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Il punteggio ottenuto al questionario OSQ, in particolar modo il punteggio totale, non ha evidenziato differenze statisticamente significative nel livello di stress percepito

all’interno dei gruppi con diversa diagnosi finale della popolazione oggetto del nostro studio.

Questa omogena distribuzione del fattore eziologico ci consente di fare alcune considerazioni relativamente alle caratteristiche psicopatologiche dei diversi gruppi diagnostici.

Analizzando il confronto dei risultati ottenuti ai questionari che indagano i diversi aspetti della patologia del sonno, il primo dato che risulta evidente è l’elevata incidenza di un peggioramento della qualità del sonno nella popolazione presa in esame (Tabella

6.2), e ancora di più nei due sottogruppi DDA e Dist. Umore.

Precedenti esperienze di studio presso il Centro dei Disturbi da Disadattamento Lavorativo dell’AOUP sembrano sottolineare l’importanza dei disturbi del sonno nei quadri patologici da stress lavoro correlato.

Ad esempio, uno studio del 2006 effettuato su un campione di 50 pazienti, ha descritto la presenza di disturbi del sonno con una frequenza maggiore rispetto agli altri sintomi riferiti, con un 58% di casi di insonnia e un 46% di sonnolenza diurna (Buselli e coll., 2006).

Un lavoro successivo, che si prefiggeva di studiare il rapporto fra mobbing e disturbi del sonno, e che ha utilizzato le stesse scale dell’attuale esperienza, ha dimostrato che, all’interno della casistica, i pazienti con diagnosi di DDA hanno una qualità del sonno peggiore di quelli NON-DDA e che la qualità del sonno è tanto peggiore quanto più alta è la probabilità che il loro disturbo derivi da attività mobbizzanti. Inoltre tanto più questa probabilità è alta, tanto più frequente risulta essere la sonnolenza diurna (Giorgi, 2009).

Questo fenomeno potrebbe essere legato ad una attivazione cronica dell’asse ipotalamo- ipofisi-surrene, che comporterebbe uno stato di iper-arousal, caratteristico della patologia da stress e dei disturbi dell’umore, e che sembra essere alla base dell’insonnia ed altri disturbi del sonno; da un punto di vista biochimico questa relazione è dimostrata dall’aumento dei livelli di cortisolo libero urinario, CRF ed ACTH, ormoni

68 che aumentano in situazioni di stress, e che vengono riscontrati elevati nei pazienti affetti da insonnia (Roth e coll., 2007).

A questo proposito, un recente studio americano (Drake e coll., 2014), condotto su un campione di 2316 individui con anamnesi negativa per patologia psichiatrica, suggerisce come il numero eventi stressanti sia correlato ad un aumento del rischio dello sviluppo di insonnia (OR=1,13 ;p< 0,01); inoltre, la tendenza allo sviluppo di un disturbo del sonno sembrerebbe predisporre allo sviluppo di un episodio depressivo maggiore entro due anni (OR = 1.67; P < 0.01).

Per quanto riguarda il confronto fra i nostri campioni, è interessante notare come i punteggi totali ottenuti al Pittsburg Sleep Quality Index siano paragonabili nel gruppo disturbo dell’Adattamento e Disturbi dell’Umore, mentre risultano più elevati rispetto al gruppo Disturbo d’Ansia; questo suggerisce che sia l’incidenza che il peggioramento della qualità del sonno non differiscono in un disturbo più sfumato, qual è il DDA, rispetto patologie psichiatriche conclamate, come i Disturbi dell’Umore. Non sembrano esserci riferimenti in letteratura su questo dato, suggerendo quindi la necessità di conferma in studi con campioni più numerosi.

I dati ottenuti alla Epworth Sleepiness Scale e alla Fatigue Severity Scale indicano invece che, per quanto riguarda la sonnolenza e la sensazione di affaticamento diurne, non ci siano differenze nei tre gruppi, tenendo conto però che i punteggi totali ottenuti nei diversi campioni superano in ogni caso i cut-off di normalità.

I disturbi del sonno non sembrano quindi un elemento discriminante fra i tre sottogruppi in esame, ma l’elevata incidenza nei soggetti sottoposti a stress lavoro correlato e l’impatto clinico sulla qualità della vita dei pazienti fanno si che questi possano essere considerati eventi sentinella che devono richiamare l’attenzione del medico competente durante la sorveglianza dei lavoratori. In particolare l’insonnia potrebbe quindi rappresentare un tratto di vulnerabilità, utile al medico del lavoro per individuare, in una popolazione di lavoratori, un gruppo di soggetti a rischio più elevato di sviluppare una patologia da stress, sui quali focalizzare le idonee misure di prevenzione e gestione del rischio ed attivare piani mirati di sorveglianza sanitaria.

69 Se i Disturbi del Sonno sono rappresentati in maniera analoga nei due sottogruppi DDA e Dist. Umore, lo stesso non si può dire per i punteggi ottenuti alle scale di misura dello spettro psicopatologico.

