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3. Lo studio

3.4 Discussione

Negli ultimi anni, in reumatologia, l’ecografia toracica ha suscitato un crescente interesse ai fini della valutazione delle interstiziopatie associate a malattie del connettivo (CTD-ILD), soprattutto per cercare di limitare il più possibile l’utilizzo della HRCT, che rappresenta l’attuale gold standard per la diagnosi delle interstiziopatie, ma che è gravata comunque dal limite della scarsa ripetitività, poiché espone il paziente a radiazioni ionizzanti.

A questo fine, alcuni recenti studi – riguardanti soprattutto la valutazione ecografica dell’impegno polmonare in corso di Sclerosi Sistemica attraverso l’identificazione delle linee B – hanno già dimostrato l’ottima capacità dell’ecografia toracica come test per la diagnosi di CTD-ILD, nonchè l’esistenza di una buona correlazione tra questa metodica e la HRCT115,119-123.

Per quanto riguarda nello specifico le MII, essendo quest’ultimo un gruppo di patologie estremamente rare, attualmente in letteratura sono presenti solamente i due lavori condotti da Pinal-Fernandez et al.124,125; questi autori hanno proposto, oltre alle linee B, anche il possibile ruolo – come ulteriore nonché più semplice e più specifico elemento di valutazione ecografica dell’impegno polmonare – delle irregolarità

pleuriche; risultati incoraggianti sono stati riscontrati per quanto riguarda la

correlazione sia con il quadro radiologico (HRCT) che con quello funzionale (PFR).

Lo scopo del nostro studio era quello di valutare, nei pazienti con MII, la prevalenza e la caratterizzazione delle alterazioni del profilo pleurico riscontrate mediante ecografia toracica, valutando eventuali correlazioni con parametri clinici, sierologici e strumentali, e di confrontare i risultati ottenuti con l’HRCT.

Anche dalla nostra casistica, la valutazione delle irregolarità pleuriche mediante ecografia toracica si è dimostrata un ottimo test per la diagnosi di ILD (con AUC =0,96 per l’ispessimento dei setti inter- e intra-lobulari e per l’honeycombing, e AUC =0,83 per le aree di ground glass), ed è emersa l’esistenza di una correlazione statisticamente significativa tra quadro ecografico e HRCT: i pazienti con segni di ILD alla HRCT presentavano infatti uno score ecografico totale più alto (33,88 ± 12,21) rispetto ai pazienti senza impegno polmonare (15,39 ± 7,16), con e p < 0,001.

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In particolare, questo era vero anche per ciascuna delle alterazioni tipiche di ILD (aree di ground glass, ispessimento dei setti inter- e intra-lobulari e/o honeycombing), considerate singolarmente. Alla luce di ciò, la metodica ecografica sembrerebbe quindi in grado di discriminare in modo ottimale i pazienti con ILD da quelli senza impegno polmonare, ma non di distinguere tra loro i vari pattern di interstiziopatia; questa distinzione si ottiene invece in modo chiaro con la HRCT, ed ha delle importanti ripercussioni a fini prognostici e terapeutici.

Dal nostro studio, il valore di score ecografico che, in termini di sensibilità, meglio consentiva di distinguere i pazienti con segni di ILD da quelli senza impegno polmonare, è risultato rispettivamente:

• 19,5 per l’ispessimento dei setti inter- e intra-lobulari • 18,5 per le aree di ground glass

• 34,5 per l’honeycombing (relativamente a quest’ultimo valore, che si discosta nettamente dagli altri, bisogna però considerare che il quadro di honeycombing era presente solo in 3 pazienti, peraltro con quadro polmonare più grave).

Pensando alla metodica ecografica come possibile test di screening non invasivo dell’impegno polmonare nei pazienti con MII, sono stati scelti valori con una sensibilità del 100% – seppur a leggero discapito della specificità – in modo da avere la sicurezza di identificare, per valori di score ecografico maggiori rispetto al cut-off, tutti i pazienti con impegno polmonare, accettando una quota variabile di falsi positivi. In particolare, per riuscire a cogliere tutte le possibili alterazioni indicative di ILD, potrebbe essere proposto come cut-off il valore 18,5; questo consentirebbe di escludere con sicurezza l’impegno polmonare in pazienti con score ecografico totale <18,5 e di indirizzare alla HRCT solamente i pazienti che, avendo totalizzato uno score maggiore rispetto al suddetto cut-off, hanno un’alta probabilità di presentare il quadro dell’interstiziopatia, in modo da giungere ad una diagnosi di certezza, caratterizzare il pattern e l’estensione del quadro polmonare e intraprendere così la terapia più corretta. La scelta di valori con la massima sensibilità, a discapito della specificità (che per quel valore in particolare era del 64%), è giustificata se si considera il notevole impatto prognostico di questo tipo di impegno d’organo e l’esistenza di opzioni terapeutiche potenzialmente efficaci con cui trattarlo, motivo per è preferibile accettare una percentuale intorno al 36% di falsi positivi, piuttosto che rischiare dei falsi negativi.

