenziamento dei poteri della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) in funzione antiriciclaggio.

L’immediata efficacia di alcune delle norme contenute nel nuovo testo viene gestita attraverso il principio del favor rei, in base al quale non è possibile sanzionare alcun individuo, a livello penale ed a livello amministrativo, per un fatto che non è più considerato un illecito alla data di entrata in vigore del decreto. Nel caso di violazioni antecedenti la data di entrata in vigore del decreto, invece, ha valenza la legge vigente all’epoca della commissione del fatto, qualora sia ritenuta più favorevole.

2.3.2.2.2 La valutazione del sistema antiriciclaggio nazionale

Nell’ambito delle proprie competenze, il Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF) ha condotto il National Risk Assestment, un’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Svolta per la prima volta nel 2014 e ripetuta nel 2017, la valutazione seguirà una cadenza quinquennale. Obiettivo dell’analisi, in accordo con la prima Raccomandazione del GAFI25, è quello di identificare, analizzare e valutare le

24 Catenacci M., La IV Direttiva Antiriciclaggio è legge: le principali novità contenute nel D.Lgs. n.

90/2017, in Diritto Bancario, 21 giugno 2017.

25 Raccomandazione 1 del GAFI: “Valutazione dei rischi e applicazione di un approccio basato sul

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minacce presenti nell’ordinamento, individuando le più rilevanti tra queste ultime e le vulnerabilità del sistema nazionale di prevenzione e contrasto dei fenomeni di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, così da poter evidenziare i settori e le aree maggiormente esposti ai rischi e permettere l’elaborazione di linee di intervento per la mitigazione di questi, secondo l’approccio risk-based nell’attività di AML/CFT26.

Dall’analisi del CSF emerge un rischio “molto significativo” connesso all’attività di riciclaggio di denaro, fortemente condizionato dalla rilevanza dell’evasione fiscale dalla presenza di organizzazioni criminali che producono proventi da riciclare, senza dimenticare la persistenza di un eccessivo uso del contante nelle transazioni commerciali e del peso dell’economia sommersa27. Il rapporto del CSF espone anche gli

interventi da intraprendere, differenziandoli in base alla categoria di operatori e al livello di priorità assegnatagli. Ciononostante, il sistema di prevenzione e contrasto appare adeguatamente rispondente rispetto alla minaccia che proventi di attività criminali possano essere reinseriti nel sistema finanziario ed economico28.

Un’ulteriore analisi del contesto italiano fa riferimento al Rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI) del gennaio 2015, predisposto nell’ambito del Mutual Evaluation

Report (MER), anche noto come “rapporto di mutua valutazione”, la missione di

valutazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo svolta periodicamente, e a rotazione, tra i Paesi membri del GAFI. Il rapporto riassume le misure di riciclaggio e di lotta al finanziamento del terrorismo in forza in Italia ed esprime un’analisi dettagliata sul sistema normativo e sull’azione preventiva svolta. Vengono analizzati, inoltre, la conformità del quadro normativo alle Raccomandazioni GAFI (“Technical Compliance”) ed il grado di efficacia del sistema italiano (“Effectiveness”), fornendo indicazioni finalizzate al raffreddamento del sistema29. Il

“Sistema Italia” risulta, dal Rapporto, caratterizzato da un robusto quadro giuridico e istituzionale, grazie ad una buona comprensione dei rischi, ad un alto livello di

26 Comitato di Sicurezza Finanziaria, Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del

terrorismo, 2014.

27 Pezzuto A., Profili evolutivi della legislazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento

del terrorismo, in Diritto Bancario, 4 aprile 2017.

28 Ministero dell’Economia e delle Finanze, Prima analisi nazionale sui rischi riciclaggio e finanziamento

del terrorismo, Roma 4 dicembre 2014.

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cooperazione interna e ad un efficace sistema di segnalazione e analisi delle segnalazioni sospette.

Pur evidenziando aree di rischio elevate, quali l’evasione fiscale, la corruzione e la persistenza della criminalità organizzata, l’efficacia delle azioni di contenimento e contrasto condotte dall’Italia sono risultate efficaci e trovano conferma nei rating assegnati: per quanto riguarda l’Effectiveness, degli undici parametri ben otto presentano valori medio-alti, mentre per la Techincal Compliance sono stati attribuiti ben trentasette rating elevati su quaranta30.

2.4 Le Autorità di Vigilanza interessate

L’intero sistema di prevenzione e contrasto dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo fondano su una stretta collaborazione tra soggetti obbligati, Autorità amministrative ed Autorità investigative. Il D.Lgs 231/2007, che recepisce la III Direttiva Antiriciclaggio, ha provveduto a riorganizzare assetti e competenze della Autorità coinvolte, istituendo l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) e dando forte valore alla cooperazione tra le autorità stesse, salvaguardando la separazione tra funzione politica e autorità tecniche31.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) è responsabile delle politiche di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. L’opera di prevenzione viene svolta attraverso un’attività normativo-interpretativa ed un’attività sanzionatoria32, che vede il MEF curare i rapporti con gli organismi internazionali e

promuovere la collaborazione tra le UIF, le Autorità di vigilanza di settore, gli ordini professionali e le forze di polizia.

Presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze è costituito il Comitato di Sicurezza

Finanziaria (CSF), con compiti di coordinamento tra le Autorità e di garanzia di

funzionalità dell’intero sistema. Il CSF, infatti, si pone come punto di raccordo tra le amministrazioni e gli enti operanti, con poteri specifici su quest’ultimi. Il Comitato svolge

30 Pezzuto A., Profili evolutivi della legislazione in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento

del terrorismo, in Diritto Bancario, 4 aprile 2017.

31 Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia, Ordinamento italiano.

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attività di analisi e coordinamento in materia di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario e del sistema economico a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo; svolge attività di stesura, entro il 30 maggio di ogni anno, di una relazione contenente la valutazione dell’attività di prevenzione e le proposte per migliorarne l’efficacia, da presentare al MEF33; formula pareri e fornisce consulenza al MEF in merito

alla materia di propria competenza34.

Tra le autorità tecniche è centrale il ruolo dell’Unità di Informazione Finanziaria per

l’Italia (UIF), istituita presso la Banca d’Italia in posizione di autonomia e indipendenza35.

A tal proposito, Banca d’Italia disciplina con Regolamento il funzionamento e l’organizzazione dell’UIF, conferendole i mezzi finanziari e le risorse necessarie per assicurare che l’Unità consegua in maniera efficace le proprie finalità istituzionali. Le Raccomandazioni GAFI hanno palesato la necessità di costituire un apposito organismo che si occupasse in maniera esclusiva della raccolta delle segnalazioni, fungendo da perno per lo scambio di informazioni su scala internazionale. Di conseguenza, è stato previsto un modello unitario di Financial Intelligence Unit (FIU) a cui assegnare queste finalità e a cui ciascun ordinamento dovesse conformarsi. L’ordinamento italiano si è adattato con la soppressione dell’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC) e con la costituzione dell’UIF. La UIF riceve e acquisisce le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, in qualità di organo destinatario delle segnalazioni di operazioni sospette dei soggetti obbligati. L’Unità svolge una funzione di analisi finanziaria sulle informazioni ricevute e ne valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi. Nello specifico, sulla base delle informazioni raccolte nello svolgimento delle proprie attività, svolge analisi e studi su singole anomalie, su specifici settori ritenuti a rischio, su categorie di pagamento o su specifiche realtà economiche territoriali ed elabora schemi e modelli di comportamenti ritenuti anomali che possano riferirsi ad attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

33 Per assolvere a questa finalità le Autorità di vigilanza di settore, la UIF, gli ordini professionali e le

forze di polizia forniscono al Comitato, entro il 30 marzo di ogni anno, le informazioni e i dati statistici sulle rispettive attività svolte nell’ambito delle funzioni di vigilanza e controllo, con riferimento al precedente anno solare.

34 Razzante R., Codice della Normativa Antiriciclaggio, Maggioli, Rimini 2013, pag. 29. 35 D.Lgs. 231/2007, Art.6.

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Le Autorità di vigilanza di settore, Banca d’Italia, Consob e Ivass, invece, sovrintendono all’emanazione della regolamentazione di rispettiva competenza ed esercitano i connessi poteri sanzionatori sui soggetti obbligati36. Tali organi, infatti, emanano

disposizioni circa l’adempimento degli obblighi di adeguata verifica e di registrazione, gli assetti organizzativi, le procedure e i controlli interni. L’attività di supervisione può trovare esplicazione attraverso controlli effettuati a distanza, come nel caso di richieste di specifiche documentazioni o informazioni, o effettuati presso gli intermediari, quali verifiche ispettive. La Banca d’Italia, più nel dettaglio, è artefice di una dettagliata normativa secondaria che coinvolge i soggetti obbligati, in merito – tra l’altro – all’obbligo di registrazione, all’organizzazione e al sistema di controlli interni. L’Autorità ha anche definito gli indicatori di anomalia37, al fine di facilitare gli intermediari

nell’individuazione delle operazioni sospette.

Rivestono importanza anche gli Ordini professionali, chiamati a svolgere un ruolo attivo di impulso nell'ambito dell'attività programmatica: questi possono intervenire nella formazione di provvedimenti fondamentali in materia antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, in una prospettiva di migliore calibratura degli obblighi a carico dei professionisti e di una collaborazione più efficiente verso obiettivi comuni di lotta ai fenomeni stessi38. Gli ordini professionali hanno un potere di controllo e di

vigilanza, hanno un ruolo di primo piano nell’azione di formazione del personale39 e

svolgono anche una funzione di tipo consultivo. Essi, infatti, possono prendere parte alle riunioni del Comitato di Sicurezza Finanziaria ed hanno un ruolo attivo nei confronti del MEF, a cui inviano annualmente i dati statistici e le informazioni in merito all’attività svolta, e nei confronti dell’UIF, in relazione all’emanazione degli indicatori di anomalia per i professionisti ed in relazione alla segnalazione delle operazioni sospette, dove assolvono ai compiti di canalizzazione dei dati più significativi e di tutela della riservatezza dei soggetti segnalanti. Il Decreto di recente applicazione, inoltre, introduce

36 D.Lgs. 231/2007, Artt.55-60.

37 D.Lgs. 231/2007, Art.41, comma 2: “Al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, su

proposta della UIF sono emanati e periodicamente aggiornati indicatori di anomalia […]”.

