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I dati di questa tesi confermano che le ADR sono eventi relativamente frequenti nei soggetti anziani che accedono al PS. La prevalenza di ADR nella nostra casistica è risultata in linea con i dati riportati in letteratura [3, 173]. In una revisione sistematica su 39 studi prospettici è stata descritta una prevalenza di ADR di 6.7% nei pazienti ospedalizzati [173] e, grazie ai dati di uno studio retrospettivo su 5,077 casi, è stato stimato che negli Stati Uniti dal 2007 al 2009 il numero di ospedalizzazioni legate ad ADR nei soggetti anziani è stato di 99,628 casi (I.C. 95%: 55,531 – 143,724). Circa la metà di queste ADR sarebbe riferibile a soggetti di età oltre gli 80 anni [3]. Anche nella nostra casistica, considerando la mediana delle età dei soggetti in studio nel gruppo ADR, i risultati confermano che le ADR sono molto rappresentate sopra gli 80 anni, anche se non sono stati ottenuti risultati significativi dal punto di vista dell’età rispetto al gruppo di controllo. Una possibile spiegazione alla mancanza di significatività potrebbe essere che, in questo caso, i Controlli erano stati selezionati con gli stessi criteri di età dei soggetti con ADR, focalizzando l’attenzione solo sui soggetti anziani (>65 anni) e rendendo quindi minime eventuali differenze nella distribuzione delle varie classi di età. Inoltre, va considerato che la popolazione anziana con l’aumentare dell’età presenta un rischio maggiore di accesso al DEA [174]. Tutto ciò potrebbe aver contribuito ad annullare eventuali differenze in termini di età tra i due gruppi di studio. Inoltre, in questa tesi non abbiamo osservato nessuna differenza di genere tra i gruppi ADR

96 e Controlli, anche se alcune esperienze cliniche hanno riportato una

maggior suscettibilità alle ADR nel sesso femminile [175][176][177]. L’analisi della prevalenza delle diverse cause di accesso al DEA nell’intera coorte ha evidenziato che la caduta, le patologie associate a sintomatologia respiratoria e gastroenterica nonché sincope/presincope sono i motivi più importanti che spingono i pazienti a rivolgersi al DEA. Questi dati sono coerenti con quelli riportati in altri studi clinici condotti nell’ambito del DEA in vari Paesi [178-182]. Confrontando i diversi motivi di accesso tra i gruppi ADR e Controlli, si evidenziano alcune differenze significative. È stato infatti osservato che, mentre per i Controlli le cause più rappresentate sono state le stesse evidenziate nell’intera coorte, nel gruppo ADR le cause di accesso più importanti sono state emorragia, sincope/presincope, sintomatologia gastroenterica e alterazione dello stato di coscienza. In questo gruppo la prevalenza delle cause di accesso non è risultata esattamente uguale alla prevalenza delle singole tipologie di ADR registrate nello studio, in quanto la diagnosi di ADR in una percentuale di casi significativa è stata posta come condizione concomitante al motivo di accesso (ad esempio, alterazione dell’INR). Inoltre, la classificazione dei gruppi di ADR è stata condotta differentemente rispetto a quella seguita per i motivi di accesso, che si basava per lo più sulla sintomatologia anziché sul riconoscimento dei processi morbosi [2]. Questi dati suggeriscono che nel caso di emorragie, sincope/presincope, sintomatologia gastroenterica e alterazione dello stato di coscienza, in soggetti anziani che accedono al PS, si dovrebbe porre in diagnosi differenziale la possibile presenza ADR fin dal triage.