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L’ecografia toracica potrebbe quindi rappresentare nella pratica clinica uno strumento importante nella valutazione iniziale e periodica dell’impegno polmonare, a supporto della valutazione clinica e delle PFR, che per vari motivi non sempre sono attendibili; bisogna infatti considerare che:

a) oltre il 25% dei pazienti presenta – almeno nelle fasi iniziali – impegno polmonare subclinico, in assenza di segni e sintomi.

b) i sintomi quali tosse e dispnea sono difficilmente indagabili nei pazienti con MII, poiché spesso attribuibili/sovrapposti ad altre manifestazioni della malattia (ad esempio al decondizionamento fisico per la dispnea, e al reflusso gastro-esofageo/disfagia da impegno esofageo per quanto riguarda la tosse), oppure mascherati dalle stesse (a causa della debolezza muscolare ad esempio è probabile che il paziente non compia sforzi che potrebbero rendere obiettivabile la dispnea, o che non riesca a tossire adeguatamente).

c) Le PFR sono di difficile esecuzione in pazienti con severe manifestazioni muscolari, o comunque i loro risultati potrebbero non essere attendibili: ad esempio il paziente potrebbe avere difficoltà nell’esecuzione degli atti respiratori massimali, a causa dell’impegno della muscolatura respiratoria, che potrebbe di per sé essere responsabile di un quadro di sindrome restrittiva.

L’ecografia toracica potrebbe inoltre ricoprire un ruolo fondamentale nell’ambito del

follow-up di pazienti con documentato impegno polmonare, in particolare per valutare

in modo ravvicinato la risposta alla terapia (la HRCT del torace infatti non può essere infatti considerata l’esame ottimale a questo scopo). Una rivalutazione ravvicinata del quadro è molto importante in questi pazienti, soprattutto in virtù del fatto che frequentemente le CTD-ILD in generale risultino refrattarie alle comuni terapie126, e

che in particolare per le MII, attualmente non esistano né farmaci efficaci studiati appositamente, né linee guida standardizzate per il trattamento della interstiziopatia; di conseguenza la scelta della terapia avviene essenzialmente su base empirica65, e

ricade il più delle volte, trattandosi di un impegno d’organo ad alto impatto prognostico, su terapie impegnative, spesso gravate da effetti collaterali (ad esempio glucocorticoidi ad alto dosaggio, associati ad immunosoppressori quali ciclosporina o ciclofosfamide e/o farmaci biologici)65. È quindi fondamentale valutare nel breve periodo se la terapia scelta si dimostri effettivamente efficace e, in caso contrario,

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valutare le possibili alternative. A questo fine sono però necessari ulteriori studi, mirati a seguire nel tempo i pazienti, valutando l’evoluzione del quadro clinico ed ecografico. Ulteriori dati interessanti ricavati dal nostro studio, riguardano la dimostrazione di correlazioni statisticamente significative tra lo score ecografico e alcuni parametri clinici, sierologici e strumentali, suggestivi di impegno polmonare. È stato riscontrato infatti uno score significativamente più alto in pazienti con:

• Sintomatologia caratterizzata da dispnea di grado 3 della scala MRC. • Crepitii all’auscultazione del torace.

• Positività per anticorpi anti-sintetasi, che infatti si associano con spiccata frequenza ad impegno polmonare: tutti i pazienti con questi anticorpi presentavano segni di ILD, peraltro con quadri spesso più gravi; in particolare infatti le aree di honeycombing sono state riscontrate solo in questi pazienti. • PFR caratterizzate da riduzione di TLC, FEV-1 e/o DLCO.

Queste correlazioni rafforzano quindi l’attendibilità delle irregolarità pleuriche nella valutazione dell’impegno polmonare in corso di MII, in linea con lo studio di Pinal-

Fernandez124.

