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Ruolo dell'impedenza delle arterie uterine negli uteri malformati e outcome della gravidanza

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Indice

Introduzione………..….…2

Embriogenesi uterina……….…..…..5

Classificazione delle anomalie uterine………...………...8

Modificazioni morfologiche ed emodinamiche dell’utero normale durante la gravidanza……….………..………....12

Impatto delle anomalie uterine sulla gravidanza……….………15

Il Doppler………24

Scopo dello studio……….………..27

Materiali e metodi………...28

Risultati....………...………39

Discussione dei risultati...……….………...44

Conclusioni……….……….48

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Introduzione

Il progresso scientifico nel campo della Medicina Fetale degli ultimi anni ha assegnato un ruolo sempre più importante alla diagnosi prenatale nel

primo trimestre: molte delle complicanze gravidiche sono

potenzialmente individuabili già dall’ undicesima settimana di gestazione. Le possibilità diagnostiche recentemente scoperte, hanno portato l’attenzione della comunità scientifica, precedentemente

incentrata sul secondo e terzo

trimestre, verso il primo trimestre di gestazione: il processo è stato descritto come “inversione della piramide assistenziale” [Nicolaides; 1].

Questo ha permesso di stabilire percorsi diagnostici diversi, già dall’undicesima settimana di amenorrea, in grado di garantire una

diagnosi precoce e la prevenzione dello sviluppo di complicanze durante la gravidanza e ridurre la morbilità e mortalità a termine. Attualmente, lo screening del primo trimestre per le anomalie cromosomiche rappresenta il principale momento diagnostico durante il quale parametri materni, come l’anamnesi personale, il dosaggio plasmatico di alcune proteine sieriche (es. PAPP-A e free β-hCG), vengono elaborati insieme a

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parametri fetali quali la lunghezza vertice-sacro (CRL) e la misurazione della translucenza nucale, nonché di altri parametri come l’analisi dell’onda del dotto venoso ed il reflusso tricuspidale fetale, per

formulare un rischio individuale di avere un feto affetto da cromosomopatia.

L’ecografia del primo trimestre permette allo stesso tempo di studiare gran parte dell’anatomia fetale, in quanto l’organogenesi è completa a quest’epoca, così come di individuare precocemente alcune condizioni

potenzialmente patologiche per la gravidanza, come la preeclampsia, il parto pretermine, il diabete gestazionale. Un esempio importante è la valutazione del rischio di sviluppare preeclampsia mediante l’analisi di parametri biochimici (PAPP-A, PlGF, PP-13), anamnestici ed emodinamici (flussimetria Doppler delle arterie uterine): lo screening di questa patologia rappresenta oggi uno dei punti cardine delle Linee Guida sul primo trimestre esposte dalla Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica (SIEOG 2010).

Sul versante materno, l’ecografia del primo trimestre rappresenta inoltre

un momento diagnostico per alcune anomalie della morfologia uterina, spesso riconosciute tali per la prima volta. Tali malformazioni possono influenzare l’outcome della gravidanza e rendere necessario un percorso

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volta importante.

Le alterazioni della morfologia uterina sono state associate ad infertilità, maggiore rischio di aborto, parto pretermine, ritardo di crescita intrauterino, rottura delle membrane, presentazione sfavorevole del feto al parto, distacco intempestivo di placenta.

In Letteratura dagli studi precedentemente condotti sulle anomalie uterine è riportata una casistica riguardante il secondo e terzo trimestre, con una scarsa attenzione al primo trimestre di gestazione.

Da queste osservazioni nasce il nostro studio: andare a valutare nel primo trimestre eventuali modificazioni emodinamiche che possono avvenire in un utero con morfologia alterata ed il conseguente impatto che esse possono avere sull’outcome della gravidanza.

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Embriogenesi

Lo sviluppo delle tube di Falloppio, dell’utero, della cervice e della porzione superiore della vagina dipendono dal processo di morfogenesi che inizia dai dotti paramesonefrici:

a 6 settimane di sviluppo fetale

compaiono da

un’invaginazione bilaterale dell’epitelio celomatico i dotti

di Muller, inizialmente come cordoni epiteliali pieni, disposti parallelamente ai dotti di Wolff.

Tra la 5° e l’8° settimana sia i dotti di Muller che i dotti di Wolff

coesistono in tutti gli embrioni.

Qualora manchi l’apporto del cromosoma Y, con la sostanza inibente di

Muller (MIS), i dotti paramesonefrici proseguono lo sviluppo in senso caudale fino a fondersi medialmente per formare il canale uterovaginale mentre i dotti mesonefrici vanno incontro a regressione, fondendosi in senso medio caudale per formare il sacco uterovescicale.

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Inizialmente divisi da un setto, a nove settimane i dotti paramesonefrici

si fondono lungo il margine inferiore formando un unico lume nel canale uterovaginale tramite un processo di regressione del setto, mediato dal gene bcl 2.Ci sono due teorie riguardanti il processo di regressione del setto: la teoria classica ipotizza che il setto regredisca in senso caudo-craniale con l’utero inizialmente bicorne. L’altra teoria prevede che il processo

avvenga in entrambe le direzioni simultaneamente e questo spiegherebbe le condizioni di utero setto con duplice cervice.

A dieci settimane la porzione caudale del canale utero vaginale entra in connessione con il seno urogenitale. Il segmento prossimale, derivato dall’epitelio celomatico subisce uno spostamento in basso e lateralmente

in modo da divenire pressochè orizzontale, rimane pervio, aprendosi in cavità peritoneale per formare le tube di Falloppio. Il segmento distale progredisce in senso caudo-craniale e latero-mediale, entrando in

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contatto con l’uretra pelvica a livello del tubercolo sinusale e formando l’utero e il quarto superiore della vagina. [2][9]

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Classificazione Delle Anomalie Uterine.

Un metodo di classificazione efficace dal punto di vista clinico e diagnostico è fondamentale al fine di fornire un adeguato counseling alla paziente, facilitare le eventuali opzioni terapeutiche e migliorare la metodologia di ricerca.

Numerosi sistemi di classificazione sono stati proposti nel corso degli anni per tentare di standardizzare la classificazione delle anomalie uterine, al momento il sistema più largamente accettato è quello dell’American Society Of Reproductive Medicine che suddivide sulla

base di criteri morfologici in sei classi principali:

Classe I Agenesie/ipoplasie: questa classe comprende le agenesie o ipoplasie Mülleriane segmentarie, dovute al mancato sviluppo del dotto

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paramesonefrico prima della fusione. Ne fanno parte il 5-10% di tutti i casi di anomalie mulleriana. [2] La patologia clinica associata a questo difetto è la sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser.

