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9. Lo Studio

9.3 Discussione

La casistica esaminata in questa tesi permette di affermare che probabilmente ci trovia- mo di fronte ad un’epidemia d’infezione invasiva da Candida spp, in particolare di candi- demia. Infatti si può notare come le pratiche sanitarie influenzino l’insorgenza della can- didemia in malati molto compromessi, ma anche il numero di ricoveri gioca un suo ruolo: questo è infatti direttamente proporzionale alla quantità di manovre invasive alle quali il paziente può essere soggetto. Aumenta quindi la possibilità che vengano applicati CVC, cateteri vescicali (CV), sondini naso-gastrici (SNG) ed altri device responsabili di colonizza- zione; pensiamo che il numero dei ricoveri incida anche sulla possibilità, aumentandola, di venire a contatto con ceppi virulenti epidemici, ipotesi che però al momento non è stata ancora provata per Candida spp.

Tuttavia alcune caratteristiche dei risultati riscontrati dai nostri pazienti possono far pen- sare ad un andamento epidemico. In letteratura, casi di outbreak da Candida spp nei re- parti ospedalieri sono stati seguiti e studiati per il sospetto appunto che fossero sostenuti da un unico ceppo epidemico. Boccia et al. già nel 2002 avevano dimostrato, tramite ana- lisi genotipica, l'unicità del ceppo di C.albicans che stava sostenendo infezioni sistemiche nei pazienti del reparto di Terapia Intensiva Neonatale [88]. In un altro studio, del 2008, sempre attraverso la tecnica del DNA fingerprints si scoprì che anche C.parapsilosis pote- va sostenere epidemie nosocomiali e non solo essere un'infezione endogena coadiuvata da cateteri ed altri device intravascolari. Un ceppo epidemico era stato infatti isolato in un UTI neurologica [89].

Pertanto non si può escludere a priori che ci siano elementi legati alla virulenza della

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possano configurare la diffusione epidemica dell’infezione. In primo luogo, l’elevata per- centuale di produzione di biofilm depone per la selezione di ceppi più virulenti. In partico- lare nella nostra casistica si rileva un’elevata percentuale di produzione di biofilm in C. al-

bicans (92%) rispetto al 60% di C. parapsilosis (Fig. 7)

Questa caratteristica è stata raramente rilevata in letteratura, anzi la produzione di bio- film viene descritta ad appannaggio di altre specie : C. parapsilosis, C. tropicalis. Infatti Pannanusorn ha rilevato la produzione di biofilm solo nel 40% di C. albicans e nell’88% di C. non-albicans e tra queste nel 100% di C. tropicalis (8 ceppi), 95% di C. glabrata (81 cep- pi) e nel 66% di C. parapsilosis (33 ceppi) [21].

C. albicans è la specie più frequentemente isolata dalle candidemie e dalle candidiasi in-

vasive; la relativamente rara produzione di biofilm di questa specie, chiaro fattore di viru- lenza per Candida, non riusciva a spiegare la sua spiccata invasività e virulenza. I nostri da- ti invece potrebbero dare una spiegazione alternativa alla virulenza di questa specie. Non pensiamo che questi risultati siano legati a fattori tecnici, perché la metodica è oramai abbastanza standardizzata; inoltre il tempo di incubazione molto più breve (3h), utilizzato in questo lavoro, rispetto ad altre esperienze (24h) [23] conferma più che negare i nostri risultati. E’ vero che in letteratura la maggior parte delle esperienze rileva una più rara produzione di biofilm da parte di C. albicans [90, 9192]. Pannanusorn et al nel loro studio del 2013 affermavano che gli isolati di Candida non-albicans risultavano significativamen- te più positivi per la formazione di biofilm (88.7%) a confronto degli isolati di C.albicans (40.3%) (P< 0.0001). Inoltre gli isolati di Candida non-albicans possedevano più spesso la capacità di formare una grande quantità di biofilm rispetto a C.albicans. Lo studio si con- cludeva attribuendo a C.albicans altri fattori di virulenza per giustificarne la capacità di sviluppare infezioni invasive, a fronte della scarsa capacità di produzione di biofilm [21].

Alcuni studi, invece, hanno anch’essi riscontrata un’elevata percentuale di produzione di biofilm in C. albicans, che risultava in quelle esperienze, la specie che produceva più bio- film in assoluto [22, 93 ].