Un aspetto peculiare è rappresentato dal riscontro di score ecografici più bassi negli 8/34 pazienti che fumavano al momento dell’arruolamento; sempre in questi soggetti è stata inoltre evidenziata l’assenza di aree di ground glass nella totalità dei casi. Al momento in letteratura non ci sono studi che possano spiegare chiaramente questo risultato: infatti, se da un lato il fumo è infatti ormai considerato un fattore di rischio per la maggior parte delle interstiziopatie polmonari127, dall’altro bisogna considerare

che in alcune forme di ILD – in particolare quelle granulomatose (tra cui sarcoidosi e polmoniti da ipersensibilità)128,129 – il fumo di sigaretta sembra avere un ruolo

protettivo, attraverso l’inibizione di meccanismi immunologici alla base della patologia (soprattutto quelli della risposta TH1 mediata)130,131. A questo proposito, una

correlazione tra fumo e reperti radiologici, simile a quella emersa nel nostro studio, è stata evidenziata proprio nella sarcoidosi: lo studio di Gerke et al.132 ha infatti dimostrato come i pazienti fumatori affetti da sarcoidosi abbiano una minor frequenza di ispessimento della trama bronco-vascolare alla TC del torace; questo dato è stato, anche se solo parzialmente, giustificato alla luce del ruolo protettivo che sembra avere il fumo nella patogenesi della sarcoidosi.

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Per quanto riguarda le MII e altre CTD invece non ci sono al momento studi che possano in qualche modo fornire una spiegazione plausibile ed univoca per questo fenomeno, soprattutto poiché poco si sa riguardo nello specifico la patogenesi del danno polmonare107. La CTD-ILD sulla quale cui sono presenti più dati in letteratura in relazione al ruolo del fumo come potenziale fattore di rischio nella patogenesi del danno, è quella associata ad Artrite Reumatoide (AR-ILD); anche in questo caso però i dati sono controversi, dal momento che, sebbene vari autori abbiano identificato il fumo come fattore di rischio per lo sviluppo di ILD133,134, altri non hanno evidenziato

alcuna associazione135,136; anzi, nello studio condotto da Skare et al.136, in modo simile alla nostra casistica, le aree di aumentata densità parenchimale alla HRCT sono state riscontrate in percentuale minore nei pazienti fumatori (28,5% vs 41,3%).

Sono quindi necessari ulteriori studi, su casistiche più ampie, per verificare l’attendibilità di queste osservazioni, e per comprendere il ruolo che il fumo di sigaretta potrebbe giocare nelle ILD in corso di MII.

Tutti i risultati devono tuttavia essere inquadrati nel contesto di quelli che sono i limiti dello studio:

• il numero di pazienti inclusi è relativamente esiguo (tenendo però presente la rarità della patologia)

• Per alcuni pazienti non era disponibili alcuni dati/esami (con particolare riferimento alla PFR e ai questionari PRO).

• Non è stata effettuata una valutazione quantitativa o semi-quantitativa dell’impegno polmonare alla HRCT (mediante lo score di Warrick), necessaria per poter effettuare un confronto più oggettivo tra le due metodiche.

• Non è stata valutata la variabilità intra- e inter-operatore nell’attribuzione del punteggio alle irregolarità pleuriche.

Tuttavia bisogna considerare che questo studio rappresenta la fase preliminare – volta a valutare inizialmente l’attendibilità e quindi la possibile utilità di questa metodica nella pratica clinica – di un lavoro successivo, che cercherà di superare i limiti sopra elencati; questo sarà possibile arruolando un maggior numero di pazienti, coinvolgendo un radiologo esperto per il calcolo dello score di Warrick, valutando la variabilità intra- e inter-operatore della metodica, ed effettuando un follow-up ecografico dei pazienti (per indagare le eventuali modifiche dello score nel tempo).

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Pertanto, possiamo intanto concludere che la valutazione delle irregolarità pleuriche mediante ecografia toracica, rappresenta una metodica promettente nello studio dell’impegno polmonare in corso di MII, che mostra buone correlazioni con il quadro radiologico (HRCT), funzionale (PFR) e in parte clinico.

Questa metodica potrebbe quindi rivestire un ruolo molto importante nella gestione clinica dei pazienti con MII, soprattutto come test di screening non invasivo ad alta sensibilità per l’impegno polmonare, con la prospettiva di indirizzare ad esami di secondo livello (HRCT) solamente i pazienti che, in base allo score ecografico totalizzato, potrebbero effettivamente presentare un quadro di interstiziopatia.

Sono tuttavia necessari ulteriori studi per validare questa metodica e definire meglio il suo ruolo nella pratica clinica.

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Appendice

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