Classe II Utero Unicorne: ne fa parte l’utero unicorne. La causa è legata ad un difetto di fusione dei dotti con uno sviluppo

asimmetrico dell’organo in cui da un lato sarà

presente un utero funzionale, dall’altro si verificherà un’agenesia o lo sviluppo di un “corno” rudimentale (74% dei casi) che potrà

essere comunicante (sottoclasse IIa) o non comunicante con la cavità uterina (sottoclasse IIb, la più frequente), privo di cavità (IIIc) o privo del corno rudimentale (IId). Rappresenta il 20% delle malformazioni uterine diagnosticate[2]. Dal punto di vista clinico può non essere manifesto o presentare una sintomatologia simile a quella data dalla patologia endometriosica, in alcuni casi dovuta probabilmente al flusso mestruale retrogrado che induce metaplasia nel mesotelio, con accumulo di sangue in cavità uterina (ematometra), ematosalpinge e dolore pelvico. [3][4]

Classe III Utero didelfo: la mancata fusione dei dotti mulleriani porta allo sviluppo di due distinti uteri; inoltre un setto longitudinale vaginale

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è presente nel 74% dei casi.[5] Rappresenta dal 2 al 5% dei casi di anomalie mulleriane. [2]

Classe IV Utero bicorne: è dovuta alla mancata fusione del segmento superiore del canale uterovaginale con incompleta fusione dei corni uterini a livello del fondo che determina lo sviluppo di un utero bicorne.

Comprende tre possibili configurazioni con una o due cervici ( un unico collo o due colli uterini) e diversi gradi di suddivisione della cavità, da

parziale a completa associata ad una

conformazione esterna con due diverse strutture. Se si verifica una fusione parziale dei corni uterini e la persistenza di un solco sulla superficie esterna si parla di utero bicorne; se la suddivisione si limita all’utero si parla di utero bicorne unicervicale, se si estende anche a

cervice e vagina si parla di utero bicorne bicervicale.

Classe V Utero setto: comprende i casi in cui il mancato o parziale riassorbimento del setto uterovaginale determina l’utero setto

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Classe VI Utero arcuato: a questa classe appartiene l’utero arcuato la cui causa morfogenetica è data dall’ incompleto

riassorbimento del settoche lascia un piccolo ispessimento a livello della linea mediana uterina.

Classe VII: ormai storica, è rappresentata dalle anomalie associate all’esposizione a Dietilstilbestrolo (DES) durante lo sviluppo embrionario. E’ una molecola di sintesi ad azione estrogeno-simile usata

dagli anni quaranta agli anni settanta negli Stati Uniti per prevenire l'aborto.

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Modificazioni

morfologiche

ed

emodinamiche

dell’utero normale durante la gravidanza

Nel primo trimestre di gravidanza, l’utero aumenta di volume in seguito a tre processi fondamentali: la ritenzione di acqua nei tessuti uterini, l’ipertrofia e l’ iperplasia delle fibre muscolari con formazione di nuovi

fascetti di fibre a partire da elementi non ancora differenziati.

Sotto lo stimolo endocrino mediato in massima parte dagli estrogeni, durante le prime fasi di gestazione, si ha iperplasia e ipertrofia del miometrio: le fibre muscolari si allargano e allungano, e tra i fasci muscolari si forma tessuto fibroso ed elastico. Dopo la 10a-12a settimana l’aumento di volume viene sostenuto in maniera prevalente dalla

crescita del feto e dei suoi annessi: il processo è asimmetrico, coinvolgendo prevalentemente il fondo e il corpo.

Le pareti uterine in questa fase hanno spessore di 2-3 cm; dopo la 12a settimana le pareti dell’organo iniziano ad assottigliarsi arrivando a 10mm alla 20a settimana di gestazione, rimanendo costante fino al termine della gravidanza.

A livello dell’istmo uterino, le fibre muscolari sono più sottili ed è presente abbondante tessuto elastico pertanto, sotto lo stimolo passivo

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secondario all’azione meccanica dell’aumento di volume della cavità

uterina, iniziano ad allungarsi. Nel corso del travaglio di parto questa porzione diventerà, insieme al collo uterino, il primo segmento definito il segmento passivo del canale per il passaggio del feto, mentre corpo e fondo andranno a costituire il segmento attivo in grado di espellere con le loro contrazioni il feto.

Il collo dell’utero quindi ha la funzione di supporto meccanico passivo

per il prodotto del concepimento: al termine della gravidanza le fibrille collagene ed elastiche subiranno una progressiva dissociazione (consentito dall’aumento della sostanza fondamentale) che, al momento del travaglio, permetterà la dilatazione del canale cervicale. [6]

Nel momento in cui si instaura la gravidanza si verificano numerosi cambiamenti emodinamici sia a livello uterino che a livello sistemico: è fondamentale infatti che le variazioni morfologiche e fisiologiche materne seguano di pari passo lo sviluppo dell’embrione.

Durante la gestazione, le arterie spiraliformi e la vascolarizzazione uterina passano dall’essere un sistema caratterizzato da piccoli vasi ad

elevata resistenza ad uno a bassa resistenza: il flusso ematico in esse presente può incrementare fino a 16 volte, garantendo l’adeguato apporto

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a una massa, l’utero, che passa dai 50g della fase non gravidica fino ai

5000-6000 g della fase gravidica.

Intorno alla 12a settimana, avviene la migrazione di cellule trofoblastiche dotate di attività istolitica, angiotropa ed invasiva che penetrano nell’endometrio (già decidualizzato, preparato a questa invasione) e nella

porzione più superficiale del miometrio, modificando la struttura del tratto spirale delle arterie uterine con distruzione della lamina elastica e muscolare sostituita da materiale fibrinoide. Le cellule del sincizio trofoblasto formano lo strato più superficiale e differenziato dei villi placentari, in diretto contatto con il sangue materno e in continuo sviluppo.[7]

La regolazione di questo processo è legata all’equilibrio di diversi

sistemi regolatori, i più importanti finora individuati sono: la PP-13 proteina plasmatica placentare, il PIGF placental growth factor, la glicodelina A, la PAPP-A e la gonadotropina corionica (hCG).

Se l’adeguamento vascolare sia sistemico sia uterino viene meno, le

conseguenze sia a livello materno che fetale possono essere infauste. Una delle patologie che si ipotizza essere legata ad un difetto intercorso durante l’adeguamento vascolare è la preeclampsia.

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Impatto delle anomalie uterine sulla gravidanza.

Le anomalie uterine sono state oggetto di vari studi: in uno studio del 2003 di Salim et al. [8] è apparso evidente che la prevalenza di anomalie uterine maggiori è tre volte più alta tra le donne con una storia clinica di aborti spontanei rispetto ad una popolazione a basso rischio; questo indica che le anomalie uterine possono essere responsabili di interruzione spontanea di gravidanza in una piccola proporzione delle pazienti con aborti ricorrenti.

Per quanto riguarda l’infertilità, Chan et al. [10] studiando un campione

di donne infertili, in cui erano comprese donne con infertilità primaria o secondaria, hanno visto che la percentuale di anomalie mulleriane nel campione era simile a quella della popolazione generale, stimata cioè all’8%. Questo era in accordo con studi precedenti in cui non si

dimostrava una maggiore frequenza di anomalie mulleriane in donne con diagnosi di infertilità. [11][12][13] Taylor et al. invece hanno ipotizzato che le anomalie congenite potessero interferire con l’impianto dell’embrione.[14]

Inoltre Lavergne et al. hanno evidenziato come la riproduzione assistita in donne sterili con malformazioni uterine non trattate chirurgicamente

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abbia scarsi risultati sia nell’impianto che nel successo della

gravidanza.[15]

Grimbizis et al. hanno stimato una percentuale di aborto spontaneo tra le donne affette da anomalie mulleriane nel 36% dei casi, parto pre-termine nel 23% dei casi, parto a termine nel 40,6% dei casi e feto nato vivo nel 55,2% dei casi. [13]

Molte di queste donne possono avere un outcome gravidico normale, ma in alcune si delinea la necessità di intervento al fine di migliorare l’esito

della gestazione.

