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Profili giuridici del c.d. Smart working. Il problema dei controlli datoriali.

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FACOLTA’ DI ECONOMIA

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Profili giuridici del c.d. Smart Working. Il problema dei

controlli datoriali

RELATORE

Prof.ssa Dianora POLETTI

CANDIDATO

Jacopo LANDI

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INDICE

INTRODUZIONE ... 4

PRIMO CAPITOLO- Smart Working e controlli datoriali

SEZIONE I- I controlli datoriali e lo Statuto

1. Il controllo del datore di lavoro e il potere disciplinare in azienda: bilanciamento tra interesse del datore di lavoro e tutela della dignità e riservatezza del lavoratore ... 7

2.Il nuovo art. 4 sui controlli a distanza: la modifica dello Statuto dei lavoratori dopo il Jobs Act ... 10

3.La norma del Jobs Act ... 13

4.Conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro ... 16

5.Considerazioni sull’abolizione del divieto di controllo assoluto sostituito dai controlli preterintenzionali ... 20

6.I controlli a tutela del patrimonio aziendale: i controlli difensivi e legittimità dei controlli occulti ... 22

7. Le modifiche dovute al d.lgs.185/2016 ed Accordo sindacale e/o Autorizzazione ministeriale ... 25

8. Distinzione tra strumenti di controllo e strumenti di lavoro ... 27

Sezione II- Il lavoro agile e il diritto alla disconnessione

1.La legge n. 81 del 2017: introduzione del concetto di “Lavoro Agile” ... 29

2.Il Diritto alla Disconnessione in Italia e Francia ... 36

2.1 La disconnessione in Francia ... 37

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SECONDO CAPITOLO- Il ruolo del Garante della Privacy

1.La convergenza tra il nuovo Statuto dei lavoratori e la disciplina della Privacy nel comma

3 dell’art.4 ... 44

2.Il Garante della Privacy e le linee guida per il trattamento dei dati ... 47

3.Le condizioni fondamentali per l’utilizzazione dei dati da parte del datore di lavoro: adeguata informativa e il rispetto del Codice della Privacy ... 49

4.Il caso Barbulescu contro Romania riguardo all’utilizzo dei dati registrati per fini disciplinari ... 54

TERZO CAPITOLO- Regolamento UE n.679/2016: la protezione dei dati

personali nel contesto lavorativo

1. L’introduzione del Regolamento UE n.679/2016 e la sostituzione della direttiva comunitaria madre 95/46/CE ... 59

2. Il campo di applicazione territoriale e materiale: le modifiche introdotte dal Regolamento Europeo n. 679/2016... 64

3. Il rafforzamento (incremento) del diritto alla protezione dei dati nel Regolamento UE (Capo 2 e Capo3): aggiornamento dei requisiti dell’Informativa e del diritto di accesso ai propri dati ... 68

4. I nuovi diritti dell’interessato e gli obblighi per i Titolari e i Responsabili del trattamento dei dati personali (Capo 4) previsti dal Regolamento europeo 2016/679 ... 73

5. Il potere degli Stati e delle Autorità Garanti Nazionali in materia di protezione dei dati personali nel contesto occupazionale ... 78

6. Considerazioni sul Regolamento UE 2016/679... 81

CONCLUSIONI ... 83

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INTRODUZIONE

Il presente elaborato intende analizzare e trattare le principali modifiche introdotte nell’ordinamento europeo e nazionale riguardo all’utilizzo delle strumentazioni dalle quali possa derivare un controllo a distanza dell’attività di lavoro, espressione del potere direttivo esercitato dal datore di lavoro sul lavoratore, con particolare riferimento a quella modalità di svolgimento dell’attività di lavoro denominata “Smart Working”.

In particolare nella sezione 1 del primo capitolo, dedicato allo Smart working ed ai controlli datoriali, ci si occuperà specificatamente dei c.d. controlli datoriali nell’evoluzione avuta dallo Statuto dei lavoratori fino alle recenti modifiche introdotte ed attuate dal legislatore nazionale sulla base delle indicazioni provenienti dalla Unione Europea.

In questa prima parte l’attenzione sarà concentrata sulla definizione e sulle modalità di applicazione del controllo a distanza nell’ambito lavorativo, distinguendo tra le varie modalità di controllo attuate in seguito alla recente evoluzione tecnologica che ha reso possibile l’impiego di strumentazioni innovative dalle quali possa derivare anche un ulteriore controllo dell’attività lavorativa cercando di bilanciare gli interessi sia del datore sia dei dipendenti.

La diffusione di strumenti informatici e telematici per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’interno dell’azienda ha consentito la diffusione e l’affermazione dei c.d. controlli preterintenzionali, con la conseguente eliminazione del divieto assoluto di controllo, la distinzione tra strumento di controllo e di lavoro, e la definizione e regolamentazione dei controlli occulti.

L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, che si pone alla base della regolamentazione del fenomeno del controllo a distanza, è stato modificato ed integrato dall’art.23 del d. lgs. 151/2015 ovvero dal c.d. “Jobs Act” che, a seguito della diffusione delle nuove tecnologie informatiche all’interno del contesto lavorativo, ha introdotto importanti novità sia sostanziali che procedurali per quanto riguarda tutte le strumentazioni dalle quali possa derivare, anche indirettamente, un controllo della prestazione dei lavoratori, riferendosi con particolare attenzione agli impianti di videosorveglianza ed alle strumentazioni di lavoro e di registrazione accessi e presenze, definendo i limiti e le modalità di lecita esecuzione del potere di controllo datoriale.

Tali modifiche, necessarie a mantenere la norma al passo con i tempi e a rispondere alle nuove esigenze presenti nel mercato del lavoro, tramite l’utilizzo di strumenti per lo

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svolgimento della prestazione lavorativa dai quali possa derivare anche un controllo dell’attività, hanno segnato un profondo cambiamento rispetto al passato.

Il datore, mediante tali apparecchiature, può così acquisire informazioni e dati sensibili appartenenti alla sfera privata dei propri dipendenti a patto che non incidano negativamente sulla tutela della dignità e riservatezza; per questo motivo la legge ha ritenuto che il controllo svolto dal datore può essere esercitato sì per finalità produttive ma in una dimensione umana, ovvero non deve essere esasperato dall’utilizzo di tecnologie che prevedano un monitoraggio costante del lavoratore tale da eliminare qualsiasi tipo di riservatezza nello svolgimento della prestazione.

Nella sezione 2 del primo capitolo, invece, illustreremo le principali novità introdotte dal legislatore nazionale in materia del c.d. “lavoro agile”, analizzando le principali caratteristiche ed innovazioni previste dalla legge 81/2017 introdotte al fine di regolamentare questa nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, e la conseguente diffusione ed applicazione del c.d. “diritto alla disconnessione” del soggetto sottoposto a controllo, sia riguardo al contesto nazionale sia mediante un confronto con quanto previsto dall’ordinamento francese.

La parte centrale della tesi si soffermerà sul ruolo svolto dal Garante della privacy nel dettare le regole da seguire per il trattamento dei dati personali dei lavoratori ad opera del datore di lavoro.

Sarà possibile evidenziare come nella nuova normativa statutaria (post Jobs Act) sia presente una convergenza tra la disciplina lavoristica e la disciplina della privacy con riferimento a quanto previsto sia dal vecchio Codice della Privacy, il d.lgs. 196/2003, che dal nuovo Regolamento EU 2016/679.

Successivamente illustreremo i compiti e le linee guida dettate dal Garante necessarie per eseguire in modo lecito il trattamento dei dati personali del lavoratore, soffermandoci, in particolare, sui principi da seguire nel caso di trattamento di dati in materia di posta elettronica ed internet e concentrando l’attenzione su due condizioni ritenute fondamentali: l’obbligo di fornire un’adeguata informativa ai soggetti interessati e il rispetto della Privacy da parte del datore di lavoro.

