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Sezione II- Il lavoro agile e il diritto alla disconnessione

2.1 La disconnessione in Francia

Sulla scia di tali cambiamenti del contesto aziendale, la prima nazione europeo a teorizzare e a regolamentare il diritto alla disconnessione è stata la Francia.

Il governo francese a seguito della recente riforma del lavoro, la Loi Travail , volta ad allineare il diritto del lavoro agli obiettivi posti dall’Unione Europea ha introdotto per la prima volta nel proprio ordinamento il “droit a la deconnexion.

In realtà tale diritto in Francia, anche se in veste diversa e più in generale, era già stato trattato e definito come il diritto alla vita privata del XXI secolo.82

Riguardo alla determinazione del tempo di disconnessione, nell’incertezza tra orario di lavoro e tempo libero, indispensabili sono state le sperimentazioni aziendali del diritto alla disconnessione del lavoratore disciplinato da norme datoriali unilaterali o da accordi contrattuali.

Il primo caso di regolamentazione di tale diritto fu quello della Volkswagen che, nel 2011, decise di spegnere i server relativi alle e-mail mezz’ora dopo la fine dell’orario di lavoro e riaccenderli mezz’ora prima dell’inizio, introducendo regole per limitare le pretese di pronta risposta alla posta elettronica.

L’esempio di Volkswagen fu seguito da moltissime altre grandi aziende sia in Germania che in Gran Bretagna e persino oltre oceano, così come

anche in Francia dove alcune delle principali aziende come Areva, Axa France, La Poste ed Orange hanno, ancor prima del suo riconoscimento legislativo, adottato tale politica.

Importante in questo nuovo contesto fu il ruolo della contrattazione collettiva che con l’accordo Syntec del 2014, firmato dai lavoratori degli studi professionali e di consulenza informatica con i sindacati Cfdt e Cgc, ha disciplinato il diritto alla disconnessione nell’art. 4.8.1.

Nel settembre del 2015 il responsabile delle risorse umane di Orange, Bruno Mettling, incaricato dal Ministro del Lavoro presentò il suo rapporto sulla trasformazione digitale del lavoro con l’obiettivo di disciplinare oltre agli impatti creati dalle nuove tecnologie in

82 RAY J.E., Naissance et avis de deces du droit a la deconnexion: le droit a la vie privee du XXI siecle, in

38 impresa, anche il riconoscimento del diritto alla disconnessione al fine di evidenziare la necessità di conciliare la vita privata e professionale83e valutare le modalità di frazionamento

del riposo quotidiano e settimanale.

Tale riconoscimento è avvenuto per mezzo della legge n.2016-1088 del 8 agosto 2016, la c.d. Loi Travail, che ha previsto al comma 7 il diritto alla disconnessione senza darne una definizione precisa.

La legge prevede che, nel caso di aziende con più di 50 dipendenti il diritto alla disconnessione deve essere chiaramente espresso nel contratto collettivo aziendale, e che nel caso non risulti un accordo chiaro tra le parti, previa consultazione con i sindacati, si preveda la predisposizione obbligatoria di una charte dove indicare le modalità di esercizio di tale diritto e la creazione di corsi di formazione circa un uso razionale degli strumenti di controllo per coloro che sono addetti alla sorveglianza dei lavoratori84. Nonostante si crei una gestione

condivisa tra datore e sindacati, la norma presenta forti criticità sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo.

Come precedentemente evidenziato, rispetto al primo aspetto la legge non si applica a quelle aziende aventi un numero di dipendenti inferiore a 50, inoltre non abilita i comitati (per la salute, la sicurezza) a definire le modalità di esercizio di tale diritto.

Riguardo invece al profilo oggettivo, ai fini di una totale comprensione del diritto alla disconnessione, risulta necessaria una riflessione sull’istituto del “tempo di lavoro”.85

Pare evidente come il legislatore francese si sia limitato ad una mera enunciazione del diritto senza però prendere una posizione netta su come questo diritto debba essere applicato all’interno di ogni singola azienda al fine di garantire il diritto al riposo effettivo come previsto nell’art.34 della costituzione francese, attribuendo alla contrattazione aziendale un ruolo troppo centrale.