In uno studio del 1998 di Leblie et al. [16] si è visto che nelle donne affette da anomalie mulleriane si evidenziava un impianto placentare anomalo, spesso laterale e una discordanza tra i flussi delle arterie uterine. Un alterazione del processo di fusione dei dotti di Muller porterebbe ad una vascolarizzazione insufficiente: lo sviluppo artero-venoso proprio del processo di invasione trofoblastica, in grado di portare alla creazione di una rete anastomotica sulla linea mediale uterina, verrebbe a mancare soprattutto a livello del fondo, perché la fusione dei dotti avviene in senso caudo-craniale. L’alterata morfologia porterebbe inoltre al probabile impianto placentare su uno dei due emiuteri rendendo ancora più difficoltoso il flusso dall’arteria del lato

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non placentare alla placenta stessa e quindi al circolo generale. L’aumento degli indici di resistenza che si verifica a carico dell’arteria

uterina del lato non placentare potrebbe essere dovuto ad un insufficiente placentazione legata al mancato sviluppo del circolo anastomotico. Infatti nelle donne con anomalie dei dotti di Muller e valori di resistenza arteriosa uterina anomali in entrambe le arterie uterine l’outcome gravidico era sfavorevole. Inoltre nelle donne con anomalie uterine e placenta previa, si dimostrava un esito della gravidanza migliore con una prevalenza di preeclampsia più bassa rispetto alle pazienti con utero malformato e placenta in posizione normale, risultato dovuto probabilmente alla migliore perfusione della placenta nella regione prossima all’orifizio uterino interno.

Dal punto di vista ostetrico, l’utero unicorne presenta un aumentato

rischio per IUGR, aborto spontaneo, feto in posizione sfavorevole al parto, parto pretermine e incompetenza cervicale. Inoltre date le dimensioni della cavità, la presenza di pareti meno spesse e minore massa muscolare, il rischio di rottura d’utero è maggiore rispetto alle

altre gravidanze.

In uno studio di Akar et al.[17] è stato valutato l’outcome gravidico di varie pazienti con un utero unicorne: nel 29% delle pazienti si è avuto un

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parto con feto vivo, parto prematuro nel 44% dei casi, aborto spontaneo nel 29% dei casi e gravidanze ectopiche nel 4% dei casi. Il corno uterino rudimentale può essere causa di gravidanza ectopica, non solo il comunicante ma anche nel sottotipo non comunicante, dove lo sperma può migrare per via transperitoneale. Nelle pazienti con utero unicorne, la funzionalità dell’utero gravido è compromessa dalla mancanza di metà

della muscolatura uterina. [18] Il corno rimanente presenta invece una muscolatura eccezionalmente fine, poco sviluppata, che si riduce con il progredire della gestazione, predisponendo al rischio di parto pretermine, rottura dell’utero e aumentando il rischio di morte fetale intrauterina nel

terzo trimestre. [17] [19]

Per quanto riguarda l’utero setto, Raga et al., hanno valutato l’outcome

gravidico distinguendo aborti precoci, cioè avvenuti prima della 13° settimana con un’incidenza del 25.5%, e aborti tardivi, tra la 14° e la 22° settimana, con un’incidenza del 6,2%. Il parto prematuro è associato al

21% dei casi mentre il parto con feto vivo è stimata intorno al 32%.[20]

L’utero setto, subsetto e arcuato sono associati a una bassa percentuale di successo a seguito di ICSI/IVF: il transfer e l’impianto dell’embrione

hanno minor successo che nella popolazione generale. Così come nella popolazione generale, l’anomalia uterina che presenta una maggior

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frequenza tra le donne con una storia di aborti spontanei ricorrenti è l’utero subsetto [21]. La fisiopatologia in questo caso è data dalla scarsa

vascolarizzazione del setto che non sarebbe in grado di far arrivare l’adeguato apporto di sangue per lo sviluppo al feto [22] [23] Infatti i

livelli di mRNA e quindi il numero di recettori transmembrana del VEGF, detti KDR e Flt-1, misurati nei campioni di endometrio provenienti dal setto, risultano essere più bassi rispetto a quelli prelevati dalla parete uterina [24]. Inoltre Il grado di deformazione della cavità uterina correla con un maggior rischio per la donna di aborto spontaneo.

L’outcome gravidico nell’utero didelfo prevede un 45% di aborti

spontanei, parto prematuro nel 38% dei casi e la nascita di un feto vivo nel 55% dei casi. [25][26]. Altri studi hanno ottenuto tassi più bassi con una percentuale di aborto al 32%, parto pretermine nel 28% dei casi, parto a termine nel 36% delle pazienti. [13]

In un campione di donne affette da utero bicorne, Grimbizis et al., hanno stimato una percentuale di aborto spontaneo nel 36% dei casi, parto pretermine nel 23% dei casi, parto a termine nel 40,6% dei casi e feto nato vivo nel 55,2% dei casi. [13]

L’utero arcuato presenta un outcome gravidico migliore rispetto a tutte le

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dei casi[27]; Raga et al. hanno stimato i tassi precedentemente elencati rispettivamente al 78% e all’83% . [20] Rispetto alle donne con utero normale, quelle affette da utero arcuato presentano una maggiore incidenza di parto pre-termine e di interruzione spontanea di gravidanza al secondo e al terzo trimestre.[28]

Le alterazioni della morfologia uterina sono quindi associate ad infertilità, maggiore rischio di aborto, parto pretermine, ritardo di crescita intrauterino, rottura delle membrane, presentazione sfavorevole del feto al parto, distacco intempestivo di placenta.

Il meccanismo fisiopatologico alla base di queste alterazioni e di ciò che porta a un outcome sfavorevole della gravidanza non è ancora stato individuato con certezza.

In Letteratura le cause eziologiche maggiormente prese in considerazione sono tre: la diminuzione della massa muscolare uterina, un’ alterazione della normale vascolarizzazione uterina e l’incompetenza

cervico-istmica.

