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Lo studio presentato dimostra che la disfunzione endoteliale associata all’obesità è almeno in parte dovuta a un deficit dell’attività di Sirt1, e che il grado di disfunzione endoteliale attribuibile a suddetto deficit è correlato in maniera direttamente proporzionali con la gravità del rimodellamento microvascolare osservato nei soggetti obesi.

La stimolazione di Sirt1 mediante l’agonista SRT1720 è in grado di migliorare sia la disfunzione endoteliale associata all’obesità, sia quella associata all’età avanzata. Infatti, la preincubazione delle arteriole con SRT1720 aumentava significativamente la risposta vasodilatatoria all’ACh nel gruppo ONW e determinava un miglioramento sovrapponibile nel gruppo YOb.

Questi risultati sono in linea con le osservazioni secondo cui l’obesità determina delle alterazioni della fisiologia vascolare simili a quelle che si osservano nell’età avanzata. Alcuni ricercatori, infatti, hanno ipotizzato che l’obesità potrebbe essere considerata una condizione di disfunzione metabolica precoce che somiglia all’invecchiamento 200,201. L’obesità è stata associata a un’elevata espressione di p53 nelle cellule endoteliali, una condizione analoga a quella osservata nell’invecchiamento 202. L’attività della proteina p53 è inibita da Sirt1 tramite deacetilazione ed è in grado di ridurre l’attività di eNOS. Quindi, una ridotta attività di Sirt1 potrebbe indurre iperattivazione della proteina p53 con

conseguenze sia sulla funzione endoteliale sia sui meccanismi di regolazione dell’invecchiamento cellulare alla base del rimodellamento vascolare 203.

L’associazione tra l’obesità e l’invecchiamento è stata studiata anche dal punto di vista genetico. Uno dei più innovativi approcci per la valutazione dell’età biologica è

rappresentato dall’epigenetica: infatti, è stato osservato che l’invecchiamento è associato con dei cambiamenti nel profilo di metilazione del DNA 204,205, ed è stato dimostrato come un aumento dell’età epigenetica sia associato con una ridotta aspettativa di vita 206. Uno studio ha dimostrato che pazienti con BMI elevato hanno un’età “epigenetica” maggiore e come, durante un follow up di 25 anni, gli aumenti del BMI si accompagnassero a

corrispondenti aumenti dell’età epigenetica 207.

Con l’aumento dell’aspettativa di vita e della percentuale di soggetti anziani nella popolazione, la comprensione del perché l’invecchiamento determini un’aumentata

suscettibilità a numerose condizioni patologiche è divenuta una priorità anche dal punto di vista sociale.

Una teoria interessante è quella del cosiddetto inflammageing, termine coniato nel 2000 in seguito all’osservazione che l’età avanzata è caratterizzata da alti livelli di citochine pro- infiammatorie in cellule e tessuti 208.

Questo stato pro-infiammatorio rappresenta sia un fattore di rischio sia un meccanismo patogenetico nella patologia cardiovascolare: l’infiammazione, infatti, gioca un ruolo essenziale nell’iniziazione e nella progressione delle lesioni aterosclerotiche, fino alle complicanze trombotiche acute 209,210. Diversi studi longitudinali hanno dimostrato che elevati livelli ematici di marcatori d’infiammazione, come la proteina C reattiva (CRP, C- Reactive Protein) e l’IL-6, sono predittori indipendenti di patologia cardiovascolare 211–213. Sebbene queste associazioni non possano definire un ruolo causale dell’infiammazione nel processo aterosclerotico, una conferma definitiva che l’infiammazione ha un ruolo

fondamentale nell’aterosclerosi è stata recentemente fornita dai risultati del CANTOS (Canakinumab Anti-Inflammatory Thrombosis Outcomes Study). In questo trial clinico multicentrico randomizzato, la somministrazione di canakinumab, un anticorpo

monoclonale umano anti-IL-1b, è stata in grado di ridurre significativamente gli eventi cardiovascolari in oltre 10.000 pazienti con infarto miocardico pregresso, livelli di CRP di almeno 2 mg/L, e ottimo controllo dei valori di colesterolemia 214. L’obesità, specialmente quella viscerale, è associata allo sviluppo di uno stato pro-infiammatorio, in cui gli

adipociti del grasso intramuscolare, epatico e pericardico sono in grado di produrre sostanze pro-infiammatorie e chemiotattiche come IL-6, IL-1b e CCL2. Il tessuto adiposo dei soggetti obesi è inoltre infiltrato da monociti, macrofagi e linfociti T che producono IFN-g, il quale, a sua volta, stimola gli adipociti a secernere ulteriori chemochine che amplificano la migrazione dei linfociti T 215. A ulteriore conferma della stretta relazione tra obesità e infiammazione, la perdita di peso ottenuta con la dieta o con la chirurgia

bariatrica è in grado di ridurre i livelli di marcatori infiammatori circolanti 216. Nonostante queste evidenze suggeriscano un ruolo diretto dell’obesità nell’indurre uno stato

