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Secondo quanto riportato in Letteratura, la prevalenza delle anomalie uterine nella popolazione è stimata essere intorno al 3%[11]. Calcolarne l’esatta incidenza nella popolazione generale è piuttosto difficile sia

perché, come è accaduto nel nostro studio, alcune pazienti non sono a conoscenza della loro condizione, sia a causa della mancanza di una metodica standard per la ricerca e la valutazione di queste anomalie. La prevalenza dei vari sottotipi di anomalie morfologiche uterine risulta essere piuttosto discordante in letteratura. []

I dati riscontrati nel corso di questo studio hanno evidenziato nella popolazione generale a basso rischio, sottoposta a screening del primo trimestre per le anomalie cromosomiche, un’ incidenza delle anomalie uterine del 3,5%, in linea con i dati riportati in letteratura, e come anomalia prevalente l’utero arcuato (73% dei casi). Questo risultato è in accordo sia con lo studio di Saravelos et al.che prende in considerazione un’ampia casistica dal 1950 al 2007, sia con lo studio di Salim et al.,

riguardante 558 pazienti.

Tutte le pazienti con anomalia uterina sono risalto rischio ultate positive allo screening per la preeclampsia nel primo trimestre, con un aumento dell’impedenza delle arterie uterine alla flussimetria Doppler. L’aumento

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in 6 casi (8%); nel gruppo di pazienti scelte come controlli, cioè quelle con utero normoconformato, ma elevati valori di impedenza a livello delle arterie uterine (n° 28 casi) l’aumento del PI alla flussimetria del primo trimestre si evidenziava nel 26% ed al controllo della flussimetria Doppler nel secondo trimestre, tali valori persistevano elevati nell’82% (n=22) dei 28 casi. Confrontando i dati relativi alla flussimetria e allo screening per preeclampsia, risulta evidente un’ incidenza tre volte più

elevata di alterazioni del PI nella popolazione con utero malformato. Nel secondo trimestre invece, i valori della flussimetria Doppler delle arterie uterine, risultavano normalizzati nell’88% delle pazienti con utero malformato mentre nella popolazione con utero normale la flussimetria si normalizzava soltanto nel 18% (n=5) delle pazienti con PI alterato al primo trimestre. Questo dato probabilmente è legato ad un adattamento vascolare avvenuto a livello uterino tra il primo e il secondo trimestre nelle donne con anomalie dell’organo. Dai dati presenti in Letteratura, lo

screening della preclampsia ha una detection rate del 75%, con un 10% di falsi positivi qualora vengano considerati l’eta materna, la pressione arteriosa media, l’anamnesi della paziente, l’epoca gestazionale e la

flussimetria doppler delle arterie uterine nel primo trimestre di

gravidanza. L’attendibilità aumenta se oltre ai parametri

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plasmatica PAPP-A, infatti la detection rate risulta essere del 90% con il 10% dei falsi positivi arrivando fino al 95% qualora venga considerato anche il PIGF, con un 5% di falsi positivi.

Dai dati ripostati nella nostra casistica, l’accuratezza dello screening

risulta leggermente più bassa, probabilmente a causa della minor incidenza di alcune razze rispetto agli studi presenti in Letteratura. Probabilmente anche la malformazione uterina può essere un fattore che altera l’accuratezza dello screening dato che la maggioranza delle donne affette da anomalie d’organo ha una flussimetria Doppler alterata.

Per quanto riguarda l’outcome gravidico, studi precedenti hanno evidenziato l’alta percentuale di complicanze insorte durante la

gestazione in donne con anomalie mulleriane: Acien et al. in uno studio condotto su 176 pazienti ha evidenziato un alta incidenza di parto pretermine; Grimbizis et al. ha valutato i risultati ottenuti in studi condotti dal 1979 al 1997 riportando una maggiore incidenza di parto pretermine e complicanze nelle gestazioni delle donne con malformazioni uterine.

Anche nel nostro studio la percentuale di donne con malformazioni uterine che andavano incontro a parto pretermine e parto con taglio cesareo, era maggiore in confronto al gruppo di controllo, in particolare, nelle donne affette da malformazioni uterine il parto con taglio cesareo

