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valutazione delle alterazioni del profilo pleurico nei pazienti con miopatia infiammatoria idiopatica mediante ecografia toracica

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

VALUTAZIONE DELLE ALTERAZIONI DEL PROFILO

PLEURICO NEI PAZIENTI CON MIOPATIA INFIAMMATORIA

IDIOPATICA MEDIANTE ECOGRAFIA TORACICA

Relatore

Prof.ssa Marta Mosca

Candidato

Cecilia Giovanetti

Correlatore

Dott.ssa Rossella Neri

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Indice

Elenco delle abbreviazioni ... 4

Riassunto ... 6

1. Miopatie Infiammatorie Idiopatiche ... 8

1.1 Classificazione ... 8

1.2 Epidemiologia ... 11

1.3 Eziopatogenesi ... 11

1.3.1 Meccanismi patogenetici ... 12

1.4 Quadri clinici generali ... 14

1.4.1 Impegno muscolare ... 14

1.4.2 Impegno extra-muscolare ... 14

1.4.3 Associazione con neoplasie ... 16

1.5 Quadri clinici specifici ... 17

1.5.1 Polimiosite ... 17

1.5.2 Dermatomiosite ... 17

1.5.3 Miosite da corpi inclusi ... 18

1.5.4 Miosite necrotizzante autoimmune ... 18

1.5.5 Sindrome da anticorpi anti-sintetasi (ASS) ... 19

1.5.6 Sindromi overlap ... 19 1.6 Esami diagnostici ... 20 1.6.1 Esami di laboratorio ... 20 1.6.2 Esami strumentali ... 23 1.7 Criteri di attività ... 25 1.8 Terapia ... 26 1.8.1 Glucocorticoidi ... 26 1.8.2 Immunosoppressori ... 26 1.8.3 Farmaci biologici ... 27 1.8.4 Immunoglobuline ... 28 1.8.5 Plasmaferesi ... 28 1.8.6 Terapie fisico/riabilitative ... 28

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2.1 Epidemiologia ... 29

2.2 Pattern e quadri clinici ... 31

2.3 Esami diagnostici ... 33

2.3.1 Prove di Funzionalità Respiratoria (PFR) ... 33

2.3.2 Indagini radiologiche ... 33

2.3.3 Biopsia polmonare ... 37

2.3.4 Esami di laboratorio ... 37

2.3.4 Il ruolo emergente dell’ecografia polmonare ... 39

3. Lo studio ... 42

3.1 Scopo del lavoro ... 42

3.2 Pazienti e metodi ... 42

3.2.1 Pazienti ... 42

3.2.2 Metodi ... 43

3.3 Risultati ... 50

3.3.1 Correlazioni dello score ecografico... 51

3.4 Discussione ... 62

Appendice ... 68

1. Questionari PRO ... 68

1.1 Leicester Cough Questionnaire ... 68

1.2 Saint George Respiratory’s Questionnaire ... 71

Bibliografia ... 76

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4

Elenco delle abbreviazioni

Acronimo Spiegazione

MII Miopatie Infiammatorie Idiopatiche

PM Polimiosite

DM Dermatomiosite

MCI Miosite a Corpi Inclusi

JDM Dermatomiosite Giovanile

CADM Dermatomiosite Clinicamente Amiopatica

MSA Anticorpi Miosite-Specifici

MAA Anticorpi Miosite-Associati

ASS Sindrome da Anticorpi Anti-Sintetasi

CPK Creatinfosfochinasi

LDH Lattico-deidrogenasi

VES Velocità di Eritrosedimentazione

PCR Proteina C Reattiva

MMT8 Manual Muscle Testing8

VAS Visual Analogic Scale

HAQ Health Assessment Questionnaire

ILD Interstitial Lung Disease (interstiziopatia

polmonare)

CTD-ILD Interstiziopatia associata a Connettiviti

LD-ILD Lung Dominant-Interstitial Lung Disease

IPAF Interstitial Pneumonia with Autoimmune

Features

NSIP Non Specific Interstitial Pneumonia (Polmonite

Interstiziale Aspecifica)

UIP Usual Interstitial Pneumonia (Polmonite

Interstiziale Comune)

BOOP/OP Bronchiolite Obliterante/Polmonite Organizzata

DAD Danno Alveolare Diffuso

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PFR Prove di Funzionalità Respiratoria

TLC o CPT

Capacità Polmonare Totale

FEV-1 o VEMS

Volume Espiratorio Massimo nel 1° Secondo

DLCO Diffusione alveolo-capillare del Monossido di

Carbonio

HRCT Tomografia Computerizzata ad Alta Risoluzione

GGO Ground Glass Opacities (opacità a vetro

smerigliato)

IP Irregolarità Pleuriche

LCQ Leicester Cough Questionnaire

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Riassunto

Background dello studio: Le miopatie infiammatorie idiopatiche (MII) sono un gruppo eterogeneo di patologie acquisite, a eziologia sconosciuta e patogenesi autoimmune, i cui fenotipi principali sono la Polimiosite, la Dermatomiosite e la Miosite a corpi inclusi. Queste patologie sono caratterizzate da un processo infiammatorio che coinvolge il tessuto muscolare in maniera principale ma non esclusiva; possono essere infatti coinvolti anche altri organi e sistemi, tra cui il polmone. Tra le varie manifestazioni extra-muscolari delle MII, l’impegno polmonare è sicuramente quello a maggior impatto prognostico in termini di morbilità e mortalità. Si stima che circa il 50% dei pazienti con MII presenti impegno polmonare, in particolare con quadri di interstiziopatia (ILD). Nella maggior parte dei casi la ILD in corso di MII è si presenta con il pattern della polmonite interstiziale aspecifica (NSIP), caratterizzata clinicamente da esordio subacuto, con dispnea ingravescente e tosse non produttiva, e decorso cronico/lentamente progressivo. Per la valutazione dell’impegno polmonare, oltre alla clinica e alle prove di funzionalità respiratoria, risultano fondamentali le indagini radiologiche, in particolare la TC del torace con metodica ad alta risoluzione (HRCT), che rappresenta l’attuale gold standard per la diagnosi delle interstiziopatie, ma che è gravata comunque dal limite della scarsa ripetitività, poiché espone il paziente a radiazioni ionizzanti. Per ovviare a questa problematica, è stato proposto anche in reumatologia il possibile ruolo dell’ecografia toracica per lo studio dell’interstiziopatia polmonare nelle malattie del connettivo. I lavori al momento presenti in letteratura riguardano soprattutto la valutazione dell’impegno polmonare in corso di Sclerosi sistemica, attraverso l’identificazione delle linee B; gli unici lavori che riguardino nello specifico anche pazienti con MII sono quelli condotti da

Pinal-Fernandez et al. Proprio da questi autori è stato proposto anche il possibile ruolo,

come ulteriore e più semplice elemento di valutazione ecografica dell’impegno polmonare, delle irregolarità pleuriche. Tramite questa metodica sembrerebbe possibile ottenere una buona correlazione con il quadro TC, e ciò potrebbe consentire di utilizzare l’ecografia come test di screening dell’impegno polmonare o nell’ambito del follow-up della patologia.

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Scopo dello studio: Valutare, nei pazienti con MII, la prevalenza e la caratterizzazione delle alterazioni del profilo pleurico evidenziate mediante ecografia toracica, e valutare la presenza di eventuali correlazioni dei risultati dell’ecografia con parametri clinici, sierologici e strumentali, in particolare con la HRCT.

Metodi: sono stati arruolati 34 pazienti con diagnosi di MII, che avessero eseguito un esame HRCT del torace da meno di tre mesi dall’arruolamento o che avessero in programma di eseguirlo nei tre mesi successivi. Ciascun paziente è stato sottoposto ad ecografia toracica, con la quale è stato valutato il profilo pleurico a livello degli spazi intercostali, e ad ognuno dei 53 campi esplorati è stato attribuito un punteggio da 0 a 2 sulla base delle alterazioni riscontrate (0: assenti, 1: lievi, 2: grossolane); i punteggi sono stati sommati tra di loro per ottenere uno score ecografico totale (da 0 a 106).

Risultati: Dalla nostra casistica, l’identificazione delle Irregolarità Pleuriche mediante ecografia toracica, si è dimostrata un’ottima metodica per la diagnosi di interstiziopatia in corso di MII, che correla molto bene con il quadro radiologico: i pazienti con segni di ILD alla HRCT presentavano infatti uno score ecografico totale significativamente più alto rispetto ai pazienti senza impegno polmonare (33,88 ± 12,21 vs 15,39 ± 7,16, con p<0,001). Sono emerse anche correlazioni statisticamente significative tra lo score ecografico totalizzato dai singoli pazienti e altri parametri clinici, sierologici e strumentali, tutti associati all’impegno polmonare, ovvero: sintomatologia caratterizzata da dispnea di grado 3 MRC, riscontro di crepitii all’auscultazione del torace, positività per anticorpi anti-sintetasi, riduzione di TLC, FEV-1 e DLCO alle PFR.

