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Nonostante l’ipotensione intradialitica (IDH) sia una delle complicanze a breve termine più rilevanti dell’emodialisi, con gravi conseguenze sia nel breve sia nel lungo termine, non si è ancora riusciti ad ottenere buoni risultati nella prevenzione degli episodi ipotensivi; il principale ostacolo al raggiungimento di tale obiettivo è il fatto che l’insorgenza di IDH non è sempre osservabile attraverso segni esterni, poiché alcuni pazienti non mostrano sintomi precursori.

Questo lavoro di tesi si inserisce nel contesto del Progetto DialysIS (Dialysis therapy between Italy

and Switzerland) e si focalizza sulla definizione di indici che permettano di prevedere, ad inizio

trattamento, la probabilità che si verifichino eventi ipotensivi durante dialisi.

Volendo determinare un indice di propensione a IDH che possa trovare applicazione clinica, le specifiche che deve avere sono semplicità di calcolo, non invasività, ripetibilità e accuratezza. Inoltre, è fondamentale che il calcolo sia paziente – dipendente affinché si adatti alla variabilità inter – pazienti e alle diverse condizioni con cui il paziente si presenta al trattamento, che possono variare tra sedute consecutive. Queste esigenze sono dettate dal fatto che il personale medico richiede un riscontro immediato della situazione di rischio di IDH cui il soggetto è sottoposto a seconda dei suoi esami predialisi, senza dover effettuare analisi aggiuntive, evitando ulteriori costi in termini di tempo e apparecchiature. Infine, bisogna sempre tenere presente che il trattamento dialitico si svolge tre volte a settimana, quindi ogni esame aggiuntivo previsto per ciascuna seduta significa disagio per il paziente.

6.1 Analisi statistica descrittiva

Nella popolazione in studio il 65% dei pazienti è di sesso maschile, l’età media è di 70.07 ± 10.89 anni e l’età dialitica media è di 61.5 ± 59.67 mesi; il 31% dei pazienti arruolati è diabetico e il 90 % è soggetto a cardiopatia.

Dal confronto con la coorte italiana analizzata dallo studio DOPPS (Dialysis Outcomes and

Practice Patterns Study) su 101 centri di dialisi in Europa (74), i dati anagrafici della popolazione

studiata risultano conformi; si può assumere che il campione osservato sia rappresentativo della popolazione di pazienti in dialisi.

Il primo aspetto indagato in questo studio è la condizione con cui il paziente si presenta all’inizio di una seduta dialitica in termini di concentrazione dei principali elettroliti nel sangue, valori di pressione arteriosa, frequenza cardiaca e incremento ponderale rispetto alla seduta precedente.

Riguardo la concentrazione di calcio, magnesio, sodio, potassio e cloro, l’elevata variabilità nella distribuzione dei valori attorno al valore medio determina delle differenze tra le misure effettuate dopo l’intervallo corto e quelle dopo l’intervallo lungo che sono statisticamente significative (p < 0.05). In termini di valore medio si è riscontrato che, con p < 0.01, le differenze tra le medie calcolate nei due gruppi di dati post ponte corto e post ponte lungo non sono statisticamente significative nel caso di calcio, magnesio, sodio e potassio. Il cloro ha un valore medio maggiore dopo il ponte lungo nei pazienti arruolati a Lecco, così come l’urea in entrambi i centri. La varianza riscontrata negli andamenti complessivi è dovuta alla variabilità con cui i singoli pazienti si presentano dopo uno o due giorni alla seduta successiva e questo è verosimilmente legato al fatto che gli scambi elettrolitici, essendo compromessi dalla mancata funzionalità renale, modificano in modo diverso la composizione plasmatica ed ematica quando tra due sedute dialitiche consecutive intercorre un periodo di tempo diverso. In termini di pressioni, i valori predialisi dei 70 pazienti sono piuttosto variabili; la pressione sistolica varia tra 70 mmHg e 190 mmHg e la diastolica tra 30 mmHg e 115 mmHg, mentre il valore medio è, rispettivamente, 130 mmHg e 60 mmHg, in entrambi i casi entro l’intervallo fisiologico. Anche la frequenza cardiaca presenta un elevato range di valori predialisi, con picchi isolati minimi a 45 bpm e massimi a 95 bpm. La media calcolata tra tutti i pazienti si assesta intorno ai 70 bpm, conforme al valore fisiologico a riposo. Questi dati non differiscono significativamente (p < 0.05) se misurati dopo un intervallo breve o dopo un intervallo lungo.

Le principali differenze si riscontrano analizzando i dati suddivisi in sottogruppi in base ad alcune caratteristiche ipotizzate rilevanti: sesso, terapia dialitica, età dialitica, presenza di cardiopatia o diabete, propensione a sviluppare ipotensione intra-dialitica. In particolare, la pressione sistolica all’inizio della terapia è mediamente maggiore nei soggetti cardiopatici, nei pazienti diabetici e nelle donne; la pressione diastolica risulta influenzata dal sesso (è maggiore negli uomini), dall’età dialitica (aumenta all’aumentare dei mesi trascorsi in dialisi) e dalla propensione a sviluppare ipotensione (all’inizio delle sedute in cui si verifica IDH il paziente ha mediamente un valore di pressione inferiore rispetto alle altre sedute); la frequenza cardiaca

Discussione dei risultati

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tende ad aumentare insieme all’età dialitica ed è maggiore nei pazienti che si sottopongono ad HDF piuttosto che a emodialisi standard.