Durante la fase di impianto dell’embrione, è fondamentale che ci sia un’interazione attiva tra l’endometrio materno ed il prodotto del

concepimento, garantito da fattori sia paracrini che autocrini. Lo sviluppo dell’embrione, in seguito all’ invasione del tessuto materno, è

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caratterizzato da una rapida vascolarizzazione in cui si verifica un aumento di volume dei vasi preesistenti e la formazione di nuovi. Qualsiasi alterazione morfologica a carico di una delle due superfici a confronto, sia materna che fetale, può portare a una modifica degli equilibri necessari al corretto sviluppo dell’embrione: in uno studio del

2009 di Raga et al. [24] sono stati messi a confronto i livelli di recettori del VEGF presenti sulla parete del setto uterino nelle donne affette da utero setto, la concentrazione dei recettori del VEGF sulla parete laterale dell’utero di queste stesse donne e la concentrazione dei recettori su un

campione di donne fertili. I livelli di mRNA codificante per KDR e Flt-1 erano significativamente più bassi nei campioni prelevati dal setto mentre sia i campioni prelevati dalla parete laterale uterina delle donne infertili che quello prelevato dal campione di donne fertili risultavano

essere sullo stesso livello. Quest’alterazione locale della

vascolarizzazione del setto risulterebbe implicata in una insufficiente placentazione e quindi un outcome della gravidanza sfavorevole.

Altri studi hanno evidenziato una restrizione di crescita e il rischio di aborto spontaneo in caso di un’alterazione del flusso uterino causata

dalla mancata presenza o anormalità delle arterie uterine od ovariche nell’utero unicorne [18]; analizzando la conformazione vascolare tramite

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riportato che le donne con arterie uterine alterate rispetto alle pazienti normalmente vascolarizzate hanno un maggior rischio di aborto e di restrizione della crescita rispetto alle donne con arterie uterine normali.

La struttura cervicale comprende tessuto connettivo della matrice cellulare contenente fibre collagene di tipo I,III e IV, tessuto muscolare più rappresentato sul versante dell’orifizio uterino interno rispetto all’esterno, glicosaminoglicani e proteoglicani che legano la matrice

extracellulare, fibronectina ed elastina.

Durante la gravidanza le fibre circolari o spirali della cervice si contraggono per garantire la chiusura dell’orifizio uterino interno (OUI)

mentre durante il parto la muscolatura longitudinale contribuisce alla retrazione e alla dilatazione della cervice. [29]

La componente muscolare ed elastica dell’OUI è responsabile del

mantenimento della gravidanza in utero. A seguito del concepimento e durante la gravidanza, si verificano una serie di modificazioni quali diminuzione della consistenza, accorciamento e dilatazione definite nell’insieme “maturazione cervicale”.

Un’ alterazione del tessuto fibroso o la presenza di anomalie muscolari

predispongono all’incompetenza cervico-istmica, cioè all’ incapacità da parte della cervice uterina di sopportare la gravidanza fino al termine a

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motivo di un difetto funzionale, strutturale, congenito od acquisito, con un aumento del rischio di rottura prematura delle membrane (PPROM) e parto pretermine.

Golan et al, hanno diagnosticato la presenza di incompetenza cervico-istmica nel 30% delle 98 donne da loro analizzate, affette da anomalie mulleriane. A seguito di cerchiaggio o correzione chirurgica, le gravidanze a termine aumentavano dal 26 al 63%. [30]

Alle alterazioni morfologiche dell’utero inoltre è associata una diminuzione dell’efficienza muscolare uterina. In particolare è stato visto

che nelle pazienti con utero unicorne, la capacita gestazionale è compromessa dalla mancanza di metà della muscolatura uterina. [18]

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Il Doppler

Con la metodica Doppler è possibile valutare la velocità del flusso e l’impedenza al flusso dei vasi sanguigni. L’effetto Doppler si basa sul principio per cui un’onda riflessa da un oggetto in movimento subisce una variazione di frequenza proporzionale alla velocità dell’oggetto

stesso. In particolare la frequenza riflessa sarà maggiore o minore della frequenza dell’onda incidente a seconda che l’oggetto si avvicini o si allontani. La differenza di frequenza (positiva o negativa) è detta frequenza Doppler. L’assorbimento degli ultrasuoni da parte dei tessuti è

direttamente proporzionale alla frequenza di emissione, pertanto più elevata è quest’ultima tanto più bassa è la sua penetrazione. All’interno

di un vaso sanguigno milioni di eritrociti viaggiano a velocità lievemente diverse a seconda della posizione endovasale da cui viene riflessa una frequenza Doppler, costituita da uno spettro di frequenze. Tale spettro di frequenze può essere rappresentato attraverso diversi sistemi, di questi il più utilizzato è quello che sfrutta l’analisi spettrale attraverso la

trasformata di Fourier. Questo sistema determina la rappresentazione in tempo reale della curva delle frequenze con un’analisi dettagliata della

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A livello del distretto pelvico, le arterie presentano un flusso pulsatile, mentre le vene presentano un flusso pulsatile o continuo a seconda del grado di prossimità all’arteria corrispondente. La variazione di frequenza

o frequenza doppler si ottiene dalla formula FD =2VF (cos di θ)/C, dove V è la velocità del sangue in movimento, F è la frequenza del fascio incidente, θ è l’angolo tra il fascio di ultrasuoni e la direzione in cui

scorre il sangue, C è la velocità degli ultrasuoni nel mezzo biologico (1540 m/sec). Tanto più l’angolo tra la fonte di ultrasuoni e il flusso si

avvicina a zero più precisa sarà la stima della velocità di flusso. Poiché questo risulterebbe impossibile, soprattutto con vasi tortuosi, ci sono sistemi in grado di correggere l’angolo, Per descrivere al meglio il flusso inoltre si utilizzano parametri indipendenti dall’angolo:

- S/D: è il rapporto tra il picco sistolico e la velocità a fine diastole;

- RI o indice di resistenza: è il rapporto tra SD e il picco sistolico

- PI o indice di pulsatilità: è il rapporto tra SD e la velocità di flusso media

Tutti e tre i parametri sono equivalenti dal punto di vista clinico, ma quello in grado di caratterizzare al meglio l’onda di flusso è il PI. Il

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dell'onda, che dà informazioni utili soprattutto dal punto di vista prognostico.

Come abbiamo visto sin dal primo trimestre si verifica un progressivo aumento della vascolarizzazione uterina parallelamente a una diminuzione delle resistenze dell’organo. L’impedenza delle arterie

uterine diminuisce nel corso della gravidanza con la conversione delle arterie spirali in vasi a bassa resistenza. La persistenza di un picco sistolico (notch) dopo la 24a settimana sembra predisporre all’insorgenza di complicanze quali preeclampsia e ritardo di crescita

intrauterino (IUGR). [31]. Nicolaides et al. hanno evidenziato in uno studio sulla popolazione generale che la sensibilità della flussimetria Doppler nel primo trimestredi gravidanza nelle donne che vanno incontro a parto pretermine è del 27% per ritardo di crescita intrauterino (IUGR), mentre è del 60% per la preeclampsia. [41] Albaiges et al. nel loro studio hanno evidenziato che la capacità di predire preeclampsia tramite l’aumento dei valori del PI o la presenza di notch bilaterale aveva una sensibilità del 45%, mentre quella di predire preeclampsia e parto pretermine era del 90% a 23 settimane di gestazione.[32]

Combinando la pressione arteriosa materna, il Doppler delle arterie uterine e il dosaggio biochimico di alcuni marcatori tra 11 e 13

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settimane, è possibile identificare circa il 90% delle gravidanze che svilupperanno preeclampsia prima della 34° settimana di gestazione con un 10% di falsi positivi. [33]

Scopo dello studio

I dati attuali presenti in Letteratura riportano che la maggior parte dei lavori sulla vascolarizzazione degli uteri malformati sono stati condotti in epoca gestazionale avanzata. Questo è il primo studio eseguito in cui viene presa in esame la vascolarizzazione dell’utero nel primo trimestre di gravidanza nelle donne con anomalie mulleriane. In particolare il nostro studio verte sulle modificazioni emodinamiche delle arterie uterine rilevate alla flussimetria Doppler, dovute ad un’alterata morfologia dell’organo ed il conseguente impatto sull’outcome della gravidanza.

