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L’analisi della popolazione dello studio permette di documentare una sovrapponibilità ai dati presenti in letteratura circa la distribuzione per sesso e per età, tipica per il tipo di procedura in analisi. È possibile complessivamente affermare lo stesso per quanto riguarda la distribuzione nelle diverse forme cliniche di FA, sebbene la relativamente bassa prevalenza delle forme long standing suggerisca un fenomeno di sottostima e inclusione delle stesse nell’ambito delle forme persistenti.

La valutazione della presenza di terapia antiaritmica inefficace nel periodo pre-ablativo evidenzia un dato netto: la quasi totalità dei pazienti sottoposti ad ablazione ha eseguito in passato una terapia cronica non efficace nella prevenzione delle recidive. Di questi, la maggioranza ha assunto terapia con farmaci di classe 1c e, quasi la metà, amiodarone. Dal punto di vista anamnestico patologico si evidenzia un’altissima prevalenza di forme non associate a significative comorbidità. Il dato inerente le lone fibrillation è significativamente più elevato rispetto alla media in letteratura167. Nei pazienti con

comorbidità, la prevalenza di ipertensione arteriosa è elevata (52,77%), in accordo con studi precedenti168.

Sebbene la maggior parte dei pazienti sottoposti ad ablazione sia affetto da Fibrillazione Atriale sintomatica, circa una procedura su 4 è a carico di un soggetto asintomatico.

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L’indicazione terapeutica non è prevista dalle linee guida in questo sottogruppo di pazienti, ma il ricorso al trattamento ablativo è giustificato da evidenze prodotte da studi come Friberg et al, in cui l’ablazione si associa ad una riduzione del rischio tromboembolico, del rischio di ictus/TIA e di morte169.

L’analisi delle caratteristiche ecocardiografiche consente di identificare in termini assoluti una tendenza a presentare dimensioni atriali sinistre ai limiti superiori della norma, dato correlabile con i presupposti fisiopatologici insiti nella genesi e nel mantenimento dell’FA. Il ruolo dei meccanismi patogenetici è ulteriormente confermato dal dato suddiviso per forme cliniche di aritmia. Le dimensioni AS medie delle forme persistenti sono più elevate (p<0,001) rispetto alle forme parossistiche, mentre queste ultime hanno valori leggermente inferiori rispetto al dato medio globale del campione. Sempre dall’analisi ecografica si riscontra una correlazione significativa fra forma clinica di FA e EF: nei pazienti con forme persistenti il dato, pur abbondantemente nella norma, è inferiore rispetto alla media del campione (p<0,001). In ogni caso, la prevalenza di disfunzione ventricolare sinistra è estremamente bassa.

Nella descrizione degli strumenti e delle tecniche utilizzate per l’esecuzione della procedura si evidenzia una netta prevalenza nell’utilizzo del sistema CARTO, seguito da EnSite NavX, come suite di mappaggio elettroanatomico. Complessivamente più del 90% dei pazienti è sottoposto a procedura utilizzando uno dei due sistemi, accoppiati ad un’ablazione con RF punto-punto. È al contempo minoritaria la quota di procedure effettuate sfruttando sistemi oneshot RF o meno (PVAC, nMARQ, criopallone). Specialmente per quanto concerne la bassa prevalenza di crioablazioni, il dato è da considerarsi nell’ambito di uno studio limitato al 2015 per esigenze di follow-up. La maggioranza dei pazienti sottoposti ad ablazione esegue una indagine di imaging (TC, RM, imaging rotazionale) prima della procedura, e, tra tutte, la TC è quella più frequentemente utilizzata. Si nota inoltre una prevalenza elevata nell’utilizzo del catetere diagnostico Lasso e una minore percentuale di procedure effettuate utilizzando cateteri contact sensing: quest’ultimo dato è sicuramente da rapportare ad una introduzione presso il centro del catetere con sensore di contatto soltanto per alcune procedure nel 2013 e solo dal 2014 in maniera routinaria

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Osservando i dati procedurali è possibile affermare che, ovviamente, l’isolamento delle VP rappresenta la terapia fondamentale, eseguita in tutti i pazienti, per il trattamento della FA. Il ricorso a lesioni aggiuntive è comunque frequente, e tale frequenza aumenta considerevolmente nelle procedure a carico di forme persistenti e long standing. Nello specifico, la lesione aggiuntiva più frequentemente effettuata è l’ablazione dell’istmo cavo-tricuspidalico (istmo destro), seguita dai CFAEs, dalle linee sul tetto dell’AS e con prevalenza assai minore, dall’ablazione dell’istmo sinistro e della SVC. L’ablazione di via lenta è stata eseguita in un numero estremamente basso di procedure.