Per comprendere meglio l’applicazione di tali principi nel paragrafo conclusivo del capitolo analizzeremo il contenuto di una recente ed importante decisione della CGUE, la sentenza Barbulescu, inerente l’utilizzo dei dati raccolti mediante un controllo a distanza per fini

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disciplinari, evidenziando come la mancata osservanza delle norme previste a tutela della riservatezza e dignità del lavoratore nell’acquisizione dei dati da parte del datore comporti una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza previsti dall’art.8 CEDU.

L’ultimo capitolo dell’elaborato, infine, analizzerà le caratteristiche e i concetti fondamentali del Regolamento UE 2016/679, sia in generale, sia nella sua comparazione con la direttiva madre 95/46/CE.

In questa parte del lavoro, ci si soffermerà sulle principali modifiche introdotte dal regolamento in materia di trattamento dei dati personali volte alla sostituzione della direttiva comunitaria 95/46/CE mediante il miglioramento di principi già presenti nella previgente normativa e con l’introduzione del principio a tutela della riservatezza in un sistema di responsabilità intra-aziendale che considera sia le dinamiche giuslavoristiche sia le condizioni di liceità alla base del trattamento, al fine di ritenere la tutela del diritto alla protezione dei dati personali come un diritto fondamentale delle persone fisiche con l’intento di integrare e specificare con precisione quanto definito in precedenza dalla “direttiva madre 95/46/CE”.

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Primo Capitolo – Smart working e controlli datoriali

Sezione 1 – I controlli datoriali e lo Statuto dei lavoratori

1. Il controllo del datore di lavoro e il potere disciplinare in azienda: bilanciamento tra interesse del datore di lavoro e tutela della dignità e riservatezza del lavoratore.

Uno dei principali poteri che spetta al datore di lavoro, al fine di un eventuale esercizio del potere disciplinare, è rappresentato dalla possibilità di controllare la corretta esecuzione della prestazione lavorativa dei propri dipendenti, verificando se essi seguano le disposizioni loro impartite con la debita diligenza.

Negli artt. 2014, 2015, 2016 del Codice Civile, tale potere direttivo viene considerato totalmente legato alla posizione contrattuale del datore che lo esercita: impartendo disposizioni vincolanti per l'esecuzione della prestazione lavorativa (c.d. potere di conformazione) ed indicando le norme di comportamento cui i lavoratori dovrebbero uniformarsi (c.d. potere di regolamentazione).1

Si osserva che tali concetti normativi determinano la possibilità per il datore di lavoro di esercitare un controllo di carattere sia diretto, oppure indiretto mediante la predisposizione di apposite strutture di controllo (ad esempio videosorveglianza, braccialetto elettronico). Tale controllo indiretto genera però alcune criticità in tema di diritti fondamentali della persona come la dignità e la riservatezza.2

Se da un lato il datore di lavoro è titolare di un potere di controllo a prescindere dal rapporto di lavoro3 , dall'altro non è possibile ignorare il fatto che la prestazione non deve essere

considerata come un “bene” che esula dalla persona del lavoratore, in quanto inseparabilmente legata all'uomo che lavora.4

L’influenza che gli avvenimenti della vita privata possono avere sull’esecuzione della prestazione lavorativa, rende necessaria per il datore l’effettuazione di un controllo per monitorare il rapporto ed individuare eventuali violazione delle norme comportamentali da

1 GOFFREDO T. M., MILECA V., Controlli sul lavoratore e potere disciplinare in azienda, Milano, Giuffrè

editore, 2011, 1-2

2 VALLEBONA A., Breviario di diritto del lavoro, sesta edizione, Giappichelli, Torino, 2010, 270ss. 3 GHEZZI G., ROMAGNOLI U., Il rapporto di lavoro, terza edizione, Zanichelli, Bologna, 1995, 217 4 SINZHEIMER H., La democratizzazione del rapporto di lavoro, sul Giornale del diritto del lavoro e delle

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8 parte del lavoratore che possono comportare l'applicazione di sanzioni disciplinari espressione del potere di controllo e disciplinare5 del datore.

Se, dunque, il controllo datoriale è essenziale per lo svolgimento della prestazione lavorativa allora altrettanto indispensabile sarà individuare e delineare i confini di questo potere. Una prima limitazione a tali poteri è introdotta dalla Costituzione (ed in particolare da quanto previsto dagli artt. 2, 13, 14, 15, 21) con il fine di tutelare le persone e la loro libertà di autodeterminazione.

Più significative limitazioni al potere di controllo datoriale sono state introdotte ed enunciate all'interno dello Statuto dei lavoratori ed hanno rappresentato la più importante innovazione riguardo alla tutela del trattamento dei dati personali in anticipo rispetto all'emanazione della legge n.675 del 31 dicembre 19966,

Il potere di controllo del datore di lavoro è disciplinato dall'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, il quale disciplina il controllo a distanza del lavoratore mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici introdotti sul luogo di lavoro per motivi relativi alla salvaguardia della prestazione lavorativa ma che divengono anche un mezzo di controllo datoriale della diligenza del lavoratore.

Ciò consente al datore di raccogliere informazioni sempre più precise e dettagliate sui suoi dipendenti e di conoscerne le abitudini (ma anche opinioni e orientamenti).

Occorre precisare che il controllo, seppur necessario per fini organizzativi e produttivi, deve essere svolto mantenendo una “dimensione umana”, ovvero non utilizzando tecnologie che possono rendere la vigilanza continua ed anelastica, eliminando ogni area di riservatezza e di autonomia nello svolgimento dell'attività lavorativa.7

Tale disciplina è stata inserita nel Titolo I dello Statuto dei lavoratori, (intitolato “Libertà e dignità del lavoratore”), al fine di rimarcare la protezione della dignità del lavoratore intesa come diritto a svolgere la propria prestazione in un ambiente sereno, libero da qualsiasi condizionamento derivante da un controllo opprimente e continuo.8

Alla luce di questo si può dire che in materia di controllo a distanza si ha l’esigenza di bilanciare due ordini di interessi, quello del datore di lavoro a ricevere la prestazione dovuta

5 Cfr. cod. civ., art.2106 “Sanzioni disciplinari” e legge 300/70 art. 7. 6 RODOTA’ S., Tecnologie e diritto, Il Mulino, Bologna, 1995, 101 7 Cfr. Cass., sez. lav., sentenza 17 Luglio 2007 n. 15982

8 LAMBERTUCCI P., Potere di controllo del datore di lavoro e tutela dellla riservatezza del lavoratore: i

controlli a distanza tra attualità della disciplina statutaria, promozione della contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs Act), in WP CSDLE “Massimo D'Antona”, 235/2015.

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9 secondo le modalità assegnate e a verificare che essa venga svolta correttamente, e quello del lavoratore a veder riconosciuta la tutela della dignità e riservatezza, che rappresentano diritti fondamentali della persona.9

La nuova norma dello Statuto, D.lgs. n.185 del 24 settembre 2016, deve essere di conseguenza in grado di riuscire ad ottenere questo fondamentale equilibrio in considerazione delle condizioni contrattuali e dei valori delle persone coinvolte, tenendo inoltre in debito conto il cambiamento tecnologico che sta investendo la società.

Tale carenza dell'art.4 a stare al passo con i tempi era già stata individuata in passato10, ma è

emersa in maniera evidente solo nel momento in cui le nuove tecnologie (personal computer, sistemi I.O.T.) adottate dal datore si sono dimostrate idonee ad acquisire informazioni private appartenenti alla sfera dei dati personali e sensibili del lavoratore.