Conclusioni: la valutazione delle irregolarità pleuriche mediante ecografia toracica rappresenta una metodica promettente nello studio dell’impegno polmonare in corso di MII, che mostra buone correlazioni con il quadro radiologico (HRCT), funzionale (PFR) e in parte clinico. Questa metodica potrebbe quindi rivestire un ruolo importante nella gestione clinica dei pazienti con MII, soprattutto come test di screening iniziale non invasivo dell’impegno polmonare ad alta sensibilità. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per validare questa metodica e definire meglio il suo ruolo nella pratica clinica.

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1. Miopatie Infiammatorie Idiopatiche

Le miopatie infiammatorie idiopatiche (MII) sono un gruppo eterogeneo di patologie acquisite, ad eziologia ignota e patogenesi autoimmune, caratterizzate da un processo infiammatorio che coinvolge principalmente il tessuto muscolare.

Sulla base delle diverse caratteristiche clinico-patologiche, si distinguono quattro sottotipi di malattia1:

• Polimiosite (PM) • Dermatomiosite (DM)

• Miosite da corpi inclusi (MCI) • Miosite necrotizzante autoimmune

1.1 Classificazione

Una classificazione basata su criteri standardizzati, è fondamentale al fine di rendere possibile una comparazione tra differenti studi sulla stessa patologia. Purtroppo, per le MII, negli ultimi 45 anni sono stati proposti svariati criteri classificativi (la maggior parte dei quali basati soltanto sul parere degli esperti) e di conseguenza gli studi su queste patologie sono stati condotti adottando criteri non omogenei. Ciò ha comportato l’impossibilità di comparare tra loro i vari studi su queste patologie e, in molti casi, di ricavarne conclusioni consistenti, soprattutto riguardo epidemiologia e terapia.

I criteri classificativi si basano su dati riguardo manifestazioni cliniche e reperti laboratoristici e strumentali provenienti da pazienti con diagnosi certa di MII, analizzati attraverso studi retrospettivi caso-controllo2.

I criteri da sempre più seguiti sono stati pubblicati nel 1975 da Bohan & Peter3,4

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Punti chiave di questi criteri, sono:

• la necessità, in prima istanza, di escludere altre forme di miopatia

• l’utilizzo di un approccio che consente di stimare l’affidabilità di diagnosi di PM/DM (definita, probabile, possibile) sulla base del numero di criteri presenti nel singolo paziente.

• La definizione di 5 sottogruppi di malattia:

I. PM idiopatica primitiva II. DM idiopatica primitiva

III. PM o DM associata a neoplasia IV. PM o DM giovanile

V. Sindromi overlap (PM o DM associata ad altre patologie del connettivo)

La classificazione di Bohan e Peter è stata poi ampliata, aggiungendo anche il gruppo VI, rappresentato dalla miosite da corpi inclusi (MCI) ed il gruppo VII (altre rare forme di miosite).

Questi criteri tuttavia presentano una serie di limitazioni (tra cui la mancanza di specificità e la dipendenza dall’operatore), che hanno portato a disomogeneità interpretative2.

1. Debolezza simmetrica e solitamente progressiva dei muscoli prossimali 2. Reperti bioptici caratteristici

3. Aumento degli enzimi di necrosi muscolare (CPK, LDH, aldolasi, transaminasi)

4. Reperti elettromiografici caratteristici (“la triade delle miopatie”): • potenziali di unità motoria piccoli, brevi e di bassa ampiezza • potenziali di fibrillazione, anche a riposo

• scariche ripetitive ad alta frequenza di aspetto bizzarro 5. Rash cutaneo caratteristico della DM

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Nuovi importanti criteri classificativi furono poi pubblicati nel 1995 da un gruppo multidisciplinare giapponese (Tanimoto et al.)5, con l’aggiunta di ulteriori variabili alle precedenti proposte da Bohan & Peter, tra cui una più precisa caratterizzazione del rash cutaneo della DM (rash eliotropo, segno di Gottron o eritema lineare sulle superfici estensorie), la presenza di dolore muscolare spontaneo o alla palpazione, di artralgie o artrite non erosiva, di segni di infiammazione sistemica (febbre, aumento di VES o PCR) e di anticorpi anti-Jo-1.

Nel 1997 Targoff et al.6 proposero una modifica ai criteri di Bohan & Peter,

focalizzandosi sull’importanza di una corretta diagnosi differenziale, e implementandoli con le nuove conoscenze sugli anticorpi miosite-specifici (MSA) e la loro correlazione con alcune caratteristiche cliniche della malattia, come già descritto da Love7 nel 1991.

Nel 2004 un gruppo di specialisti del European Neuromuscolar Centre (ENMC) e del

Muscle Study Group (MSG) ha proposto dei criteri che comprendono: lista dettagliata

di criteri di inclusione ed esclusione, esami di laboratorio e strumentali (includendo anche gli MSA e l’imaging con risonanza magnetica), reperti bioptici dettagliati Gli stessi autori hanno inoltre considerato altre entità nosologiche come la DM

amiopatica, DM sine dermatitis, miosite non specifica, miosite necrotizzante immunomediata8.

Infine, nello stesso anno, un gruppo multidisciplinare di esperti si è riunito, al fine di mettere a punto dei nuovi criteri ad alta sensibilità e specificità, dando vita ad un progetto (the International Myositis Classification Criteria Project, IMCCP) che sta volgendo al termine. I criteri sono stati sviluppati analizzando dati su oltre 1500 pazienti, provenienti da 47 centri internazionali e prevedono l’inclusione di variabili cliniche, laboratoristiche e strumentali rilevanti e facilmente disponibili. L’obiettivo è quello di arrivare ad un approccio classificativo innovativo, basato su un calcolatore web in grado di fornire automaticamente dati circa la probabilità che ha un determinato paziente di essere affetto da una MII e, più precisamente, da quale sottotipo.

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1.2 Epidemiologia

Le MII sono patologie rare. I dati riguardanti prevalenza e incidenza purtroppo sono scarsi ed eterogenei, poiché gli studi epidemiologici su queste patologie sono pochi e, alla luce delle problematiche riguardanti la classificazione delle MII, i risultati sono fortemente influenzati dai diversi criteri adottati e dalle diverse metodologie con cui sono stati condotti i vari studi9. I dati più recenti sulla prevalenza per PM/DM variano da 5 a 21,5 casi ogni 100.000 abitanti (i valori più alti provengono da uno studio effettuato in Quebec, Canada)10-12, passando per gli 8,7 casi ogni 100.000 abitanti evidenziati da un recente studio condotto in Norvegia nel 2014 13. L’incidenza invece varia da 1,3811 a 1,710 casi ogni 100.000 abitanti/anno per PM/DM; in particolare, si va da 0,4 a 1,0casi ogni 100.000 abitanti/anno per quanto riguarda la PM914 , mentre per laDM da 0,8 a 0,9 casi su 100.0000 abitanti/anno915.

Per quanto riguarda la miosite a corpi inclusi (MCI), i dati sono ancora più scarsi; uno studio olandese riporta una prevalenza di 0,49 casi su 100.000 abitanti riportati da uno studio olandese16 e gli 0,93 casi su 100.000 abitanti descritti in uno studio australiano17. Uno studio condotto in Minnesota invece descrive una prevalenza di 7 casi su 100.000 abitanti ed una incidenza di 0,79 casi su 100.000 abitanti/anno14.

In generale, le MII sono più frequenti nel sesso femminile, con un rapporto femmine:maschi di circa 2:1 per quanto riguarda PM/DM; la MCI invece è più frequente nel sesso maschile, con un rapporto femmine:maschi di 1:39. La DM si

presenta più frequentemente nei bambini e nei giovani adulti (nei bambini in particolare rappresenta la quasi totalità dei casi di MII), mentre la PM ha una maggior incidenza nella popolazione adulta, dopo la seconda decade. La MCI invece ha incidenza maggiore nei soggetti di oltre 50 anni18.

1.3 Eziopatogenesi

Ad oggi, l’origine delle MII non è ancora stata del tutto chiarita. Ciò che sembra ormai accertato è la patogenesi su base autoimmune, sebbene non si conoscano ancora con certezza i meccanismi in grado di innescarla e sostenerla. L’ipotesi più plausibile tuttavia prevede il ruolo fondamentale di uno o più fattori esogeni che, in soggetti geneticamente predisposti, sembrerebbero in grado di innescare una reazione autoimmune, umorale e/o cellulo-mediata.