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aveva una frequenza del 39%, due volte e mezzo maggiore rispetto alle donne con utero normale e flussimetria Doppler nella norma; il parto pretermine si attestava nel 35% dei casi quindi aveva una frequenza cinque volte maggiore rispetto ai controlli. Questo è da porre probabilmente in relazione ad una alterata capacità contrattile uterina e a una diminuzione del volume dell’organo stesso man mano che la

gravidanza prosegue. Nonostante l’alta incidenza di parto pretermine nelle donne con anomalie mulleriane, nessuna delle pazienti aveva valori alla cervicometria del primo trimestre suggestivi di parto pretermine: la misura della cervice uterina infatti in tutti i casi risultava essere nella norma con uno screening del primo trimestre negativo per parto pretermine. Per quanto riguarda lo sviluppo di preeclampsia non sono presenti in letteratura studi condotti sull’insorgenza della patologia in

donne con anomalie mulleriane; durante questo studio nessuna delle donne con tali malformazioni è stata affetta da complicanze ipertensive, evento invece accaduto nel 2% dei controlli. E’ quindi probabile che nelle donne con anomalie mulleriane, sebbene la vascolarizzazione nel primo trimestre risulti indubbiamente alterata, con il procedere della gravidanza si realizzi una normalizzazione dell’impedenza e quindi del flusso nelle arterie uterine.

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Conclusioni

Alla luce dei risultati ottenuti dal nostro studio condotto sulle pazienti affette da anomalie mulleriane l’incidenza tra la popolazione generale di queste anomalie è risultata essere del 3%.

Dalla casistica analizzata è apparso evidente sebbene la maggioranza delle pazienti fosse asintomatica e all’oscuro della propria condizione

patologica, le alterazioni vascolari erano presenti sin dal primo trimestre in tutte le donne con malformazione uterina. La mancata conferma di queste modificazioni nella maggioranza delle pazienti al secondo trimestre ci porta a concludere che, nonostante le anomalie mulleriane comportino una più alta percentuale di complicanze durante la gestazione, non è detto che non si instauri un meccanismo di compenso fisiologico materno-fetale in grado di sopperire alla vascolarizzazione inizialmente deficitaria, come se si determinasse un rimodellamento strutturale a livello dell’organo, per garantire anche in queste pazienti un

outcome favorevole.

Nel gruppo di pazienti con malformazioni uterine si verificava, nella maggioranza dei casi, una normalizzazione del quadro flussimetrico alla successiva valutazione a 24 settimane di gestazione compatibile con il probabile adattamento vascolare alle anomalie anatomiche.

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Inoltre l’alta percentuale di falsi positivi riscontrata al test di screening

del primo trimestre per la preeclampsia, necessita di una più attenta valutazione vista la probabile alta percentuale di errore e la necessità di seguire queste pazienti in specifici percorsi per donne con gravidanza a rischio.

Tuttavia le malformazioni uterine sono di per se stesse inficianti l’outcome gravidico: sia i dati presenti in Letteratura che quelli riportati

nel nostro studio evidenziano una maggiore incidenza di parti pretermine nelle donne con anomalia uterina nonostante la cervicometria nel primo trimestre fosse normale. Pertanto con il procedere della gravidanza queste donne probabilmente vanno incontro ad un accorciamento precoce della cervice uterina causato dall’alterata morfologia dell’utero incapace di espandersi e sostenere i cambiamenti fisiologici d’organo che normalmente intercorrono nella gravidanza a termine.

L’elevata percentuale di parti espletati con taglio cesareo evidenzia come

le anomalie strutturali e morfologiche dell’utero spesso portino allo sviluppo di un organo deficitario, incapace di mettere in atto i meccanismi fondamentali a garantire la corretta contrazione e coordinazione muscolare delle varie porzioni uterine al fine di garantire un parto a termine ed eutocico.

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Relativamente invece alle donne prive di alterazioni morfostrutturali uterine ma con PI elevato si assisteva alla permanenza, al successivo controllo ecografico, dell’aumentata impedenza delle arterie uterine,

non potendo in tal caso trattarsi di falsa positività dell’esame iniziale: fatto questo confermato dal persistere dell’aumento del rischio di sviluppo di preeclampsia estrinsecatosi in due casi nella suddetta complicanza.

L’importanza quindi di identificare sin dal primo trimestre le eventuali

anomalie uterine o fetali si può tradurre nella possibilità di scegliere il miglior percorso terapeutico e prendere i dovuti provvedimenti al fine di prevenire le possibili complicanze durante la gravidanza.

Negli ultimi anni stanno emergendo nuovi percorsi assistenziali incentrati sul primo trimestre di gestazione che modificano l’approccio finora avuto sia nella scelta delle gravidanze a rischio sia nel follow-up delle pazienti in gestazione. E’ possibile valutare il rischio “personale” di ogni singola paziente sulla base delle informazioni diagnostiche, anamnestiche e sierologiche ottenute, in modo da scegliere il percorso assistenziale più adeguato e accurato incentrato sulla diagnosi precoce. Questo studio apporta un ulteriore contributo alla capacità di selezione delle gravidanze a rischio ed allo sviluppo di nuovi percorsi assistenziali.

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