Le differenze così marcate tra differenti studi potrebbero essere dovute a diversi fattori; fra tutti l’origine e la selezione dei ceppi studiati. Non si può escludere a priori che i ceppi

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studiati non facciano parte di un solo clone, magari epidemico. Ovviamente questo si po- trebbe dimostrare effettuando studi di geno- o feno-tipizzazione [94].

Inoltre problemi tecnici anche se si cerca di standardizzare la metodica al massimo po- trebbero rendere conto delle differenze; la scelta del medium di coltura, la plastica dei pozzetti dove si effettua il test, l’incubazione statica o in agitazione[95, 9697]. Lo scarso numero dei ceppi da noi testati potrebbe essere un altro fattore confondente, però biso- gna dire che gli stessi risultati si sono avuti su di una casistica di 109 candidemie da C. al-

bicans studiate ad Udine con produzione di biofilm del 91% (Prof Cardinali Microbiologia

Dipartimento di Farmacia Università di Perugia; comunicazione personale).

L’altro dato rilevante della nostra casistica è che i malati in MWs hanno come fattore di rischio la presenza del PICC (72%) nei pazienti con candidemia e che provenivano molto spesso da domicilio o da RSA. Questo aspetto è legato molto all’organizzazione degli o- spedali in Toscana. Le medicine hanno come obiettivo regionale di ridurre la durata dei ricoveri, per ottenere questo obiettivo si dimettono a domicilio o in RSA, malati molto an- ziani, fragili e con co-morbidità (Charlson elevato) con catetere venoso centrale per effet- tuare terapia infusionale. Abbiamo contattato la Prof.ssa Scocca della Terapia del Dolore dell’Ospedale di Pisa che ci ha confermato che a Pisa vengono posizionati circa il 3% dei PICC sull'intero territorio nazionale e che la maggior parte viene posizionato alla dimissio- ne del paziente e non all’ingresso; pertanto è molto probabile che sia poi gestito a domici- lio, probabilmente da personale o familiari non formati al mantenimento della sterilità del presidio.

I dati di onset delle candidemie suggeriscono come l'infezione disseminata da Candida spp. si sviluppi durante il ricovero nei pazienti dei Surg/ICU, dato anche il tempo di degen- za prolungato ed il tipo di chirugia effettuato (principalmente addominale). La bassa per- centuale nei MWs indica invece che il paziente probabilmente entra già in ospedale con l'infezione in atto, o comunque svincolata dalla durata della degenza o dalle pratiche no- socomiali.

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Nel nostro caso, il PICC, catetere intravascolare largamente usato nelle MWs, può essere la causa dell'aumento delle candidemie in quei reparti. La letteratura non è né molto pre- cisa né concorde su questo aspetto, inoltre mancano specifiche associazioni tra infezioni da Candida e PICC. Cotogni e Pittiruti mettono a confronto i vari tipi di catetere e ciò che risulta è una minor associazione tra infezioni disseminate (bloodstream infections: BSI) e PICC rispetto a BSI e CVC. La spiegazione di questo trend è data dalla minor colonizzazione batterica dei siti d'accesso per il PICC (generalmente il braccio) rispetto a quelli per il CVC (collo e regione succlavia). Nelle conclusioni di questo studio però, si sottolinea che per stabilire sicuramente questa associazione servirebbero altre evidenze scientifiche [98]. Safdar e Maki invece sostengono che nel loro studio prospettico le BSI correlate all'uso di PICC non discostano come frequenza da quelle correlate a CVC nei pazienti ospedalizzati. Nei pazienti ambulatoriali questa correlazione è invece maggiore per i portatori di PICC, suggerendo un ruolo determinante dei care-givers e degli infermieri nel mantenere l'igie- ne e la funzionalità del presidio (aspetto questo sottolineato anche nello studio di Cotogni e Pittiruti) [99]. Altri studi concordano sul maggior rischio dei PICC di sviluppare trombosi venose profonde(TVP), e trombi all'interno dello stesso presidio . Puntualizzano anche sul fatto che il tempo di permanenza del device è positivamente correlato con l'insorgenza di complicanze (BSI e TVP). Advani et al. nel loro studio su una popolazione ospedaliera pe- diatrica, ha osservato come un tempo di permanenza ≥ 21 giorni aumentava il rischio di BSI. In questo stesso studio compare anche Candida spp. come agente infettivo device- correlato, con C. parapsilosis il principale rappresentante del gruppo [98, 100, 101 ]. Noi ag- giungiamo che in particolare il PICC potrebbe, con la sua lunghezza, favorire l’adesione dei ceppi più filmogeni e se poi si occludono, il trombo settico potrebbe essere più lungo e mantenere più a lungo l’infezione e lo stato settico.