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Tra i potenziali fattori esogeni trigger più studiati ci sono sicuramente le infezioni virali: coxsackie B virus, retrovirus, virus influenzali, paramixovirus, virus della parotite epidemica, citomegalovirus, virus di Epstein-Barr, parvovirus B19, epatite B virus 19-21. Si pensa che i virus possano essere responsabili di una disregolazione della risposta immunitaria, ma i tentativi di isolare e amplificare genoma e/o antigeni virali dal tessuto muscolare di pazienti con MII sono falliti22-25.

Evidenze più forti coinvolgono i retrovirus, poiché si è visto che pazienti con infezione da HIV o HTLV1 possono sviluppare PM o MCI, sebbene antigeni virali siano stati identificati solo in macrofagi endomisiali e non nelle fibre muscolari26,27.

In letteratura inoltre sono stati riportati anche fattori esogeni di natura non infettiva, tra cui raggi ultravioletti28, vaccini29, farmaci (ipocolesterolemizzanti, D-penicillamina e L-triptofano), l’esposizione a polveri di silice, monomeri di cloruro di vinile e altri solventi organici30.

Per quanto riguarda invece la genetica delle MII, negli ultimi anni, grazie all’avvento di tecniche di indagine genetica sempre più efficienti, è stato possibile condurre una serie di studi, che hanno permesso di ottenere informazioni significative. Nelle MII, ed in generale nella maggior parte delle malattie autoimmuni, la predisposizione genetica è correlata soprattutto al complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) o antigene leucocitario umano (HLA). Nelle MII in particolare, sembra che l’associazione più significativa sia quella con l’aplotipo ancestrale 8.1. Recentemente questa associazione è stata confermata da due grandi studi condotti da Miller et al. nel 201531 e da Rothwell et al. nel 201632.

Recentemente inoltre sono emerse anche multiple associazioni con altri geni non-HLA correlati, come PTPN22, BLK, TYK2, STAT4 e UBE2L3, che risultano associate anche ad altre malattie autoimmuni 33.

1.3.1 Meccanismi patogenetici

Sebbene le cause delle MII siano sconosciute, ci sono forti evidenze che confermano la patogenesi di tipo autoimmune, con la partecipazione dell’immunità sia umorale che cellulo-mediata. Infatti, in oltre il 50% dei pazienti con MII è stata dimostrata la presenza di autoanticorpi diretti contro componenti nucleari e/o citoplasmatici delle

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cellule34, e nel tessuto muscolare si riscontra frequentemente la presenza di infiltrato infiammatorio. I meccanismi immunopatologici tuttavia, differiscono nei vari subset di malattia.

Nella DM sono implicati meccanismi umorali, diretti probabilmente verso antigeni espressi a livello microvascolare, che inducono microangiopatia e ischemia muscolare. Gli infiltrati della DM infatti sono soprattutto perivascolari e costituiti prevalentemente da cellule B localizzate in prossimità delle cellule T CD4+, da cellule dendritiche e macrofagi. Si ritiene che l’attivazione del complemento, con la formazione del complesso di attacco membranolitico (MAC) formato dalle frazioni C5b-9 che si deposita sulle cellule endoteliali, sia un evento critico precoce. Questo innesca il rilascio di citochine pro-infiammatorie, l’espressione di molecole d’adesione da parte delle cellule endoteliali e la migrazione dei linfociti attivati (cellule B, T CD4+) e cellule dendritiche a livello degli spazi perimisiali ed endomisiali. Ciò comporta necrosi delle cellule endoteliali e riduzione della densità dei capillari endomisiali, con conseguente ischemia e distruzione delle fibre muscolari. L’atrofia perifascicolare residua riflette l’ipoperfusione endofascicolare, che è più evidente nelle porzioni periferiche dei fascicoli muscolari1.

Nella PM e MCI invece sembra implicato un meccanismo di citotossicità mediato da cellule T CD8+, che circondano, invadono e distruggono fibre muscolari che esprimono in modo aberrante molecole MHC1. Probabilmente l’espressione delle molecole MHC1, assente nel sarcolemma di fibre muscolari normali, è indotta da citochine secrete da cellule Tattivate. Le cellule T CD8+ rilasciano granuli di perforina, che causano mionecrosi.

Nella MCI, oltre all’autoimmunità, c’è anche un’importante componente degenerativa, messa in evidenza dalla presenza, in alcune fibre muscolari, di depositi di proteina precursore della β-amiloide, amiloide β42, apolipoproteina E, α-sinucleina, proteina Tau fosforilata e altre proteine, del tutto simili a quelli che si riscontrano nella malattia di Alzheimer. Non è chiaro cosa inneschi questo processo degenerativo, ma sembrano avere un ruolo importante fenomeni quali invecchiamento, alterata autofagia, anormale proteostasi, stress cellulare indotto da molecole MHC1, ossido nitrico e citochine proinfiammatorie35-37.

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1.4 Quadri clinici generali

1.4.1 Impegno muscolare

L’impegno muscolare è la caratteristica tipica delle MII.

I pazienti riferiscono di solito una progressiva debolezza e ipostenia a livello della muscolatura prossimale degli arti e del tronco, con difficoltà ad eseguire attività come alzarsi da seduti, salire le scale e sollevare oggetti

Possono essere coinvolti i muscoli estensori del collo, con difficoltà nel mantenere la testa eretta (head drop) e la muscolatura faringea, con difficoltà nella fonazione e deglutizione. Possibile anche l’interessamento dei muscoli respiratori, di solito in casi avanzati oppure ad esordio acuto.

I muscoli oculari sono invece sempre risparmiati.

Oltre al deficit di forza, sono comuni in tutti i sottotipi, ma in particolare nei pazienti con sindrome da anticorpi anti-sintetasi, le mialgie e la dolorabilità muscolare alla palpazione.

La MCI ha delle caratteristiche peculiari: i pazienti infatti presentano un precoce coinvolgimento dei muscoli distali, con difficoltà nell’esecuzione di compiti come tenere in mano degli oggetti e abbottonarsi. In questo sottogruppo è inoltre frequente l’interessamento della muscolatura mimica facciale. L’atrofia muscolare tende ad essere precoce nella MCI (tipicamente a livello del quadricipite e dell’avambraccio), mentre è di solito tardiva negli altri sottotipi. 1

1.4.2 Impegno extra-muscolare

1.4.2.1 Manifestazioni cutanee

L’impegno cutaneo è caratteristico della dermatomiosite (DM).

Una delle manifestazioni più tipiche è il rash eliotropo periorbitario. Il termine “eliotropo” deriva dal nome del fiore della pianta “Heliotropium peruvianum”, che ha un caratteristico colore blu-violaceo, del tutto simile a quello di questo rash38. Il rash è localizzato tipicamente a livello delle palpebre superiori, ed è spesso associato ad edema.

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Frequentemente si riscontra un rash eritematoso di colore rossastro e non rilevato a livello di del volto, collo, torace anteriore (che in alcuni pazienti assume forma di V), torace posteriore e spalle (segno dello scialle), ginocchia, gomiti e malleoli.

Tipiche sono anche le cosiddette papule di Gottron, lesioni eritematose rosso-violacee rilevate a livello delle articolazioni metacarpofalangee e interfalangee prossimali e distali; lesioni analoghe si possono riscontrare anche a livello delle superfici estensorie di ginocchia, gomiti, e malleoli interni, e vengono definite “segno di Gottron”3.

Le lesioni cutanee sono tipicamente fotosensibili e possono essere aggravate dall’esposizione a raggi UV39. Talvolta può essere presente prurito.

Altra manifestazione cutanea che si può presentare in particolare nelle forme giovanili di DM, è la calcinosi sottocutanea, caratterizzata da zone di accumulo di calcio che esitano nella formazione di noduli soprattutto nelle zone sottoposte a sfregamento e a traumi ripetuti come i gomiti, natiche e la schiena. Questi noduli possono protrudere attraverso la cute, creando piccole e dolorose ulcerazioni, facilmente infettabili. Un quadro clinico caratteristico correlato prevalentemente alla presenza di anticorpi anti Jo-1 è quello delle “mani da meccanico” (mechanic’s hands), caratterizzato da ipercheratosi, approfondimento dei solchi digitali, desquamazione e fissurazioni, soprattutto sulla superficie palmare e sul lato radiale delle dita delle mani22.