Il legislatore francese con la Loi Travail ha solamente esplicitato un diritto già presente nella disciplina dell’orario di lavoro, senza stabilire neanche i principi fondamentali del diritto alla

83 Riferimento all’accordo nazionale interprofessionale del 19 giugno 2013 che consentiva una gestione

intelligente delle tecnologie dell’informazione per la competitività dell’impresa rispettando la vita privata dei lavoratori.

84 DI MEO R.,Il diritto alla disconnessione nella prospettiva italiana e comparata, , in Labour&Law Issues,

Vol.3 n.2, 2017, 23

85 Necessario nella determinazione del tempo di disconnessione è il giusto bilanciamento tra orario di lavoro e

orario di non lavoro, cfra pag.34.

La legge del 2016 afferma che è grazie al riconoscimento del diritto alla disconnessione che si garantisce “l’efficacia del diritto al riposo” ma al contrario sarà il tempo di non lavoro a fornirci una definizione certa dell’orario di lavoro.

39 disconnessione ed addirittura servendosi della delega alla contrattazione aziendale, come detto in precedenza, ha eliminato l’obbligo costituzionale di regolare un diritto di cui lui stesso non è completamente libero di disporre per vincolo dell’unione europea.86

In conclusione possiamo affermare che, nella legge francese, la tutela del lavoratore è connessa all’esplicitazione dei termini della disconnessione nella contrattazione collettiva o in via sussidiaria nella contrattazione aziendale, facendo emergere la flessibilità di tale diritto in rapporto all’organizzazione del lavoro87, e che, a seguito della considerazione di numerose

esperienze applicative, risulta evidente come non possano esistere forme univoche di attuazione del diritto (eliminazione e-mail o oscuramento dei server può andar bene per alcune aziende mentre per altre no).

86 Dobbiamo precisare che in Italia addirittura il legislatore del 2017 non qualifica il ricorso alla disconnessione

come diritto.

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2.2 (Segue) La disconnessione in Italia

Anche in Italia il legislatore sulla scia della legge francese, se pur in un contesto non caratterizzato da esperienze ed accordi contrattuali, è intervenuto in materia di diritto alla disconnessione all’interno del disegno di legge n.2233 del 2017 riguardante le “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile del lavoro subordinato”.

Come accennato l’art.19 della l. n. 81/2017, al comma 1, afferma che l’accordo tra le parti deve individuare i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro senza però qualificare la disconnessione come un diritto del lavoratore come invece avviene nell’ordinamento francese.

Tale diritto appariva più articolato ed inciso nel precedente disegno di legge n.2229 del 2016 a cura dell’on. Sacconi, che prevedeva all’art.3 il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e piattaforme informatiche di lavoro senza che ciò potesse comportare effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.88

Il comma 2, dell’art.3, assegnava un ruolo fondamentale al c.d. “medico del lavoro” che aveva il compito di convalidare le misure adottate dal datore necessarie a garantire integrità fisica e psichica oltre che la riservatezza del lavoratore, in un contesto caratterizzato da forte incertezza normativa.

Il considerare la disconnessione come un diritto fondamentale subì una profonda modifica a seguito dell’annessione della l. n. 2229 all’interno del disegno di legge n.2233 che prevedeva il definitivo art.16 secondo il quale l’attivazione del rapporto di lavoro agile deve avvenire sulla base di accordo tra datore e lavoratore nel quale si individui anche il tempo di riposo e le misure necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Il non riferimento al diritto di disconnessione comporta una reintegrazione da parte della contrattazione non solo a livello individuale (come espresso nella norma) ma anche collettiva, perché in mancanza di una definizione della “disconnessione” solo attraverso la contrattazione collettiva si potranno chiarire le conseguenze giuridiche derivanti dalla mancata attuazione del concetto legale.

41 Ciò mette in risalto il ruolo attivo del sindacato nella contrattazione di accordi dove sia contenuta un’adeguata regolamentazione in materia di disconnessione al fine di evitare il nascere di situazioni di disparità tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni.