38 Lomonaco C., Le autorità di vigilanza. Il ruolo degli ordini professionali e l’obbligo di segnalazione. Il

sistema sanzionatorio, in Fondazione italiana del notariato, 26 gennaio 2008.

39 D.Lgs. 231/2007, Art.54, comma 1: “I destinatari degli obblighi e gli ordini professionali adottano

misure di adeguata formazione del personale e dei collaboratori al fine della corretta applicazione delle disposizioni del presente decreto.”.

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gli organismi di autoregolamentazione, quali enti rappresentativi delle categorie professionali, tra le quali rientrano le articolazioni territoriali e i consigli di disciplina cui l’attuale ordinamento attribuisce poteri di regolamentazione, controllo e verifica del rispetto delle norme, senza tralasciare i poteri sanzionatori, in merito ad eventuali violazioni delle norme stesse.

Completano il quadro gli Organi di investigazione, che svolgono gli approfondimenti investigativi delle segnalazioni di operazioni sospette analizzate e trasmesse all’UIF40. Gli

organismi preposti alle funzioni investigative sono il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria (NSPV) della Guardia di Finanza e la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), disciplinati da un apposito protocollo, volto a favorirne la collaborazione e lo scambio di informazioni. L’intervento della DIA viene previsto nel caso in cui le segnalazioni vertano su soggetti legati alla criminalità organizzata, di conseguenza il NSPV risulta essere l’organo maggiormente destinatario delle segnalazioni UIF41. Il NSPV, per sue

caratteristiche, esercita sia poteri attribuiti all’UIF, sia poteri tipici della Guardia di Finanza, con la facoltà di effettuare ispezioni e richiedere documenti e informazioni nel conseguimento della propria attività di controllo. Più nel dettaglio, i principali compiti degli organi investigativi sussistono nelle indagini svolte a fini investigativi; nelle segnalazioni in merito all’ipotesi di omessa segnalazione; nelle ispezioni in merito alla verifica del corretto adempimento degli obblighi richiesti dalla normativa antiriciclaggio.

40 D.Lgs. 231/2007, Art.8.

(31)

31

3 L’OPERATIVITÀ BANCARIA IN FUNZIONE DELLA

DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO

3.1 Il rischio di riciclaggio e la compliance

Il fenomeno del riciclaggio di denaro incide fortemente sugli assetti organizzativi ed operativi degli intermediari. E’ proprio tra gli intermediari che il canale bancario assume un ruolo rilevante, in quanto mezzo tradizionalmente utilizzato dalla maggior parte dei soggetti che desiderano depositare i propri risparmi oppure ottenere credito42. In

particolar modo, la regolamentazione prudenziale impone alle banche e agli altri intermediari di gestire tutti i rischi a cui sono esposti attraverso un’adeguata dotazione patrimoniale ed un idoneo assetto organizzativo43. Configurato genericamente il rischio

come la possibilità che si verifichi un danno o un evento indesiderato in seguito alla condotta propria o di terzi, il Provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 201144

stabilisce che “nella classificazione dei rischi, quello di riciclaggio viene ricondotto

prevalentemente tra quelli di natura legale e reputazionale”. Il rischio legale,

riconosciuto come il rischio di perdite derivanti da violazioni di leggi o regolamenti, da responsabilità contrattuale o extra-contrattuale o altre controversie, è compreso all’interno dei rischi operativi e “come tale concorre alla determinazione del requisito

patrimoniale previsto dal cosiddetto ‘primo pilastro’”. Il rischio reputazionale, invece, “viene trattato all’interno del cosiddetto ‘secondo pilastro’ e contribuisce, quindi, alla stima del grado di adeguatezza del capitale complessivo dell’intermediario”. Nelle

istruzioni di vigilanza dettate da Banca d’Italia45, in aggiunta, viene riportata una

definizione del rischio di compliance (anche noto come rischio di conformità), come possibilità di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in seguito alla violazione di norme imperative o di autoregolamentazione46. Di fatto, siamo di fronte ad un’intersezione tra il rischio

42 Razzante R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., pag. 69. 43 Razzante R., Codice della Normativa Antiriciclaggio, cit., pag.154

44 Banca d’Italia, “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia organizzazione, procedure e

controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’art. 7, comma 2 del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231”, Roma 10 marzo 2011.

45 Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza, La funzione di conformità (compliance), Roma 2007.

46 Razzante R., Dellarosa E., La normativa antiriciclaggio e il nuovo Sistema dei controlli interni, Bancaria

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