infiammatorio che potrebbe favorire una più rapida evoluzione dell’invecchiamento cellulare, i meccanismi biologici intracellulari alla base della relazione tra obesità,

infiammazione e invecchiamento rimangono ancora in gran parte sconosciuti. Sirt1 ha un ruolo importante nell’invecchiamento cellulare, attraverso la regolazione dei livelli di stress ossidativo e la deacetilazione di proteine coinvolte nella regolazione della

replicazione cellulare. Inoltre, diversi studi dimostrano un ruolo attivo di Sirt1 nel regolare i livelli di infiammazione cronica. Come mostrato nella Figura 11, la perdita di attività di Sirt1 si associa a iperattivazione di NFkB/p65, potente stimolo alla produzione di citochine infiammatorie 217.

Figura 11. Meccanismi intracellulari alla base della possibile relazione tra attività di Sirt1 e regolazione dei processi infiammatori e di invecchiamento cellulare.

Al contempo, l’attività di Sirt1 è sensibile ai cambiamenti dello stato energetico della cellula, iperattivandosi in condizioni di digiuno protratto. Quindi, nel paziente obeso, una ridotta attività di Sirt1 come risultato dell’eccesso calorico potrebbe rappresentare uno dei meccanismi patogenetici fondamentali che portano a un incremento dell’infiammazione sistemica e a una più rapida progressione dell’invecchiamento cellulare. Tutto questo potrebbe spigare la relazione osservata nel nostro studio tra deficit della funzione di Sirt1 endoteliale e rimodellamento microvascolare.

Abbiamo poi mostrato come la preincubazione del tessuto con L-NAME, una sostanza in grado di inibire selettivamente eNOS, aboliva l’effetto vasodilatatorio ottenuto con SRT1720 nei gruppi ONW, YOb e OOb. Questi risultati suggeriscono che gli effetti di Sirt1 sulla disfunzione endoteliale siano mediati almeno in parte da una stimolazione dell’attività di eNOS. Studi condotti sugli animali hanno dimostrato come Sirt1 eserciti azioni dirette su eNOS. La restrizione calorica, attraverso l’intermediazione di Sirt1, sembra essere in grado di indurre l’iperespressione di eNOS 166: questo potrebbe dipendere dalla capacità di Sirt1 di deacetilare due residui di lisina dell’enzima eNOS, stimolandone l’attività catalitica e aumentando così i livelli locali di NO 218.

Anche la capacità di Sirt1 di inibire l’attivazione del fattore di trascrizione pro-

infiammatorio NF-kB potrebbe essere importante ai fini della regolazione da parte di Sirt1 della biodisponibilità di NO 219, dato che NF-kB riduce l’espressione di eNOS a livello pretrascrizionale 220.

Dato che Sirt1 sembra avere un ruolo importante anche nella regolazione della produzione di radicali liberi dell’ossigeno di origine mitocondriale (mtROS) tramite la proteina p66Shc, abbiamo anche valutato il possibile effetto dell’inibizione della produzione di mtROS sulla funzione endoteliale e se questo potesse spiegare parte della disfunzione endoteliale presente nel paziente obeso e anziano dovuta al deficit di Sirt1. La

preincubazione con MitoTEMPO era in grado di determinare un miglioramento della vasodilatazione ACh-indotta nei gruppi ONW, YOb e OOb: in tutti e tre questi gruppi di pazienti, l’aggiunta di SRT1720 non induceva un ulteriore miglioramento della

vasodilatazione indotta da ACh. Il fatto che la stimolazione di Sirt1 non abbia determinato un effetto vasodilatatorio aggiuntivo rispetto a quello ottenuto con l’inibizione di mtROS potrebbe confermerebbe che una parte dell’effetto di Sirt1 sulla disfunzione endoteliale sia

legato a questo pathway intracellulare. Nell’ultimo decennio si è sviluppato un crescente interesse per la produzione di mtROS da parte delle cellule endoteliali. Queste sostanze ossidanti vengono prodotte attraverso diverse vie: la più importante è rappresentata dalla catena di trasporto degli elettroni, ma contribuiscono in maniera significativa anche la NADPH ossidasi di tipo 4 (NOX4), la proteina p66Shc e le monoaminossidasi (MAO) endoteliali 195,196,221–223. Sono sempre più numerosi gli studi che associano l’obesità a un’iperproduzione di mtROS, a partire da lavori che hanno dimostrato, nei topi obesi, un’iperproduzione di mtROS da parte del tessuto adiposo e un’alterata attività della NADPH ossidasi 224. Uno dei meccanismi che potrebbero legare l’obesità

all’iperproduzione di mtROS è l’attività del sistema renina-angiotensina (RAS, Renin- Angiotensin System). Infatti, tutte le componenti del RAS possono essere prodotte a livello del tessuto adiposo 225,226 ed è stato suggerito che l’angiotensinogeno di origine adiposa costituisca circa 1/3 di tutto l’angiotensinogeno circolante nei roditori 227. Inoltre, l’angiotensina II rappresenta una delle principali adipochine pro-infiammatorie prodotte dal tessuto adiposo di individui obesi 228.

