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Fase 4 – Analisi dei dati 10

7. Discussione dei risultati ottenuti 30

Grazie a questo lavoro di indagine è stato possibile interrogarsi sul benessere socio-emotivo degli alunni delle classi di prima e seconda media.

Come spiegato, è stato deciso di focalizzarsi sul tema dell’autoefficacia ed in particolare si è voluto comprendere come i docenti possano intervenire adeguatamente per cercare di migliorare il senso di efficacia scolastica percepita dai propri alunni e se il fatto di creare un clima di classe sereno ed un buon rapporto con i ragazzi aiutasse a questo scopo.

Dall’analisi delle risposte dei discenti sono emersi dei dati molto interessanti che discuteremo a seguire, cercando per prima cosa di rispondere alle sotto domande di approfondimento ed in seguito all’interrogativo principale di questo lavoro.

Sotto-domande di approfondimento:

a. Il livello di autoefficacia scolastica percepito dalla popolazione interrogata è buono?

A questo quesito si può rispondere discutendo i dati ricavati dagli item 43, 44, 45 e 51e dalla loro messa in correlazione.

Nell’item 43 “Sono certo che riuscirò ad imparare quello che ci insegneranno a scuola quest’anno” la situazione appare per lo più positiva, il che vuol dire che la maggior parte dei

ragazzi che hanno risposto al questionario, crede nelle proprie capacità di imparare ciò che gli verrà proposto durante l’anno. Bisogna comunque tener conto, anche di quel 20% restante, che comprende sia chi non si sbilancia, dimostrando la propria insicurezza rispetto al credere di farcela, sia chi non crede di potercela fare. Perché questo accade e come far si quindi che anche quel 20% creda maggiormente nella propria autoefficacia? Dare una risposta a questo quesito appare complesso, si potrebbe ipotizzare che alcuni di questi ragazzi siano disorientati

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percentuale è migliorabile, poiché il 12% degli alunni che ha risposto al questionario si reputa poco sicuro o per niente certo della propria autoefficacia in questo ambito. Si può pensare che alcuni allievi abbiano difficoltà nell’eseguire i compiti da soli e che anche se hanno il tempo debito a disposizione non reputano comunque di farcela. Un’altra ipotesi possibile è quella che i suddetti ragazzi non essendo mai o quasi mai riusciti ad eseguire in modo considerato buono i propri compiti siano scoraggiati o poco certi della propria autoefficacia in questo campo

(Bandura, 2000).

Nelle risposte date all’item 45: “Anche se il lavoro a scuola è duro, ce la farò” i ragazzi si dimostrano nuovamente molto sicuri della propria autoefficacia rispetto alla convinzione di riuscire a farcela a scuola, anche se essa è dura. Dall’altro canto rimane un 19% che comprende sia chi crede di non farcela sia chi si reputa poco certo di riuscire. Questo dato fa comprendere come il margine di miglioramento anche in questo item sia rilevante, poiché la situazione ottimale è sicuramente quella in cui i ragazzi, pur ammettendo che la scuola li metterà di fronte ad alcune difficoltà si dicono certi di riuscire ad affrontarle con successo (Bandura, 2000). Comprendere come mai quasi un quinto degli allievi non è sicuro di poter riuscire ad affrontare la complessità del lavoro che lo attende a scuola, vedendolo come un ostacolo insormontabile o difficilmente superabile richiede certamente un ulteriore approfondimento per cercare di migliorare questo aspetto.