1.4.2.2 Manifestazioni sistemiche

Sintomi sistemici aspecifici, che si possono riscontrare nella maggior parte delle malattie autoimmuni e infiammatorie croniche, si ritrovano frequentemente anche nelle MII. Questi comprendono febbre, astenia, malessere, perdita di peso, artralgie e fenomeno di Raynaud.

1.4.2.3 Manifestazioni gastroenteriche

Comune è la disfagia, che può derivare sia dal coinvolgimento dei muscoli masticatori e faringei, sia da quello della muscolatura striata del terzo prossimale dell’esofago. La deglutizione difficoltosa può portare, soprattutto nei pazienti più anziani e debilitati, ad inalazione di cibo, con conseguenti episodi di polmonite ab ingestis40.

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1.4.2.4 Manifestazioni polmonari

Vedi cap. 2

1.4.2.5 Manifestazioni articolari

Oltre alle aspecifiche artralgie, è piuttosto frequente il riscontro di artrite, tipicamente non erosiva. L’artrite è frequente soprattutto nelle forme associate ad anticorpi anti-sintetasi, nelle quali può precedere anche di molti anni la comparsa delle altre manifestazioni e può portare a quadri di artropatia deformante con sublussazione delle articolazioni interfalangee 41.

Contratture articolari si possono riscontrare soprattutto nella DM giovanile42.

1.4.2.6 Manifestazioni cardiovascolari

Il coinvolgimento cardiaco clinicamente evidente nelle MII è piuttosto raro, ma da tenere in considerazione in quanto potenzialmente fatale.

Si possono riscontrare alterazioni del ritmo, quali tachiaritmie e disturbi della conduzione atrioventricolare, e alterazioni strutturali, tra cui spicca la cardiomiopatia dilatativa, fino ad arrivare allo scompenso cardiaco congestizio.

Tra le cause di queste manifestazioni, oltre alla malattia stessa, bisogna considerare anche gli effetti delle terapie a cui vengono sottoposti in cronico questi pazienti, facendo particolare riferimento all’uso prolungato di corticosteroidi.42

1.4.3 Associazione con neoplasie

Vari studi dimostrano un aumentato rischio di sviluppare neoplasie nei pazienti con MII rispetto alla popolazione generale. L’incidenza di neoplasie nei pazienti con MII varia dal 7% al 30%, con le percentuali maggiori riscontrate nella DM43,44. Ci sono inoltre forti evidenze circa la particolare frequenza di neoplasie in pazienti con anticorpi miosite-specifici quali gli anti-NPX2 e gli anti-TIF1γ34.

La neoplasia può essere precedere, seguire o presentarsi in contemporanea all’esordio della miopatia infiammatoria; generalmente la MII si considera associata a tumore se esso insorge 1 o 2 anni prima o dopo la neoplasia.

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Le neoplasie più frequentemente associate sembrano essere il carcinoma ovarico e mammario, il melanoma, il carcinoma del colon e il linfoma non Hodgkin, mentre nella popolazione asiatica è comune il carcinoma nasofaringeo42.

1.5 Quadri clinici specifici

1.5.1 Polimiosite

La PM è caratterizzata da un esordio di solito subacuto, con coinvolgimento simmetrico della muscolatura prossimale e frequentemente della muscolatura del collo, mentre tipicamente sono risparmiati i muscoli facciali. Si manifesta di solito nell’età adulta, dopo la seconda decade.

Dato il quadro clinico aspecifico della PM, che può essere molto simile a quello degli altri sottogruppi di MII e di altre miopatie di varia natura (endocrino-metaboliche, iatrogene, neurologiche e genetiche), secondo alcuni autori, spesso non viene effettuata una corretta diagnosi differenziale, e la PM è spesso sovra diagnosticata1.

1.5.2 Dermatomiosite

La DM può esordire sia negli adulti che nei bambini (DM giovanile) ed è caratterizzata da una precoce comparsa delle manifestazioni cutanee descritte nel paragrafo 1.4.2.1, che possono anche precedere quelle muscolari.

1.5.2.1 Dermatomiosite giovanile (JDM)

La DM ad esordio in età infantile (prima dei 18 anni d’età) tende a manifestarsi frequentemente con sintomi sistemici, tra cui spicca soprattutto la cosiddetta “misery”, una condizione di malessere generale, irritabilità, tendenza all’isolamento sociale, astenia, combinata con un flushing cutaneo a livello del volto23,24.

Più frequenti nei bambini sono inoltre la calcinosi sottocutanea e le lesioni vasculitiche; più rara invece la lipodistrofia.

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18 1.5.2.2 Dermatomiosite clinicamente amiopatica (CADM) o sine miositis Si parla di CADM in caso di riscontro delle manifestazioni cutanee tipiche, in assenza di rilievo clinico di impegno muscolare45. Si stima che circa il 20% dei pazienti con

DM abbiano una forma clinicamente amiopatica15.

A sua volta in questa entità si possono distinguere due ulteriori subset:

• DM ipomiopatica, caratterizzata da alterazioni muscolari riscontrate agli esami di laboratorio (aumento degli enzimi muscolari) e/o strumentali (EMG, RM, biopsia) che fanno sospettare un coinvolgimento miopatico subclinico

• DM amiopatica, in cui non si rileva alcun tipo di alterazione muscolare, neppure agli esami di laboratorio/strumentali.

In questi pazienti è stata descritta una maggior probabilità di sviluppare neoplasie46 e,

soprattutto, manifestazioni polmonari (vedi cap.2) 47-49

1.5.3 Miosite da corpi inclusi

È il sottotipo che esordisce più frequentemente nei pazienti di oltre 50 anni. L’esordio è di solito insidioso e progressivo nel corso degli anni, talvolta con interessamento asimmetrico della muscolatura. Caratteristiche tipiche sono il precoce coinvolgimento dei muscoli distali (soprattutto flessori ed estensori delle dita), atrofia dei muscoli dell’avambraccio e quadricipiti (con frequenti cadute), e frequente interessamento della muscolatura facciale. Frequente è la disfagia, che si manifesta in oltre il 50% dei pazienti1. Questo subset di malattia è inoltre caratterizzato dalla mancata risposta alle terapie comunemente utilizzate nelle MII.

1.5.4 Miosite necrotizzante autoimmune

Questa forma di MII esordisce tipicamente in modo acuto (raggiungendo l’acme nell’arco di pochi giorni o settimane) o subacuto, e si associa ad una spiccata debolezza muscolare e livelli particolarmente elevati di CPK.

Spesso l’esordio si ha in seguito a infezioni virali, in associazione a neoplasie, all’assunzione di statine o all’esposizione ad altre sostanze miotossiche di varia natura.1

(19)

19

1.5.5 Sindrome da anticorpi anti-sintetasi (ASS)

Questo ulteriore subset clinico, è definito dalla presenza di anticorpi anti-sintetasi (vedi paragrafo 1.6.1.3), associati ad un quadro di miopatia infiammatoria e/o di interstiziopatia polmonare (ILD)50.

La presenza di questi anticorpi conferisce uno spiccato rischio di sviluppare ILD, con una prevalenza stimata tra il 67 ed il 100%51. Frequentemente in questi pazienti, il

riscontro di ILD precede le manifestazioni muscolari (e quindi la diagnosi di MII) e talvolta può presentarsi anche in modo esclusivo, in percentuali che vanno dal 33 al 77%52 (vedi cap.2).

Caratteristiche cliniche tipicamente associate alla ASS, in particolare nei pazienti Jo-1-positivi, sono inoltre la presenza di febbre, artralgie e artrite (di solito non erosiva), fenomeno di Raynaud, e le cosiddette “mechanic’s hands”, caratterizzate da ipercheratosi, approfondimento dei solchi digitali, desquamazione e fissurazioni, soprattutto sulla superficie palmare e laterale delle dita delle mani e atteggiamento in flessione delle dita22 . Gli anticorpi anti-sintetasi non-Jo-1 sono tuttavia associati a minor prevalenza di artrite, a livelli più bassi di CPK e a sviluppo di ILD più severa, con maggior grado di fibrosi53.

1.5.6 Sindromi overlap

Il termine “overlap” è utilizzato per descrivere la sovrapposizione che si può avere tra due o più patologie autoimmuni del connettivo nel singolo paziente. Per quanto riguarda le MII, sono frequenti in particolare le associazioni tra DM e sclerosi sistemica o forme di connettiviti miste o indifferenziate; caratteristico della sindrome

overlap DM/sclerosi sistemica è l’anticorpo anti-PM/Scl.