9 Cfr. ZOLI, Il controllo a distanza, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2009, 486

10 CARINCI F., Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro, sul Giornale del diritto del lavoro e delle relazioni

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2.Il nuovo art. 4 sui controlli a distanza: la modifica dello Statuto dei lavoratori dopo il Jobs Act

Nel complesso progetto di modernizzazione del diritto del lavoro, il legislatore tramite l'introduzione del Jobs Act è intervenuto riformulando anche l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, riscrivendo così una delle principali norme in materia di tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Immutate per più di quarant'anni, nonostante che il contesto organizzativo e produttivo in cui furono realizzate era stato completamente modificato e rivoluzionato dall'innovazione tecnologica ed informatica11, le regole dell’art 4 hanno subito delle modifiche da parte dell’

art 23 del d.lgs. 14 settembre 2015, n.151 denominato “ Semplificazioni in materia di lavoro e pari opportunità” e successivamente promulgato a seguito dell’ attuazione della delega conferita al Governo dall’art 1 co.7 lett. f) della legge del 10 dicembre 2014, n.183.

La modifica nasce dall’esigenza di procedere ad una “revisione della disciplina dei controlli

a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e conciliando le esigenze produttive ed organizzative delle imprese con la tutela della dignità e riservatezza del lavoratore”.12

La ratio di tale riforma era quella di ridurre l'attività lavorativa entro una certa soglia di tollerabilità, senza conseguenze stacanovistiche, al fine di impedire che la legittimazione del controllo sul lavoratore si trasformasse in un controllo di tipo personale, sulla persona fisica, che coinvolgesse anche la propria persona, la riservatezza e la dignità.13

Un argine efficace a tutela di tale diritto è stato l'assoluto divieto di installare impianti audiovisivi ed altri strumenti per il controllo a distanza che potessero eccedere limiti legati ad esigenze organizzative o di sicurezza, qualora ne potessero derivare controlli preterintenzionali sull'attività dei lavoratori.

Le modifiche introdotte dall’art.23 del d.lgs. 151/2015 hanno permesso di includere nel campo di applicazione dell’art.4 le innovazioni derivanti dalla rivoluzione informatica che vanno a sommarsi alle altre disposizioni riferite alla dignità e riservatezza dei lavoratori. Tale cambiamento tecnologico ha ampliato e diffuso le capacità di controllo dell’attività dei

11 LEVI A., Il nuovo art.4 sui controlli a distanza. Lo Statuto dei Lavoratori dopo il “Jobs Act”, Milano,

Giuffrè editore, 2016, 21

12 Art.1, comma 7, lett. f , L. n. 183/2014

13 Riferimento all’art.41 della Costituzione sul divieto per l’iniziativa economica di svolgersi “in modo da

recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana” e all’art.2087 del Codice Civile sull’obbligo del datore di tutelare “la personalità morale del prestatore di lavoro

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11 lavoratori tramite strumenti connettivi di interazione a distanza capaci di operare in maniera continuativa come gli smartphone e/o i sistemi I.O.T.

L’autorizzazione all’ installazione ed all’ utilizzo di impianti audiovisivi e degli altri strumenti che consentono un controllo a distanza, inizialmente sembra aver aumentato di gran lunga il potere del datore di lavoro determinando un’ulteriore limitazione delle libertà del lavoratore.14

Tuttavia l’art.4 st. lav., si è rivelato scrupoloso nella delimitazione del controllo datoriale sottolineando le nuove esigenze di difesa del patrimonio aziendale riferito non solo a prevenire condotte con rilevanza penale da parte dei lavoratori (furto di denaro o di beni aziendali) ma anche illeciti non necessariamente penali ma aventi comunque una potenzialità lesiva come ad esempio la violazione dei segreti aziendali, meritevole anche essa di tutela alla pari del lavoratore.

Detto ciò pare evidente come la precedente visione di potere di controllo delineata dallo Statuto dei lavoratori, basata sui c.d. controlli “in presenza”, necessitava di una profonda innovazione e ridefinizione in base all’evoluzione dei modelli produttivi ed organizzativi dell’azienda, dove già da tempo molte funzioni di direzione e controllo erano svolte mediante collegamento informatico e quindi necessariamente a distanza.

Più che lo strumento in sé per sé assumono rilevanza le modalità con cui questo viene utilizzato, che differiscono notevolmente rispetto agli anni 70 in cui la regolamentazione della riservatezza del lavoratore era tutelata dallo Statuto ed il datore poteva controllare l’attività dei propri dipendenti tramite informazioni derivanti dai controlli difensivi.

Per questo, come già detto, il divieto di installazione di qualsiasi strumento di controllo a distanza poteva dirsi essenziale, in quanto una volta consentitone l’uso non avrebbe incontrato ulteriori limitazioni.

Oggi invece fondamentali per la limitazione del controllo datoriale, a seguito del d.lgs. n. 196/2003, sono stati i numerosi provvedimenti del Garante della Privacy che oltre ad introdurre regole a tutela della riservatezza dei lavoratori in aggiunta all’art.4 comportano il rispetto dei principi di necessità, correttezza, pertinenza e non eccedenza, definendo così il nuovo bilanciamento tra esigenze di controllo e tutela dei diritti dei lavoratori come descritto in precedenza.15

14 VIDIRI G., Controlli datoriali sui dipendenti e tutela della privacy nel nuovo art.4 Stat. Lav., nel Corriere

Giuridico, 11/2016, 1389 ss.

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12 Ulteriore novità relativa al potere di controllo datoriale riguarda la sostituzione e la messa in secondo piano dell’aspetto collettivo derivante dall’ accordo sindacale o autorizzazione ministeriale, ciò permette all’ imprenditore una gestione degli strumenti di controllo maggiormente unilaterale determinando, grazie al riferimento al diritto della privacy, una tutela più individuale che collettiva.16

Giuffrè editore, 2016, 23-24

16 MARAZZA M., Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del

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3.La norma del Jobs Act

A seguito dell’attuazione dei criteri direttivi contenuti nella legge delega n.183 del 10 dicembre 2014 ed all’evoluzione della società ed alle nuove esigenze legate alla privacy dell’individuo, l’art 23 del d.lgs. n.151/2015 ha proceduto alla totale riformulazione dell’art. 4 st. lav.

Il nuovo art.4, comma 1, prevede l’eliminazione da parte del Legislatore del generale divieto all’utilizzo di impianti audiovisivi ed altre apparecchiature al fine di effettuare un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori17, sostituito da un “permesso condizionato”18 tale da

non comportare una totale liberalizzazione dei controlli a distanza ma da consentire comunque l’installazione e quindi l’impiego di strumenti di controllo “preterintenzionali”.19

Tali strumenti consentono un controllo a distanza nei limiti generali definiti nel nuovo primo comma: “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti da cui derivi anche la possibilità di

controllo a distanza dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”20

Il nuovo art. 4 disciplina come un’eccezione l’installazione di strumenti da cui derivi la possibilità di un controllo “preterintenzionale” dell’attività lavorativa, e quindi in maniera implicita, si può sostenere che qualsiasi forma di controllo diretto dell’attività lavorativa tramite strumenti di controllo a distanza è da considerarsi assolutamente vietata.21

Nonostante che nel primo comma si affermi la necessità di un previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa per procedere all’ installazione di tali strumenti, i sindacati hanno evidenziato forti perplessità rivendicando l’importanza posta sul divieto assoluto di controllo.22

Tali problematiche nascono dalla lettura del comma 2 del nuovo art.4, dove è inserita una

17 LEVI A., Il nuovo art.4 sui controlli a distanza. Lo Statuto dei Lavoratori dopo il “Jobs Act”, Milano,

Giuffrè editore, 2016, 25-26

18 GOFFREDO M.T., MOSCA V., Jobs Act e nuovi controlli a distanza, in Diritto e pratica del lavoro, 31/2016,

1894 ss.

19 I controlli preterintenzionali, con riferimento al paragrafo 5, riprendendo la definizione di Levi sono “quei

controlli derivanti da impianti e da apparecchiature di controllo che siano richieste per esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del lavoro da cui derivi anche la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”.