Se consideriamo per esempio il caso in cui non sia presente nessun accordo individuale dobbiamo tener conto che il nostro ordinamento con l’art.7 del d.lgs. 66/2003 attribuisce al lavoratore il diritto ad avere almeno 11 ore consecutive di riposo tra una giornata e l’altra. Se invece è presente un accordo individuale che però non rispetta quanto stabilito dalla legge circa l’orario di lavoro o che non consenta di assicurare con certezza il diritto alla disconnessione, occorre valutare se tale accordo sia sindacabile accertando che le modalità di disconnessione non rispettino le indicazioni normative o che quanto stabilito nell’accordo non sia idoneo a tutelare e limitare il controllo datoriale sul lavoratore.

Il diritto alla disconnessione italiano sembra trovare applicazione solo allo svolgimento dell’attività denominata “lavoro agile” o “smart working” e non, come avviene in Francia, a tutte le tipologie di lavoro.89

Mentre con il ddl. 2229 del 2016 si prevedeva la contrattazione collettiva e solo successivamente l’accordo individuale, successivamente la regolamentazione della disconnessione è stata riservata, nel ddl.2233 del 2017 all’accordo territoriale o individuale di lavoro con l’obiettivo di favorire la contrattazione aziendale e la privatizzazione della regolamentazione del rapporto di lavoro.

Questo nuovo diritto ci offre lo spunto per molteplici riflessioni e per l’inserimento nei diritti digitali.

Per prima cosa dobbiamo considerare l’interesse soggettivo del diritto alla disconnessione inteso come l’interesse del lavoratore a rimanere connesso in modo selettivo, rappresentando sia un diritto alla vita privata che al mantenimento di uno stato di benessere psico-fisico. Le nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non più ancorate alla postazione ed all’orario fisso, hanno reso necessario la rimarcazione e l’introduzione di nuove tecniche di difesa e/a tutela del lavoratore, generando l’appello ai diritti ed alla costruzione di steccati di diritti a ridosso delle situazioni emergenti.90

La spinta verso la costituzionalizzazione dei diritti digitali si è collegata alla necessità di dettare degli Internet Bills of Right e nel nostro paese ciò ha prodotto la “Dichiarazione dei

89 POLETTI D., Il c.d. Diritto alla Disconnessione nel contesto dei diritti digitali, in “ Responsabilità Civile e

Previdenza”, n. 1, 2017, 17

42 diritti di Internet”, strumento per dare fondamento costituzionale ai principi e ai diritti nella dimensione sovranazionale volta ad assicurare il funzionamento democratico delle istituzioni ed impedire un’eccessiva sorveglianza e selezione sociale.

Il moltiplicarsi dei diritti digitali dovuto al dinamismo della rete ed alla necessità di confrontarsi simultaneamente con più soggetti ha reso necessario l’introduzione di una pluralità di tecniche di intervento.

Superata l’idea di una rete capace di regolarsi da sola, a seguito della formazione e della necessità di disciplinare un vero e proprio ecosistema,91 l’attenzione si concentra sulle

modalità di intervento che oltre al fiorire di diritti necessitano anche del rafforzamento dei doveri dei soggetti tenuti o obbligati, e la raccomandazione92 sul trattamento dei dati

personali nel contesto occupazionale afferma che “il datore dovrebbe astenersi da ingerenze

ingiustificate e irragionevoli nella vita privata del dipendente”.

A tal proposito, il Regolamento UE 679/2016 rinvia all’autonomia di ogni singolo stato membro la previsione di norme atte a tutelare i diritti e le libertà con riguardo ai dati personali dei lavoratori, precisando che dovranno contenere misure per la salvaguardia dei diritti fondamentali e dignità del lavoratore.93

A differenza dell’ordinamento francese, quello italiano contempla alcune norme costituzionali (l’art.36, comma 1 e 2) in materia di durata della prestazione e dei riposi94,

aventi come finalità quella di garantire la tutela della persona, attraverso la sua salute e la sua vita relazionale, nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato volto non solo alla tutela derivante dall’eccessivo lavoro, ma anche di garanzia del tempo di non lavoro per recuperare le forze ed interessi personali.95