La mortalità nei due gruppi non è influenzata dal tipo di terapia effettuata e dalla specie di Candida che ha provocato l’infezione. Probabilmente ciò è dovuto al numero di pazienti arruolati.

Bisogna dire che il dato preoccupante è che ancora il 30% delle candidemia non sono trat- tate con terapia anti-fungina in MWs. In alcuni casi la mancata terapia potrebbe essere dovuta al fatto che si ha il decesso prima della comunicazione della presenza di Candida nel sangue, ma il 30% sembra eccessivo per spiegare tutti i casi di mancata terapia. Per-

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tanto significa che vi è una ridotta sensibilità in questi reparti per il problema della candi- demia. La percentuale di mancata terapia in MWs dovrà essere monitorato nel tempo, per cercare di migliorare l’approccio alla candidemia nei reparti di medicina.

Gli studi di fungicidia ci permettono di concludere che nei confronti dei ceppi isolati a Pisa in generale amfotericina B ha la migliore attività con una MFC90 di 2 mg/L. Tale concen- trazione è circa 1/5 della concentrazione di picco del farmaco nel sangue dopo una dose standard, almeno se si usa la forma liposomiale.

Per quanto riguarda le echinocandine, se si esclude la C. parapsilosis, l’attività fungicida delle echinocandine è ottima, con la micafungina che mostra una MFC50 più basse delle altre. Tali valori sono inferiori ad 1/10 delle concentrazioni di picco delle echinocandine.

La letteratura è concorde nello stabilire come in modelli d'infezione in vivo ed in vitro l'at- tività fungicida dell'intera classe delle Echinocandine è concentrazione-dipendente e mantiene prolungati effetti dopo la somministrazione [102, 103 104]. L'attività fungicida co- me è noto si esplica a livello della parete fungina, inibendo la produzione di beta-1,3- glucano e provocando quindi la morte osmotica della cellula. Questa attività delle echino- candine sembra essere aiutata anche dal potenziamento della capacità ossidativa dei fa- gociti ad opera degli stessi farmaci [104]. Lepak et al. nel loro studio dimostrano che, per quanto riguarda le echinocandine, la relazione tra esposizione al farmaco (AUC) e MIC può essere considerata il fattore predittivo più sensibile dell'efficacia terapeutica [105].

Per quanto riguarda l' Amfotericina B, risulta dalla letteratura che concentrazioni del far- maco uguali o più basse della relativa MIC inibiscono solo lievemente la crescita dell'isola- to. Peraltro per concentrazioni che superano la MIC, l'Amfotericina B dimostra un'attività fungicida dose-dipendente. Nello specifico Burgess et al. propongono questi dati: concen- trazioni ≥ 2 X MIC riducono le colonie sotto il limite di quantificazione (100 CFU/mL) nel giro di 12h e concentrazioni ≥ 8 X MIC riducono le colonie sotto il livello di quantificazio- ne in 2h [106]. Quindi l'effetto antifungino di Amfotericina B inizia a massimizzarsi ad un certo livello o picco: una MIC di 4 o corrispondenti valori sierici di 1 mg/L. Tuttavia, è stata osservato un aumento ulteriore dell'attività del farmaco fino a livelli di concentrazione di 2 mg/L ed una MIC di 10 [107].

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Per la classe delle echinocandine è stato dimostrato come il rapporto tra Cmax/MIC ed il rapporto AUC/MIC siano indici affidabili di efficacia terapeutica [103, 108 ]. Nello studio di Andes et al. del 2011 è emerso che pazienti con un indice AUC/MIC >3,000 e ≤ 12,000 a- vevano un maggior successo clinico. Al contrario pazienti con AUC/MIC <3,000 o >12,000 avevano una risposta clinica minore [108].

Poiché sia le echinocandine sia amfotericina B sono farmaci concentrazione dipendente e poiché il target farmacodinamico da raggiungere dovrebbe essere una Cmax/MIC di al- meno 4, se noi raggiungiamo un rapporto Cmax/MFC di 4, si può ipotizzare un outcome favorevole per quella candidemia.

Per micafungina inoltre abbiamo notato, seppur con numeri piccoli che ha ottenuto la guarigione in 10/11 infezioni causate da ceppi produttori di biofilm, un ulteriore caratteri- stica che potrebbe essere usata nella pratica clinica, se confermata da ulteriori studi.

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