Capitolo 4: Lo smart retailing in Italia: quali implicazioni per i retailer di fast fashion?
4.5 Discussione dei risultati
Il presente capitolo ha analizzato, adottando una metodologia qualitativa, quali sono, secondo gli esperti di in-store technologies/solutions, le principali implicazioni che l’orientamento allo SR potrà avere per i retailer di fast fashion che operano in Italia. I risultati dell’analisi confermano come l’orientamento allo SR imponga alle organizzazioni di mutare la propria forma mentis in favore di un approccio fondato sulla customer centricity e sull’integrazione e sull’ibridazione dei canali a disposizione, abbandonando quindi la logica “a silos” tipica della multicanalità (Beck e Rygl, 2015).
Attraverso le interviste condotte è emerso come le IST svolgano un ruolo necessario e fondamentale per raggiungere questo scopo, sebbene di per sé la loro presenza non sia sufficiente a rendere “smart” il punto vendita in cui sono inserite, né l’organizzazione che ha deciso di investirvi. In accordo con quanto affermato dalla letteratura (es., Pantano et al., 2017), infatti, anche gli intervistati hanno osservato come lo smart retailing vada oltre l’inserimento di smart technologies nei negozi per mere finalità di aumento delle vendite nel breve periodo e debba invece essere inquadrato in ottica strategica e di lungo periodo. L’inserimento di IST, congiuntamente ad un mutamento culturale a livello dell’intera organizzazione, implica un profondo cambiamento paradigmatico in favore di un retailing più integrato, ibrido e innovativo
• Central ità d el cl ie nte; • Cen trali tà d el l’i n n ovaz ione tec n ologic a Modifica ruoli e competenze Ripensamento figure manageriali esistenti Introduzione nuove figure manageriali Investimento in nuove competenze Modifica della cultura organizzativa
Premesse per il
cambiamento
organizzativo
Azioni necessarie per
attuare il cambiamento
organizzativo
• CIO • CTO • CRO • CDO • DTO • CCEO Data scientist con background in marketing Diffusione dei principi dello smartretailing a ogni livello dell’organizzazione Customer centricity Abbandono logica “a silos”
176
che sia in grado di coinvolgere la base clienti e i prospect. Dalle interviste è emerso, con riferimento al contesto italiano, che i retailer di fast fashion orientati ad una configurazione “smart” e omnicanale del proprio business e delle strategie di marketing sono una ristretta minoranza. La maggioranza dei retailer ha finora investito in IST per finalità squisitamente tattiche e di breve periodo e ha interpretato la presenza delle tecnologie smart nei punti vendita come un nuovo canale di vendita, anziché come un mezzo per dare luogo concretamente alla necessaria integrazione tra i canali fisici e digitali a disposizione per interagire con i consumatori. Come esposto nei risultati della prima RQ, nonostante si tratti, al momento, di una minoranza, esiste un ristretto numero di retailer di fast fashion operanti in Italia che ha invece compreso il significato e le potenzialità dello smart retailing e vi sta investendo al fine di attuare l’integrazione tra canali richiesta dall’approccio omni-channel e dai nuovi smart shopper. Per questi retailer, quindi, l’investimento in IST va a svolgere un ruolo di natura strategica, orientato al lungo periodo e alla sostenibilità di un vantaggio competitivo sui competitor grazie all’abbandono della logica “a silos” di gestione dei diversi canali e mira a coinvolgere i consumatori attivando con essi un processo interattivo di dialogo e ascolto seamless. Pertanto, i risultati indicano come lo SR in Italia sia ancora in una fase pressoché embrionale e caratterizzato da scetticismo, come rilevato anche dagli ultimi rapporti di ricerca prodotti sul retailing italiano (es., Pontiggia, 2017; PwC, 2017).