Il nostro ordinamento costituzionale si spinge ben oltre rispetto a quello d’oltralpe96

stabilendo che “la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge” al comma 2 dell’art.36 della costituzione che da un lato cerca di non limitare la libertà produttiva non imponendo, a livello costituzionale, regole rigide circa la determinazione

91 Termine ormai utilizzato per illustrare il mondo della rete che compare anche nell’art.14 della Dichiarazione

dei diritti in Internet

92 Raccomandazione R(2015)5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri 93 Si veda pag.57ss

94 Per approfondire leggere art.36, comma 2 e 3 della Costituzione

95 LECCESE V., L’orario di lavoro, cit., p.21-22, sono gli stessi interessi considerati da Meetling che invitava

all’introduzione del diritto alla disconnessione

43 dell’orario di lavoro e dall’altro permette di garantire la tutela della libertà e dignità del lavoratore. (viene stabilito un limite massimo inderogabile entro cui deve essere svolta la giornata lavorativa).

Questa interpretazione letta insieme all’art.19 comma 1 della legge n. 81/2017, nonostante l’eliminazione dal testo di legge del termine “diritto”, prevede la disconnessione per coloro che utilizzano apparecchiature e strumenti tecnologici per rendere la propria prestazione lavorativa.97

Quindi il diritto alla disconnessione così come il diritto di fornire la propria prestazione lavorativa esclusivamente all’interno dell’orario di lavoro concordato non sono una novità, tanto che nella maggior parte degli accordi collettivi in materia di lavoro agile è sempre stato rimarcato, ancor prima della legge, che la prestazione di lavoro si sarebbe dovuta mantenere entro i confini del normale orario di lavoro praticato in sede (se intendiamo come lavoro il rispondere al telefono o alle e-mail), mentre se intendiamo la “disconnessione” in termini di privacy o controllo a distanza, sarebbe corretto immaginare una normativa specifica come è avvenuto con il Codice della Privacy o con la disciplina sul controllo tramite gli strumenti di lavoro nel nuovo art.4 dello Statuto dei Lavoratori.98

97 DI MEO R.,Il diritto alla disconnessione nella prospettiva italiana e comparata, , in Labour&Law Issues,

Vol.3 n.2, 2017, 30

98 ROTONDI F., Diritto alla disconnessione del lavoratore: non è necessario “per legge”, in

http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2017/05/20/diritto-alla- disconnessione-del-lavoratore-non-e-necessario-per-legge, 2017

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Secondo Capitolo-Il ruolo del Garante della Privacy

1.La convergenza tra il nuovo Statuto dei lavoratori e la disciplina della Privacy nel comma 3 dell’art.4

Dopo aver definito le modalità di installazione ed impiego delle apparecchiature tecnologiche da cui possa scaturire un controllo preterintenzionale nell’attività lavorativa99

occorre prestare particolare attenzione alle problematiche relative ai limiti entro i quali i dati raccolti, possono essere legittimamente utilizzati dal datore.

L’utilizzo di strumenti innovativi consente non solo un controllo sull’attività lavorativa ma anche un interessamento su vicende appartenenti alla sfera della vita privata dei lavoratori, il che rende necessario un coordinamento tra la disciplina dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori e le norme del Codice della Privacy.

In contrapposizione rispetto al passato, dove la mancanza di una regolamentazione specifica su tale profilo ha rappresentato una delle principali cause di inefficienza della vecchia norma100, sia sotto il profilo di soddisfazione delle esigenze del datore sia di quello della

protezione della dignità e riservatezza del lavoratore, il nuovo art. 4 stabilisce al terzo comma che “le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini

connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto previsto dal d.lgs. 196/2003”.101

Il primo punto che emerge dalla lettura del comma 3 riguarda l’affermazione dell’utilizzabilità, a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro e quindi anche per esigenze disciplinari, dei dati raccolti rispettando le indicazioni riportate nel comma 1 e 2 la cui eventuale inosservanza comporta l’illegittimità del trattamento.102

L’ammissione dell’utilizzabilità dei dati raccolti tramite tali strumenti non consente, però, al datore di lavoro di eseguire controlli continuativi in piena libertà, limitandone l’utilizzo tramite l’introduzione di regole stabilite con accordi sindacali o con il provvedimento amministrativo di autorizzazione all’installazione.