In termini assoluti, valutando l’efficacia a lungo termine della singola procedura si evidenzia un dato positivo e superiore rispetto alla letteratura riguardante l’esperienza raccolta da singoli centri ad alto volume ablativo: 55,58% (ns. centro) versus 40% (Bordeaux 2010, follow up a 5 anni)163. È possibile affermare che più della metà dei

pazienti sottoposti ad ablazione è libera da aritmia già alla prima procedura. Per quanto riguarda le forme parossistiche si conferma un ottimo risultato se confrontato con studi eseguiti in centri di riferimento (Amburgo 2010)160: 60,96% versus 46,6%; così come

per le forme persistenti (Wynn et al., 2016)161: 45,32% vs. 25%. Il dato circa le forme

long-standing è compatibile con la letteratura162 (20%).

Analizzando le variabili clinico anamnestiche in grado di influenzare l’efficacia della procedura si nota una forte correlazione circa la variante clinica di aritmia e le eventuali comorbidità. L’efficacia della singola procedura nelle forme parossistiche è sensibilmente maggiore rispetto alle forme persistenti e long standing (p=0,002). Allo stesso modo, la presenza di una lone fibrillation influenza significativamente l’outcome, con una efficacia a lungo termine superiore al dato globale (p=0,002). L’ipertensione arteriosa non dimostra di avere un ruolo netto come predittore di inefficacia, ma è possibile comunque riscontrare una tendenza. Non risultano invece significative ai fini dell’efficacia altre comorbidità (CAD, DM, valvulopatie, malattie cerebrovascolari, cardiopatie dilatative), la presenza o meno di sintomatologia FA correlata, la precedente assunzione di terapia antiaritmica inefficace, il sesso o l’età del paziente.

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Le caratteristiche morfologiche dell’AS hanno un ruolo importante come predittrici di recidiva. È presente significatività statistica per tutte le variabili (LAD, area e soprattutto volume): un AS di dimensioni aumentate correla quindi con peggiore prognosi. Questo dato è sicuramente da correlare al rapporto esistente fra remodeling atriale, fibrosi ed evoluzione verso forme croniche di FA, a loro volta associate, come già discusso, a maggior tasso di inefficacia.

È possibile riscontare variabili significative anche nell’ambito delle caratteristiche procedurali, strumentali e tecniche. Il ritmo preprocedurale ha un ruolo significativo: pazienti in RS ad inizio procedura hanno un outcome notevolmente migliore rispetto al dato medio (p=0,002). Allo stesso modo la risoluzione durante l’ablazione di una FA presente in ingresso o insorta durante la procedura si presenta come un fattore che predice un buon risultato dell’intervento (p=0,03), mentre ha un ruolo negativo l’eventualità di una CVE intraprocedurale (p<0,001).

L’utilizzo di un catetere contact sensing è associato ad efficacia significativamente maggiore (p<0,001), il dato conferma la letteratura, sia per quanto concerne singoli studi randomizzati di non inferiorità ed efficacia120, sia per quanto riguarda metanalisi170.

L’apporto determinato dall’uso di cateteri con sensore di contatto può essere desunto anche dall’incremento dell’efficacia, particolarmente per le forme parossistiche, riscontrabile in seguito alla loro introduzione e che arriva a rasentare l’80% di successo a 12 mesi con singola procedura e influisce in buona parte al successo > 80% riscontrato nell’anno 2015.

Osservando i dati di efficacia classificati per anno si osserva un’inaspettata flessione per l’anno 2014. Questo dato può essere giustificato da un’età mediana dei pazienti sottoposti a procedura più alta (63 anni) che può correlare con una maggiore presenza di fibrosi atriale.

In termini assoluti, considerando tutte le forme cliniche di FA, l’esecuzione di lesioni aggiuntive a livello dell’istmo destro (p=0,001), a differenza di altri tipi di linee (p=0,49), risulta essere associata con un maggior successo rispetto all’ablazione delle sole VP. Va considerato però che l’istmo cavo-tricuspidalico viene ablato solo in presenza di Flutter

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Atriale concomitante. Tale presupposto potrebbe inficiare decisamente sulla robustezza del risultato descritto.