L’angiotensina II è in grado di regolare positivamente l’attività della NADPH ossidasi, una delle principali fonti di ROS, mediante una via metabolica che coinvolge la proteina PKC, aumentando così la produzione di O2-: questo può quindi reagire con il NO per generare radicali perossinitrito (ONOO-) che, a loro volta, potrebbero danneggiare i complessi della catena respiratoria portando a disfunzione mitocondriale 229.

Un incremento di mtROS è inoltre osservato con l’avanzare dell’età come risultato di un deficit di rimozione dei mitocondri disfunzionanti dalle cellule di tutto l’organismi per un alterato meccanismo di autofagocitosi. L’autofagocitosi di elementi intracellulari

disfunzionanti, inclusi i mitocondri, ha un ruolo fondamentale nel mantenere l’omeostasi intracellulare. Alcuni studi hanno dimostrato come, con l’avanzare dell’età, la fagocitosi

dei mitocondri disfunzionanti, chiamata anche mitofagia, risulti deficitaria 230. Ciò

potrebbe spiegare l’incremento dei livelli di stress ossidativo dell’anziano e il progressivo incremento dell’influenza di mtROS sulla funzione endoteliale con l’avanzare dell’età osservata nel nostro studio. Non solo, ma questo incremento di mtROS potrebbe anche giustificare il progressivo aumento delle citochine pro-infiammatorie comunemente osservato nella persona anziana. Infatti, è ormai dimostrato come mtROS rappresenti un importante attivatore dell’inflammasoma NLRP3, il quale catalizza la produzione della forma attiva di IL-1b, una citochina che dà origine alla cascata infiammatoria 231.

Sebbene i nostri risultati dimostrino un ruolo di mtROS nell’influenzare la funzione endoteliale nell’obesità e nell’invecchiamento, essi potrebbero essere estrapolati anche ad altre due condizioni estremamente frequenti: l’ipertensione e il diabete mellito. In

particolare, l’ipertensione è associata a elevati livelli di anione superossido di origine mitocondriale a livello delle cellule endoteliali e può essere attenuata, in modelli animali, con l’utilizzo di scavengers di mtROS 232–234; nel diabete, invece, l’eccessiva produzione di mtROS è considerata un fattore fondamentale per l’iniziazione degli eventi che portano alla disfunzione endoteliale (attivazione di PKC e aumentata formazione di AGEs) 235. È interessante notare che entrambe queste condizioni sono strettamente associate con

l’obesità, non soltanto epidemiologicamente ma anche patogeneticamente; queste evidenze fanno dunque ipotizzare che mtROS sia un determinante patogenetico comune all’obesità e alle sue complicanze, e che agire terapeuticamente su di esso possa portare a un

miglioramento tanto dell’obesità di base quanto delle comorbidità associate.

Infine, la dimostrazione che l’attività di Sirt1 sulla funzione endoteliale possa essere, almeno in parte, dipendente da mtROS supporta l’ipotesi che l’azione principale di Sirt1

potrebbe svolgersi sulla proteina p66Shc. L’attività di questa proteina, come per Sirt1, risulta regolata dal digiuno sebbene in direzione opposta: infatti, mentre il digiuno aumenta l’attività di Sirt1, inibisce quella di p66Shc. Questi effetti sono stati entrambi correlati con la regolazione di diversi processi di invecchiamento intracellulare e di produzione di mtROS, rappresentando un ulteriore punto di incontro tra metabolismo energetico (alterato nel soggetto obeso), mtROS e invecchiamento.

Sebbene il nostro studio rappresenti il primo a dimostrare un possibile ruolo dello stress ossidativo mitocondriale nel mediare gli effetti di Sirt1 sulla funzione endoteliale dell’anziano e del paziente obeso, esso presenta alcuni limiti. Il primo è rappresentato dall’assenza di una conferma circa il possibile ruolo della proteina p66Shc nel mediare gli effetti di Sirt1 su mtROS. Inoltre, l’assenza di esperimenti che possano quantificare direttamente i livelli di stress ossidativo intracellulare fa sì che non si possa confermare in maniera definitiva la specificità di Sirt1 nell’inibire mtROS. Inoltre, l’assenza di marcatori di invecchiamento cellulare non consente di confermare in maniera definitiva che gli effetti dovuti al deficit di Sirt1 sul rimodellamento vascolare possano dipendere da un processo di invecchiamento cellulare precoce. In maniera simile, la mancanza di dosaggi di citochine pro-infiammatorie a livello della parete vascolare consente solo di ipotizzare che parte degli effetti di Sirt1 e mtROS si estrinsechino attraverso una modulazione della risposta infiammatoria locale.

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