20 Rif. Primo comma, art.4 stat.lav.

21 Occorre ricordare che il divieto rimane solido e i casi che presentano una deroga sono preceduti dal termine

“esclusivamente”.

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14 significativa deroga che esclude dall’ applicazione del primo comma con riguardo agli “strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere la prestazione lavorativa e gli strumenti di

registrazione degli accessi e delle presenze”, consentendone di conseguenza l’utilizzo a

prescindere dall’ accordo o autorizzazione prevista nel primo comma.

Quindi anche nel nuovo assetto normativo risulta evidente la mancata autorizzazione ad utilizzare strumenti che abbiano come unico scopo la sola funzione di controllare a distanza i lavoratori senza che vi siano esigenze di carattere organizzativo e produttivo, di sicurezza e tutela del patrimonio aziendale.

A differenza del vecchio testo dell’art.4, è possibile affermare che i controlli a distanza sui lavoratori, a patto che rispettino le limitazioni imposte dalla legge, possono considerarsi legittimi23 non solo quando costituiscono una conseguenza non prevista come effetto di

un'altra attività datoriale, ma anche nel caso in cui siano intenzionali ma non esclusivi.24

L’introduzione dell’avverbio “anche” nella riformulazione del primo comma lo rende simile al testo del secondo comma del vecchio art.4 st. lav. da cui si è appreso il carattere preterintenzionale dei controlli legittimi.25

Il controllo sui lavoratori, mediante apparecchiature che consentono un controllo a distanza, pur non essendo la finalità esclusiva ed eliminato il divieto assoluto, può essere richiesto ed utilizzato dal datore di lavoro quale strumento necessario per raggiungere quelle esigenze (produttive, organizzative, di sicurezza e tutela patrimonio aziendale) indicate nella norma. Altra importante novità è rappresentata dal riferimento, prima assente, alla tutela del patrimonio aziendale; mentre per finalità produttive e di sicurezza possiamo pensare a strumenti che svolgono il loro compito senza un controllo diretto sull’attività lavorativa, pare strano immaginare sistemi a tutela del patrimonio aziendale che compiano la loro funzione senza controllare implicitamente i comportamenti dei lavoratori.

Il terzo comma si riferisce alle informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2.

Queste possono essere utilizzate “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, quindi ad esempio al fine di misurare il rendimento del lavoratore e/o a procedere all’ esecuzione di sanzioni disciplinari.26

23 Si vedano le sentenze della Cassazione n.9749/16 e n.9904/2016 riguardo alle ipotesi in cui i controlli a

distanza sono legittimi e rendono valido un licenziamento.

24 LEVI A., Il nuovo art.4 sui controlli a distanza. Lo Statuto dei Lavoratori dopo il “Jobs Act”, Milano,

Giuffrè editore, 2016, 25

25 Cfr. op. cit. di LAMBERTUCCI (5) e ROMAGNOLI (129)

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15 Tale assetto determina dubbi sul rispetto dei principi costituzionali di tutela della libertà e dignità dei lavoratori e per questo il datore, al fine di utilizzare le informazioni, deve dare al lavoratore un’adeguata informativa circa le modalità di uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto della normativa sulla privacy disposta dal decreto legislativo del 30 giugno 2003 n.196.

Tramite ciò il Legislatore pone la nuova normativa sotto la disciplina della privacy, affidando al Garante la gestione di tale materia riguardante dati personali.27

Il processo dei controlli a distanza può essere articolato in tre fasi successive rappresentante da: acquisizione dei dati inerenti all’ attività lavorativa tramite gli strumenti utilizzati per la prestazione lavorativa; conservazione e memorizzazione dei dati; utilizzazione dei dati raccolti per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro.

Ciò caratterizza le tipologie dei controlli a distanza e le prescrizioni ad esse inerenti che tratteremo più avanti.28

videosorveglianza.

27 COSATTINI L.A., Le modifiche dell’art. 4 Stat. Lav. Sui controlli a distanza, tanto rumore; per nulla?,

11/2015, 990

28 MARESCA A., Controlli tecnologici e tutela del lavoratore nel nuovo art.4 St.Lav. in Controllo a distanza

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4.Conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro

L’introduzione delle numerose innovazione tecnologie degli ultimi anni ha consentito nel campo del mercato del lavoro una facilitazione dell’incontro tra domanda ed offerta.

Il principale strumento di tale impostazione è rappresentato dalla c.d. “Labour platform” ovvero piattaforme digitali che consentono l’incontro diretto tra prestatore e datore al fine di reperire in qualsiasi momento le persone disponibili nel luogo e nelle modalità di volta in volta necessarie29, riducendo così i tempi ed i costi di selezione del personale.

Oltre a ciò, la piattaforma consente ad una persona di poter svolgere più lavori contemporaneamente a seconda delle esigenze del richiedente e vengono indicati col termine

“slashers”.

Possiamo quindi ipotizzare che in un futuro, non troppo lontano, si assista al superamento della definizione tradizionale di lavoro subordinato.

Questa nuova forma di lavoro provoca da una parte il rischio di perdita di sicurezza e protezione, permettendo però una maggiore libertà con riguardo alla suddivisione del tempo tra attività lavorativa ed ogni altra attività legata alla vita familiare, personale e sociale, trasformando così il prestatore che prima era un lavoratore dipendente in una specie di lavoratore autonomo.

Con questa trasformazione il lavoratore perde non numerosi diritti pensionistico/previdenziali, quali la copertura assicurativa per malattie e infortuni, ma viene anche obbligato a compiere numerosi e complessi adempimenti burocratici prima spettanti all’impresa.

Per questo in alcuni paesi europei esistono delle società che svolgono una funzione prevalentemente mutualistica al fine di garantire una copertura previdenziale e la costituzione di fondi per ammortizzare ritardi nei pagamenti e regolare le inadempienze dei committenti.

È necessario prendere in considerazione due diverse concezioni del contratto di lavoro dipendente: quella di Knight30 , basata sul contenuto assicurativo del contratto in cui

l’assoggettamento al poter direttivo è un elemento di normalità.

Secondo tale concezione il datore si assume il rischio dell’attività produttiva, assicurando il

29 ICHINO P., Le conseguenze dell'innovazione tecnologica sul diritto del lavoro,in Rivista Italiana di Diritto

del Lavoro, Vol. 4, 2017, 526-527

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17 prestatore e garantendogli così un reddito continuo in cambio della sua collaborazione. L’altra è quella elaborata da Coase31 che focalizza l’attenzione sul risparmio dei costi di

transazione da parte dell’imprenditore tramite la stipulazione di un unico contratto con cui acquista dal lavoratore la disponibilità a svolgere continuativamente una certa attività oltre che la sua obbedienza.

Così facendo Coase ribalta la precedente concezione, mettendo al centro dell’interesse l’assoggettamento al potere direttivo mentre il contenuto assicurativo diviene elemento normale ma non necessario.

Nel nostro ordinamento l’assoggettamento al potere direttivo veniva considerato come elemento essenziale del rapporto di lavoro collocando il contenuto assicurativo tra le conseguenze inderogabili ed obbligatorie del contratto, insieme alla retribuzione minima. Le nuove innovazioni tecnologiche hanno tuttavia iniziato a modificare il quadro legislativo provocando un ribaltamento della teoria di Coase poiché l’imprenditore tramite le piattaforme digitali è in grado di sostituire con una serie di contratti istantanei o dalla durata brevissima il singolo contratto di lavoro subordinato.32

Se i soggetti che si avvalgono delle piattaforme continueranno ad aumentare sempre di più ciò metterà in crisi la subordinazione come fattispecie fondamentale ed esclusiva del sistema protettivo e coloro che risulteranno meno efficienti non saranno più tutelati dallo standard collettivo di trattamento che fin qui ha regolato il lavoro subordinato.