97 Nella nostra analisi la presenza di almeno una possibile interazione

farmacologica, rilevata in base alla consultazione delle maggiori banche dati sulle interazioni farmacologiche, è stata significativamente associata alla presenza di ADR. Numerosi studi sulle ADR hanno già rilevato questa associazione, benché pochi studi clinici abbiano valutato in modo prospettico tale influenza su soggetti anziani selezionati al DEA [34]. L’associazione tra il numero di farmaci e le ADR va interpretata alla luce sia della ridotta capacità metabolica che della ridotta suscettibilità ai farmaci, presenti nei soggetti anziani. Inoltre, un’altra ipotesi alla base di questo dato potrebbe essere che, aumentando il numero di farmaci, aumenta la possibilità di effetti dannosi da potenziale interazione farmacologica negativa [66, 138, 175, 183]. In questo senso, la nostra analisi ha evidenziato che mediamente i soggetti con ADR assumono all’incirca un farmaco in più al giorno rispetto ai Controlli, aumentando considerevolmente la possibilità di interazione farmacologica [66, 175, 184]. In questo studio le interazioni farmacologiche, rilevate nell’analisi, non necessariamente sono state causa di ADR: infatti, il numero di tutte le possibili interazioni è risultato notevolmente superiore alle ADR. Lo scopo di questa tesi era quello di valutare l’associazione tra ADR e interazione farmacologica indipendentemente dalle singole interazioni, in modo da mantenere un’adeguata potenza campionaria. In base ai dati ottenuti, che confermano le precedenti esperienze cliniche sulla suscettibilità dei soggetti anziani alle interazioni farmacologiche, è possibile attribuire a queste un ruolo significativo nel determinarsi di una ADR [185]. Questo dato va considerato alla luce di quello ottenuto per

98 l’analisi delle comorbidità, che non ha mostrato alcuna differenza tra i

gruppi. Il numero di farmaci, ma anche la presenza di interazione, non possono essere considerati come un fattori confondenti, che sottendono la complessità o la comorbidità, ma vanno considerati come fattori di rischio indipendenti di ADR. In particolare, lo studio delle comorbidità nei due gruppi in analisi non ha mostrato significative differenze in termini sia di numero che di categorie di comorbidità e punteggio delle scale considerate (CIRS_S e _C). In entrambi i gruppi è stata registrata la presenza di varie comorbidità, tra cui le più rappresentate sono state quelle cardiovascolari. Inoltre, è stato osservato che la maggior parte dei soggetti presentava almeno una patologia cronica di grado avanzato [184]. Da questi dati non è possibile confermare un maggior rischio di ADR nei soggetti con più malattie croniche e, di conseguenza, più esposti a “fragilità”, come invece evidenziato in altri studi epidemiologici, soprattutto per le ADR [186]. Tale risultato potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che la nostra popolazione di controllo (pazienti afferenti al PS sopra i 65 anni) è di per sé ad alto rischio di comorbidità e fragilità. Per questa ragione il confronto tra i due gruppi potrebbe non aver raggiunto la significatività statistica. Nello studio pubblicato da Onder et al. nel 2002 la popolazione in esame era rappresentata da tutti i soggetti afferenti al DEA, includendo anche le età inferiori a 65 anni. I gruppi ADR e Controlli differivano pertanto in una buona percentuale di casi per comorbidità: infatti, il 30% circa dei soggetti aveva meno di 65 anni e conseguentemente un basso rischio di comorbidità. E’ interessante notare che nello studio di Onder et al. (2002) l’associazione tra

99 comorbidità e ADR esisteva solo per ADR gravi e non per quelle lievi,

suggerendo che la fragilità sia più che altro un fattore aggravante la ADR [186, 187].