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Materiali e metodi

Presso l’ambulatorio di Diagnosi Prenatale del primo trimestre della

Clinica Ostetrica e Ginecologica Universitaria di Pisa, abbiamo eseguito lo screening per le anomalie cromosomiche, secondo le Linee Guida Regionali, su una popolazione di 1451 gravide a basso rischio da novembre 2011 a novembre 2012. L’ambulatorio di Diagnosi Prenatale

del primo trimestre offre un servizio attualmente avanzato dove, oltre allo screening per le anomalie cromosomiche, principalmente per la trisomia 21, viene effettuato anche quello per alcune patologie strutturali e della gravidanza quali cardiopatie congenite, preeclampsia e parto pre-termine.

Le pazienti giungono alle 8:00 presso l’ambulatorio di diagnosi prenatale

e vengono informate da un operatore certificato dalla Fetal Medicine Foundation (www.fetalmedicine.com), sulle procedure effettuate per lo screening delle anomalie cromosomiche del primo trimestre e sul significato del valore del rischio personale calcolato al termine dell’esame. Essendo il nostro ambulatorio di diagnosi prenatale un

centro avanzato, qualora il rischio per anomalie cromosomiche risulti elevato (superiore a 1:250) si consiglia alla paziente di effettuare indagini diagnostiche prenatali invasive; se il rischio personale della

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paziente è intermedio (1:250 - 1:1000) si consiglia di effettuare un ricalcolo del rischio tramite marcatori aggiuntivi e qualora rimanga elevato, viene consigliata l’indagine diagnostica invasiva quale il prelievo dei villi coriali (villocentesi) o l’amniocentesi a 16 settimane.

Una delle possibili valutazioni effettuate nel primo trimestre è lo screening per lo sviluppo di preeclampsia. La preeclampsia è una patologia che si manifesta dopo la ventesima settimana di gestazione con aumento pressorio e proteinuria. E’ presente in circa il 2% delle

gravidanze ed è la causa principale di morbilità e mortalità materno-perinatale. [34-36]

Il test di screening per lo sviluppo di preeclampsia si basa sulla valutazione di parametri biofisici materni quali età, parità (nullipara, nullipara con aborti prima della 24a settimana), peso, altezza, pressione arteriosa, abitudine al fumo durante la gravidanza, metodo del concepimento (spontaneo o tramite fecondazione assistita), età gestazionale, anamnesi patologica (diabete mellito, ipertensione cronica), farmaci utilizzati in gravidanza (antipertensivi, antidepressivi, antiepilettici, corticosteroidi, insulina, ormoni tiroidei), precedenti gravidanze con preeclampsia, storia familiare di ipertensione e parametri biochimici quali livello di PAPP-A e free β-hCG e la flussimetria Doppler delle arterie uterine.

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Se il test di screening del primo trimestre per la preeclampsia risulta positivo, la paziente viene inserita in un percorso diagnostico per le donne a rischio di patologia ipertensiva presso la nostra Clinica, che prevede la misurazione settimanale della pressione arteriosa, l’esame

periodico della proteinuria e un ulteriore indagine flussimetrica delle arterie uterine a 24 settimane di gestazione come proposto dalle principali linee guida scientifiche.

Presso il nostro ambulatorio nell’ottica della prevenzione del parto pretermine tutte le pazienti vengono sottoposte a misurazione della lunghezza della cervice uterina (cervicometria) nel primo trimestre. I dati presenti in Letteratura riportano nelle donne che vanno incontro a parto pretermine o con anamnesi positiva per tale complicanza, un raccorciamento cervicale precoce tra l’11a e la 22a settimana di gestazione. [40]

Qualora la paziente presenti un’anamnesi positiva per parto pretermine e una cervice uterina corta relativamente all’epoca gestazionale, la

paziente viene seguita con un follow-up fatto di controlli seriati, fino all’eventuale trattamento tramite cerchiaggio d’elezione.

Dopo consenso informato e consulenza prenatale, per ciascuna delle 1451 pazienti sono stati raccolti e registrati i dati anamnestici relativi all’età, parità (nullipara, nullipara con aborti prima della 24 settimana),

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peso, altezza, razza, abitudine al fumo durante la gravidanza, pressione arteriosa media, precedenti gravidanze con preeclampsia e storia familiare di ipertensione, anamnesi patologica (diabete mellito, ipertensione cronica), anamnesi genetica ( precedenti feti affetti da anomalia cromosomica, presenza di anomalie cromosomiche nei parenti di primo grado) metodo del concepimento (spontaneo o tramite fecondazione assistita) età gestazionale, farmaci utilizzati in gravidanza (antipertensivi, antidepressivi, antiepilettici, corticosteroidi, insulina, ormoni tiroidei).

Successivamente le pazienti vengono sottoposte, da personale paramedico, a prelievo ematico volto alla valutazione biochimica di PAPP-A e free β-hCG: l’analisi successiva dei campioni di sangue è eseguita tramite sistema Brahms Kryptor della Brahms AG. I valori vengono successivamente inseriti e commutati in multipli ordinari della mediana (MoM) relativi a gravidanze di pazienti sane, valutate nella stessa epoca gestazionale, con il software astraia della Fetal Medicine Foundation.

Si procede poi all’ esame ecografico, eseguito da operatore esperto e certificato FMF, utilizzando un apparecchio modello Voluson Expert E8 della General Electric per via transaddominale con sonda RAB4 (2-8MHz) oppure, in alcuni casi, per via transvaginale tramite sonda RIC 6

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(5-13 MHz), al fine di valutare gran parte dell’anatomia normale fetale e la presenza di eventuali difetti, misurare la lunghezza vertice-sacro (CRL) in modo da stabilire se corrisponde all’epoca gestazionale e se essa è compresa tra i 45 e gli 84 mm, range di valori al di fuori dei quali il test di screening perde sensibilità e specificità e lo spessore della Translucenza Nucale (NT) in base ai criteri della FMF. La misura della NT è correlata ad un aumento del rischio di avere un feto

affetto da anomalie

cromosomiche, sindromi

genetiche ed anomalie

strutturali quali le cardiopatie congenite; qualora venga riscontrato un valore di NT superiore al 90° percentile (NT > 3,5mm), valore indipendente dall’età materna ed epoca gestazionale, si consiglia alla paziente di eseguire un’ ecocardiografia fetale tra la 16a e la 19a settimana di gestazione.[37].