Più rare invece sono le associazioni con lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjogren e artrite reumatoide.42

(20)

20

1.6 Esami diagnostici

1.6.1 Esami di laboratorio

1.6.1.1 Enzimi muscolari

L’indicatore più sensibile e più utilizzato nell’inquadramento e nel follow-up di pazienti con miopatia infiammatoria è la creatinfosfochinasi (CPK), che risulta particolarmente, ma non necessariamente, elevata in pazienti con malattia attiva. I livelli più alti, aumentati anche di oltre 50 volte rispetto al limite superiore della norma, si riscontrano nella miopatia necrotizzante autoimmune, mentre livelli più bassi sono tipici della MCI1. Tuttavia bisogna considerare che un aumento delle CPK non è

specifico delle MII, potendosi verificare anche in altre forme di miopatia, in seguito a sforzi muscolari intensi e dopo iniezioni intramuscolari, esistono, inoltre, dei casi in cui l’aumento cronico delle CPK, non si associa ad alcuna patologia (iperCPKemia

idiopatica).

Altri enzimi che possono aumentare nelle MII sono le transaminasi, in particolare la glutammico-ossalacetica (GOT/AST), e due enzimi glicolitici quali LDH e aldolasi. Questi enzimi sono ubiquitari, ma particolarmente rappresentati in organi ad elevata attività metabolica quale il muscolo (soprattutto l’aldolasi). Possono aumentare in caso di rottura, da causa di varia natura, di cellule muscolari, ma anche di altri tessuti, rappresentando quindi un reperto aspecifico, ma che può fornire un valido supporto nella diagnosi e nel follow-up della malattia se associato alle altre valutazioni clinico, laboratoristiche e strumentali.

1.6.1.2 Indici di flogosi

L’aumento degli indici di flogosi quali VES e PCR è un reperto altamente aspecifico, che tuttavia si ritrova frequentemente nelle MII, soprattutto in fase di malattia attiva.

1.6.1.3 Autoanticorpi

Il rilievo di anticorpi miosite-specifici (MSA) e miosite-associati (MAA) rappresenta un elemento importante a supporto della diagnosi delle MII, sebbene non compreso in buona parte dei criteri diagnostici/classificativi, molti dei quali sono stati proposti

(21)

21

prima che venisse identificato un numero consistente di MSA/MAA e dell’impiego della loro rilevazione nella pratica clinica. Tuttavia la loro importanza ormai è largamente riconosciuta, soprattutto alla luce delle scoperte riguardo l’esistenza di ben dimostrate correlazioni tra i vari MSA e specifiche manifestazioni cliniche.

Ad oggi varie compagnie commerciali hanno messi appunto una serie di nuovi kit specifici per l’identificazione di questi anticorpi. Molti di essi non sono ancora del tutto validati, ma con molta probabilità in un futuro prossimo diventeranno la chiave per la rilevazione di questi anticorpi su larga scala.

I principali MSA sono elencati in Tabella 1.

Gli MAA invece sono anticorpi caratteristici di varie connettiviti, che possono essere presenti con una certa frequenza anche nel siero di pazienti affetti da MII.

Tra di essi abbiamo:

• anti-PM/Scl 75 e 100. Sono i più comuni, e si ritrovano anche in pazienti con sclerosi sistemica e sindromi overlap SSc/miosite. In associazione a questi anticorpi sono inoltre state descritte manifestazioni tipiche della sindrome da anti-sintetasi, compresa l’interstiziopatia polmonare54

• anti-SSA e SSB. Tra gli SSA da segnalare soprattutto l’anticorpo anti-Ro52, che si presenta in circa il 20% dei pazienti con MII, soprattutto in associazione agli anti-sintetasi51

• anti U1-RNP • anti Ku

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22

Anticorpo Autoantigene target Frequenza Associazioni cliniche

ANTI-SINTETASI • Jo-1 • Anti-EJ • Anti-PL7 • Anti-OJ • Anti-PL-12 • Anti-KS • Anti-Zo • Anti-YRS Aminoacil-tRNA sintetasi • Istidil- • Glicil- • Treonil- • Isoleucil- • Alanil- • Asparaginil- • Fenilalanil- • Tirosil- • 8-18% • 5-10% • 5% • 3% • 1% • 1% • <1% • <1%

Sindrome da anticorpi anti-sintetasi, ILD Anti-SRP SRP (Signal Recognition Particle) 5-13% Miopatia autoimmune necrotizzante, miopatia severa Anti-HMGCR HMGCR (3-idrossi-3-metilglutaril-coenzimaA reduttasi 6% Miopatia autoimmune necrotizzante, miopatia severa Anti-Mi2 NuRD 9-24% DM Anti-CADM14 o anti-MDA5 MDA5(melanoma differentiation associated gene5) o IFIH1 10-48% CADM e ILD Anti-SAE

SAE (Small ubiquitin like modifier Activating

Enzyme)

2-8% DM / CADM

Anti-NXP2 NPX2 (Nuclear Matrix

Protein2) 1-25% DM, JDM (con calcinosi) e neoplasie Anti-155/140 o anti-TIF1γ TIF1 (Trascriptional

(23)

23

Tabella 1: Anticorpi miosite-specifici 34,51

1.6.2 Esami strumentali

1.6.2.1 Elettromiografia

L’elettromiografia (EMG) può rappresentare un valido supporto nell’inquadramento iniziale di un paziente con sospetta miopatia. Il reperto della cosiddetta “triade della

miopatia” è incluso nella maggior parte dei criteri diagnostici, compresi quelli di Bohan & Peter3,4, e comprende:

• potenziali di unità motoria polifasici, piccoli, brevi e di bassa ampiezza. • Attività spontanea con potenziali di fibrillazione (da irritazione e sofferenza

di fibre muscolari con tratti che restano denervati).

• Scariche spontanee ripetute complesse di potenziali di unità motoria, irregolari e bizzarre, ad alta frequenza

Questi reperti tuttavia non sono specifici delle MII, poiché si possono ritrovare in varie miopatie (ad esempio distrofie, miastenia gravis, miopatie metaboliche). Si tratta inoltre di un esame operatore-dipendente.

1.6.2.2 Risonanza magnetica muscolare

La risonanza magnetica (MRI) è la metodica radiologica migliore per studiare il muscolo. Nei pazienti con miositi, lo studio con RM delle strutture muscolari consente, grazie ad immagini T1 e T2 pesate e con sequenze di soppressione del grasso (STIR), di rilevare tre tipi di alterazioni: l’edema, la sostituzione adiposa e l’atrofia dei muscoli56. Anti-cN1A cN1A (cytosolic 5’Nucleotidase 1A) <5% PM/DM 33-34% MCI

MCI, miopatia severa

Anti-FHL1

FHL1 (anti-four and a half limb domains protein

1)

25%

Miopatia severa, disfagia e scarsa risposta alle

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24

La presenza di edema viene interpretata come indicativa di infiammazione muscolare, tipica delle MII in fase di attività di malattia, ma anche di tante altre condizioni di danno muscolare (tra cui traumi e miopatie virali).

Il riscontro di sostituzione adiposa e/o atrofia si associa invece a forme croniche di MII; anche questi reperti tuttavia non sono specifici.

Secondo alcuni studi inoltre, l’imaging muscolare con MRI può rappresentare un valido aiuto nella scelta del campione bioptico maggiormente rappresentativo, in corrispondenza delle aree con maggior grado di infiammazione57.

1.6.2.3 Biopsia muscolare

La biopsia muscolare è l’esame fondamentale per la diagnosi delle MII e mette in evidenza caratteristiche istopatologiche diverse a seconda del subset di malattia. Nella DM l’infiammazione è perivascolare e localizzata prevalentemente nei setti interfascicolari o alla periferia dei fascicoli. Si evidenziano necrosi e fagocitosi delle fibre muscolari, che sono andate incontro a ipoperfusione e microinfarti a causa della riduzione di densità dei capillari endoteliali. L’aspetto caratteristico delle DM è quindi l’atrofia perifascicolare, con strati di fibre atrofiche alla periferia dei fascicoli, e infiltrati infiammatori perivascolari e interfascicolari, costituiti prevalentemente da cellule B localizzate in prossimità delle cellule T CD4+, da cellule dendritiche e macrofagi.

Nella PM e nella MCI invece l’infiammazione è prettamente perivascolare e concentrata in foci multipli all’interno dell’endomisio. Gli infiltrati sono rappresentati prevalentemente da cellule T CD8+, che invadono fibre muscolari apparentemente sane che esprimono in modo aberrante antigeni MHC di classe 1.

Nella MCI inoltre è caratteristico il rilievo di vacuoli autofagici, spesso con depositi di amiloide in prossimità.