99 Tra le apparecchiature che consentono un controllo occorre considerare anche gli strumenti di lavoro e di

registrazione degli accessi e delle presenze,

100 Riferimento al vecchio art. 4 dello Statuto dei lavoratori antecedente alla riforma del 2015. 101 Si veda il Titolo 1 dello Statuto intitolato “Della libertà e dignità del lavoratore.

45 La seconda novità introdotta dal comma 3 dell’art.4, consiste in due ulteriori limiti che rimarcano la circostanza che l’utilizzabilità dei dati è condizionata, da un lato, al fatto che al lavoratore debba essere fornita un’adeguata informativa circa le modalità di utilizzo degli strumenti di rilevazione e di effettuazione dei controlli, e, dall’altro, che i controlli avvengano nel rispetto della disciplina del Codice della Privacy.103

Dalla lettura del comma 3 nelle sue singole componenti è possibile evidenziare che mentre la prima parte fa riferimento alle modalità di impiego ed installazione degli strumenti di controllo, nella seconda parte si introducono limitazioni alla possibilità per il datore di utilizzare le informazioni raccolte, rendendo necessario, come già accennato, un coordinamento tra due opposte esigenze quali, lo Statuto dei lavoratori ed il Codice della

Privacy.104

Dalla nuova disposizione, emerge che il lavoratore deve essere informato adeguatamente ma non si chiarisce quando e come tali controlli possono e/o devono essere esercitati.

Il GDPR, riprendendo quanto stabilito in precedenza dall’art.2, comma 1, d.lgs. 196/2003105

in tema di tutela della dignità, riservatezza e protezione dei dati personali, afferma che il datore dovrà dimostrare di aver raccolto ed analizzato i dati registrati dallo strumento di controllo nel rispetto delle regole in materia di trattamento dei dati personali.106

Quindi nel caso in cui il giudice sia chiamato ad esprimere una valutazione sull’esecuzione del potere disciplinare, in base ai dati registrati, per punire un inadempimento sarà necessario riscontrare in modo preliminare il rispetto di suddette regole (condizioni per utilizzabilità dei dati per fini disciplinari) in rottura con quanto sostenuto dall’art.4 pre riforma che lo includeva fra i controlli difensivi o preterintenzionali.107

103 Riferimento al d.lgs. n.196 del 30 giugno 2003

104 Per Codice della Privacy intendiamo in questo caso la legge 196/2003, destinata come vedremo nel capitolo

seguente ad essere affiancato e uniformato al Regolamento UE 679/2016 che entrerà in vigore in tutti gli Stati membri a partire dal 25 maggio 2018 sostituendosi alla disciplina interna.

105 Art.2, comma 1: “ Il presente testo unico, denominato codice, garantisce che il trattamento dei dati personali

si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con riferimento alla riservatezza, all’identità personale ed alla protezione dei dati personali.”

106 ALVINO I., I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori nell’intersezione fra le regole

dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour&Law Issues, Vol. 2, n.1, 2016, pag. 29

107 Si veda la sentenza della Cassazione n.10955 del 27 maggio 2015 con la quale si è affermata la legittimità

del licenziamento da parte del datore nei confronti di un proprio dipendente che utilizzava, a fini personali, Facebook, telefono cellulare e tablet, durante l’orario di lavoro, evidenziando come tali attività possono interrompere la prestazione lavorativa e creare un danno all’azienda in termini di produttività e di sicurezza sul lavoro. Inoltre ha statuito come l’intervento dell’azienda per scoprire tale inadempienza del lavoratore attraverso la creazione di un profilo Facebook falso non violi la privacy del lavoratore, né i principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

46 Il rinvio al Codice della privacy permette di collocare tali limiti sullo stesso piano di quelli previsti dallo Statuto conferendo un valore vincolante ai provvedimenti del Garante che, secondo l’art.154 comma 1, let. c), d.lgs. 196/2003108 , ha il compito di tradurre in

prescrizioni concrete le regole dettate dal Codice, definendo le misure funzionali a garantire