Una volta valutata la morfologia fetale si passa alla misurazione dell’impedenza delle arterie uterine tramite la tecnica di rilevazione, basata anch’essa sui criteri della Fetal Medicine Foundation, che consiste

nell'acquisizione di una scansione parasagittale uterina, con lieve inclinazione inferiore e mediana, fino all'evidenziazione della cervice; si

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prosegue poi all’esplorazione della regione paracervicale e tramite metodica color doppler all’individuazione delle arterie uterine lateralmente alla cervice e al corpo uterino. L’onda pulsata viene registrata partendo dalla branca ascendente dell’arteria uterina fino al punto più vicino all’orifizio uterino interno. Quando tre onde doppler

consecutive simili vengono registrate, si misura il PI delle due arterie e viene calcolato il PI medio. L’angolo d’insonazione deve essere inferiore a 30°. [39]

Terminate le rilevazioni ecografiche e sierologiche si procede al calcolo del rischio personale di ciascuna paziente di sviluppare anomalie cromosomiche e preeclampsia elaborando i dati tramite software ASTRAIA della Fetal Medicine Foundation (versione 2.3).

Nel nostro studio, in 52 delle 1451 pazienti sottoposte a screening per anomalie cromosomiche e preeclampsia precoce, abbiamo rilevato durante l’esame ecografico un’anomalia nella morfologia uterina e un aumento dell’impedenza delle arterie uterine alla flussimetria doppler al

di sopra del 90°percentile.

Soltanto otto delle 52 pazienti erano a conoscenza della loro condizione, in particolare nei casi di utero didelfo e utero bicorne, poiché la sintomatologia nella maggioranza dei restanti casi era piuttosto sfumata o addirittura non erano presenti sintomi.

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Una volta identificata la presenza di un’alterazione morfologica uterina

abbiamo classificato ciascun caso secondo i criteri dell’ American Fertility Center, che è attualmente la classificazione maggiormente accettata dalla comunità scientifica internazionale.

In tutte queste pazienti con utero malformato, lo screening del primo trimestre per preeclampsia è risultato essere positivo, in base ai fattori sopraelencati, ai fattori anamnestici, biochimici e biofisici.

I criteri diagnostici presi in considerazione per la preeclampsia sono quelli riportati dall’International Society for the Study of Hypertension in Pregnancy, in cui l’ipertensione gravidica viene definita da una

pressione diastolica materna superiore a 90 mmHg o una sistolica superiore a 140mmHg rilevata in due misurazioni a distanza di 4h l’una dall’altra, mentre la preeclampsia viene definita come la presenza di

ipertensione e proteinuria superiore a 300mg nelle 24 ore od una concentrazione proteine nelle urine superiore a 300 mg/L in due campioni prelevati a distanza di 4-6 ore.

Per parto pretermine si intende un parto avvenuto prima della 37a settimana di gestazione

Nella nostra Clinica, le pazienti risultate ad alto rischio di sviluppo per patologia ipertensiva, vengono inserite in un percorso assistenziale che

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prevede un monitoraggio della pressione materna una valutazione della flussimetria a 24 settimane ed una della proteinuria.

A quest’epoca gestazionale, nel gruppo di pazienti con utero malformato,

6 dei 52 casi (11%) considerati, avevano una flussimetria uterina alterata mentre nelle altre si registrava la normalizzazione del tracciato flussimetrico. Nelle pazienti del gruppo di controllo, aventi valori del PI al di sopra della norma, l’alterata flussimetria Doppler uterina era

confermata in 22 pazienti su 28(%).

Tramite i registri di sala parto della Clinica abbiamo ottenuto l’outcome delle pazienti con malformazione mulleriana e le pazienti del gruppo di controllo valutando l’insorgenza di parto pretermine, preeclampsia e modalità del parto.

Al fine di valutare se nelle donne con utero malformato la sensibilità del test di screening del primo trimestre per preeclampsia fosse effettiva e se la probabilità di sviluppare complicanze durante la gestazione fosse maggiore rispetto alla norma, abbiamo deciso di confrontare il gruppo di pazienti con anomalie uterine con una sottopopolazione di controllo composta da 104 gravide appartenenti alla popolazione totale delle 1451 pazienti considerate durante lo screening del primo trimestre aventi morfologia uterina normale. Nella sottopopolazione di donne con utero

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36

normoconformato, erano presenti 28 casi di screening preeclamptico positivo e flussimetria doppler del primo trimestre alterato.

Abbiamo reso omogenee le due popolazioni relativamente a fattori anagrafici (razza ed età), fattori anamnestici (parità, valori medi della pressione arteriosa sistemica, preeclampsia nelle precedenti gravidanze) e costituzionali (peso ed altezza), al fine di valutare un eventuale correlazione tra anomalie strutturali uterine ed aumentato rischio di

preeclampsia e complicanze. Sono state escluse dalla popolazione in esame le donne con anamnesi positiva per ipertensione, preeclampsia, le donne con gravidanze gemellari e le donne con test di screening positivo per anomalie cromosomiche.

Le 28 pazienti con utero normale e screening per preeclampsia precoce positivo, sono state sottoposte a flussimetria doppler delle arterie uterine tra alla 24a settimana. Le gravide risultate ancora positive all’esame flussimetrico, con indice di pulsatilità superiore alla norma, sono state indirizzate verso un percorso diagnostico terapeutico per le gravidanze a rischio di sviluppo di patologia ipertensiva. ()

pazienti con utero malformato e PI elevato

(n= 52)

pazienti con utero normale e PI elevato

(n=76)

pazienti con utero normale e PI nella norma (n=28) età media 32 (27,7-36,4) 32 (27,7- 35,6) 31 (25,7 – 35,4) BMI 24 25 23,5

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37

Di tutte le pazienti selezionate appartenenti alla popolazione di gravide con morfologia uterina nomale, è stato valutato l’esito della gravidanza, tramite i registri delle sale della Clinica Ginecologica e Ostretrica Universitaria di Pisa.

Analisi statistica.

I dati raccolti nel corso dello studio che ha preso in esame la casistica annuale dell’ambulatorio di diagnosi prenatale, sono stati rielaborati

tramite software GraphPad 4.0; in particolare abbiamo calcolato l’incidenza delle anomalie uterine nella popolazione totale in esame e valutato l’incidenza di ogni classe malformativa considerata nella

popolazione affetta da anomalie. Dalla popolazione totale delle pazienti sottoposte a screening abbiamo selezionato una sottopopolazione di casi priva di anomalie uterine ma aventi valori di PI aumentato: le misurazioni dei valori del PI alla flussimetria Doppler del primo e del secondo trimestre, sono stati poi analizzati e per ciascuna popolazione è stato calcolato il valore medio.

Per confrontare i due campioni selezionati abbiamo utilizzato il test t di student per le variabili continue, dell’ χ2 per le variabili non parametriche o il test di Fisher per le variabili non parametriche rare. Per valutare il rischio relativo (RR) di ciascun outcome considerato

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38

(preeclampsia, parto pretermine o parto con taglio cesareo), è stata utilizzata l’analisi univariata.