Nelle miopatie autoimmuni necrotizzanti invece si ha un’abbondanza di fibre muscolari necrotiche invase o circondate da macrofagi.1

(25)

25

1.7 Criteri di attività

Un aspetto fondamentale nella valutazione dei pazienti con MII è la determinazione dell’attività della malattia, definita come l’estensione e la severità delle manifestazioni cliniche correlate alla malattia, dovute allo stato infiammatorio, e potenzialmente reversibili con la terapia immunosoppressiva. Concetto diverso è invece quello di danno, con cui si intende una modificazione persistente nell’anatomia, fisiologia, o funzione di un organo, che non può quindi trarre benefici dalle terapie immunosoppressive58.

A questo proposito l’IMACS (International Myositis Assessment and Clinical Studies

Group) ha identificato un core-set di parametri clinici e laboratoristici da prendere in

esame nella valutazione clinica del paziente con MII. Questi parametri comprendono:

• I livello di almeno 2 su 4 enzimi muscolari (CPK, LDH, aldolasi, transaminasi)59

• La valutazione manuale della forza muscolare del paziente da parte di un operatore esperto, mediante il validato Manual Muscle Testing 8 (MMT8), che valuta, facendo compiere al paziente dei movimenti contro la resistenza attuata dall’operatore, la forza muscolare in 8 distretti: assiale (flessori del collo), prossimali (deltoide, bicipite brachiale, gluteo massimo, gluteo medio, quadricipite) e distali (estensori del polso e dorsiflessori della caviglia). Ad ogni gruppo muscolare, a destra e sinistra, si attribuisce quindi un punteggio che va da 0 a 10, per un totale di 8060.

• l’utilizzo di scale soggettive come la Visual Analogic Scale (VAS), una scala graduata da 0 a 10, in cui lo 0 corrisponde ad assenza di attività di malattia, mentre il 10 ad una patologia estremamente attiva e severa. Sia il paziente che il medico devono apporre un segno nel punto in cui soggettivamente considerano l’attività globale della patologia61.

• Una valutazione funzionale mediante questionario validato, rappresentato per gli adulti dall’ Health Assessment Questionnaire (HAQ)62.

• La valutazione del grado di attività muscolare ed extra della malattia mediante il Myositis Disease Activity Assessment Tool (MDAAT), uno strumento costituito a sua volta dalla combinazione del Myositis Disease Activity

(26)

26

grado di interessamento dei 6 organi che possono essere interessati dalle manifestazioni extramuscolari di malattia, e del Myositis Intention to Treat

Activity indeX (MITAX), composto da una serie di domande riguardo la

presenza/assenza di manifestazioni cliniche e l’intensità di trattamento necessaria.

1.8 Terapia

Il trattamento delle miositi rappresenta da sempre una sfida per il clinico, a causa della mancanza di linee guida standardizzate63. Obiettivi della terapia delle MII sono l’induzione e il mantenimento della remissione della malattia, migliorare la forza muscolare, ridurre le manifestazioni extra-muscolari e il danno a carico dei vari organi ed apparati.

1.8.1 Glucocorticoidi

I glucocorticoidi rappresentano ad oggi i farmaci più utilizzati nel trattamento iniziale di pazienti con malattia attiva, e la loro efficacia è ormai dimostrata. Generalmente, si inizia con dosi alte di prednisone (1 mg/kg/die), che vengono generalmente mantenute per 4-8 settimane63 e poi progressivamente scalate fino a raggiungere la minima dose efficace nel garantire il controllo della malattia, in modo da limitare il più possibile la comparsa dei pesanti effetti collaterali legati all’uso cronico di questi farmaci.

Pazienti con manifestazioni severe di malattia quali marcata debolezza muscolare, ulcere cutanee, grave disfagia o interstiziopatia rapidamente progressiva, richiedono inizialmente un trattamento aggressivo con boli endovena di metilprednisone, secondo vari schemi, seguiti poi da terapia orale ad alte dosi.

1.8.2 Immunosoppressori

Nella maggior parte dei pazienti, anche se responsivi alla terapia con glucocorticoidi si ricorre di solito all’utilizzo di immunosoppressori, se non altro a scopo steroido-risparmiatore. Nella terapia delle MII sono stati proposti e sperimentati molti immunosoppressori, in assenza però di linee guida evidence-based, dal momento che ad oggi non sono ancora stati eseguiti dei trials che ne abbiano provato l’efficacia.

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27

Alcuni studi condotti recentemente sembrerebbero piuttosto dimostrare l’assenza di vantaggio nell’utilizzo di questi farmaci rispetto alla sola terapia steroidea64.

Immunosoppressori comunemente utilizzati nella pratica clinica sono:

• Metotrexato: si somministra per via orale o sottocutanea, con dosaggi che variano da 7,5 a 25 mg/settimana, seguito dalla assunzione di acido folico per evitare le tossicità ematologiche. A causa dei suoi potenziali effetti collaterali polmonari (polmonite interstiziale e fibrosi polmonari), il loro uso non è raccomandato in pazienti con ILD.

• Azatioprina: ha mostrato un’efficacia simile a quella del Metotrexato. Si somministra con una dose massima di 2mg/kg/die, ed è solitamente ben tollerato.

• Ciclosporina e Tacrolimus (inibitori delle calcineurine): questi farmaci inibiscono l’attivazione delle cellule T e sembrano essere particolarmente efficaci nel trattamento delle ILD associate alle MII e delle manifestazioni cutanee della DM. La ciclosporina si somministra a dosaggi di 3-5 mg/kg/die. • Ciclofosfamide: agente alchilante utilizzato di solito per il trattamento di manifestazioni severe quali la ILD rapidamente progressiva. Si somministra in boli endovenosi da 500 a 1000 mg o per os al dosaggio di 100mg/die, senza superare la dose cumulativa di 14-16 g per evitare i pesanti effetti collaterali, tra cui spicca l’aumentata incidenza di neoplasie.

• Micofenolato mofetile (MMF): profarmaco che inibisce la proliferazione di linfociti T e B. Si sommistra a dosi di 1000-2000 mg/die ed ha mostrato efficacia nel trattamento di manifestazioni cutanee e polmonari.

1.8.3 Farmaci biologici

Negli ultimi anni sono stati condotti alcuni studi con risultati incoraggianti circa l’utilizzo di alcuni di questi farmaci diretti contro dei target molecolari specifici, soprattutto in pazienti refrattari alle terapie convenzionali. In particolare nelle MII viene sempre più frequentemente utilizzato il Rituximab, anticorpo monoclonale diretto contro il CD20 delle cellule B, con ottimi risultati per quanto riguarda sia le manifestazioni muscolari che le extra (in primis quelle polmonari)65.

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28

Più recentemente sono stati studiati anche gli agenti anti-TNF quali Etanercept e

Infliximab.

1.8.4 Immunoglobuline

Il meccanismo di azione delle immunoglobuline non è conosciuto con certezza; molto probabilmente si comportano da agenti immunomodulatori. Possono essere somministrate per via sia endovenosa che sottocutanea e vari studi hanno evidenziato come il loro utilizzo, in combinazione ai glucocorticoidi, possa produrre buoni risultati in pazienti con miopatia attiva, in termini di miglioramento della forza muscolare e di abbassamento dei livelli si CPK. Sembrano inoltre particolarmente efficaci per le manifestazioni cutanee severe della DM63 e sono state utilizzate con successo in alcuni casi di ILD associata a MII refrattaria alle terapie convenzionali o con controindicazioni all’immunosoppressione65, anche in gravidanza66. Gli effetti

collaterali delle Ig sono di solito scarsi, determinando soprattutto sintomi tipicamente simil-influenzali (tra cui cefalea, febbricola e fatigue), sebbene in alcuni casi possano provocare vere e proprie reazioni di anafilassi.

1.8.5 Plasmaferesi

La plasmaferesi è stata utilizzata nelle MII e in altre connettiviti, come terapia di salvataggio in casi gravi che non avevano risposto alle terapie convenzionali, con il razionale che rimuovere dal plasma gli autoanticorpi circolanti potesse avere un ruolo terapeutico. Tuttavia, se non in sporadici case reports, non sono stati dimostrati effettivi benefici di questo tipo di intervento terapeutico, e molti autori lo ritengono del tutto inefficace67.

1.8.6 Terapie fisico/riabilitative

La terapia riabilitativa è fondamentale in associazione alla terapia farmacologica. Si stanno infatti accumulando sempre più evidenze circa l’importanza dell’esercizio fisico nei pazienti con MII. Un recente studio del 2016 ha mostrato che l’esercizio fisico produce degli effetti benefici in termini di riduzione di attività della malattia e di miglioramento della capacità aerobica, grazie a modifiche dell’espressione genica68.