Per quanto concerne il periodo inter – dialitico, i parametri che subiscono maggiori variazioni tra la fine di una seduta e l’inizio della seduta successiva sono la pressione sistolica e la pressione diastolica, con picchi che arrivano fino a +60 mmHg e -40 mmHg. Il fatto che la pressione a inizio seduta sia maggiore di quella a fine seduta non stupisce, considerando il meccanismo che sta alla base del trattamento dialitico; al contrario, se il paziente si presenta già a inizio seduta con una pressione minore rispetto alla sua media o con una grande diminuzione rispetto al termine della seduta precedente, potrebbe essere necessario porre particolare attenzione ad alcune impostazioni di dialisi, come il tempo e la velocità di ultrafiltrazione. Nell’interpretazione di questi dati bisogna tenere presente che il primo valore misurato dal manicotto può essere influenzato dallo stato generale del paziente, che può capitare che si presenti particolarmente agitato o affaticato.

6.2 Indici di letteratura

Il calcolo dell’HI ha permesso di determinare lo stato di idratazione del paziente a inizio trattamento; la determinazione di HI attraverso i dati forniti dall’esame bioimpedenziometrico è più accurata ma possibile solo per la prima e l’ultima seduta di ogni paziente in questo studio, mentre il calcolo formulato attraverso le equazioni di Watson può essere esteso ad ogni seduta. Sulla base dei risultati ottenuti si può affermare che i pazienti monitorati nei due Centri Dialisi appartengono a due popolazioni sovrapponibili e non c’è differenza statistica tra i soggetti ipotesi e gli altri.

6.3 Nuovi indici

Per quanto riguarda l’interpretazione dei fattori predisponenti all’ipotensione intra – dialitica valutabili ad inizio trattamento, sulla base delle analisi condotte su 70 pazienti si può dedurre che gli elementi che più fortemente condizionano le sedute sono la concentrazione di potassio, l’incremento ponderale e la pressione media arteriosa.

La formulazione di J1 e J2 non tiene conto delle specifiche caratteristiche di ogni paziente, e fornisce una previsione poco accurata del rischio che si verifichi ipotensione durante il trattamento.

Nella definizione di J3 e J4, invece, i valori di concentrazione di potassio, pressione media arteriosa e incremento ponderale sono stati confrontati con la media di ciascun paziente, al

fine di individuare la sua condizione standard di presentazione alla dialisi e gli eventuali scostamenti da essa. I parametri citati sono stati combinati con coefficienti numerici definiti empiricamente a partire dall’osservazione dell’incidenza di ogni fattore sul numero totale di eventi ipotensivi e questo ha permesso di dare maggior peso alle condizioni che risultano più incidenti o più gravi e meno peso a quelle che, da sole, costituiscono un basso rischio di insorgenza di IDH. Un confronto tra i risultati dei test di accuratezza sui cinque indici è mostrato in Figura 6.1, in cui è evidente che l’unico predittore con buona validità clinica è J4, poiché a fronte di una quasi totalità di veri positivi individuati, mantiene accettabilmente basso il numero di falsi positivi.

Figura 6.1 Accuratezza degli indicatori J. In alto sono indicate la percentuali di IDH identificati da J rispetto al numero totale, in basso le percentuali di sedute regolari riconosciute come tali.

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 ac cu rat ez za [ % ]

J

IDH (J1) IDH (J2) IDH (J2') IDH (J3) IDH (J4) 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 ac cu rat ez za [ % ]

J

no IDH (J1) no IDH (J2) no IDH (J2') no IDH (J3) no IDH (J4)

Discussione dei risultati

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Considerando cinque sedute dialitiche consecutive è stata definita la normalità della condizione predialisi di ogni paziente. Gli scostamenti da essa sono stati ponderati dando un peso maggiore a quelli che si rivelano in direzione della predisposizione a ipotensione. Sulla base di queste informazioni, l’indicatore J4 è stato definito in termini paziente – dipendenti ed è stato calcolato come elemento di previsione all’inizio di ciascuna seduta.

I risultati della simulazione sono soddisfacenti; tutti gli eventi ipotensivi dichiarati dalle note del personale in corso di seduta a Lecco sono stati individuati, così come tutti gli episodi di IDH rilevati a Lugano attraverso i criteri di letteratura, compreso l’unico caso di ipotensione sintomatica descritto.

Per rispondere alle richieste del progetto DialysIS in cui si dichiara l’obiettivo di voler definire la condizione di normalità del paziente sulla base delle analisi di sole tre sedute consecutive, corrispondenti al monitoraggio di una settimana, è stata ripetuta la procedura di calcolo. Anche in questo caso i risultati della simulazione sono soddisfacenti, ma ci sono 5/52 episodi di IDH non riconosciuti. Si tratta di casi in cui il numero di sedute su cui si basa la definizione di normalità del paziente è troppo basso per permettere all’indicatore di avere informazioni sufficienti.

Il numero di falsi positivi, cioè di allarmi che il sistema produrrebbe sulla base delle informazioni sul paziente, impostate a inizio seduta, è elevato, soprattutto nella popolazione di Lugano. Una possibile interpretazione di questi risultati è che anche in questi casi in cui occorrono le condizioni predialisi predisponenti all’ipotensione - elevati scostamenti della concentrazione di potassio, dell’incremento ponderale e/o della pressione media arteriosa e il paziente è già stato soggetto a IDH nelle sedute precedenti –, durante la seduta intervengano fattori compensatori che ne determinano l’andamento regolare. Inoltre, bisogna sempre tenere presente l’eventuale intervento medico sulla prescrizione dialitica che può variare tra sedute diverse, ad esempio in termini di prescrizione di farmaci antiipertensivi o suggerimento di una nuova dieta alimentare.

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