Occorrerà adottare una visione più simile a quello di Knight, al fine di applicare un sistema protettivo che dia sicurezza al prestatore indipendentemente all’assoggettamento al poter direttivo.

La disintermediazione causata dalle piattaforme digitali genera un forte beneficio nei confronti dei clienti (datori) che hanno a loro disposizione maggiori informazioni sulla qualità del servizio e ne abbassa i costi, ma per il lavoratore mentre da una parte lo libera dalla dipendenza dell’impresa garantendogli maggiore autonomia, dall’altra lo mette difronte al continuo confronto con gli altri lavoratori che svolgono lo stesso servizio rimarcandone pregi e demeriti, e considerando il lavoro come merce e non più come merce sociale.

Per creare la necessaria protezione di tale forma di lavoro occorrerebbe eliminare o gli

31 Cfr. in COASE R., Impresa, mercato e diritto, a cura di GRILLI M., Bologna, 1995

32 ICHINO P., Le conseguenze dell'innovazione tecnologica sul diritto del lavoro,in Rivista Italiana di Diritto

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18 ostacoli ordinamentali presenti anche in Italia relativi alla stipulazione dei contratti con le “umbrella company”, oppure utilizzare contratti capaci di garantire la copertura previdenziale come introdotto dall’art.54-bis della legge n.96/2017 per il lavoro occasionale che tramite voucher incorpori la contribuzione previdenziale ed esenti dalla ritenuta fiscale definendo un minimo retributivo universale e la piena trasparenza del rapporto.33

Non si deve trasformare il nuovo mercato del lavoro in senso corporativo, con barriere all’entrata e tariffe professionali minime che comporterebbero un ulteriore divisione tra i lavoratori avvantaggiandone alcuni a discapito di altri, ma occorrerà creare un nuovo sistema per aiutare chi ne ha bisogno tramite corsi di formazione ed aggiornamento al fine di colmare le lacune e riconvertire il personale a nuove funzioni.

Se quindi prima si riteneva che il contratto collettivo nazionale stabilisse condizioni lavorative e retributive uguali in riferimento alla categoria professionale di appartenenza, ad oggi tale impostazione funziona sempre meno perché le aziende ricercano una diversificazione nelle forme contrattuali che le assicurino retribuzioni più basse e periodi di prova maggiori, che insieme alla destrutturazione dei settori e della popolazione stanno minando le fondamenta del sistema tradizionale dell’inquadramento professionale.

L’utilizzo delle tecnologie telematiche per lo svolgimento del lavoro consente al datore di esercitare un controllo più marcato senza dover ricorrere ad un controllore presente durante lo svolgimento della prestazione destrutturando così la disciplina sui controlli e tutela dei lavoratori.

Il datore (escludendo il settore pubblico) con questa nuova impostazione potrà controllare sempre meno l’estensione temporale e sempre di più il risultato della prestazione lavorativa riducendo il concetto assicurativo legato al lavoratore subordinato.

Mentre prima si riteneva che queste apparecchiature, capaci di trasmettere informazioni ad un controllore “distante”, rappresentassero una limitazione alla dignità e riservatezza della persona, ad oggi consentono di accentuare la posizione di subordinazione del lavoratore dipendente rompendo il coordinamento spazio-temporale e favorendo il ricorso alla forma del “lavoro agile”.

33 Legge n. 96 del 21 giugno 2017 ha apportato rilevanti novità in materia di Lavoro e tra le principali, le nuove

prestazioni occasionali ex art. 54-bis che sostituiranno il lavoro accessorio (c.d. voucher) abrogato dalla legge n. 49/2017. Occorre sottolineare che le prestazioni occasionali previste dalla legge 96/2017 non hanno nulla a che vedere con le prestazioni autonome occasionali disciplinate dall’art.2222 del c.c., il prestatore autonomo occasionale svolge una prestazione prevalentemente tramite il proprio lavoro e senza vincolo di subordinazione verso il committente.

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19 Il continuo progresso tecnologico ha portato col tempo alla graduale introduzione in azienda di macchinari in grado di svolgere più velocemente ed a costi minori le mansioni precedentemente svolte dalle persone, provocando così un aumento della disoccupazione. Per questo motivo, oggi rispetto al passato, occorrerà essere in grado di creare un sistema per accompagnare coloro che hanno perso il lavoro, tramite un processo di riqualificazione o riconversione, verso mansioni oggi vacanti o inesistenti ma presenti nel futuro senza cadere in un'ottica di tipo assistenziale, fondata sul reddito minimo garantito a tutti i cittadini a spese della collettività.

L’affermazione di questa nuova forma di organizzazione del lavoro evidenzia che, a differenza degli Stati Uniti dove la figura degli “indipendent worker” nasce, in Italia l’introduzione di una simile categoria è stata compiuta dal legislatore con la legge 92/2012 con cui si allargò l’area di applicazione della protezione giuslavoristica a tutti i rapporti caratterizzati da continuità, monocommittenza e basso reddito, anche in assenza della subordinazione intesa in senso stretto.

Successivamente con il d.lgs. n.81/2015, il legislatore ha abolito tale norma34 estendendo la

disciplina ai rapporti caratterizzati dall’assoggettamento della prestazione al coordinamento spazio-temporale secondo le esigenze del creditore determinando che l’ordinamento protettivo vige quando il contratto prevede che la prestazione lavorativa avvenga dentro lo stabilimento del principale.

Tale aspetto è rimarcato dalla legge n.81/2017 per la costituzione dello “Statuto del lavoratore autonomo” in riferimento al cosiddetto “lavoro agile”35 , secondo cui il

coordinamento spazio temporale è circostanza sufficiente ma non indispensabile.

34 Riferimento alla precedente legge n.92/2012 35 Cfr. pag.27ss sul lavoro agile.

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5.Considerazioni sull’abolizione del divieto di controllo assoluto sostituito dai controlli preterintenzionali

Come precedentemente evidenziato, le modifiche introdotte dall’art.23 del d.lgs. n.151/2015 riguardo all’art.4 dello Statuto dei lavoratori hanno determinato la cancellazione del concetto di divieto assoluto di controllo, in base al quale si vietava al datore l’installazione e l’utilizzo di qualsiasi strumento finalizzato al controllo a distanza dell’attività del lavoratore salvaguardando la sua riservatezza, sostituendolo con una nuova disciplina concernente i casi e le modalità in cui l’utilizzo di tali strumenti tecnologici può essere consentito per fini di controllo.

È evidente un cambiamento di rotta rispetto al passato poiché la concezione di un divieto “implicito” 36 riveste un ruolo marginale rispetto a quanto precedentemente indicato e

l’interpretazione assunta circa la tutela delle libertà dei lavoratori sottoposti a controllo può considerarsi ferma anche con riferimento al nuovo art. 4 comma 1, e questo non solo perché riprende come già detto il 2 comma riferito ai controlli preterintenzionali con l’aggiunta della tutela del patrimonio, ma anche per l’utilizzo del termine esclusivamente.37

Occorre, infatti, precisare che nel vecchio ordinamento i controlli c.d. preterintenzionali erano soggetti al divieto di controllo a distanza ovvero se ne consentiva l’utilizzo per esigenze aziendali o di sicurezza previo accordo con i sindacati o autorizzazione amministrativa, ma non veniva consentito un controllo dell’attività lavorativa.38

Adesso, sulla base di quanto previsto dal comma 1 del nuovo art.4, è possibile affermare che la legge consente l’uso di uno strumento da cui derivi anche la possibilità di un controllo a distanza.

Tra le principali motivazione che hanno portato il legislatore ad attuare una modifica di tale articolo possiamo riscontrare, prima di tutto, la necessità da parte del nostro paese di riuscire ad ottenere più investimenti stranieri necessari ad attuare un rilancio economico.