I punteggi ottenuti al MOOD-SR, ed in particolare al punteggio totale dei domini che valutano i sintomi di spettro maniacale, evidenziano come i pazienti appartenenti al gruppo Dist. Umore totalizzino punteggi più alti rispetto i DDA e i Dist. Ansia. Bisogna ricordare che gli strumenti di spettro utilizzati in questo studio sono strumenti che indagano la presenza dei sintomi in un intervallo di tempo life-time.

Al contrario, il punteggio totale dei domini che esplorano i sintomi di spettro depressivo non mostra differenze fra i DDA e i Disturbi dell’Umore.

Questo suggerisce che, senza rilevanti differenze nello stress percepito, valutato tramite l’OSQ, i pazienti con sintomi di spettro maniacale più rappresentati nel corso della vita, hanno una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo dell’umore, rispetto ai

pazienti che ottengono punteggi più bassi, che sembrano invece tendere verso lo sviluppo di un disturbo più sfumato, intermedio fra la patologia psichiatrica e la normale reazione allo stress, ovvero il Disturbo dell’Adattamento.

Quindi, nonostante elevati livelli di energia, l’ottimismo, l’elevata autostima, ovvero gli elementi che caratterizzano lo spettro maniacale, possano apparire come strategie di adattamento per affrontare gli stessors legati all’attività lavorativa e non, questi rappresenterebbero invece dei fattori predisponenti lo sviluppo di una patologia psichiatrica.

Diversi studi basati sul modello dello spettro dei disturbi dell’umore, supporterebbero i risultati ottenuti nella nostra valutazione: negli ultimi anni infatti è cresciuto l’interesse per i sintomi sotto soglia, prima considerati benigni, ma che in diversi lavori sono risultati associati ad una riduzione della qualità della vita. In particolare, una recente analisi dei dati raccolti dalla Epidemiological Catchment Area, ha dimostrato che la presenza di sintomi maniacali sotto soglia è associata ad una maggiore necessità di assistenza per patologie mentali (Judd e Akiskal, 2003).

Una recente esperienza, effettuata su una popolazione di pazienti con epatite C trattati con IFN, e con anamnesi negativa per precedenti disturbi psichiatrici, ha concluso che

70 chi ha esperito sintomi sotto-soglia maniacali-ipomaniacali, valutati mediante MOOD- SR, nel corso della vita, ha un rischio maggiore di sviluppare un quadro depressivo dopo o durante la terapia con IFN (Dell’Osso e coll., 2007).

Recentemente inoltre sono stati condotti due studi focalizzati sull'impatto sub-soglia sintomi dell'umore in pazienti affetti da fibromialgia (FM); il primo ha individuato, in un campione di 167 pazienti, una correlazione positiva tra il numero di sintomi

depressivi life-time, valutati con MOOD-SR, e l’intensità del dolore e il peggioramento della qualità della vita. Bisogna sottolineare però che un rilevante numero di sintomi maniacali è stato dimostrato sia in tutto campione sia fra i pazienti senza storia di episodi depressivi. In quest’ultimo gruppo, il peggioramento della qualità della vita e la gravità del dolore sembrerebbero essere legati alla componente maniacale (Dell’Osso e coll., 2009).

Il secondo studio, mettendo a confronto la prevalenza dei sintomi sotto-soglia in pazienti reumatologici affetti da FM e artrite reumatoide, dimostra che i primi presentano punteggi significativamente più alti dei pazienti affetti da RA nei domini "Umore Depressivo", "Cognitività depressiva" e “Totale Componente Depressiva” del MOOD-SR. Gli autori hanno ipotizzato che questa diversa componente sotto-soglia nelle due malattie potrebbe svolgere un ruolo nella peggiore qualità della vita e nella percezione principale del dolore che caratterizzano la FM (Piccini e coll., 2011).

Allo stesso modo, all’interno di un campione di pazienti psichiatrici, Cassano et al. , ha dimostrato una relazione significativa tra la presenza life time di sintomi maniacali- ipomaniacali e aumento del rischio di suicidio nei pazienti con depressione unipolare ricorrente (Cassano e coll., 2004).

Questi studi suggeriscono quindi che i sintomi di maggior impatto sullo sviluppo e sulla gravità di un disturbo psichiatrico conclamato siano legati allo spettro maniacale.

Per quanto in medicina del lavoro non si ritrovino esperienze simili in letteratura, in ambito preventivo e medico legale l’individuazione di questo tratto di vulnerabilità risulta utile per il riconoscimento della popolazione a rischio; molto utile è sicuramente anche il supporto che può derivare per il medico competente dall’uso di strumenti

71 standardizzati che gli consentano, in una fase di screening durante la sorveglianza sanitaria, di operare in autonomia, prima di ricorrere alla consulenza specialistica.

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