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2. Impegno polmonare nelle MII

Il riscontro di manifestazioni polmonari nelle patologie del connettivo (CTD), è comune, e nelle MII, in particolare, il polmone rappresenta uno degli organi più frequentemente coinvolti nel contesto dell’impegno extra-muscolare69. Il quadro più

comunemente descritto in questi pazienti è quello dell’interstiziopatia polmonare (Interstitial Lung Disease, ILD), tant’è che nella classificazione ATS/ERS delle interstiziopatie, le cosiddette “interstiziopatie polmonare associata a connettiviti” (CTD-ILD) vengono considerate come entità a sé stanti.70.

Un ulteriore scenario clinico è rappresentato inoltre da pazienti che presentano ILD in associazione a caratteristiche sierologiche, cliniche e/o morfologiche suggestive di una malattia del connettivo, che però non soddisfano pienamente i criteri per nessuna di esse. Con l’intento di classificare queste forme, in passato definite come “Lung

Dominant Interstitial Lung Disease” (LD-ILD), la ATS/ERS nel 2015 ha proposto un

nuovo termine: IPAF, “Interstitial Pneumonia with Autoimmune Features”.71

2.1 Epidemiologia

La prevalenza delle ILD nelle MII è stata notevolmente rivalutata nelle ultime decadi; nel secolo scorso infatti l’impegno polmonare era considerato relativamente raro (lo studio di Frazier et al.72 del 1974 riportava una prevalenza del 5%). Più recentemente poi, con l’utilizzo della TC, è stato possibile individuare molti più casi di interstiziopatia, soprattutto in fase precoce, ancora asintomatici o pauci-sintomatici: attualmente si stima che circa il 50% dei pazienti con MII presenti un quadro di impegno polmonare di tipo interstiziale69, con percentuali che vanno dal 20 al 78% a seconda degli studi, con una significativa variabilità correlata al subset di malattia e al pattern anticorpale51.

In linea generale, l’impegno polmonare tende a manifestarsi poco dopo o in contemporanea all’interessamento muscolare, sebbene in alcuni casi (dal 13% al 37,5%) possa precedere la diagnosi di MII.51

Nell’ambito delle manifestazioni extra-muscolari, l’ILD rappresenta la principale causa di morbilità e di mortalità73; per questo, nei pazienti affetti MII, risultano fondamentali una corretta valutazione dell’eventuale impegno polmonare al momento

(30)

30

della diagnosi della malattia, e un adeguato follow-up, al fine di intraprendere la migliore scelta terapeutica.

Nelle MII sono stati individuati vari fattori che correlano con la probabilità di sviluppare ILD e con diverse caratteristiche clinico-prognostiche della stessa. Una delle correlazioni più dimostrate è sicuramente quella con gli anticorpi anti-tRNA sintetasi, in presenza dei quali l’ILD tende a manifestarsi in percentuali variabili dal 67 al 100%. In particolare l’ILD si verifica in circa il 67-86% dei pazienti con anticorpi anti-Jo-1, i più comuni tra gli anticorpi anti-sintetasi, ma quelli che sembrano conferire il maggior rischio di sviluppare una ILD severa, con maggior grado di fibrosi, e spesso in assenza di miopatia, sono gli anticorpi non-Jo-1, soprattutto anti-PL-7, anti-PL-12, anti-KS e anti-OJ51-53,74. Gli anticorpi non-Jo-1 sono stati associati infatti ad una prognosi peggiore, rispetto ai Jo-175.

Spesso, nei pazienti con sindrome da anticorpi anti-sintetasi il riscontro di ILD precede o si manifesta in contemporanea alle manifestazioni muscolari, rispettivamente nel 29-50% e 38-60% dei casi76.

Anche gli anticorpi miosite-associati anti-PM/Scl75 e 100 e anti-Ro-52 sono associati ad una maggiore prevalenza di ILD54,77. Entrambi questi anticorpi inoltre si presentano talvolta in associazione agli anticorpi anti-sintetasi e, in particolare per gli anti-PM/Scl, sono state descritte, oltre alla ILD, anche altre manifestazioni cliniche tipiche della sindrome da anti-sintetasi (come le mechanic’s hand e l’artrite)53.

Vari studi hanno poi dimostrato come la ILD tenda a manifestarsi più frequentemente nei pazienti con DM clinicamente amiopatica (CADM), che in particolare sviluppano più spesso forme aggressive e rapidamente progressive di ILD; questo sembra verificarsi con spiccata frequenza nella popolazione giapponese e in generale asiatica78,79. Dati provenienti dallo studio di Sun et al.80 su 41 pazienti cinesi con

CADM mostrano una prevalenza di ILD di circa il 60%, di cui oltre il 25% sono forme rapidamente progressive. In particolare poi sono emerse importanti relazioni tra ILD-CADM e l’anticorpo miosite-specifico anti-MDA5, che sembra conferire uno spiccato rischio di sviluppare ILD soprattutto rapidamente progressiva, con alti tassi di mortalità 81,826983 (vedi paragrafo 2.2).

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Nel recente studio di Mejìa et al53, circa il 50% di pazienti con ILD afferenti al loro centro dal 2005 al 2015, presenta positività per almeno un anticorpo miosite-specifico (in particolare gli anti-sintetasi non-Jo-1), in assenza però di manifestazioni cliniche che consentano di fare una diagnosi di MII secondo i criteri di Bohan & Peter. Questi pazienti vengono quindi inquadrati nel contesto dell’IPAF, e la loro prognosi non sembra differire rispetto a quella dei pazienti con ILD associata a MII.

Un recente studio condotto da Scirè et al84. su pazienti con anticorpi anti-sintetasi e

diagnosi di IPAF, seguiti per quasi 5 anni, ha evidenziato però come in circa il 42% dei casi, mediamente dopo un anno di follow up, si giunga ad una diagnosi definitiva di malattia reumatologica (di solito MII, ma talvolta artrite reumatoide).

Infine, Oltre alle già note correlazioni anticorpali, una recente meta-analisi suggerisce come possibili fattori correlati ad una maggior probabilità di sviluppare ILD l’età avanzata alla diagnosi, la presenza di artriti/artralgie, febbre e livelli elevati di PCR e VES, mentre la presenza di neoplasie sembrerebbe essere un fattore protettivo.85

2.2 Pattern e quadri clinici

Il pattern di ILD più frequentemente riscontrato (mediante HRCT o analisi anatomopatologiche su reperti bioptici) nelle MII è sicuramente quello della polmonite interstiziale aspecifica (NSIP), con una prevalenza del 65-82%86, ma sono riportati anche quadri di polmonite interstiziale comune (UIP) in circa il 10% dei casi, e più raramente di bronchiolite obliterante/polmonite organizzata (BOOP/OP) e di danno alveolare diffuso (DAD), entrambi in circa il 5%6987.

NSIP è un pattern con prevalenti caratteristiche infiammatorie, che generalmente risponde bene alla terapia e ha prognosi migliore rispetto al pattern UIP, in cui è prevalente la fibrosi88, espressione di danno ormai conclamato (Vedi Tabella 2 per le

caratteristiche dei pattern).

Nella maggior parte dei casi, l’ILD si manifesta in modo subacuto e insidioso, soprattutto nel caso del pattern NSIP e i sintomi riferiti più comunemente dai pazienti sono dispnea da sforzo e tosse non produttiva.

Più raro è invece l’esordio acuto, spesso con sintomi costituzionali (febbre e malessere generale), più tipico di pattern rari, quali BOOP e DAD73.

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Importante notare che in circa il 25% dei casi, l’impegno polmonare si sviluppa in modo subclinico, e viene diagnosticato solo mediante esami strumentali73; questo potrebbe anche essere dovuto alla presenza di manifestazioni extra-polmonari, in particolare quelle muscolari, che possono facilmente mascherare i sintomi tipici dell’impegno polmonare: a causa della debolezza muscolare ad esempio è probabile che il paziente non compia sforzi che potrebbero rendere obiettivabile la dispnea, o che non riesca a tossire adeguatamente.

Per quanto riguarda il decorso, sono stati descritti due subset di malattia. Il più comune, tipico del pattern NSIP (e talvolta UIP) è il subset cronico (detto anche CIP, Chronic

Interstitial Pneumonia), lentamente o non-progressivo, caratterizzato da buona

risposta alla terapia e prognosi complessivamente buona 89.

Esiste tuttavia un subset di ILD acuto/subacuto ad evoluzione rapida (descritto come A/SIP, Acute/Subacute Interstitial Pneumonia o RP-ILD, ILD rapidamente

progressiva), con insufficienza respiratoria rapidamente progressiva, refrattarietà alle

terapie e alti tassi di mortalità nel breve periodo (circa 55-60% in 6 mesi)82. Il pattern associato a queste forme è tipicamente quello del danno alveolare diffuso (DAD). Secondo uno studio coreano del 2007, la forma RP-ILD tende ad essere più frequente nelle ILD associate a MII (in cui, secondo la loro casistica, si manifesta in circa 1/3 dei pazienti), rispetto alle altre CTD-ILD90.