A livello laboratoristico il gruppo ADR differiva significativamente per i valori di sodiemia e parametri della coagulazione. Il primo dato, registrato sulla sodiemia, è da interpretare alla luce della maggior prevalenza di diuretici nel gruppo ADR. In questi ultimi, infatti, la percentuale di utilizzo di diuretici era circa il 20% in più rispetto ai Controlli. Tale risultato è in linea con quanto atteso in base al meccanismo di azione dei diuretici soprattutto quelli drastici e tiazidici [188], e con quanto riportato in vari studi epidemiologici sulle ADR [3, 186]. Inoltre, nella nostra popolazione è da considerare l’aumentato effetto sodio-disperdente che si manifesta con l’avanzare dell’età [188- 191]. Analogamente, il dato sui parametri emocoagulativi riflette ciò che abbiamo osservato per l’associazione tra ADR e terapia anticoagulante orale. Questo risultato, anch’esso atteso in base al meccanismo di azione, è stato osservato in altri studi clinici sulle ADR. Budnizt et al. (2011) hanno infatti osservato che warfarin era il farmaco più associato ad ospedalizzazione per ADR [3]. Negli anziani il mantenimento del range terapeutico per questa categoria farmacologica può risultare più difficoltoso rispetto ai soggetti più giovani, sia per la presenza di polifarmacologia e di possibili interazioni farmacocinetiche che per alterazione delle capacità metaboliche età-correlate [192]. Benché non siano state raggiunte differenze significative nella prevalenza di EBPM, è interessante notare che i gruppi di studio differivano anche per il tempo

100 di tromboplastina tissutale attivata (aPTT). Probabilmente la piccola

differenza riscontrata, in termini di prevalenza di EBPM tra gruppi (ADR e Controlli), è stata sufficiente a determinare un significativo aumento di aPTT nel gruppo ADR.

In base alla classificazione di Rawlins e Thompson (1977), abbiamo osservato che il meccanismo più frequente di ADR è stato quello di tipo A, ovvero quello relativo ad un meccanismo dose-dipendente [2], mentre meno frequentemente è stato quello relativo al tipo C, ovvero dose e tempo-dipendente (terapie croniche). Poche ADR sono state riscontrate con un meccanismo di tipo B, cioè bizzarro (allergiche o idiosincrasiche) o di tipo F (fallimento terapeutico). Nessuna ADR di tipo D ed E è stata riscontrata. Questi dati sono in linea con quanto riportato in letteratura [20]. La maggior prevalenza di ADR di tipo A è probabilmente da ascriversi, oltre che ad una incidenza maggiore rispetto a quelle di tipo B, al fatto che molte delle reazioni possono essere interpretate con un duplice meccanismo ovvero sia dose che dose-tempo dipendente. In particolare, nel soggetto anziano le terapie croniche possono subire variazioni acute di farmacocinetica, quindi di dose-risposta, che sono alla base di ADR. Questa tipologia di ADR è stata da noi interpretata come reazione di tipo A.

Nella nostra casistica abbiamo osservato che le emorragie sono tra le ADR più frequentemente rilevate presso il PS, seguite da sincope, eventi gastroenterologici e neurologici, manifestazioni cutanee e metaboliche (ipoglicemia). Nello studio di Budnitz et al. (2011), riguardo al tasso di ospedalizzazioni per ADR negli anziani americani, è stato riscontrato un

101 dato analogo per ciò che attiene alle emorragie, che rappresentavano circa

il 30% di tutti i ricoveri per ADR [3]. Onder et al. (2002), nello studio multicentrico condotto al PS su 28,411 pazienti, non selezionati per età, hanno invece rilevato che le emorragie rappresentano la terza causa di ADR, mentre i disturbi gastrointestinali sono la prima [186]. Considerando queste esperienze e i risultati di alcuni studi naturalistici che hanno documentato l’effetto combinato sul rischio emorragico tra età e antitrombotici [193], è possibile ipotizzare che l’età sia un possibile fattore aggravante il rischio di emorragia da antitrombotici.