Si ritiene, infatti, che un aumento competitivo del settore industriale possa essere raggiunto tramite l’utilizzo di strumenti che consentano un controllo della produttività aziendale39 ,

36 Si fa riferimento ad un divieto “implicito” ovvero non definito con precisione ma deducibile dalla lettura del

nuovo articolo, per evidenziare la differenza dalla vecchia norma dove invece si parlava di divieto “esplicito”.

37 LEVI A., Il nuovo art.4 sui controlli a distanza. Lo Statuto dei Lavoratori dopo il “Jobs Act”, Milano,

Giuffrè editore, 2016,54

38 TROJSI A., RODOTA’ S., Il diritto del lavoratore alla protezione dei dati personali, Torino, G. Giappichelli

editore, 2013, 123

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21 rendendo di fatto il controllo come un obiettivo di competitività aziendale piuttosto che di bisogno legato alla persona.

Altro fattore è rappresentato, come detto in precedenza, dall’avvento delle nuove tecnologie impiegate per lo svolgimento dell’attività aziendale come i dispositivi I.O.T. e/o i dispositivi Wearable su cui si può esercitare un controllo a distanza che allo stesso tempo può comportare l’acquisizione di dati sensibili appartenenti al lavoratore.40

Di conseguenza mentre prima, sulla base del vecchio art. 2409 del Codice Civile41 , si

esercitava un controllo diretto tramite “l’occhio che guarda”, oggi utilizziamo un controllo informatico più complesso e pervasivo, frammentato, decentralizzato e capillare 42 ,

disciplinato dall’art.4.

Queste ragioni hanno esercitato un peso rilevante sulla scelta del legislatore riguardo alla necessità di modifica dello Statuto dei lavoratori dovuta ad un radicale cambiamento sia della percezione che del concetto di controllo finalizzata ad ottenere l’equilibrio tra il ripristino di un accettabile livello di sicurezza e le garanzie di libertà delle persone.43

40 ALVINO I., I nuovi limiti al controllo a distanza dell'attività dei lavoratori nell'intersezione fra le regole

dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, 10

41 L’art. 2409 del c.c. affermava che “il comportamento scorretto del lavoratore dipendente dipendeva da una

mancanza di controllo da parte del datore che ne rispondeva patrimonialmente”.

42 ZICCARDI G., Il controllo delle attività informatiche e telematiche del lavoratore: alcune considerazioni

informatico-giuridiche, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, 48-49

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22

6.I controlli a tutela del patrimonio aziendale: i controlli difensivi e legittimità dei controlli occulti

La modifica più innovativa44 introdotta dall’art.23 del d.lgs. n.151/2015 riguarda la

possibilità di utilizzare strumenti di controllo per tutelare il patrimonio aziendale di cui al 1 comma.

Si tratta di una profonda novità visto che precedentemente, ossia nel vecchio art.4, nel secondo comma quando si parlava di esigenze di legittimità del controllo si faceva riferimento solo a quelle organizzative e produttive strettamente collegate alla sicurezza sul lavoro, mentre adesso rientrano tra questi anche i controlli finalizzati alla tutela del patrimonio aziendale per la cui installazione ed utilizzo è richiesta l’autorizzazione come previsto dal nuovo primo comma.

A seguito di tale allargamento, occorre prendere in considerazione tutte quelle condotte lesive del patrimonio riguardanti non solo i beni di proprietà dell’azienda, materiali e immateriali necessari per la produzione, ma anche la loro attendibilità.45

Il riferimento alle esigenze di tutela del patrimonio aziendale sembrerebbe, in primo luogo, confermare l’eliminazione del divieto di utilizzare gli impianti per finalità di controllo dell’attività dei lavoratori, perché ciò legittimerebbe un deciso ampliamento delle finalità di controllo di tali strumenti.46

Il corretto svolgimento della prestazione determina una valorizzazione del patrimonio dell’azienda, il controllo sul lavoro ne giustifica l’installazione ed impiego; va però ricordato che le informazioni raccolte potranno essere utilizzate ai fini del rapporto di lavoro solo nel rispetto di quanto dettato nel comma 3 dell’art.4 e sempre che l’autorizzazione, sindacale o amministrativa, non contenga ulteriori limitazioni circa le modalità di utilizzo.

Il riferimento al patrimonio aziendale disciplina nel primo comma i c.d. controlli difensivi, aventi ad oggetto il controllo del comportamento complessivamente tenuto dai lavoratori sul luogo di lavoro al fine di accertare condotte illecite estranee al normale svolgimento lavorativo dirette a diminuire il patrimonio aziendale.

Si pensi ad esempio al furto del dipendente, che potrebbe essere ripreso dal sistema di

44 COSATTINI L.A., Le modifiche dell’art. 4 Stat. Lav. Sui controlli a distanza, tanto rumore; per nulla?,

11/2015, 985-986-987

45 Cass. Sez. lav., sentenza 23 febbraio 2012, n.2722 e n.23401 16 novembre 2015 riguardo alle sanzioni 46 MARAZZA M., Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del

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23 videosorveglianza ed utilizzato per fini disciplinari solo se effettuato tramite un controllo a distanza preventivamente autorizzato anche per esigenze di tutela del patrimonio aziendale.47

La conseguenza di tale conclusione oltre a rappresentare una limitazione al controllo del datore pone la necessità di un immediato aggiornamento del concetto di controllo difensivo. A seguito della sentenza del 200248, la Cassazione ha escluso dal campo di applicazione

dell’art 4 i controlli difensivi diretti ad individuare le condotte illecite dei lavoratori, permettendone l’utilizzo senza autorizzazione nel caso fosse finalizzato alla prevenzione di illeciti commessi dai dipendenti o da terzi, mentre rimaneva all’interno dello Statuto dei lavoratori il controllo su illeciti a patto che riguardassero lo svolgimento di compiti legati al rapporto di lavoro; la norma non comprende le verifiche dirette messe in atto per individuare condotte illecite dei lavoratori e lesive dell’immagine aziendale in base a quanto sostenuto dalla giurisprudenza penale, per la quale tali controlli erano sempre leciti se finalizzati ad accertare o prevenire fatti illeciti quando quest’ultimi riguardano l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e non già in merito ai controlli effettuati per la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro, esclusa, viceversa, dal campo di applicazione dello Statuto.49

L’emanazione di recenti sentenze ha evidenziato la naturale necessità di ricondurre tali controlli all’interno del secondo comma dell’art. 4 al fine di garantire il rispetto della dignità e riservatezza del lavoratore.

Come espresso dalla Cassazione con la sentenza del 1ottobre del 2012 n. 16622, anche per i controlli difensivi occorrono le garanzie del secondo comma dell’art.4 affinché non si traducano in controlli a distanza, eliminando di fatto i controlli difensivi trasformandoli in controlli sull’ attività lavorativa.

In assenza di autorizzazioni50, il controllo difensivo può essere considerato legittimo, a patto

che venga effettuato tramite strumenti volti a scongiurare fatti illeciti51, e non di tutela del

patrimonio aziendale, punibili penalmente manifestatesi in occasione della prestazione

47 MARAZZA M., Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del

lavoratore), in WP CSDLE “Massimo D'Antona”, 300/2016, 17-18

48 Cass, sez. lav., sentenza 3 aprile 2002, n.4746

49 LAMBERTUCCI P., Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del lavoratore: i

controlli a distanza tra attualità della disciplina statutaria, promozione della contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs Act), in WP CSDLE “Massimo D'Antona”, 235/2015,11 ss.

50 Il controllo su fatti illeciti non richiede obbligatoriamente l’autorizzazione consentendone il distacco da

quanto sancito al comma 1.

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24 lavorativa.

Quindi l’unico controllo difensivo consentito senza autorizzazione riguarderà l’accertamento di un comportamento illecito del lavoratore che si riferisca a beni estranei al rapporto di lavoro senza ricondurlo ad un inadempimento contrattuale.