L’atteggiamento rilevato dagli esperti ha per conseguenza anche delle importanti implicazioni su quello che sarà il ruolo e l’importanza del punto vendita in futuro nelle strategie di marketing dei retailer di fast fashion operanti in Italia. Se, da un lato, il punto vendita sarà destinato ad essere inteso come un tradizionale ambiente di vendita e misurato quindi principalmente attraverso il KPI dei flussi di fatturato generati (ruolo tattico), dall’altro, sarà visto in modo diverso dai retailer che ne comprenderanno la centralità in accordo con la “filosofia” degli approcci di omni- channel e smart retailing. In quest’ultimo caso, il fatturato generato dall’investimento in innovazione rimarrà un importante KPI, ma sarà interpretato in ottica integrata con quello generato dagli altri canali. Inoltre, il ruolo del PdV evolverà da semplice ambiente di vendita a centro di aggregazione e di esperienzialità e diventerà il luogo privilegiato dove attivare campagne di comunicazione integrata di marketing, volte a coinvolgere il consumatore attraverso tutti i canali a disposizione (punto vendita, canale online, e social media) senza soluzione di continuità. Al di là delle previsioni degli esperti, è indiscutibile che i risultati ottenuti con riguardo ai primi due obiettivi conoscitivi individuati (RQ1, RQ2) delineino quindi il
quadro di un retailing in Italia ancora piuttosto scettico verso l’OCR e lo SR. Vi è, nella maggioranza dei casi, una scarsa fiducia verso i benefici che l’adozione di IST può apportare al business e al marketing aziendale, se non in termini di aumenti nel breve periodo dei flussi di ricavi. Dalle risposte emerse si ritiene pertanto che la letteratura sinora prodotta sulle implicazioni per la gestione dei PdV e degli addetti alle vendite in essi impiegati rappresenti ancora una fotografia veritiera dello “stato dell’arte” della trasformazione verso lo SR e che sia ancora particolarmente necessario lavorare sullo sviluppo di competenze ad hoc per affrontare questo dirompente fenomeno (es., Pantano e Timmermans, 2014; Lewis e Loker, 2017; Pantano et al., 2017; 2018; Roy et al., 2017).
Con riguardo alla terza domanda di ricerca (RQ3, ruolo delle IST nella creazione di engagement
nei millennials italiani), il focus è stato trasferito a quello che la recente letteratura sullo smart retailing (es., Rossi et al., 2018) riconosce come una delle principali opportunità fornite dall’utilizzo di IST nella “logica” dello smart e omni-channel retailing, ossia l’emotional brand
177
engagement. I rispondenti sono stati concordi nel ritenere che le IST possano rappresentare uno strumento importantissimo per creare engagement nei millennials italiani, rappresentando il medium in grado di attivare un dialogo con i consumatori seamless e integrato. Le IST possiedono secondo gli intervistati anche la capacità di rendere maggiormente ludica e personalizzata l’esperienza dei consumatori. Infatti, numerose IST offrono opportunità di gamification in store (es., erogazione di quiz a premi) e di personalizzazione del sistema d’offerta (es., pannelli in cui è possibile personalizzare a piacimento il prodotto) e dell’esperienza nella sua totalità (es., intervenendo con stimoli di marketing inattesi dal consumatore, come l’invio di promozioni personalizzate sotto forma di notifiche push sullo smartphone durante la sua permanenza in negozio). Naturalmente, queste modalità di creazione di brand engagement nei millennials italiani verso i retailer di fast fashion sono state riconosciute dagli esperti come specifiche per il target group e per la categoria di prodotto indagati. Nel caso di gruppi di consumatori meno tech-savvy (es., generazione X, baby boomes ecc.) e di categorie di prodotto diverse (es., grocery) le IST potrebbero essere usate altrettanto efficacemente, ma per finalità diverse, in funzione delle diverse esigenze della domanda e dei diversi benefici da questa ricercati. Nonostante queste opportune differenze rilevate in base alla categoria di prodotto e al segmento di domanda, gli esperti rimangono comunque dell’opinione che l’approccio “smart” al retailing che abiliti l’omnicanalità sia una direttrice strategica imprescindibile per i retailer, qualunque sia la categoria di prodotto e la fascia di valore in cui si collochino. Questa affermazione deriva dalle opportunità strategiche riconosciute alle IST per i retailer e che seguono logicamente la generazione di engagement verso