Per finire nell’item 51: “Ho progetti e sogni per quando sarò grande” i dati sono da un lato positivi, poiché un buon numero di alunni ha dichiarato di avere progetti e sogni per quando sarà grande. Questo vuol dire che essi credono o comunque sperano di poter raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. A nostro parere questo è un dato che ci indica chiaramente che i ragazzi in questione reputano di avere le qualità, di essere autoefficaci rispetto agli obiettivi che si sono posti e che molto probabilmente sono anche disposti a superare degli ostacoli per poter raggiungere la propria meta. D’altro canto il 15 % degli allievi che risponde di non avere tanti progetti e sogni per quando sarà grande o di non averne affatto, lascia perplessi e fa capire come sia davvero importante interpellarsi sul come mai, dei ragazzi preadolescenti possano rispondere in questo modo. Certo le cause possono essere molte, dai frequenti insuccessi a fattori che poco riguardano la scuola, ma ciò che è sicuro è che bisognerebbe far si che ogni alunno possa sognare di arrivare laddove desidera e che possa avere gli strumenti per poter credere di avere le capacità per arrivare dove ambisce (Bandura, 2000).

Per concludere, analizzando i dati ottenuti dai singoli items e mettendoli in correlazione tra loro si può chiaramente dedurre che il livello di autoefficacia scolastica percepita dai ragazzi interpellati sia da considerare alto, anche se vi sono numerosi aspetti su cui riflettere e che meriterebbero ulteriori indagini specifiche.

b. I preadolescenti hanno delle buone relazioni con gli adulti della propria scuola? A questo quesito si può rispondere analizzando i dati ricavati dagli item 24, 25, 26, 27 e mettendoli in correlazione tra loro.

Nell’item 24: “Ci sono degli adulti che sono per te importanti a scuola?” i dati che emergono

mostrano chiaramente come la maggior parte dei ragazzi interpellati reputa che ci siano degli adulti importanti per lui a scuola, il che è sicuramente un dato positivo, che fa capire come nel nostro cantone ci siano parecchi docenti capaci di istaurare delle relazioni significative con i propri alunni.

D’alto canto, quasi il 40% degli allievi afferma però che nella propria scuola non vi è nemmeno un adulto per lui importante. Questo dato, che evidenzia una difficoltà nelle relazioni tra alcuni studenti e gli adulti della loro scuola può essere letto in diversi modi.

Uno dei motivi potrebbe essere quello che i suddetti ragazzi non hanno stretto dei rapporti particolarmente personali con i docenti o gli altri adulti della sede (Kanisza, 2007), sia perché magari di prima media e quindi conoscono ancora poco l’istituto e chi vi lavora, sia per altri fattori a noi non noti.

Un’altra interpretazione è quella che un ragazzo può stimare un docente, rispettarlo ed esservi affezionato, facendosi però anche influenzare dal ruolo che l’insegnate ha, poiché esso è vissuto anche come qualcuno che limita l’indipendenza dei ragazzi, essendo tenuto a dare un giudizio agli allievi, a mantenere la disciplina in classe, ad insegnare la propria materia, a far seguire delle regole e quindi può assumere un duplice ruolo agli occhi del ragazzo, che in questo stadio della

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interpretato in diversi modi, ad esempio un preadolescente può avere una percezione

dell’insegnante che differisce da quella di una persona che si preoccupa davvero per lui, proprio perché vede nella figura del docente altri ruoli che ritiene predominanti (Kanisza, 2007). Un altro motivo potrebbe essere quello che esso associa più facilmente adulti del suo ambito famigliare a cui è sicuramente legato in maniera più forte, a persone che si preoccupano realmente per lui piuttosto che adulti legati al contesto scolastico, in cui spesso gli alunni si recano con poco entusiasmo (Bandura, 2000).

Un altro fattore di cui tener conto sono le parole “che si preoccupa davvero” poiché i discenti possono dare a questi termini un grande peso che fa si che, anche se stimano il docente e credono che esso tenga a loro, essi non valutino questo legame così tanto importante.

Questi dati devono far riflettere sul come poter migliorare la situazione cercando di far percepire maggiormente agli alunni la presenza dei docenti in modo positivo come figure che prestando parecchia attenzione ai bisogni individuali dei ragazzi (Collacchioni, 2006).