Se l’azienda esercita un controllo senza darne adeguata informativa ai dipendenti siamo in presenza di un controllo occulto.

Questi controlli volti a valutare l’operato dei dipendenti sono vietati dall’ art 4 prima in forma esplicita ed ora implicita, anche se la giurisprudenza ha riconosciuto la liceità dei suddetti controlli solo nei casi in cui siano finalizzati ad evidenziare comportamenti non legati alla prestazione lavorativa.

Un esempio di tale liceità è stato fornito dalla sentenza della Cassazione n.10955 del 27 maggio 2015, che ha ritenuto legittimo la creazione di un profilo Facebook falso da parte dei vertici aziendali per verificare la presenza durante l’orario lavorativo del dipendente sulla piattaforma, avente come finalità non il controllo dell’attività lavorativa ma il compimento di fatti illeciti e per questo non rientra nell’art.4.52

Recentemente la Cassazione ha sancito il divieto di effettuare controlli a sorpresa, tramite software per il controllo delle telefonate e della posta elettronica, aventi come fine il controllo dell’attività lavorativa e non dei beni estranei al rapporto di lavoro53senza che sia

stato prima ottenuto il consenso sindacale o autorizzazione amministrativa e senza aver dato un’esaustiva informativa ai dipendenti.

52 Fondamentali sono i limiti e le garanzie poste a tutela dei lavoratori in base alle quali devono essere bilanciati

i due diversi interessi dei soggetti interessati come già evidenziato in precedenza (sentenza 27 maggio 2015 n.10955)

53 Cass., sez. lav., n. 4375 del 23 febbraio 2010 secondo cui il controllo mediante strumenti informatici fosse

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25

7. Le modifiche dovute al d.lgs.185/2016 ed Accordo sindacale e/o Autorizzazione ministeriale

Per quanto riguarda la ridefinizione della norma relativa all’installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti da cui derivi la possibilità di effettuare un controllo a distanza sull’attività dei lavoratori, è possibili osservare che il mantenimento di un previo accordo sindacale o in sua mancanza di una previa autorizzazione amministrativa risulta condizione necessaria al fine di renderne lecita l’installazione e l’utilizzo.

Nella nuova norma i cambiamenti riguardano, in primis, i soggetti legittimati alla conclusione dell’accordo in quanto vi sono legittimate sia le RSA (rappresentanze sindacali aziendali) che le RSU (rappresentanze sindacali unitarie)54 e nel caso delle aziende

multilocalizzate le associazioni sindacali più conosciute sul piano nazionale.

Il datore di lavoro mantiene l’obbligo a trattare inizialmente con le rappresentanze sindacali (tutela prevista nell’art.28 dello Statuto dei lavoratori) tuttavia nel caso di un mancato accordo occorre inoltrare una richiesta di autorizzazione amministrativa, la quale rappresenta la conseguenza di un tentativo di accordo collettivo non andato a buon fine.

Il datore di lavoro potrà chiedere l’intervento ministeriale solo dopo aver avviato una trattativa sindacale e solo nel caso in cui essa sia fallita; si ritiene, quindi, antisindacale quel datore di lavoro che procede all’installazione di un impianto per il controllo a distanza senza aver prima tentato di ottenere un accordo con le rappresentanze dei lavoratori55.

Per quanto riguarda invece il consenso espresso all’accordo sindacale occorre distinguere se facciamo riferimento alle RSU o alle RSA.

Nel caso delle RSU56 per far sì che l’accordo possa ritenersi valido è necessario il voto

favorevole della maggioranza dei lavoratori (regola maggioritaria), mentre per le RSA si distinguono due diversi scenari: se rientrano all’interno dell’applicazione del Testo Unico del 2014, basta il consenso della maggioranza come per le RSU mentre se non vi rientrano la disposizione non definisce un iter preciso ed un aiuto a tale interpretazione viene fornito dal Ministero del Lavoro che si è espresso a favore del sistema maggioritario, escludendo il ricorso al consenso unanime, a patto che le RSA favorevoli rappresentino la maggioranza dei lavoratori.

54 Prima venivano menzionate ed autorizzate solo le RSA e in caso di loro mancanza la commissione interna 55 Cass., sez. lav., 16 novembre 1997, n. 9211

56 Art. 7 del Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 nato dall’accorda tra le principali sigle

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26 La nuova disposizione in riferimento alle imprese multilocalizzate ha introdotto nel primo comma la possibilità, nel caso in cui sia impossibile raggiungere un accordo sindacale a livello territoriale, di stipulare un accordo con l’associazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale senza dover interpellare le RSA.

Con le modifiche apportate dal d.lgs.185 del 24 dicembre 2016, l’art. 4 stabilisce che in mancanza di un accordo collettivo, il datore di lavoro, che voglia richiedere l’autorizzazione in via amministrativa potrà rivolgersi alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e nel caso di aziende dislocate, in alternativa, può richiederla direttamente alla sede centrale.57

Così facendo si ritorna a quanto previsto prima dell’introduzione del Jobs Act rimarcando il ruolo fondamentale dell’Ispettorato del Lavoro riguardo al consenso non solo dell’installazione ma anche delle modalità di uso di tali strumenti.

Altro intervento correttivo del D.lgs. 185/2016 è riferito all’impossibilità di appellarsi contro un provvedimento adottato dall’Ispettorato del Lavoro in quanto, con le nuove disposizioni, risultano definitivi e quindi non è possibile proporre contro questi un ricorso gerarchico. Ciò perché mentre per quelli delle sedi territoriali potrebbero essere intentati ricorsi alla sede centrale, per quelli di quest’ultima non è possibile individuare un c.d. superiore gerarchico visto che il rapporto che lo lega al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali è un rapporto di vigilanza e non gerarchico.58

57 MARESCA A., Controlli tecnologici e tutela del lavoratore nel nuovo art.4 St.Lav. in Controllo a distanza

e tutela dei dati personali del lavoratore, Giappichelli, Torino, 2017, 12

58 Schema del d.lgs. adottato dal Consiglio dei Ministri in data 10 giugno 2016 in merito a “disposizioni

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27

8. Distinzione tra strumenti di controllo e strumenti di lavoro

In riferimento all’utilizzabilità dei dati si pone il problema di come essi siano stati acquisiti dal datore di lavoro.

Per prima cosa dobbiamo distinguere l’area di applicazione del comma 1 e del comma 2 dell’art. 4, riguardanti rispettivamente gli “strumenti di controllo a distanza” e gli “strumenti di lavoro” o di “rilevazione accessi e presenze” da cui possa derivare indirettamente un controllo a distanza del lavoratore.

Solo nel primo caso, come evidenziato precedentemente, è richiesta l’autorizzazione all’installazione dello strumento ed i controlli possono essere effettuati per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale, mentre pare molto complicato considerare lo “strumento di lavoro” come species del più ampio genere degli strumenti di controllo.59

Entrambi consentono, direttamente o indirettamente, di monitorare a distanza l’attività dei lavoratori ma gli strumenti di lavoro sono “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”.

È evidente come l’utilizzo di strumenti per il controllo personale e del lavoratore siano stati influenzati e supportati dallo sviluppo tecnologico a tal punto da passare da un controllo classico, centralizzato e focalizzato su ciò che accadeva all’interno dei confini aziendali60 ad

un controllo decentralizzato e frammentato dove i dati, non più solo riguardanti aspetti lavorativi ma anche personali e privati, venivano raccolti e memorizzati per un certo periodo e dove per via dell’introduzione dei personal computer e degli smartphone è venuto meno il binomio strumento di controllo-strumento di lavoro, in quanto uno strumento di lavoro è anche uno strumento per uso “privato” ( ad esempio smartphone o veicolo aziendale). Il nuovo concetto di controllo eliminava quella linea di confine prima presente tra vita privata e vita lavorativa, per questo nella ridefinizione dell’art. 4 si è cercato da un lato di limitare il controllo effettuato tramite lo strumento di lavoro che permettesse anche un controllo sulla vita privata, dall’altro di non limitare eccessivamente il potere direttivo del datore di lavoro consistente nel controllare l’esatta esecuzione della prestazione lavorativa.