il brand. In primis, le IST consentono di generare una mole di insight relativi ai singoli consumatori di molto superiore ai tradizionali programmi fedeltà (es., carte fedeltà), includendo i loro comportamenti, le azioni svolte all’interno del punto vendita, i reparti più visitati ecc., nonché tutte le attività svolte sul canale online attraverso lo smartphone (es., preferenza di colori per tipo di indumento). In questa maniera, un CRM più efficace diviene una delle principali opportunità di marketing riconosciute alle IST e ricollegate a doppio filo all’attivazione di un dialogo seamless con in consumatori e al conseguente aumento della profondtà del legame impresa-consumatore. Secondo gli esperti, inoltre, un’altra opportunità derivante dall’aumento dei livelli di engagement e di “partecipazione” del consumatore all’interno degli “smart store” coincide con maggiori opportunità di co-creazione di valore, riflettendosi non solo nella co-progettazione di prodotto, ma anche di servizio. Il valore creato dalle interazioni tra consumatori e IST deriverà anch’esso dagli insight che verranno a generarsi, i quali consentiranno, analizzati in maniera aggregata, agli algoritmi delle IST di prevedere con maggiore precisione anche le preferenze dei prospect e attivare quindi un marketing personalizzato anche per clienti su cui, individualmente, non si possiedono insight. Infine, attraverso questi meccanismi si prevedono due importanti implicazioni per il branding relative alla loyalty e alla brand awareness. Secondo gli esperti, la fedeltà alla marca dei consumatori sarà fortemente impattata dall’aumento dei livelli di engagement. In particolare, si prevede che aumenteranno sia il traffico in store, soprattutto a causa del ruolo del punto vendita come centro di aggregazione e di socialità, che la frequenza di acquisto per singolo cliente, potendo questi scegliere in maniera seamless il canale che preferisce per poter effettuare un acquisto. Con riguardo alla brand awareness, anche la notorietà del brand è destinata ad aumentare secondo i rispondenti a causa, soprattutto, dell’impatto che l’attivazione di un “dialogo seamless” tra impresa e consumatore può avere su quest’ultimo in termini di
178
inclinazione a “narrare” le esperienze vissute con il brand, in particolare sui social, attivando un passaparola positivo tra i suoi contatti.
L’analisi delle risposte fornite in riferimento all’ultima domanda di ricerca del lavoro (RQ4:
cambiamenti interni alle organizzazioni necessari orientarsi allo smart retailing) ha contribuito a identificare diverse sfide organizzative intra-aziendali che attendono i retailer di fast fashion nei prossimi anni. Gli esperti ritengono imprescindibile che i retailer comprendano la portata del cambiamento organizzativo necessario per giungere ad un orientamento allo smart retailing, a partire dalle figure manageriali apicali. Il portato di questo cambiamento include non solo il ripensamento del ruolo e dell’importanza delle figure deputate alla gestione strategica della customer experience (es., CRO) e delle piattaforme tecnologiche e informative (CTO e CIO), ma anche l’introduzione di nuove (es., CCEO, CDO o DTO). Queste figure dovranno in futuro avere maggiore potere decisionale nel board e lavorare a stretto contatto con il CEO per riconfigurare a livello strutturale l’organizzazione, affinché questa raggiunga una fattiva configurazione “smart” e omnicanale. Se correttamente gestita, questa fase di cambiamento culturare porterà i retailer a comprende che l’investimento in IST è una conditio sine qua non per competere nel “retailing del futuro”. Strettamente interrelato è quindi il tema della cultura aziendale, la quale dovrà mutare adottando i principi dello smart e omni-channel retailing quali valori fondamentali del “baricentro strategico” dell’organizzazione. Per giungere a questo risultato è imprescindibile attivare una proficua collaborazione tra tutte le figure manageriali coinvolte nella transizione verso lo smart retailing, affinché tutti gli stakeholder aziendali, collocati a qualunque livello dell’organizzazione, giungano ad una profonda comprensione della logica di business necessaria per evolvere verso il “retailing del futuro”. In particolare, due elementi dovranno divenire le linee guida di questo cambiamento: un orientamento alla customer centricity sempre più marcato e l’abbandono della logica “a silos” delle funzioni e dei canali aziendali.