F. Principi di terapia
VI. Discussione
Lo scopo principale della chemioterapia neoadiuvante è quello di migliorare la prognosi e allungare la sopravvivenza a lungo termine delle pazienti affette da carcinoma localmente avanzato della mammella.
È fondamentale disporre di una metodica di imaging più accurata possibile, che ci consenta di valutare in modo più rigoroso la risposta terapeutica.
Secondo Feldman et al.41, infatti, l’esame fisico porta ad un numero consistente di falsi positivi e negativi; nello specifico, è stato calcolato che il 45% dei casi valutati come risposta clinica completa presentava invece un tumore
macroscopico all’esame istologico ed, al contrario, il 60% dei pazienti con risposta clinica incompleta non aveva alcun residuo istopatologico.
Il ricorso all’imaging pre e post-chemioterapia neoadiuvante è quindi fondamentale per la valutazione del residuo di malattia e della risposta alla terapia, classificando le pazienti in responder e non responder.
Disporre di una metodica accurata permette di ottimizzare l’approccio chirurgico, di aumentare le probabilità di garantire margini negativi, di minimizzare la morbidità e di raggiungere un risultato esteticamente migliore.42-44
Il nostro studio appare in linea con gli studi in letteratura, che concordano sulla maggiore affidabilità della RM nella valutazione del residuo tumorale post- chemioterapia neoadiuvante, messa a confronto con ecografia e mammografia, dimostrandosi metodica affidabile e accurata.
I limiti principali dell’ecografia sono l’operatore-dipendenza, la valutazione di lesioni di grandi dimensioni, che sconfinano oltre il campo visivo della sonda ecografica, e la multifocalità/centricità.45
Haraldsdottir et al.46 hanno riscontrato in ecografia una maggiore frequenza di sottostima delle dimensioni lesionali, rispetto a mammografia ed RM, riportando che l’ecografia ha sottostimato le dimensioni di un tumore mammario invasivo nel 60% dei casi, e nel 10,3% dei casi questa sottostima è risultata essere di 10 mm o più. Meier-Meitinger et al.47, per ridurre gli errori di sottostima, propongono di includere nella valutazione delle dimensioni tumorali anche l’area iperecogena perilesionale.
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Nel nostro lavoro, tuttavia, l’imaging ecografico mostra una maggiore tendenza alla sovrastima, che può essere giustificata dal fatto che l’ecografia non può fare diagnosi differenziale tra fibrosi chemio-indotta e necrosi tumorale rispetto al tessuto neoplastico ancora attivo.
L’imaging mammografico si è dimostrato scarsamente affidabile nella valutazione del residuo di malattia. Secondo Balu-Maestro et al.48 questa metodica sovra- o sotto-stima la lesione nel 35% dei casi. Le difficoltà interpretative del
mammogramma sono correlate all’impossibilità di fare diagnosi differenziale tra necrosi e fibrosi chemio-indotta rispetto alla parte attiva di malattia.
Inoltre, se sono presenti microcalcificazioni, esse tendono a persistere anche se la parte attiva di malattia si è ridotta, rendendo più difficoltosa la valutazione in quanto la mammografia è l’unica metodica in grado di rilevarle, con frequenti errori di sovrastima.49
Nel nostro studio, valutando separatamente gli addensamenti e le
microcalcificazioni residui, posti a confronto con il dato istopatologico, abbiamo constatato che in entrambi i casi esiste la tendenza alla sovrastima della lesione, che risulta maggiore nell’addensamento.
Molti studi riportano come le microcalcificazioni tendano a permanere e non regrediscano dopo chemioterapia neoadiuvante, se non in rari casi.50 Le microcalcificazioni residue dunque possono essere considerate un segno permanente dell’estensione della lesione primaria e devono trovare necessariamente una soluzione chirurgia.51
In accordo col nostro studio, Kim et al.52 sottolineano come le microcalcificazioni non sempre siano indice di residuo tumorale; infatti, le microcalcificazioni residue non correlano con l’estensione del residuo tumorale in più del 22% dei casi. In definitiva, dai risultati analizzati, in accordo con molti studi fatti in merito, possiamo asserire che l’ecografia e la mammografia non rappresentano metodiche di imaging affidabili per la valutazione del residuo post-chemioterapia
neoadiuvante. I loro limiti intrinseci nella valutazione delle lesioni sono risultati essere statisticamente significativi all’analisi dei dati. In particolare risulta evidente come entrambe queste metodiche, confrontate con l’istologico, abbiano la tendenza a sovrastimare la lesione e mostrano differenze significative che non permettono di correlare i dati.
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Al contrario, la RM è risultata essere la metodica di imaging più affidabile. La correlazione dimensionale tra imaging all’RM e dato istologico definitivo è risultata statisticamente significativa e ci permette di asserire che la RM è una metodica accurata, che permette di avere, in fase di programmazione terapeutica, un dato dimensionale affidabile.
Causa di sottostima all’RM può essere la presenza di DCIS associato. Anche la valutazione di foci tumorali microscopici disseminati può portare ad errori diagnostici e sottostima della lesione.
Causa invece di sovrastima può essere rappresentata dalla presenza di reazione flogistica peri-tumorale, come anche dalla misurazione di frammenti e di emboli neoplastici residuati al termine della chemioterapia, la cui presenza però non peggiora la prognosi.53,54
Nonostante ciò, la RM rappresenta la metodica di imaging più efficace nella valutazione del residuo tumorale post-chemioterapia neoadiuvante e molti studi concordano con tale risultato. Anche Weiss et al.55 affermano che la RM sia superiore rispetto ad ecografia e mammografia.
In accordo col nostro studio sono anche Ballesio et al.56, i quali hanno constatato che la RM offre ottime performance con alta sensibilità ed accettabile specificità, rispettivamente del 94% e 78%.
La nostra valutazione si è basata, come la maggior parte degli studi in letteratura, su criteri RECIST dimensionali. Risulta invece complessa l’attribuzione di un significato preciso alle modificazioni dei parametri funzionali in RM, come ad esempio le variazioni nella morfologia della curva time/intensity o il viraggio nel pattern di enhancement. Questi parametri infatti sono difficilmente quantificabili e riproducibili, e attualmente non è possibile effettuare una correlazione con il dato anatomopatologico.24
L’imaging RM, secondo la casistica di Jochelson et al.57, si è dimostrato accurato ai fini della scelta terapeutica nell’83% dei casi ed ha permesso di eseguire un trattamento conservativo nell’88% delle pazienti.
Il motivo della migliore accuratezza della RM, rispetto all’ecografia ed alla mammografia, può essere spiegato considerando che le ultime due sono delle metodiche morfologiche e che l’RM è invece una metodica funzionale, in grado di
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integrare il dato dimensionale con quello dell’attività di malattia, grazie alla somministrazione di mezzo di contrasto.
Tra i punti di forza del nostro studio vi è il campione numericamente significativo, che ha permesso di valutare i dati con un certo rigore statistico e di poter trarre delle conclusioni generali, immaginando un andamento simile a livello di popolazione, anche grazie alle conferme derivanti da studi in letteratura in accordo con i nostri risultati.
Lo studio comunque lascia spunti interessanti per indagini future. Ad esempio, non è stata oggetto di studio la valutazione del sottotipo molecolare della neoplasia e se o come questa correli diversamente con il rilievo all’RM.
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