59 ALVINO I., I nuovi limiti al controllo a distanza dell'attività dei lavoratori nell'intersezione fra le regole

dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, 42

60 Controllo di stile Orwelliano come detto precedentemente, ZICCARDI G., Il controllo delle attività

informatiche e telematiche del lavoratore: alcune considerazioni informatico-giuridiche, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, 48

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28 In sostanza per delimitare l’applicabilità del secondo comma occorre focalizzare l’attenzione su due concetti principali: il primo fa riferimento all’inesistenza di una definizione ontologica di strumento di lavoro ovvero all’impossibilità di determinare con precisione quali, in assoluto, possano essere gli strumenti di lavoro, visto che la loro determinazione dipende dall’organizzazione che il datore dà alla propria azienda ed in considerazione del fatto che a seconda di come vengono utilizzati possono rappresentare anche strumenti di controllo; il secondo, considera la natura oggettiva e consiste, come già detto, nel definire gli strumenti di lavoro ricomprendendo tutti quegli strumenti utilizzati concretamente dal dipendente nello svolgimento delle sue mansioni.61

Oltre a differenze legate alle finalità, mentre lo strumento di lavoro viene introdotto a seguito dell’esercizio del potere di organizzazione del lavoro, lo strumento di controllo è conseguenza dell’esercizio di altri poteri di organizzazione dell’attività (es. tutela patrimonio, sicurezza etc.) e l’esclusione dell’autorizzazione relativa agli strumenti di lavoro permette si una semplificazione procedurale, per eliminare casi in cui occorrerebbe richiedere l’autorizzazione per dotare un dipendente del pc aziendale, ma non consente, tramite l’analisi dei dati raccolti e memorizzati, il monitoraggio continuo dell’attività del lavoratore.

Ciò permette di distinguere la norma relativa alla possibilità di installare lo strumento rispetto alla possibilità di analizzarne i dati raccolti, procedura che deve essere fatta rispettando i limiti a tutela della dignità e riservatezza presenti al terzo comma dell’art.4.62

In conclusione lo strumento di lavoro rappresenta una particolare categoria di strumento di controllo indissolubilmente legato all’organizzazione del lavoro ed è lo strumento necessario per compiere la propria mansione nel rispetto di quanto indicato dall’imprenditore63, ed è

grazie a tale nesso funzionale, non previsto per lo strumento di controllo, che è possibile rimuovere le limitazioni all’autorizzazione per l’installazione di impianti da cui derivi un controllo preterintenzionale previsto nel comma 1 dell’art.4.

61 MARAZZA M., Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del

lavoratore), in WP CSDLE “Massimo D'Antona”, 300/2016, 10-11-12-13

62 ALVINO I., I nuovi limiti al controllo a distanza dell'attività dei lavoratori nell'intersezione fra le regole

dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, in Labour&Law Issues, vol. 2, n. 1, 2016, 23-24

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29 Sezione 2- Il lavoro agile e il diritto alla disconnessione

1.La legge n. 81 del 2017: introduzione del concetto di “Lavoro Agile”

La legge n.81 del 22 maggio 2017 c.d. “Jobs Act degli autonomi”, riguarda “misure per la

tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Si tratta di una delle leggi più attese, specialmente con riguardo alla disciplina del c.d. Lavoro Agile rappresentante un ulteriore flessibilizzazione del rapporto di lavoro rispetto al Telelavoro: non si tratta quindi di una nuova tipologia contrattuale, ma di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato diversa, da svolgere in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale64, e che si differenza dal Telelavoro,

pensato per mansioni non qualificate, basato sulla necessità di una postazione fissa, rivolgendosi anche a professionalità più qualificate di tipo impiegatizio o manageriale tramite tablet, laptop o smartphone.

Prima, infatti, in assenza di un quadro normativo di riferimento molte aziende avevano intrapreso delle forme sperimentali di smart working, che ruotavano intorno alle regole del telelavoro ed erano gestite mediante accordi collettivi stipulati a livello aziendale ovvero modellate in rapporto ai singoli contesti produttivi.65

Nonostante tali novità, l’iter parlamentare che ha portato all’approvazione della legge è stato abbastanza tortuoso in quanto si sono succeduti due D.dl. aventi una matrice filosofica obiettivamente diversa.66

Il D.dl., n:2229 del 2016, intendeva disciplinare il lavoro agile come lavoro subordinato, tenendolo distinto dal lavoro autonomo mentre il successivo D.dl., n:2233 del 2017, introduceva significativi cambiamenti tali da non poterlo più considerare come un’implementazione del lavoro subordinato.

In particolare nella prima stesura del D.dl. 2233 era evidente il non richiamo alle

64 www.aidp.it/aidp_be/ALLEGATI/DOC/7/53_AIDP_News_Luglio2017.pdf, pag.2 a cura di Simonetta Candela

65 Cfr. DAGNINO E., TOMASSETTI P., Il lavoro agile nella contrattazione collettiva oggi, Working Paper

ADAPT, 2016, n.2

66 Si veda IODICE D., Lavoro agile: le criticità presenti nei ddl 2229 e 2233 ed i rischi della contrattazione al

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30 caratteristiche della prestazione lavorativa dedotta nel contratto individuale di lavoro agile, connotato come prestazione per obiettivi, mettendo in discussione la natura del lavoro subordinato come obbligazione di mezzi.

Si correva così il rischio che la prestazione potesse essere valutata quasi esclusivamente in base ai risultati, provocando un inevitabile scontro e superamento della nozione generale ex art.2094 c.c..

La legge n.81 del 22 maggio 2017 introduce, da un lato, un sistema di interventi volti ad assicurare un rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale, dall’altro, invece si introducono nel rapporto di lavoro subordinato modalità flessibili di esecuzione della prestazione lavorativa al fine di promuovere la competitività e conciliare i tempi di vita e di lavoro67, eliminando il vincolo del luogo dove deve essere svolta la prestazione e lasciando

al lavoratore piena libertà di scelta.

Nonostante la nuova normativa metta al centro della regolazione del lavoro agile l’accordo individuale assegnando un ruolo marginale agli accordi collettivi, il coordinamento tra le vecchie intese e la nuova impostazione non dovrebbe comportare problemi applicativi poiché i precedenti accordi sindacali erano e restano ancorati al c.d. telelavoro, anche se diventa più complesso nel caso in cui si voglia applicare alle forme preesistenti le tutele in materia di salute e sicurezza del lavoro introdotte dalla legge n.81.

Ciò è possibile solo per quei contratti (accordi) che presentino tutte le caratteristiche previste dalla suddetta legge, ed in caso di divergenze occorrerà adottare intese integrative non solo a livello collettivo ma anche individuale.68

La legge n.81/2017 presenta tre distinti “capi normativi”: il capo I (“Tutela del lavoro autonomo”) regola le nuove disposizioni in materia di lavoro autonomo tanto che la dottrina ha iniziato a parlare di un vero e proprio Statuto del lavoratore autonomo; il capo II (“Lavoro Agile”) introduce, come già accennato, la disciplina del lavoro agile come modalità di svolgimento della prestazione subordinata riconducibile allo smart working; ed infine il capo III (“Disposizioni finali”) che contiene norme di valenza finanziaria e generali.

L’art.18 definisce il “lavoro agile” quale “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro

subordinato”, enfatizzando la sua natura subordinata ma cercando di risolvere le

67 Relazione CGIL sul Jobs Act, reperibile presso www.flcgil.it, pag.1 68 http://www.diritto-lavoro.com/2017/06/15/lavoro-agile-pubblicata-legge

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