Nell’item 26: “Nella mia scuola c’è un insegnante o un adulto che crede che ce la farò” i dati

emersi, se confrontati con quelli della domanda precedente paiono essere più tranquillizzanti, dato che la percentuale di alunni che reputa che nessuno crede che ce la farà è solamente del 7%. Questo dato si può interpretare proprio paragonando i termini “preoccuparsi davvero” e

“credere”, poiché è possibile che gli alunni riconoscano che vi sono degli adulti a scuola che credono nelle loro capacità scolastiche, ma che al contempo non si preoccupano così tanto per gli aspetti che riguardano la vita personale di ogni ragazzo. Il termine preoccuparsi richiede, infatti, un maggiore coinvolgimento emotivo, rispetto al credere nelle potenzialità di una persona e questo non sempre è dato dai docenti (Fele & Paoletti, 2003). D’altro canto è complesso fornire una decodificazione unica a questi dati poiché le variabili coinvolte sono parecchie.

I dati raccolti attraverso l’item 27: “Nella mia scuola c’è un insegnante o un adulto che mi ascolta quando ho qualcosa da dire” ci dimostrano come il saper ascoltare i ragazzi, è senza

dubbio fondamentale da parte degli adulti che si occupano della loro educazione, poiché essi sono in una fase particolare della vita, in cui i problemi legati all’adolescenza cominciano a prendere il sopravvento rispetto a tutto il resto, compresa la scuola e quindi è bene ricordare “l’importanza di un atteggiamento di ascolto dei loro bisogni profondi di crescita, di

un’attenzione alla loro ricerca dell’identità e al loro bisogno di valorizzazione, di una

disponibilità ad aiutarli nella conquista dell’indipendenza” (Petter, 1992, p. 166). È necessario star loro vicini senza cercare di “curarli”, ma piuttosto cercando di prendersi cura di loro senza

volergli imporre le nostre idee o i nostri pensieri, ma riuscendo a relazionarsi con loro affiancandoli nella crescita, rappresentando per essi un interlocutore attento e competente da interpellare quando se ne sente la necessità (Kanisza, 2007).

Per concludere, se analizziamo meglio le risposte ottenute nell’item 24 in relazione ai risultati ottenuti dalla correlazione con la medesima, possiamo notare, come già spiegato all’analisi dello stesso item, come non tutti gli alunni ritengano di avere una figura di riferimento importante all’interno della scuola, ma al contempo, guardando le risposte agli item 25, 26 e 27 risulta chiaro come per gran parte dei discenti, il valore di autoefficacia scolastica percepita, aumenta in correlazione a quanto interesse il docente dimostra per loro, quanto li ascolta e quanto dimostra di credere nelle loro potenzialità.

In sintesi, dai dati emersi dai singoli items e dalla messa in correlazione tra loro, possiamo desumere che le relazioni tra gli adulti ed i ragazzi, a scuola, siano ritenute dai discenti di qualità buona, anche se chiaramente paiono anche migliorabili sotto diversi punti di vista e certamente sarebbe un tema da approfondire.

c. Il genere e l’età influenzano il livello di autoefficacia dei ragazzi interpellati?

Come già emerso dall’analisi dei dati, pare chiaro come il genere dei ragazzi e la loro età non muti significativamente il livello di autoefficacia dei ragazzi interpellati. Anche qui si potrebbero avanzare parecchie ipotesi sul perché la situazione non muti in base agli anni o al sesso. Ad ogni modo, considerato che il livello di autoefficacia medio emerso è alto i dati appaiono sintomo di benessere. Sarebbe interessante chiedersi come intervenire efficacemente per migliorare la situazione e far sì che i dati migliorino con la crescita dei ragazzi e non restino praticamente fissi come allo stato attuale.

35 migliorarle (Bandura, 2000) e sarebbe quindi importante capire come poter perfezionare questa situazione.

Domanda di ricerca:

1. Avere delle relazioni positive con gli adulti della propria scuola, influenza il livello di autoefficacia scolastica percepita dai preadolescenti?

Dal fatto che la maggior parte delle domande messe in relazione fra loro sono fortemente connesse si può notare come una relazione positiva con gli adulti presenti a scuola influenzi, nella gran parte dei casi, positivamente anche il livello di autoefficacia scolastica percepito dagli alunni.

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