Confrontando le diverse tipologie di mappaggio e di ablazione non si riscontra una differenza degna di nota fra i due principali sistemi hardware/software utilizzati (CARTO e NavX), ma è evidente la minore efficacia di strumenti quali nMARQ e PVAC, con tassi di recidiva notevolmente superiori alla media globale, dato in ogni caso limitato dal basso numero di procedure implicate. Nonostante ciò, considerando i sistemi oneshot come entità complessiva, pur constatando un tasso di recidiva maggiore rispetto all’intero studio, non si raggiunge significatività (p=0,22), presumibilmente a causa di un fattore correttivo apportato dalla tecnica crioablativa. La crioablazione presenta infatti un dato positivo ma assai limitato dal ristretto campione.

I dati rilevati permettono sicuramente di confermare la procedura di ablazione come procedura sicura, caratterizzata da assenza di qualsivoglia complicanza nella maggior parte dei casi, da rare complicanze minori e ancor più rare complicanze maggiori. La mortalità è minima, e, nella nostra casistica, limitata ad un singolo caso di fistola atrioesofagea. Tale evenienza sottolinea comunque come complicanze anche fatali non possono essere del tutto escluse.

È possibile effettuare un confronto con i dati disponibili in letteratura, come lo studio di Yang et al. in cui vengono analizzate le complicanze riscontrate nelle procedure eseguite dal 2003 al 2015 presso un singolo centro168, confermando complessivamente la quasi

assente mortalità e rilevando un dato migliore presso il ns. Centro circa la prevalenza di complicanze tromboemboliche (nessun TIA o ictus periprocedurali). Il tamponamento cardiaco ed il versamento pericardico, con eventuale necessità di pericardiocentesi, rappresentano in entrambe le casistiche le complicanze di maggiore prevalenza.

La prevalenza di redo è significativa: quasi la metà dei pazienti con recidiva di aritmia post procedurale va incontro ad una seconda ablazione, ed in caso di ulteriore inefficacia, si evidenziano anche pazienti sottoposti ad una terza procedura. L’efficacia della prima procedura di redo è confermata dai dati disponibili presso il Centro: si riscontra infatti un incremento di circa l’11% nel numero di pazienti privi di recidiva fra singola e seconda

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procedura, mentre l’aumento di pazienti liberi da aritmia dopo terza procedura è molto limitato, anche se influenzato sicuramente dalla bassa prevalenza di secondi redo nella casistica in esame. Il dato riguardante la percentuale di pazienti privi da aritmia dopo ultima procedura è comparabile con studi monocentrici di simili caratteristiche, come Weerasooriya et al.163

Valutando separatamente le ablazioni di FA persistente è stato possibile valutare l’appropriatezza dell’esecuzione di linee aggiuntive in diversi substrati extra VP. Il primo confronto fra isolamento esclusivo delle VP ed esecuzione di linee aggiuntive non evidenzia differenze statisticamente significative. È stato quindi eseguito un confronto disaggregato, separando le procedure eseguite con ablazione dei CFAEs da quelle con ablazione a carico delle sedi aggiuntive tipicamente oggetto di lesioni nelle forme persistenti. Anche in questo caso non è raggiunta significatività. È possibile quindi confermare i dati evidenziati nello studio STAR AF 2110, che concludeva dichiarando

inutile l’esecuzione di ablazioni aggiuntive nelle forme persistenti.

L’analisi del follow up a medio termine permette di constatare una differenza rispetto al lungo termine di solo il 17,26%. Questo consente di affermare che la maggior parte delle recidive si verifica entro il primo anno dalla procedura. Confrontando tale dato con Weerasooriya et al.163 si evidenzia un dato sensibilmente migliore per il Centro in esame.

Valutando la prevalenza dell’assunzione di terapia anticoagulante orale in relazione alla presenza o meno di recidiva nel follow up è possibile identificare una correlazione statisticamente significativa (p<0,001). Questo permette di asserire, fino a score CHA2DS2-VASc pari a 2, che nei pazienti con ablazione efficace, la prevalenza di terapia

con TAO/DOACs è inferiore rispetto a quelli con pari rischio. Ad oggi non esistono studi sufficienti per proporre protocolli sospensivi standardizzati circa la terapia anticoagulante, ma evidenze preliminari suggeriscono una prospettiva in tal senso171.

Allo stesso modo, anche l’assunzione cronica di terapia antiaritmica è influenzata in modo significativo (p<0,001) dal successo della terapia ablativa (singola o multipla procedura).

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