Vari studi hanno dimostrato come questo subset rapidamente progressivo, si presenti più frequentemente in pazienti con CADM, soprattutto se associata a positività per l’anticorpo anti-MDA-5 (che conferisce un rischio circa 20 volte maggiore di sviluppare RP-ILD)82, e con particolare frequenza nella popolazione asiatica91. Recentemente è stata inoltre evidenziata, tra i pazienti con anticorpi anti-sintetasi, una maggior incidenza di RP-ILD in pazienti con anticorpi anti PL-7, soprattutto se associati anche alla presenza di anticorpi anti-Ro-5292.

Possibili complicanze dell’interstiziopatia polmonare sono rappresentate in particolare dall’ipertensione polmonare, tipica soprattutto di forme croniche ed avanzate, in cui si possono creare condizioni di ipossia che favorisce la vasocostrizione delle arterie polmonari93, e raramente dallo pneumomediastino, probabilmente causato dalla rottura di bolle subpleuriche51.

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33

Nei pazienti con MII resta infine da considerare un possibile coinvolgimento polmonare di natura estrinseca, esclusivo o in sovrapposizione alla ILD, favorito dalla presenza delle altre manifestazioni della malattia. Tra questi quadri spiccano le polmoniti ab ingestis, tipiche dei pazienti con difficoltà nella deglutizione, e le infezioni polmonari, favorite dalle terapie immunosoppressive croniche73.

2.3 Esami diagnostici

2.3.1 Prove di Funzionalità Respiratoria (PFR)

Per indagare la presenza di ILD è importante analizzare sia i flussi e i volumi polmonari, con l’esame spirometrico, sia l’efficienza degli scambi gassosi polmonari, mediante la valutazione della diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO).

La ILD tende ad associarsi ad un pattern di tipo restrittivo alle PFR, caratterizzato da lieve riduzione della capacità polmonare totale (TLC), della capacità vitale forzata (FVC) e del volume espiratorio massimo nel 1° secondo (VEMS o FEV-1), con indice di Tiffenau normale, e da lieve/moderata riduzione della diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO). In particolare, la DLCO spesso si riduce in uno stadio più precoce di malattia, rispetto alla TLC89.

Maggiori riduzioni di questi valori correlano con una prognosi peggiore94.

Tuttavia è importante considerare che nei pazienti con MII, i risultati delle PFR devono essere interpretati con cautela, in quanto possono essere inficiati dalla presenza di ipostenia muscolare a carico dei muscoli respiratori, che può essere di per sé responsabile di alterazioni di tipo restrittivo alle PFR, anche in assenza di ILD51.

2.3.2 Indagini radiologiche

Attualmente il gold standard per la valutazione delle ILD è rappresentato dalla tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT). L’HRCT è una metodica radiologica finalizzata a produrre immagini con la massima risoluzione spaziale possibile, ed è estremamente utile per lo studio delle patologie polmonari, in particolare di quelle che coinvolgono le strutture più fini, quali l’interstizio e le piccole

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vie aeree. Con questa metodica è possibile acquisire il volume corrispondente all’intero torace nell’arco di una sola apnea inspiratoria con risoluzione sub-millimetrica, possibile grazie anche al naturale contrasto fornito dall’aria alveolare: ciò consente di identificare precocemente, localizzare, caratterizzare e quantificare i segni di patologia diffusa dell’interstizio polmonare.95

La radiografia del torace invece ha una scarsa sensibilità nel riscontrare le alterazioni tipiche della interstiziopatia, ed il suo utilizzo ha quindi un ruolo molto limitato soprattutto in fase diagnostica.

I reperti più frequentemente riscontrati con la HRCT nelle ILD in generale, sono le opacità a vetro smerigliato (“Ground Glass Opacities”, GGO), le opacità lineari e reticolari, le aree di honeycombing e più raramente di consolidamento polmonare. Le GGO sono aree di aumentata attenuazione del parenchima polmonare, con preservazione dei margini vascolari e bronchiali, che nelle ILD sono dovute tipicamente all’ispessimento dell’interstizio polmonare (ma che possono verificarsi anche in caso di danno alveolare di varia natura)96; sono spesso associate alle opacità polmonari lineari e reticolari, dovute all’ispessimento irregolare dei setti interlobulari, dell’interstizio subpleurico e dell’interstizio intralobulare a localizzazione soprattutto subpleurica.95

Le aree di consolidamento si differenziano dalle GGO poiché in questo caso i margini bronco-vascolari sono oscurati, e possono associarsi a immagini di broncogramma aereo.96

Il quadro di honeycombing invece è caratterizzato dalla presenza di piccoli e uniformi spazi cistici aerei con pareti ben definite, tipicamente raggruppati in clusters, con aspetto a favo d’api.97

In particolare, nelle ILD associate a MII, i reperti riscontrati più frequentemente sono quelli tipici del pattern NSIP, ovvero combinazione di aree con GGO e di ispessimento dei setti inter- e intra-lobulari, in assenza di un evidente quadro di honeycombing e grandi aree di consolidamento polmonare73 (Fig.1); questi reperti hanno una

distribuzione prettamente basale, e sono espressione di prevalenti fenomeni infiammatori a livello del parenchima polmonare, con scarsa o assente fibrosi conclamata.

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Nel caso della UIP invece risultano predominanti le aree di honeycombing (Fig.2), espressione di danno fibrotico ormai evidente e conclamato, associate a ispessimento dei setti inter- e intra-lobulari, mentre sono scarse le GGO.

Caratteristiche riscontrate raramente sono le grandi aree di consolidamento, più tipiche di pattern rari nell’ambito delle CTD-ILD, quali BOOP/OP e DAD.

Le immagini ottenute con HRCT consentono quindi non solo di diagnosticare l’interstiziopatia, ma anche di avere un’idea precisa dell’estensione e della severità dell’impegno polmonare che correla bene con il quadro clinico e con la prognosi. Immagini radiologiche tipiche di NSIP, con predominanti GGO, sono infatti indicative di buona risposta alla terapia; alcuni studi ha infatti dimostrato come siano proprio i reperti di GGO ad andare incontro al miglioramento più significativo dopo terapia, e come questo correli con un miglioramento del quadro clinico e delle PFR.98

Il riscontro di aree di consolidamento invece, indicativo soprattutto di BOOP/OP e DAD, è tipico di forme di ILD rapidamente progressiva; non a caso, uno studio recente condotto da Tanizawa et al.99, ha mostrato come questi reperti si riscontrino con frequenza significativamente più alta in pazienti con DM/CADM anti-MDA5 positiva e come siano associati a prognosi infausta a breve termine.

Fig. 1: pattern NSIP alla HRCT in paziente con ASS100

Si notano opacità reticolari e opacità a vetro smerigliato a chiazze a livello delle basi dei polmoni, in assenza di

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Fig. 2: Pattern UIP alla HRCT in paziente con AR101

Si notano reticolazioni e un significativo quadro di honeycombing a distribuzione basale e periferica, in assenza di significative opacità a vetro smerigliato.

Per consentire una valutazione quantitativa delle informazioni fornite dall’indagine, sono stati proposti alcuni score. Uno dei più utilizzati è quello elaborato da Warrick et

al.102 per valutare l’interstiziopatia in corso di Sclerosi Sistemica; si tratta di un metodo

di valutazione semi-quantitativa delle alterazioni radiologiche, che attribuisce un punteggio alle varie lesioni secondo criteri di gravità e di estensione del danno polmonare, dalla cui somma si ottiene uno score globale (che varia da 0 a 30).

Questo score risulta attualmente il più utilizzato negli studi sulle CTD-ILD, non solo in corso di sclerosi sistemica, ma anche di altre CTD come la sindrome da anticorpi antisintetasi103.

La HRCT però ha un limite importante, rappresentato dalla sua scarsa ripetitività, poiché espone il paziente, spesso giovane, alle radiazioni ionizzanti (sebbene ad oggi – grazie alla diffusione delle apparecchiature multistrato – in quantitativi nettamente ridotti rispetto alle precedenti TC convenzionali)104,105. Queste considerazioni impongono di mantenere un atteggiamento critico nei confronti delle indicazioni all’impiego diagnostico di questo strumento, in virtù del principio “ALARA” (As Low

As Reasonably Achievable): la HRCT non può quindi essere considerato l’esame

ideale da proporre al paziente nell’ambito di un follow-up ravvicinato per valutare la risposta alla terapia.105

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