Nella nostra casistica abbiamo raggruppato in un unico gruppo tutte le ADR riconducibili ad una riduzione del flusso cerebrale, indipendentemente dal fatto che avessero provocato o meno la perdita di coscienza (sintomatologia presincopale e/o sincope). In questo modo è stato possibile documentare un numero elevato di eventi (circa il 20% di tutte le ADR). In altri studi sono state seguite differenti classificazioni della sintomatolgia presincopale o sincope, che rendono difficile una comparazione con la nostra casistica. Nelle esperienze sopracitate, le sincopi rivestivano comunque un importante percentuale di ADR [3, 186]. Questo dato non sorprende se si considera il largo impiego di farmaci anti-ipertensivi e antiaritmici negli anziani [194-199]. La riduzione del flusso cerebrale, infatti, è spesso associata a ipotensione ortostatica, la quale a sua volta è associata all’impiego di più di un farmaco anti-ipertensivo [200]. Ad esempio l’impiego di diuretici è stato associato a ipotensione ortostatica [191]. Nel nostro caso si conferma una associazione tra diuretici e ADR. Inoltre, potenziali aritmie transitorie,

102 alla base della fisiopatologia sincopale, possono essere provocate dagli

stessi farmaci antiaritmici [201].

I casi di ADR sono stati classificati anche in base alla gravità, in modo da evidenziare l’effetto sulla prognosi dei casi osservati. E’ stato osservato che, in oltre la metà dei casi, la ADR è stata di notevole entità clinica, richiedendo un periodo di ospedalizzazione. In un solo caso è stata riscontrato il pericolo di vita per il paziente. La rimanente percentuale di ADR è stata di minor entità ed è stata risolta in sede di PS. I dati di Laroche et al. (2007), su un campione di soggetti anziani ricoverati in unità geriatriche, mostrano una simile distribuzione della gravità delle ADR. In particolare, questi autori hanno riportato che oltre la metà di ADR è stata di entità grave [184]. Dati simili, sempre su un campione di malati anziani, seppur con una prevalenza di ADR gravi lievemente inferiore alla nostra casistica (circa il 40%), è stata anche riportata da Budnitz et al. (2011) [3]. Nel caso di Onder et al. (2002), su un campione raccolto al PS come nel nostro caso ma senza restrizione di età, hanno riportato una prevalenza di ADR gravi inferiore a quanto osservato nelle coorti di soli anziani e pari al 20% circa [186]. L’età, e di conseguenza la fragilità, possono perciò non solo contribuire al determinarsi di una ADR ma sembrano condizionarne anche l’outcome [186].

Il confronto delle prevalenze di assunzione di varie classi farmacologiche nei due gruppi di studio ha mostrato notevoli differenze in termini percentuali sia nell’analisi globale che nel test specifico per ciascuna classe. In particolare, è stato osservato che l’impiego di anticoagulanti orali, insulina e nitrati era circa il doppio nel gruppo con ADR rispetto

103 alla coorte di controllo. Oppioidi, cortisonici, diuretici, ACE-inibitori o

sartanici e ipoglicemizzanti orali erano significativamente più rappresentati nel gruppo ADR, anche se con una differenza dell’ordine del 20-40% circa. Tali dati vanno considerati con le prevalenze delle varie ADR. Appare evidente la correlazione tra TAO ed emorragie, tra sintomatologia presincopale/sincope e utilizzo di nitrati, tra diuretici e ACE-inibitori e sartanici; mentre per spiegare la scarsa equivalenza tra ipoglicemia e utilizzo di antidiabetici, sia insulinici che orali, dobbiamo considerare che in molti casi il reperto laboratoristico di ipoglicemia non è stato individuato perché già risolto in sede di PS. In questi casi le ADR sono state classificate in base alla sintomatologia riferita, ad esempio, come alterazione dello stato di coscienza, disturbi gastroenterologici, sincope o disturbi neurologici. L’impiego di oppiodi è stato in molti casi riferito a disturbi gastroenterologici (stipsi) e alterazione dello stato di coscienza (sopore, delirium). La differente prevalenza di cortisonici è da ascriversi al ricontro di disturbi gastroenterologici, emorragici, metabolici (in questo caso classificati nella categoria “Altro”). Infine è da considerare, oltre all’effetto sulla pressione dei diuretici (ipotensione ortostatica), anche il loro potenziale effetto sull’omeostasi degli elettroliti. In questo caso, però, la tendenza ad un minor livello plasmatico di sodio del gruppo ADR va considerata come un reperto indiretto, legato alla maggior prevalenza di diuretici in questo gruppo. Infatti, le diagnosi di iponatriemia, secondarie a diuretici, non sono state molto rappresentate nel gruppo ADR, in quanto in molti casi, seppur in presenza di una sodiemia ai limiti bassi, i livelli di sodio rientravano in