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39

Risultati

Durante lo screening del I trimestre per anomalie cromosomiche e preeclampsia sono state esaminate 1451 pazienti appartenenti ad una popolazione a basso rischio.

Di queste, 52 (il 3,5% del totale) presentava un’ anomalia uterina. Soltanto otto pazienti erano a conoscenza della loro condizione, in

particolare le donne affette da utero didelfo e utero bicorne, rispettivamente il 3% e l’ 11% delle gestanti. Negli altri casi la diagnosi

è stata effettuata incidentalmente durante lo screening del primo trimestre per le anomalie cromosomiche. L’anomalia morfologica più frequente, interessante il 73% dei soggetti è l’utero arcuato, mentre quella meno frequente risulta essere l’utero setto nel 2% dei casi.

Le gravide con utero malformato inoltre sono risultate avere nel 100% dei casi, un rischio aumentato di sviluppare preeclampsia precoce al test Anomalie

uterine

numero di casi PI medio flussimetria doppler nel I trimestre setto n= 1 (2%) 3,20 bicorne n= 6 (11,7%) 2,32 didelfo n= 2 (3,9%) 2,94 subsetto n= 5 (9,8%) 1,83 arcuato n= 38 (73%) 2,41

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di screening del primo trimestre, influenzato dai valori del Pulsatility Index alla flussimetria doppler al di sopra del 90° percentile: i valori dell’indice di pulsatilità

oscillavano da un minimo di 1.83 in caso di utero subsetto ad un massimo di 3.20 riscontrato nel caso di utero setto. Il valore medio del PI era di 2.54.

Nel gruppo di controllo, 28 delle 104 pazienti, ovvero il 26%, aveva un aumentato rischio di sviluppo di preeclampsia allo screening del primo trimestre e la flussimetria doppler delle arterie uterine presentava indici di pulsatilità al di sopra del 90° percentile con un valore medio di 1.92. Nel restante 74% il valore medio dell’ indice di pulsatilità era invece 1.62, e lo screening per preeclampsia del primo trimestre non evidenziava un rischio aumentato.

Tutte le pazienti che risultavano un maggior rischio di sviluppare preeclampsia allo screening del primo trimestre, sono state sottoposte alla 24a settimana di gestazione ad un’ulteriore studio flussimetrico delle arterie uterine: 46 delle 52 donne con anomalia uterina (88%) presentavano nel secondo trimestre un tracciato flussimetrico nella norma, con valori dell’indice di pulsatilità normali, mentre 6 donne

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41

trimestre; nel gruppo di controllo invece, si riscontrava la persistenza dell’aumentato valore dell’indice di pulsatilità delle arterie uterine in 22

casi (88%), mentre era avvenuta una normalizzazione dei valori dell’impedenza nel restante 18%.

Tutte le pazienti dei gruppi interessati, inoltre sono state sottoposte a cervicometria durante lo screening del primo trimestre per la prevenzione del parto pretermine, ma in nessuno dei casi considerati presentavano una lunghezza della cervice uterina inferiore alla norma, tale quindi da risultare ad alto rischio, con valori medi di 40.2 mm nel gruppo di controllo e 39.6 mm nel gruppo di gravide con utero malformato, con una differenza statisticamente non significativa fra i due gruppi.

Pazienti con

utero normale

(n=104)

Pazienti con utero malformato (n=52) P value cervicometria (valore medio espresso in mm) 40,2 39,6 n.s.

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42

Outcome delle gravidanza

Abbiamo valutato l’outcome della gravidanza delle pazienti con patologia malformativa uterina e abbiamo confrontato i risultati ottenuti con un gruppo di controllo con morfologia uterina normale. Dai registri della sala parto della Clinica Ginecologica e Ostetrica dell’Università di Pisa risultava che nelle donne con anomalia uterina e PI elevato in nessun caso si era avuto lo sviluppo di preeclampsia, nonostante la positività allo screening del primo trimestre, mentre nelle donne con utero normale e PI persistentemente elevato anche nel secondo trimestre si era verificato lo sviluppo di preeclampsia nel 2% dei casi. L’incidenza di parto pretermine nelle gravide con malformazione uterina era del 35%, risultato ben più elevato rispetto al gruppo di controllo in cui l’incidenza di parto prima della 37a

settimana era del 9% nelle donne

con utero normale e persistenza di PI elevato (n=3) , e del 5% nelle gravide con morfologia uterina normale e Indice di Pulsatilità nella norma. Outcome gravidico Utero normale PI normale Utero normale PI elevato Pazienti affette da anomalie uterine P value sviluppo di preeclampsia 0 2 0 <.01

parto con taglio cesareo

11(16%) 5 (18%) 28 (39%) <.01

parto pretermine (≤37settimane)

(43)

43

Nelle pazienti affette da anomalia uterina l’incidenza del parto con taglio cesareo era del 39%, mentre nelle donne con utero normale e PI elevato l’incidenza era del 18% (n=5), leggermente superiore al dato

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44

Discussione dei risultati

Secondo quanto riportato in Letteratura, la prevalenza delle anomalie uterine nella popolazione è stimata essere intorno al 3%[11]. Calcolarne l’esatta incidenza nella popolazione generale è piuttosto difficile sia

perché, come è accaduto nel nostro studio, alcune pazienti non sono a conoscenza della loro condizione, sia a causa della mancanza di una metodica standard per la ricerca e la valutazione di queste anomalie. La prevalenza dei vari sottotipi di anomalie morfologiche uterine risulta essere piuttosto discordante in letteratura. []

I dati riscontrati nel corso di questo studio hanno evidenziato nella popolazione generale a basso rischio, sottoposta a screening del primo trimestre per le anomalie cromosomiche, un’ incidenza delle anomalie uterine del 3,5%, in linea con i dati riportati in letteratura, e come anomalia prevalente l’utero arcuato (73% dei casi). Questo risultato è in accordo sia con lo studio di Saravelos et al.che prende in considerazione un’ampia casistica dal 1950 al 2007, sia con lo studio di Salim et al.,

riguardante 558 pazienti.

Tutte le pazienti con anomalia uterina sono risalto rischio ultate positive allo screening per la preeclampsia nel primo trimestre, con un aumento dell’impedenza delle arterie uterine alla flussimetria Doppler. L’aumento

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in 6 casi (8%); nel gruppo di pazienti scelte come controlli, cioè quelle con utero normoconformato, ma elevati valori di impedenza a livello delle arterie uterine (n° 28 casi) l’aumento del PI alla flussimetria del primo trimestre si evidenziava nel 26% ed al controllo della flussimetria Doppler nel secondo trimestre, tali valori persistevano elevati nell’82% (n=22) dei 28 casi. Confrontando i dati relativi alla flussimetria e allo screening per preeclampsia, risulta evidente un’ incidenza tre volte più

elevata di alterazioni del PI nella popolazione con utero malformato. Nel secondo trimestre invece, i valori della flussimetria Doppler delle arterie uterine, risultavano normalizzati nell’88% delle pazienti con utero malformato mentre nella popolazione con utero normale la flussimetria si normalizzava soltanto nel 18% (n=5) delle pazienti con PI alterato al primo trimestre. Questo dato probabilmente è legato ad un adattamento vascolare avvenuto a livello uterino tra il primo e il secondo trimestre nelle donne con anomalie dell’organo. Dai dati presenti in Letteratura, lo

screening della preclampsia ha una detection rate del 75%, con un 10% di falsi positivi qualora vengano considerati l’eta materna, la pressione arteriosa media, l’anamnesi della paziente, l’epoca gestazionale e la

flussimetria doppler delle arterie uterine nel primo trimestre di

gravidanza. L’attendibilità aumenta se oltre ai parametri

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plasmatica PAPP-A, infatti la detection rate risulta essere del 90% con il 10% dei falsi positivi arrivando fino al 95% qualora venga considerato anche il PIGF, con un 5% di falsi positivi.