104 un range di normalità e non costituivano pertanto una ADR. In altri casi

il reperto di iposodiemia non è stato rilevato immediatamente al PS, pertanto non è stato possibile effettuare una segnalazione.

Seppur con dovute differenze, principalmente legate sia all’ambito della ricerca che alla tipologia di paziente analizzato, possiamo constatare una certa coerenza dei dati da noi prodotti con quelli riportati da Budnitz et al. (2011) su un campione di quasi 166,174 soggetti americani anziani [3]. Infatti, in questo studio le principali classi farmacologiche implicate in ADR sono state: anticoagulanti orali, insuline, antiaggreganti, ipoglicemizzanti orali, oppioidi. E’ interessante osservare che, per ciò che attiene ai farmaci antiaggreganti, non abbiamo trovato una significatività, al contrario dello studio sopracitato. Anche nel caso di Onder et al. (2002) gli antiaggreganti sono rientrati fra i farmaci significativamente associati ad ADR [186]. Nel nostro caso possiamo ipotizzare di non aver osservato un maggior rischio di ADR rispetto ai Controlli per ciò che riguarda l’impiego di antiaggreganti, considerando l’elevato impiego di questi nella popolazione di controllo (circa il 50%). Tale prevalenza risente del fatto che molti pazienti anziani accedono al PS per cause cardiache croniche come lo scompenso e gran parte di questi è in terapia con antiaggreganti. In questo modo potrebbe esserci stato un fattore confondente nel gruppo di controllo. Ciò non toglie che gli antiaggreganti siano più associati ad ADR, rispetto alla popolazione generale.

Infine, l’analisi dei fattori di rischio per interpretare al meglio il manifestarsi di ADR al PS nei soggetti anziani, eseguita con la regressione logistica multivariata backward, ha evidenziato che, al di là

105 dei farmaci legati direttamente alle ADR (nitrati, TAO, cortisonici), la

presenza di una possibile interazione, anche se non legata alla ADR, è uno dei fattori più importanti. Il numero di farmaci, infatti, non rimane significativo quando corretto per altre variabili e viene scartato precocemente dal modello. Anche la presenza di diabete non rimane fino all’ultimo step di analisi. Questi dati suggeriscono che l’associazione più forte tra ADR e fattori causali si ottiene con i singoli farmaci o classi farmacologiche, oltre alla presenza di interazioni negative.

In generale, i dati di questa tesi confermano che le ADR rappresentano un problema importante nell’ambito del DEA, sia in termini di incidenza che di gravità, con un alto tasso di ospedalizzazione. Un’attenta diagnosi differenziale dovrebbe essere posta sin dal triage, soprattutto nei soggetti anziani e nei pazienti che presentano polipatologia e interazioni farmacologiche negative. Inoltre, di fronte ad alcuni eventi come le emorragie, le sincopi o stati di ipoafflusso centrale, sintomatologia gastroenterica, alterazioni dello stato di coscienza o delirium, una valutazione dell’anamnesi farmacologica è ancor più raccomandata. Infine, una attenta valutazione deve essere posta in caso di impiego di alcune categorie di farmaci, soprattutto in caso di eventi sopracitati. Secondo un’ottica di prevenzione della patologia iatrogena, sarebbe inoltre da raccomandare estrema cautela da parte dei medici durante la fase prescrittiva dei trattamenti nei pazienti anziani: infatti, l’utilizzo delle banche dati potrebbe prevenire il manifestarsi ad esempio di ADR.

106

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