Dai dati ripostati nella nostra casistica, l’accuratezza dello screening

risulta leggermente più bassa, probabilmente a causa della minor incidenza di alcune razze rispetto agli studi presenti in Letteratura. Probabilmente anche la malformazione uterina può essere un fattore che altera l’accuratezza dello screening dato che la maggioranza delle donne affette da anomalie d’organo ha una flussimetria Doppler alterata.

Per quanto riguarda l’outcome gravidico, studi precedenti hanno evidenziato l’alta percentuale di complicanze insorte durante la

gestazione in donne con anomalie mulleriane: Acien et al. in uno studio condotto su 176 pazienti ha evidenziato un alta incidenza di parto pretermine; Grimbizis et al. ha valutato i risultati ottenuti in studi condotti dal 1979 al 1997 riportando una maggiore incidenza di parto pretermine e complicanze nelle gestazioni delle donne con malformazioni uterine.

Anche nel nostro studio la percentuale di donne con malformazioni uterine che andavano incontro a parto pretermine e parto con taglio cesareo, era maggiore in confronto al gruppo di controllo, in particolare, nelle donne affette da malformazioni uterine il parto con taglio cesareo

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47

aveva una frequenza del 39%, due volte e mezzo maggiore rispetto alle donne con utero normale e flussimetria Doppler nella norma; il parto pretermine si attestava nel 35% dei casi quindi aveva una frequenza cinque volte maggiore rispetto ai controlli. Questo è da porre probabilmente in relazione ad una alterata capacità contrattile uterina e a una diminuzione del volume dell’organo stesso man mano che la

gravidanza prosegue. Nonostante l’alta incidenza di parto pretermine nelle donne con anomalie mulleriane, nessuna delle pazienti aveva valori alla cervicometria del primo trimestre suggestivi di parto pretermine: la misura della cervice uterina infatti in tutti i casi risultava essere nella norma con uno screening del primo trimestre negativo per parto pretermine. Per quanto riguarda lo sviluppo di preeclampsia non sono presenti in letteratura studi condotti sull’insorgenza della patologia in

donne con anomalie mulleriane; durante questo studio nessuna delle donne con tali malformazioni è stata affetta da complicanze ipertensive, evento invece accaduto nel 2% dei controlli. E’ quindi probabile che nelle donne con anomalie mulleriane, sebbene la vascolarizzazione nel primo trimestre risulti indubbiamente alterata, con il procedere della gravidanza si realizzi una normalizzazione dell’impedenza e quindi del flusso nelle arterie uterine.

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Conclusioni

Alla luce dei risultati ottenuti dal nostro studio condotto sulle pazienti affette da anomalie mulleriane l’incidenza tra la popolazione generale di queste anomalie è risultata essere del 3%.

Dalla casistica analizzata è apparso evidente sebbene la maggioranza delle pazienti fosse asintomatica e all’oscuro della propria condizione

patologica, le alterazioni vascolari erano presenti sin dal primo trimestre in tutte le donne con malformazione uterina. La mancata conferma di queste modificazioni nella maggioranza delle pazienti al secondo trimestre ci porta a concludere che, nonostante le anomalie mulleriane comportino una più alta percentuale di complicanze durante la gestazione, non è detto che non si instauri un meccanismo di compenso fisiologico materno-fetale in grado di sopperire alla vascolarizzazione inizialmente deficitaria, come se si determinasse un rimodellamento strutturale a livello dell’organo, per garantire anche in queste pazienti un

outcome favorevole.

Nel gruppo di pazienti con malformazioni uterine si verificava, nella maggioranza dei casi, una normalizzazione del quadro flussimetrico alla successiva valutazione a 24 settimane di gestazione compatibile con il probabile adattamento vascolare alle anomalie anatomiche.

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Inoltre l’alta percentuale di falsi positivi riscontrata al test di screening

del primo trimestre per la preeclampsia, necessita di una più attenta valutazione vista la probabile alta percentuale di errore e la necessità di seguire queste pazienti in specifici percorsi per donne con gravidanza a rischio.

Tuttavia le malformazioni uterine sono di per se stesse inficianti l’outcome gravidico: sia i dati presenti in Letteratura che quelli riportati

nel nostro studio evidenziano una maggiore incidenza di parti pretermine nelle donne con anomalia uterina nonostante la cervicometria nel primo trimestre fosse normale. Pertanto con il procedere della gravidanza queste donne probabilmente vanno incontro ad un accorciamento precoce della cervice uterina causato dall’alterata morfologia dell’utero incapace di espandersi e sostenere i cambiamenti fisiologici d’organo che normalmente intercorrono nella gravidanza a termine.

L’elevata percentuale di parti espletati con taglio cesareo evidenzia come

le anomalie strutturali e morfologiche dell’utero spesso portino allo sviluppo di un organo deficitario, incapace di mettere in atto i meccanismi fondamentali a garantire la corretta contrazione e coordinazione muscolare delle varie porzioni uterine al fine di garantire un parto a termine ed eutocico.

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Relativamente invece alle donne prive di alterazioni morfostrutturali uterine ma con PI elevato si assisteva alla permanenza, al successivo controllo ecografico, dell’aumentata impedenza delle arterie uterine,

non potendo in tal caso trattarsi di falsa positività dell’esame iniziale: fatto questo confermato dal persistere dell’aumento del rischio di sviluppo di preeclampsia estrinsecatosi in due casi nella suddetta complicanza.

L’importanza quindi di identificare sin dal primo trimestre le eventuali

anomalie uterine o fetali si può tradurre nella possibilità di scegliere il miglior percorso terapeutico e prendere i dovuti provvedimenti al fine di prevenire le possibili complicanze durante la gravidanza.

Negli ultimi anni stanno emergendo nuovi percorsi assistenziali incentrati sul primo trimestre di gestazione che modificano l’approccio finora avuto sia nella scelta delle gravidanze a rischio sia nel follow-up delle pazienti in gestazione. E’ possibile valutare il rischio “personale” di ogni singola paziente sulla base delle informazioni diagnostiche, anamnestiche e sierologiche ottenute, in modo da scegliere il percorso assistenziale più adeguato e accurato incentrato sulla diagnosi precoce. Questo studio apporta un ulteriore contributo alla capacità di selezione delle gravidanze a rischio ed allo sviluppo di nuovi percorsi assistenziali.

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